reiver
|
mercoledì 11 luglio 2007
|
l'uomo della frontiera
|
|
|
|
E' possibile scrivere una recensione di un film di John Ford aggiungendo qualcosa di nuovo?Probabilmente no...
Il regista americano (di origini irlandesi)è considerato quasi all'unanimità (con buona pace dei suoi detrattori "Leoniani") il più sapiente,efficace,poetico narratore del mito della "Frontiera",della conquista del West;ci sono stati altri grandi registi di film western (Hawks,Mann,Daves,Hathaway,Boetticher) e Ford,per la verità,si è dimostrato un artista completo dirigendo film drammatici (superbi,a mio parere,sono da considerare "Il traditore" e "Furore") e anche commedie come "Un uomo tranquillo",ma nella memoria collettiva degli appassionati il nome del regista americano viene immediatamente associato a "Western".
[+]
E' possibile scrivere una recensione di un film di John Ford aggiungendo qualcosa di nuovo?Probabilmente no...
Il regista americano (di origini irlandesi)è considerato quasi all'unanimità (con buona pace dei suoi detrattori "Leoniani") il più sapiente,efficace,poetico narratore del mito della "Frontiera",della conquista del West;ci sono stati altri grandi registi di film western (Hawks,Mann,Daves,Hathaway,Boetticher) e Ford,per la verità,si è dimostrato un artista completo dirigendo film drammatici (superbi,a mio parere,sono da considerare "Il traditore" e "Furore") e anche commedie come "Un uomo tranquillo",ma nella memoria collettiva degli appassionati il nome del regista americano viene immediatamente associato a "Western".
Di tutte le pellicole da lui girate,pur essendo particolarmente affezionato a "L'uomo che uccise Liberty Valance","Sentieri selvaggi" occupa per me la prima posizione in assoluto,persino davanti all'immortale "Ombre rosse" (il film che sdoganò definitivamente il genere western portandolo in serie "A").
Perchè?Innanzitutto per la complessità e la spinosità del tema trattato,quello della ricerca,lunga e laboriosa,di una adolescente rapita dai Comanches (dopo il massacro di un famiglia di coloni) da parte dello zio Ethan Edwards (John Wayne),supportato dal giovane Martin (Jeffrey Hunter):la lunga caccia porterà alla luce il carattere irascibile e scontroso di Ethan,animato da un odio razziale talmente forte da mettere in pericolo la vita della stessa ragazza,ormai diventata pellerossa a tutti gli effetti.
Ford,da narratore lucido e disincantato qual'era,non presenta (come ha sostenuto qualcuno) una divisione manichea del bene e del male in nessuno dei suoi film,nè tantomeno in "Sentieri selvaggi",dove lo scontro tra bianchi e indiani è presentato come conseguenza ineluttabile di diversità troppo marcate per essere conciliate:non sono "cattivi" i Comanches,che reagiscono alla prepotenza dell'invasore coinvolgendo però vittime innocenti,e non sono "buoni" i bianchi,come testimonia la figura di Ethan,in cui il massacro della famiglia del fratello scatena un fuoco vendicatore alimentato da un odio verso i pellerossa che si protrae,implacabile,al di là di ogni ragionevole spiegazione.
"Sentieri selvaggi" è il film della maturità di Ford ("L'uomo che uccise Liberty Valance sarà quello del crepuscolo),con i fantastici "esterni" della Monument Valley che da soli,non bastano certo a spiegare la grandiosità del film:questa è data dalla rara capacità di Ford di trasformare il racconto in mito,la cronaca in storia,la leggenda in poema epico...
Come faccio per tutti i grandi attori,farò un discorso a parte per John Wayne: anche per lui questo è il film della consacrazione,del riconoscimento di capacità recitative fino ad allora come minimo sottovalutate.
Già ne "Il fiume rosso",altro magnifico affresco dell'epica western,Wayne era uscito con maestria dallo stereotipo dell'eroe portando sullo schermo un personaggio vario,ricco di sfaccettature e spigoloso,ma l'Ethan Edwards di "Sentieri selvaggi" rappresenta sicuramente la migliore interpretazione della sua lunga carriera :coraggioso fino alla temerarietà,astuto ed esperto, Ethan ,con la sua incapacità di accettare la diversità costituita dagli indiani e il suo amore per la solitudine,la vita selvaggia e al di fuori delle regole si configura come l'emblema stesso del rude uomo della frontiera,che apre la strada alla "civiltà" per poi scomparire all'orizzonte.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a reiver »
[ - ] lascia un commento a reiver »
|
|
d'accordo? |
|
diego
|
lunedì 15 gennaio 2007
|
semplicemente stupendo
|
|
|
|
Non credo di essere in grado di scrivere una recensione, sono solo un amante del cinema e questo film secondo è stupendo e, se ti piace, ti entra nel cuore.
