La sfida [1]

Dopo aver visto il film, penso che il contributo critico migliore sia quello dello scrittore e sceneggiatore napoletano Giuseppe Marotta, il quale ha saputo coglere i difetti più grossolani dell'opera prima di Rosi: […] Anche le pulci o le mosche di Forcella e di Porta Nolana sanno chi è e che fa un Salvatore Aiello. Scherziamo? A Napoli il “guappo”, come la legge, non ammette ignoranza. […] Ma c'è di, peggio. Vito si presenta ad Aiello che mangia e beve fra i suoi gregari a Posillipo, o dov'è, e lo informa che ha intenzione di farsi allattare a sua volta dalle sette vacche grasse dei Mercati Generali. E don Salvatore cede! […] L'innegabile realtà napoletana è che egli, soltanto per dire all'Aiello: “Buongiorno... vi saluto,” avrebbe dovuto avere un curriculum, un medagliere guappesco formato di anni di galera, di scontri leggendari, di favolosa impavidità. Accade (raramente) che un outsider balzi alle vette della notorietà e della potenza: ma deve, prima, aver abbattuto il “mammasantissima” in carica. La superficialità e l'arbitrarietà con le quali Rosi ha tratteggiato i “guappi”, sono evidenti anche nei loro modi. Li fa, per esempio, vociare e sghignazzare. Il “guappo», invece, ha le parole contate in bocca. È di lenti gesti, di lunghe e tetre pause. È fatidico, è liturgico. Non ciarla: sentenzia, decreta. È un officiante, un vescovo delle mazzate e della sopraffazione. Avendo sbagliato i “guappi”, Rosi ha purtroppo sbagliato il film. […] Le vostre immagini del Vasto, di Porta Capuana, eccetera, sono eccellenti ma disanimate. Perché? Non esito a rivelarvelo: perché qui nessuno ha un carattere. Vito, chi è? Assunta, chi è? Aiello, chi è? Scivolano come gocce sul vetro, per deficienza di connotati, generici e vacui, nella sensibilità e nella memoria nostre. Paragonati ad essi, i tipi di Fronte del porto erano michelangioleschi. Ma lo scrittore partenopeo ha saputo mostrare anche le indubbie qualità della pellicola: […] Gli autentici pregi del suo film sono di sceneggiatura (il congegno delle scene, perfetto; il dialogo, esatto e fluido): ma caspita, vi ha lavorato Suso Cecchi D'Amico, la migliore penna del cinema scritto, del cinema che anticipa il cinema e che spesso lo regge, lo porta come la barella porta il malato (cioè vivo, possibilmente) fino all'epilogo del film. Gli interventi della signora Cecchi D'Amico sono, a volte, non meno taumaturgici dell`Alzati e cammina” evangelico; ma, rianimatosi il cadavere, nessuno la ringrazia, nessuno la nomina; tutti i meriti vanno alla regia. Mi oppongo, Vostro Onore. Dico io brava, qui, alla sceneggiatrice dalla piccola macchina da scrivere in grembo, sulla tastiera della quale grandinano le impercettibili dita (un equilibrio e una rapidità sconcertanti, rivelatori): un gatto di raso e centinaia di libri intanto la guardano pensando: “Non abbiamo voce in capitolo; non è, la nostra, una valida testimonianza”. […] Perle del film: la scena d'amore nella bianca fuga delle terrazze, fra gli allusivi panni frugati dal vento, e la scena del ritorno di Vito all'alba, sulla Via Marittima, verso la pistola di Aiello. […] Rosi, non vogliatemene: è che mio nonno fu un pregevole camorrista della Sanità.