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Edgar Allan Poe: sfortunato in vita e sfortunato al cinema. Tutte le riduzioni cinematografiche dei suoi capolavori, infatti, non hanno niente a che vedere con la grandezza dello scrittore americano. Si tratta più che altro di camei, pezzi di bravura qua e là efficaci e dotati di semplice spontaneità, ma niente più. Anche perché, per ovviare alla brevità delle narrazioni, sono state inventate parecchie cose a fini spettacolari che distolgono l’attenzione dall’essenziale. Soprattutto vengono quasi ignorati i particolari (“minuteness of detail”) con cui Poe muove i personaggi dei racconti. Non si tratta di trasposizioni serie e fedeli dei testi ma di libere reinvenzioni di cui i testi costituiscono semplici tracce. Però, se si tralascia il materiale originale e si considerano soltanto i film in se stessi, il risultato è comunque buono. Da segnalare l’immancabile Vincent Price, che con la sua presenza costituisce gran parte dell’interesse di questi gioiellini horror.
Il migliore di tutti è “La tomba di Ligeia”: peccato che la suspense generata dal cadavere che si rianima più volte - centro psicologico della vicenda - è del tutto inesistente.
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