Si è tanto parlato dei suoi limiti (soprattutto di un certo razzismo di fondo, degli indiani stereotipati, ...) però proprio questi, a mio avviso, sono funzionali al film nel quale spiccano le stupende immagini della Monument Valley, la regia di John Ford e, sopra tutti, la complessa, contraddittoria e tormentata figura di Ethan Edwards, resa mitica da una interpretazione perfetta di un John Wayne in stato di grazia.
Non so se è il miglior film western di sempre, però senz'altro nella storia del cinema entrano a pieno diritto la prima e l'ultima scena.
[+] sentieri selvaggi
(di ethan, nathan ecc.)
[ - ] sentieri selvaggi
|
|
[+] lascia un commento a diego »
[ - ] lascia un commento a diego »
|
|
d'accordo? |
|
claudio
|
mercoledì 17 gennaio 2007
|
capolavoro
|
|
|
|
Con Ombre Rosse e Soldati a Cavallo è non solo uno dei migliori film di Ford ma anche e soprattutto uno dei capolavori del cinema di tutti i tempi. J. Wayne dà una interpretazione semplicemente straordinaria e tutti i personaggi sono al loro posto.
L'introspezione psicologica, i dialoghi, le scene, l'armonia del racconto, un tocco d'ironia e una bella colonna sonora tra gli ingredienti principali del film. Il finale, poi, riesce quasi a commuovere i più attenti e amanti del genere western-classico.
Come dalla lettura di un capolavoro da biblioteca si impara e si "vive" dal di dentro il testo, così in questo film ci si lascia facilmente coinvolgere, anche sentimentalmente, dalla sceneggiatura e dalla mano sapiente di Ford, che sa bene dove mettere la cinepresa.
[+]
Con Ombre Rosse e Soldati a Cavallo è non solo uno dei migliori film di Ford ma anche e soprattutto uno dei capolavori del cinema di tutti i tempi. J. Wayne dà una interpretazione semplicemente straordinaria e tutti i personaggi sono al loro posto.
L'introspezione psicologica, i dialoghi, le scene, l'armonia del racconto, un tocco d'ironia e una bella colonna sonora tra gli ingredienti principali del film. Il finale, poi, riesce quasi a commuovere i più attenti e amanti del genere western-classico.
Come dalla lettura di un capolavoro da biblioteca si impara e si "vive" dal di dentro il testo, così in questo film ci si lascia facilmente coinvolgere, anche sentimentalmente, dalla sceneggiatura e dalla mano sapiente di Ford, che sa bene dove mettere la cinepresa. In genere si dice che i libri da cui spesso sono tratti i film sono superiori qualitativamente a questi ultimi ma qui potrebbe benissimo essere il contrario.
Da vedere, e da rivedere!!!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a claudio »
[ - ] lascia un commento a claudio »
|
|
d'accordo? |
|
danilo manta
|
giovedì 22 marzo 2007
|
alla conquista del west
|
|
|
|
IO SONO J. FORD E FACCIO FILM WEST. sono queste le parole che diceva il regista americano ogni volta che veniva intervistato.
In effetti nei suoi film noi possiamo osservare gli attori che si spingono sempre alla conquista di questa parte di mondo ancora selvaggia.
Il racconto filmico si apre con la bellissima scena di una porta e si conclude con la stessa inquadratura della medesima porta che in questo caso assume un valore limitativa oltre la quale non può essere varcata, pone dei confini che poi J. Wayne andrà ad esplorare.
La scelta della luce, la scelta delle location unito con le strepitose interpretazioni dei personaggi danno al film quella giusta comicità che spezza le scene drammatiche.
[+]
IO SONO J. FORD E FACCIO FILM WEST. sono queste le parole che diceva il regista americano ogni volta che veniva intervistato.
In effetti nei suoi film noi possiamo osservare gli attori che si spingono sempre alla conquista di questa parte di mondo ancora selvaggia.
Il racconto filmico si apre con la bellissima scena di una porta e si conclude con la stessa inquadratura della medesima porta che in questo caso assume un valore limitativa oltre la quale non può essere varcata, pone dei confini che poi J. Wayne andrà ad esplorare.
La scelta della luce, la scelta delle location unito con le strepitose interpretazioni dei personaggi danno al film quella giusta comicità che spezza le scene drammatiche.
il film si chiude con la stessa inquadratura iniziale della porta, ma il protagonista sceglie di non entrare e, voltandosi continua le sue esplorazioni.
