Paolo D'Agostini
La Repubblica
La profezia delle ranocchie è una specie di manifesto "verde". Ed è un saggio sulla possibilità di un cinema d'animazione alternativo alla corazzata americana e anche alla concorrente scuola giapponese. Molto europeo, anzi francese, il gusto della sfida affidato all'idea di un cartone animato non ipertecnologico, contraddistinto dalla linea semplice e un po' rétro di una illustrazione da fiaba per bambini ma anche per adulti. E decisamente finalizzata alla trasmissione di un messaggio.
La metafora è più o meno quella dell'arca di Noè aggiornata ai tempi e ai timori dei disastri ambientali. La famigliola, composta da un vecchio marinaio, dalla moglie africana e dal loro figlioletto adottivo, si offre di ospitare la piccola Lili e di prendersi cura degli animali mentre i suoi genitori, gestori di uno zoo, partono per l'Africa in cerca di coccodrilli. Ma, annunciata da una allarmata assemblea di rane, ecco sopraggiungere una violenta alluvione che isola la piccola comunità e mette alla prova la capacità dei suoi componenti, umani e bestie, di convivere e di sopravvivere all'emergenza.
La lezione di vita servirà a tutti, soprattutto a capire e selezionare che cosa è importante e che cosa non lo è, che cosa è vitale e che cosa no. Una lezione sull'importanza della solidarietà. Sul saper vivere insieme e condividere risorse e speranze. Chissà perché, sorprendentemente il ruolo della cattiva è affidato a una tartaruga.
Da La Repubblica, 22 ottobre 2004
di Paolo D'Agostini, 22 ottobre 2004