Ombre |
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Un film di John Cassavetes.
Con Lelia Goldoni, Rupert Crosse, Ben Carruthers, Anthony Ray
Titolo originale Shadows.
Drammatico,
b/n
durata 87 min.
- USA 1960.
MYMONETRO
Ombre
valutazione media:
3,38
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Avete appena visto un'improvvisazionedi FabioFeliFeedback: 25659 | altri commenti e recensioni di FabioFeli |
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sabato 15 febbraio 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
I tre personaggi principali sono Lelia, Ben, Hugh (nell’ordine L. Goldoni , Ben Carruthers, Hugh Hurd), tre fratelli afroamericani che vivono a New York. Lelia è una mulatta di carnagione molto chiara ed ha una storia con un giovane wasp danaroso, ma quando questi va a cercarla a casa e si accorge che i suoi fratelli sono “coloured”, rimane sconcertato e sorpreso; i fratelli di Leila ritengono giusto allontanarlo dalla ragazza, perché temono che quel rapporto non funzioni e ferisca la sorella. C’è poco d’altro nel film: l’attraversamento di un gruppo di amici di Ben della trafficata Quinta Strada per raggiungere un bar dove abbordare le ragazze sole e magari, poi, fare a pugni con gli accompagnatori delle stesse ragazze; e il fiasco di Hugh (affiancato da un amico impresario) in un bar di un’altra grande città americana , perché il suo modo di cantare – nonostante la bella voce da baritono, ma con poco ritmo, per niente swing – non convince la platea ai tavoli e neanche le sue freddure hanno effetto positivo: a Ben non resta che presentare un gruppo di ballerine succintamente vestite. Un po’ più approfondita la storia di Lelia, una ventenne alla sua prima esperienza col giovane wasp; si finge navigata e pensa che fare capricci con i corteggiatori la renda più desiderabile perché inafferrabile … Il bianco e nero di John Cassavetes arricchito con le note musicali di Mingus costruiscono ancora un gioiello di freschezza e naturalezza. In tutti i commenti rintracciabili su internet si sottolinea l’andatura “Jazz” del film, suggerita anche dalla scritta finale che conclude la pellicola e che suona più o meno così: “Quello che avete appena visto è una improvvisazione”. Tutti sanno che i grandi musicisti del Jazz in esibizione inseriscono un assolo - o una serie di assolo, se le star del gruppo sono più di una – nei loro pezzi, nei quali improvvisano uno sviluppo del motivo principale appena suonato e che viene ripreso alla fine. In pratica tutti gli attori recitano la parte di se stessi seguendo un canovaccio che permette loro una certa libertà di improvvisazione. La ripresa è stata fatta con una cinepresa a 16 millimetri (che, se non erro, permetteva anche di inserire il sonoro su una pista sincronizzabile a lato delle immagini): il campo delle immagini è abbastanza ristretto come nei film amatoriali che molti hanno avuto l’occasione di girare con amici e parenti negli anni ’50-‘60. Fummo entusiasti del film (datato 1959), distribuito in Italia nel 1962 (?). Ancora oggi mantiene la carica di originalità con effetto dirompente, una perfetta inaugurazione del cinema indipendente americano (“indie”): è il primo film nel quale i veri protagonisti sono afroamericani. Solo 58 anni dopo un film con regista e attori afroamericani (Moonlight di Barry Jenkins) ha conquistato per la prima volta il premio Oscar. Questa pellicola regala ancora l’illusione che è possibile a tutti raccontare una storia che funzioni: basta una minuscola videocamera o addirittura uno smartphone. Poi si deve avere talento come Agostino Ferrente in “Selfie”, o non se ne parla proprio: si girano pappette pseudointellettuali che non divertono, né fanno ridere, né commuovono. Questo è a livelli stratosferici: un film imperdibile.
Valutazione **** e ½ FabioFeli
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