Un film assolutamente da non perdere pieno di colpi di scena e comico al punto giusto
[-]
|
|
[+] lascia un commento a danilo manta »
[ - ] lascia un commento a danilo manta »
|
|
d'accordo? |
|
francesca d'amico
|
martedì 22 luglio 2008
|
c'è tutto il cinema western
|
|
|
|
Una casa isolata, davanti alla porta una donna in abiti dell'ottocento che aspetta il protagonista di ritorno dalla guerra. Nell'inizio del film, c'è tutta la sostanza del genere western. La tranquilla famigliola di Ethan Edward vive con il costante timore degli indiani. Porte e finestre sprangate e armi a aportata di mano,sono i segni della paura. La famigliola viene quindi distrutta dai Comanci, scatenando l'odio sopito di Eduard che cercherà per anni la nipotina, unica superstite rapita dagli indiani. Una ricerca sempre più folle e testarda, viaggio interiore, obiettivo di una vita da reduce ormai senza scopo, riscatto dal senso di colpa per non aver protetto la famiglia, fuga dalla solitudine.
[+]
Una casa isolata, davanti alla porta una donna in abiti dell'ottocento che aspetta il protagonista di ritorno dalla guerra. Nell'inizio del film, c'è tutta la sostanza del genere western. La tranquilla famigliola di Ethan Edward vive con il costante timore degli indiani. Porte e finestre sprangate e armi a aportata di mano,sono i segni della paura. La famigliola viene quindi distrutta dai Comanci, scatenando l'odio sopito di Eduard che cercherà per anni la nipotina, unica superstite rapita dagli indiani. Una ricerca sempre più folle e testarda, viaggio interiore, obiettivo di una vita da reduce ormai senza scopo, riscatto dal senso di colpa per non aver protetto la famiglia, fuga dalla solitudine. Su un altro piano, gli amici rimasti a casa, testimoni della folle ricerca, nonché del passare del tempo. Bello il confronto, anche generazionale, tra Eduard e il giovane meticcio che lo accompagnerà attraverso gli anni nella ricerca, attratto e spaventato dall'odio e dalla personalità del protagonista. Un'attrazione che Eduard non riesce quasi mai a ricambiare. A sorpresa il ritrovamento della ragazza tra i Comanci che Eduard stenta a riconoscere come membro della sua famiglia e parte di sé, perché diventata a tutti gli effetti ormai un'indiana. Accecato dall'odio, Eduard cerca di ucciderla, ma in extremis riesce a fermarsi, solo però quando riconosce nella ragazza qualcosa della nipote di una volta. Arriva quindi catartico il finale con Eduard che riporta la ragazza tra le braccia, in seno ad una famiglia, dentro una casa immersa nel paesaggio deserto che si riconduce a quello dell'inizio del film. Una casa dove per lui stesso, condannato alla solitudine, alla durezza, all'accettazione del diverso solo attraverso l'odio, non c'è posto in tempi di pace.
Splendide le immagini. Imponente lo sfondo della Monument Valley che fa da cornice alla ricerca della ragazza. Un capolavoro da vedere e da rivedere.
[-]
[+] brava,però...
(di reiver)
[ - ] brava,però...
|
|
[+] lascia un commento a francesca d'amico »
[ - ] lascia un commento a francesca d'amico »
|
|
d'accordo? |
|
samanta
|
domenica 7 aprile 2019
|
cosa fa vagare un uomo? andare via
|
|
|
|
Il film è un capolavoro assoluto del cinema, certamente il più bel western. Inizia e finisce con una melodia romantica "What nakes a man to wonder?" Nella scena iniziale si apre una porta di una casa affacciata sulla Monument Valley, una donna esce e vede avvicinarsi un cavaliere, la scena finale si vede una porta aprirsi sullo stesso paesaggio e un uomo si allontana. Diano nel Texas 1868 e la guerra civile è finita da 3 anni, l'uomo è Ethan Edwards (John Wayne) che ritorna a casa del fratello Aaron che vive con la moglie Martha e 3 figli: Lucy giovane ragazza, Ben adolescente e Debbie bambina, con loro vive Martin un ragazzo trovatello i cui genitori furono uccisi dai Comanche.
