Maledetto sia il tempo che passa, se permette di dimenticare certi capolavori della storia del cinema. Questo “giardino” andrebbe coltivato ogni anno, sostituendo magari qualche fiore avvizzito (il doppiaggio italiano da rifare) ma mantenendo intatta la pianta.
Un’analisi della psicologia infantile centrata sulla solitudine: la bimba che insegue farfalle e parla ai fantasmi. Uno splendido ghost a tinte sfumate, sequel del più cupo “Il bacio della pantera” e apprezzabile esclusivamente da chi ha il dono di essere sensibile. Eppure, chiunque potrebbe ritrovare se stesso in queste vittime femminili dell’incomprensione altrui: Irena, la bambina, la vecchia pazza, la figlia ripudiata (diafana figura tipica dei racconti di Edgar Allan Poe, che forse andava approfondita un po’ meglio). Le musiche di Schubert e di Chajkosvkij fanno il resto, col tema della “Patetica” che emerge dal profondo, come se volesse chiudersi in una tomba isolata dal resto del mondo; tomba che però non è riconducibile alle candide fantasie di Amy ma al male che gli alti potrebbero farle, quell’essere “in balìa della vita” che genera un senso di struggente tenerezza.
Il regista Robert Wise (subentrato al licenziato von Fritsch) fu anche il montatore di “Quarto potere”. Da conservare in cineteca.
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