
Titolo originale | Inner Wars |
Anno | 2020 |
Genere | Documentario |
Produzione | Ucraina, Francia |
Durata | 60 minuti |
Regia di | Masha Kondakova |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 9 dicembre 2021
Un documentario che indaga sulle contraddizioni della guerra.
CONSIGLIATO SÌ
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Dal 2013 l'Ucraina si ritrova divisa tra pro europeisti e pro russi e la protesta pacifica pro europeista identificata come Euromaidan sfocia in un conflitto armato nella parte orientale del Paese. Nonostante gli Accordi di Minsk del 2014, che prevedevano, tra le altre condizioni, il cessate il fuoco, la creazione di zone di sicurezza, il disarmo dei gruppi illegali, il conflitto non si è mai interrotto. Al punto che nel 2020 si contavano tredicimila morti. In questa guerra, entrando nell'esercito, fanno la loro parte anche le donne. In fondo la statua della Madre Patria che la regista Masha Kondakova ricorda di aver ammirato da piccola nel memoriale militare di Kiev è una scultura gigante di una guerriera con scudo e spada che protegge l'Ucraina.
Partendo da quest'immagine imponente e paradossale, se confrontata alla realtà di un Paese ancora troppo machista, Kondakova identifica e segue tre volontarie diversamente impegnate nel Donbass, l'area dell'Ucraina dell'Est che rappresenta il fronte dei combattimenti. Ognuna di loro, a modo suo, affida alla macchina da presa i propri demoni privati.
Lera (Valeria) prima della guerra era giornalista. In guerra ha seguito e perso l'uomo che amava a causa di una mina e vive col suo fantasma che l'accompagna ovunque. Ha sfidato persino l'istituzione militare, per poter continuare a compiere azioni col mortaio e lanciare granate.
Olena, come urla l'adesivo sul vetro posteriore della sua jeep, è detta Witch, strega. Solida, sorridente, gestiva una catena di negozi e nonostante abbia due figli presidia il fronte e ha fiducia che la vita continui, anche aspettando di sposarsi. Ira, che da civile era un medico, ha sacrificato un occhio e le gambe per la patria, la rabbia le si legge in volto. Partecipa come eroina alle occasioni ufficiali, denuncia la discriminazione subita dai colleghi uomini ma soprattutto è perseguitata dal timore che l'aver combattuto cada nel vuoto.
Tutta la crudeltà, la difficoltà anche igienica, la solitudine e la rischiosità del fronte riverbera in un reportage costruito per rapidi appunti rubati, conquistato e a volte letteralmente strappato al combattimento, a poche centinaia di metri dalle bombe. Il punto di vista e la stessa presenza femminile sulla linea degli scontri e alle meste cerimonie ufficiali amplificano e ridefiniscono il vuoto di senso della guerra.