[+]
Il film è un capolavoro assoluto del cinema, certamente il più bel western. Inizia e finisce con una melodia romantica "What nakes a man to wonder?" Nella scena iniziale si apre una porta di una casa affacciata sulla Monument Valley, una donna esce e vede avvicinarsi un cavaliere, la scena finale si vede una porta aprirsi sullo stesso paesaggio e un uomo si allontana. Diano nel Texas 1868 e la guerra civile è finita da 3 anni, l'uomo è Ethan Edwards (John Wayne) che ritorna a casa del fratello Aaron che vive con la moglie Martha e 3 figli: Lucy giovane ragazza, Ben adolescente e Debbie bambina, con loro vive Martin un ragazzo trovatello i cui genitori furono uccisi dai Comanche. Ethan era partito per la guerra nel 1860 si trova in possesso di parecchio denaro, ma non dice che cosa ha fatto negli ultimi 3 anni. Al mattino arriva il reverendo Clayton (Ward Bond) che anche capitano dei rangers volontari con alcuni agenti, vuole arruolare Aaron e Martin per dare la caccia ai ladri di bestimen dei vicini Jorgensen. Ethan subdora che siano indiani e si sostituisce al fratello, ma quando trova il bestiame ucciso capisce che è una trappola, ritorna alla fattoria e trova Martha stuprata e uccisa con Aaron e Ben dai Comanche, le 2 sorelle sono rapite.Inizia la caccia alla banda che però ha ucciso e stuprato Lucy, mentre Debbie è rimasta con gli indiani che l'allevano. Dura più di 5 anni la caccia di Ethan coadiuvato da Martin, ma dopo varie traversie i Comanche ritornati nella vicinanza della fattoria degli Edwards vengono attaccati dai rangers e il capo indiano Scar (ciccatrice male doppiato in Scout) viene ucciso e scalpato da Ethan , Debbie (Natalie Wood) viene presa dallo zio che abbandona il proposito di ucciderla perché diventata moglie di Scout e la stringe con affetto.
Il film è un compendio del mito del Western e di poesia, una descrizione vivida della natura umana, che coinvlge amore, violenza,odio ma anche riconciliazione e pace. Le accuse di un velato razzismo sono assurde, Ethan odia i Comanche per un semplice motivo: stuprarono e uccisero la mdre, quando Debbie durante l'attacco alla fattoria del padre si rifugia nel cimitero sotto la lapide della nonna in cui è scritto "Mary Jane Edwards uccisa dai Comanche". l'odio è poi accresciuto dall'uccisione di Lucy e soprattutto di Martha , la donna amata. Ford con poche immagini delicate descrive l'amore: gli sguardi affettuosi di lei oppure quando la donna accarezza il cappotto di Ethan. Un altro accenno velato riguarda la vita di Ethan dopo la guerra, la medaglia che regala Debbie è una decorazione messicana, tenuto conto che l'imperatore Massimiliano arruolò molti ex sudisti, si presume che anche Ethan abbia combattuto in Messico e poi dopo la morte dell'imperatore nel 1867 abbia fatto i soldi con qualche impresa poco legale. Il film ha l'impronta di un Ford al massimo livello: l'avventura, il vagare dell'uomo solo che non riesce a essere felice, i momenti di violenza ma anche gli stacchi ironici, comici e sentimentali. Un grande affresco in cui primeggia l'interpretazione di Wayne drammatica e sofferta e anche ironica e sarcastica. Ottime le interpretazioni di Ward Bond e di Vera Miles (Laurie la fidanzata di Martin), senza contare quela della quasi esordiente Natalie Wood. Che fine farà Ethan? "Ride away ... andare via".
[-]
|
|
[+] lascia un commento a samanta »
[ - ] lascia un commento a samanta »
|
|
d'accordo? |
|
ford wayne
|
giovedì 14 luglio 2011
|
c'era una volta il cinema
|
|
|
|
Senza privare il western della sua forza mitica, john ford manifesta una distanza dal genere. Distanza che nemmeno lui sospettava e che si esprime nel non detto degli enigmi che avvolgono Ethan, tutti riassumibili nel dilemma su cosa abbia fatto esattamente dopo la fine del conflitto é un eroe di guerra o un bandito? Il suo estremo razzismo è davvero fondato su un desiderio di vendetta? Ethan odia gli indiani, ma più di tutti la tribù dei Comanche. Durante la febbrile ricerca, l'uomo dimostra anche una profonda conoscenza di loro usi e costumi. Quando il drappello s'imbatte nella tomba di un indiano, Ethan cava gli occhi al cadavere, così l'anima del defunto "dovrà vagare in eterno in balia del vento".
