Questo film giallo del 1932 diretto da Edwin L. Marin, pur non eccellendo, presenta tutti gli elementi caratteristici del genere, tanto che può esserne considerato un prototipo ben riuscito.
La trama è ben delineata e soprattutto ha il merito di tenere celata sino alla fine l’identità dell’assassino, come si conviene ad un giallo: in questo modo la pellicola è resa molto avvincente ed interessante, con il pubblico che resta coinvolto nelle indagini e nella valutazione degli indizi, o presunti tali, che uno dietro l’altro emergono man mano che la storia procede e che l’intrigo viene a dipanarsi. Molto sagacemente sono inseriti alcuni elementi che hanno lo scopo preciso di depistare lo spettatore, portandolo a valutazioni affrettate circa la vera identità dell’assassino: in questo modo si crea anche un ottimo effetto sorpresa finale, che contribuisce alla buona riuscita del film.
Il cast non conta interpreti rimasti celebri, eccezion fatta per Bela Lugosi; i protagonisti sono David Manners e Adrienne Ames che al tempo avevano raggiunto una certa fama, ma che di lì a poco lasceranno entrambi, pur senza alcun legame l’uno con l’altra, l’industria cinematografica hollywoodiana, interrompendo la loro carriera.
Marin gira la pellicola in modo molto convincente, concedendosi anche qualche pregevole virtuosismo, come il lungo piano sequenza iniziale e la ripetizione per varie volte della scena madre della pellicola.
Apprezzabile la ricostruzione dello studio cinematografico.
Buono il ritmo incalzante della pellicola ottenuto grazie al susseguirsi delle indagini che portano continuamente a nuovi interessanti elementi. Ben funzionano anche le parti di alleggerimento, comunque anch’esse inserite dentro la trama gialla ed efficacemente affidate al buffo capo della vigilanza dello studio cinematografico.
La durata della pellicola è particolarmente contenuta, ma non si tratta di qualcosa di eccezionale per l’epoca, soprattutto per film del genere.
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