[+]
Senza privare il western della sua forza mitica, john ford manifesta una distanza dal genere. Distanza che nemmeno lui sospettava e che si esprime nel non detto degli enigmi che avvolgono Ethan, tutti riassumibili nel dilemma su cosa abbia fatto esattamente dopo la fine del conflitto é un eroe di guerra o un bandito? Il suo estremo razzismo è davvero fondato su un desiderio di vendetta? Ethan odia gli indiani, ma più di tutti la tribù dei Comanche. Durante la febbrile ricerca, l'uomo dimostra anche una profonda conoscenza di loro usi e costumi. Quando il drappello s'imbatte nella tomba di un indiano, Ethan cava gli occhi al cadavere, così l'anima del defunto "dovrà vagare in eterno in balia del vento". Quando finalmente affronta il suo mortale nemico Scar diabolico capo dei Comanche per Ethan è come guardarsi allo specchio. Ogni suo gesto lo tradisce: Ethan non ha radici. Nella comunità dei bianchi rimane un reietto. Le inquadrature più famose all'inizio e alla fine del film, lo mostrano solo davanti alla porta dellla fattoria. Quella porta che marca il confine tra civiltà e barbarie, Ethan non la oltrepassa mai. Non lo aveva fatto neanche quando lui e Martha, come mostrano le poche scene familiari, formavano una coppia. Ford chiude la porta con una dissolvenza. Ethan resta solo nella Monument Valley. Come l'indiano morto costretto a vagare in eterno nel mondo dei vivi, il cacciatore perseguitato dai fantasmi che non troverà mai pace.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ford wayne »
[ - ] lascia un commento a ford wayne »
|
|
d'accordo? |
|
il cinefilo
|
domenica 27 febbraio 2011
|
john wayne/john ford:l'accoppiata vincente
|
|
|
|
John Wayne è,ormai,da classificarsi come l'attore che molto più di altri(stiamo bene attenti a non dimenticarci,però,di Gary Cooper e del bellissimo film MEZZOGIORNO DI FUOCO di fred Zinnemann)ha recitato,sullo schermo,in alcuni dei punti più alti de l'epopea western americana...e se si pensa che la sua carriera è incominciata proprio con il cineasta john Ford e il suo precedente capolavoro chiamato OMBRE ROSSE(molto precedente se si considera che era il 1939)la sua esperienza cinematografica era e rimane giustamente leggendaria...anche se solamente all'interno di questo genere.
Il suo personaggio,in SENTIERI SELVAGGI,è quello di un uomo indurito dalla guerra e violentemente razzista nei confronti della tribù dei Cheyenne(nel mio precedente commento assegnai quattro stelle ma ho sempre immaginato che ne meritasse cinque e adesso,dopo un accurata riflessione,ho deciso di assegnargliele)e,nella ricerca della nipote rapita,arriva addirittura a sfregiare i cadaveri degli indiani morti che egli trova sul suo cammino.
[+]
John Wayne è,ormai,da classificarsi come l'attore che molto più di altri(stiamo bene attenti a non dimenticarci,però,di Gary Cooper e del bellissimo film MEZZOGIORNO DI FUOCO di fred Zinnemann)ha recitato,sullo schermo,in alcuni dei punti più alti de l'epopea western americana...e se si pensa che la sua carriera è incominciata proprio con il cineasta john Ford e il suo precedente capolavoro chiamato OMBRE ROSSE(molto precedente se si considera che era il 1939)la sua esperienza cinematografica era e rimane giustamente leggendaria...anche se solamente all'interno di questo genere.
Il suo personaggio,in SENTIERI SELVAGGI,è quello di un uomo indurito dalla guerra e violentemente razzista nei confronti della tribù dei Cheyenne(nel mio precedente commento assegnai quattro stelle ma ho sempre immaginato che ne meritasse cinque e adesso,dopo un accurata riflessione,ho deciso di assegnargliele)e,nella ricerca della nipote rapita,arriva addirittura a sfregiare i cadaveri degli indiani morti che egli trova sul suo cammino.
La straordinaria bellezza di questo viaggio nella frontiera si trova nella profonda ma solo apparente contrapposizione tra la bellezza della natura selvaggia e lo spirito violento e spietato che pervade molti di coloro che la attraversano o vi abitano(e quindi anche le tribù native)...ma questa è una storia che solamente un"colosso"come J.ford avrebbe potuto,ispirandosi al romanzo di Alan Le May,trasportare al cinema con una perfezione simile...l'accoppiata attore-regista John Wayne e John Ford è da considerarsi quindi una delle più vincenti della cinematografia mondiale.
[-]
[+] il migliore di tutti itempi
(di samanta)
[ - ] il migliore di tutti itempi
|
|
[+] lascia un commento a il cinefilo »
[ - ] lascia un commento a il cinefilo »
|
|
d'accordo? |
|
vincenzo carboni
|
giovedì 2 giugno 2011
|
torniamo a casa debbie...
|
|
|
|
Sentieri selvaggi… Il titolo risuona araldico, nella ellissi della una ricerca di una bambina intorno al buco creato dal massacro dei Comanchi Noyeki. Il Reale come accadimento, come evento nucleare, nell’etimo dell’infinitamente piccolo che allarga il proprio centro all’infinitamente grande nella sua deflagrazione, crea il buco nero, selvaggio e incapace di mediazione, di negoziazione con l’altro, che può avvenire solo per scambiare una donna con un cappello, un cavallo per onorare l’orgoglio di un grande capo. Nell’incontro tra Ethan e Scar il duello mortale si prefigura con le parole che malgrado la reciproca e blandita conoscenza della lingua dell’altro non permettono un riconoscimento (“Parli bene per essere un bianco”, e viceversa: “Non c’è male per un indiano”).
[+]
Sentieri selvaggi… Il titolo risuona araldico, nella ellissi della una ricerca di una bambina intorno al buco creato dal massacro dei Comanchi Noyeki. Il Reale come accadimento, come evento nucleare, nell’etimo dell’infinitamente piccolo che allarga il proprio centro all’infinitamente grande nella sua deflagrazione, crea il buco nero, selvaggio e incapace di mediazione, di negoziazione con l’altro, che può avvenire solo per scambiare una donna con un cappello, un cavallo per onorare l’orgoglio di un grande capo. Nell’incontro tra Ethan e Scar il duello mortale si prefigura con le parole che malgrado la reciproca e blandita conoscenza della lingua dell’altro non permettono un riconoscimento (“Parli bene per essere un bianco”, e viceversa: “Non c’è male per un indiano”). La possibilità del dialogo –seppure sospeso- tuttavia permette la tregua (Cito a memoria: “Perché non ci ha attaccato li?” chiede Martin; “Sarebbe stata una scortesia” risponde Ethan), e la possibilità per ciascuno di rilanciare le proprie ferite (anche Scar ha avuto sacrificati due figli uccisi dai bianchi), di contrapporre il proprio buco contro quello dell’altro. Le ragioni di ciascuno -come il viaggio dei due searchers- percorrono vie oscure, misteriose, ma segnate come una pista che non si lascia cancellare dal vento e dalla pioggia. Nessuno lascia che le ragioni dell’altro depositino dentro sé le loro radici in modo tale da far germogliare le parole del perdono e della pietà. Anche Ethan è senza occhi, ed è costretto per questo ad essere portato dal vento in eterno, come un comanche che muore cieco. Lo sguardo di Ethan si pietrifica nella visione della fattoria distrutta, e prima ancora –mentre asciuga il sudore al proprio stremato cavallo- nella visione di quello che inevitabilmente accadrà (Come farà a resistere nell’attesa? Come ingannerà l’angoscia? Ho sempre pensato che ha avuto la santa follia di Mose Harper a cui aggrapparsi). Il terzo sguardo è quello celeberrimo dell’inusuale per Ford rapido carrello in avanti sul volto smarrito di Ethan-Wayne (dopo quello sul volto atterrito di Lucy presa improvvisamente nella visione di ciò che accadrà), a guardare cosa? Qualcosa che ha a vedere con l’orrore konradiano forse. Ma se Kurtz ne rimane schiacciato, impietrito, accecato (esito certo per chi fissa troppo a lungo il volto della gorgone), Ethan se ne fa scudo con la propria eroica certezza ontologica, e –protetto dall’ombra della falda del monumentale cappello a scrutare la verità di donne bianche non più bianche- può gettare lo sguardo sull’orrore dell’alienazione di sé, di quella dell’altro, in cui può accadere che la fiducia nei più teneri sentimenti che promette il domani, può rovesciarsi in una ontologia dell’uomo bianco come macchina, tale da porsi l’esclusivo scopo di annientare l’altro da sé, il suo ecosistema (la carne di bisonte), la sua stessa anima (lasciarlo vagare al vento). Ecco allora Ethan poter solo osservare dal di fuori la tenerezza domestica (Marta che depone il cappotto di Ethan nel baule accarezzandolo come fosse la pelle di un bambino, o suo fratello che chiude la porta della sua camera da letto con dentro Marta ad aspettarlo, come se si trattasse di un diritto che non gli appartiene). Ford –afferma Curtis Hanson- ti costringe ad usare la tua stessa immaginazione, per dare un senso ai buchi della narrazione che il regista stesso crea, quasi fossero analoghi dei buchi del Reale ma addomesticati, essa stessa la narrazione un unguento sopra una ferita di verità che può così sperare di rimarginarsi. Ecco che ci chiediamo: perché Aaron non è così felice dell’arrivo del fratello? Come mai tanta tenerezza tra Ethan e la cognata Martha (Clayton stoicamente guarda fisso in avanti facendo finta di niente mentre beve il caffè. Evidentemente Martha amava Ethan prima di Aaron, ma il carattere ribelle di Ethan non era fatto per il matrimonio)? Perché Aaron non fa una grinza quando il fratello gli sbatte in faccia le monete per pagare il suo soggiorno? E perché mai sente di dover pagare per stare dal fratello? Nessuna scena cinematografica mi commuove come quella in cui Debbie prega con una circonlocuzione ingenua e infantilmente astuta suo zio di regalargli una collana, sollevando una questione di giustizia che come tale non può non essere ascoltata (sua sorella ha avuto dallo zio una collana che le fa il collo nero: perché a lei no? A lei non importerebbe che le facesse il collo nero). La collana che le regala è un’onorificienza che non ha più valore per lui, e Debbie: “Che bello una collana anche per me”. Quella collana-medaglia per un lavoro mercenario (si intuisce che Ethan dopo la guerra fugge a fare il soldato altrove) tornerà ancora come fosse un messaggio in cerca del proprio destinatario tra i tanti, con la piccola Debbie come portalettere: troveremo la medaglia al collo di Scar, per vedere mutato il suo valore simbolico da riconoscimento affettivo (un bacio eterno al collo di sua nipote, o –perché no?- di sua figlia) ad amuleto in grado di rilasciare a chi lo porta il valore dell’uomo odiato e temuto-ammirato. Sta per lo scalpo che Scar vuole prendere a Ethan per impadronirsi delle sue virtù guerriere (spalle larghe), cosa il cui esito rovesciato avrà per il capo indiano il sapore postumo dell’ironia. Ma l’alieno e l’umano si contagiano, l’odio contagia l’amore, il bianco contagia il rosso e viceversa, e la resistenza a questo contagio è la furia cieca di Ethan, perfino di fronte alle spaurite superstiti bianche dell’assalto al villaggio indiano. Nell'omonimo romanzo di Alan Le May la ragazza a cui si ispira Debbie pare sia stata salvata dal fuoco dell’esercito dal fatto di avere gli occhi chiari: ecco il riconoscimento –che tuttavia non vale una appartenenza- che malgrado tutto Ethan non attribuisce: “Non sono più bianche. Considerale morte!”. Ma in fin dei conti anche Ethan non è più bianco, non sa più chi è nello spossessamento identitario che arriva a fare di lui una macchina di distruzione, perfino –fino a prova contraria- della sua amatissima nipote (insisto: figlia?), la figlia della sua amata Martha. Ecco il legame di sangue, il potere dell’uomo bianco, ecco ciò che con fredda e paziente determinazione permette di perseguire uno scopo. Si tratta di un affetto che non si è compiuto (l’amore verso Martha), e di uno che è stato reciso (la pietra tombale dietro la quale Debbie tenta di nascondersi riporta un'iscrizione che rivela il motivo dell'odio che Ethan nutre per i nativi americani: Qui giace Mary Jane Edwards uccisa dai Comanche il 12 maggio 1852. Una brava moglie e madre nei suoi 41 anni). Gli indiani inseguono qualcosa finchè credono di averla seguita abbastanza –dice Ethan- poi la piantano, lo stesso succede quando fuggono. Non si rendono conto ci possa essere qualcuno che continua ad inseguire la sua preda, checioè persegua il soddisfacimento impossibile del desiderio, di una mancanza che per un Comanche è strutturale, naturale, ossia connaturata alla propria esistenza di uomo, tale che è disposto ad accettare la morte come la vita, nella sua ferocia e nella sua generosità. Per un bianco non è così evidentemente. Si segue la preda finchè questa non è tanto stanca da abbassare la guardia. In questo senso Ethan oppone il suo essere macchina all’essenza naturale benché feroce di Scar, perdendo la propria identità, confondendosi con quella di Scar senza però assumerla, alla faccia di ogni dannata ontologia. Ethan non ha religioni, le conosce entrambi, ma non ne abbraccia nessuna. Ma della religione della sua razza, una cosa trattiene ed è il perdono. Può perdonare Debbie per essere stata violata, come lui lo è stato un tempo, e può perdonarla perché alla fine di tutto perdona a sé stesso. Le perdona qualsiasi cosa: “Torniamo a casa Debbie”. Torniamo a casa anche noi, alle nostre strutture… Il tempo favorisce gli artisti, il tempo è il solo vero criterio –dice Curtis Hanson- con cui si può giudicare l’arte. Quest’opera senza tempo, senza spazio, senza oscar, immensa come la Monument Valley, non smetterà mai di essere vista, perché dentro c’è qualcosa di noi che guardiamo e che ci inghiotte come in una corrente fredda e calda insieme. Certamente non tiepida. Certamente selvaggia.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a vincenzo carboni »
[ - ] lascia un commento a vincenzo carboni »
|
|
d'accordo? |
|
domenico rizzi
|
sabato 12 gennaio 2013
|
monumentale tributo al solitario della frontiera
|
|
|
|
Forse per comprendere a fondo un film occorrono degli anni ed è prroprio il caso di "The Searchers", "Sentieri selvaggi", di John Ford. La critica lo accolse tiepidamente alla sua uscita - in Francia venne presentato come un western qualunque, con il titolo "La prigioniera del deserto", coem se si trattasse di una storia sulla Legione Straniera! - e Wayne, come si sa, non era simpatico a tutti a causa delle sue idee di destra. Eppure questo film merita di stare in testa alla classifica dei western di ogni epoca, sia per le tematiche affrontate, quanto per l'insuperabile interpretazione dello stesso Wayne e di altri suoi comprimari. Gli ingredienti contenuti nella pellicola rappresentano addirittura una summa dell'intero panorama storico del West.
[+]
Forse per comprendere a fondo un film occorrono degli anni ed è prroprio il caso di "The Searchers", "Sentieri selvaggi", di John Ford. La critica lo accolse tiepidamente alla sua uscita - in Francia venne presentato come un western qualunque, con il titolo "La prigioniera del deserto", coem se si trattasse di una storia sulla Legione Straniera! - e Wayne, come si sa, non era simpatico a tutti a causa delle sue idee di destra. Eppure questo film merita di stare in testa alla classifica dei western di ogni epoca, sia per le tematiche affrontate, quanto per l'insuperabile interpretazione dello stesso Wayne e di altri suoi comprimari. Gli ingredienti contenuti nella pellicola rappresentano addirittura una summa dell'intero panorama storico del West. Vi sono infatti i pionieri che hanno costruito delle fattorie, sebbene collocate nell'improbabile scenario della Monument Valley, dove non crescerebbe una patata; gli indiani Comanche che assaltano gli insediamenti e rapiscono le donne per farne le loro squaw; i cavalleggeri dall'uniforme blu; i Rangers guidati da un energico reverendo impersonato da Ward Bond; i trafficanti con gli Indiani; le schiave dei Pellirosse recuperate in una condizione di pazzia totale, argomento che la maggior parte dei registi e dei benpensanti filo-indiani si sono sempre guardati bene dal trattare, perchè metteva in crisi il mito fasullo del "buon selvaggio". Infine, c'è il frontiersman che ha alle spalle due guerre perdute - il conflitto secessionista e la caduta di Massimiliano d'Asburgo dal trono messicano - e un passato da dimenticare anche negli affetti, dal momento che, a quanto si capisce, la cognata avrebbe dovuto essere la sua sposa prima di unirsi al fratello. Ethan Edwards (Wayne) è un uomo solitario, senza amici nè amori, che si cimenta nell'ultima sua impresa, quella di salvare le due nipoti rapite dai Comanche del capo Scar. Ne salverà una sola, Debbie (Natalie Wood) accettando il fatto che sia stata probabilmente nel letto di un Indiano. Pochi film sono realistici come questo: la scena delle squaw impazzite è uno scorcio di una tragedia che il western non ha quasi mai affrontato. Il gesto finale di Wayne, quando prende in braccio la nipote recuperata dicendole: "Andiamo a casa, Debbie!" è tale da far commuovere l'intera platea. Il suo personaggio rappresenta, dopo quello di Shane ("Il cavaliere della valle solitaria") il capostipite dei cavalieri solitari al cui fascino non saprà sottrarsi molti anni dopo neppure Clint Eastwood, dirigendo "Il cavaliere pallido". La sua dignitosa uscita di scena è il più grande tributo al mito della Frontiera.
Domenico Rizzi, scrittore
[-]
|
|
[+] lascia un commento a domenico rizzi »
[ - ] lascia un commento a domenico rizzi »
|
|
d'accordo? |
|
|