achab50
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martedì 26 maggio 2015
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raccontiamola così
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Raccontiamola così; una poliziotta gnocca detta la Jena ha subìto anni prima violenza, e per una sorta di sindrome di Stoccolma questo le ha causato un appetito insaziabile, che la spinge a farsi tutti i colleghi, da quel che si racconta, ed anche l'ultimo collega, naturalmente belloccio.
Ah la gnocca poliziotto abita su una chiatta, affari suoi, ma questo offriva lo scenografo.
Dunque due studenti decidono di uccidere una sconosciuta per dimostrare a sè stessi che il delitto perfetto esiste. Congegnano una trappola mica male nella quale viene coinvolta anche una compagna di classe che, pur non essendo mai stata violentata, ha lo stesso appetito della poliziotta Jena e questa cosa andrebbe spiegata.
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Raccontiamola così; una poliziotta gnocca detta la Jena ha subìto anni prima violenza, e per una sorta di sindrome di Stoccolma questo le ha causato un appetito insaziabile, che la spinge a farsi tutti i colleghi, da quel che si racconta, ed anche l'ultimo collega, naturalmente belloccio.
Ah la gnocca poliziotto abita su una chiatta, affari suoi, ma questo offriva lo scenografo.
Dunque due studenti decidono di uccidere una sconosciuta per dimostrare a sè stessi che il delitto perfetto esiste. Congegnano una trappola mica male nella quale viene coinvolta anche una compagna di classe che, pur non essendo mai stata violentata, ha lo stesso appetito della poliziotta Jena e questa cosa andrebbe spiegata.
Ogni tanto compare una casa sulla scogliera curiosamente in varie fasi, non necessariamente logiche, di cedimento a mare.
Insomma la cosa procede senza infamia e senza lode fino all'obbligatorio colpo di scena finale, al previsto rovesciamento di fronti che qui assume aspetti assolutamente grotteschi.
Nelle more risulta che dei due congiurati uno vorrebbe ingropparsi l'altro, ma ci viene risparmiata la scena e di questo siamo credo tutti riconoscenti alla regia.
La Bullock recita con l'espressività di una maschera in granito dell'isola di Pasqua, gli altri invece direi che sono addirittura sopra la media.
Ci mettiamo una scimmia con relativo pelo, il bidello spacciatore, il capo poliziotto che vorrebbe chiudere il caso. Manca solo una cosa: l'auto che non parte, ed è per questo che il film si merita due palle e non una.
Boh, prodotto commerciale da guardare a stomaco pieno, sperando di addormentarsi gli ultimi dieci minuti. Con questa avvertenza ci starebbero anche tre palle. Amen
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r.a.f.
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lunedì 9 settembre 2019
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il delitto perfetto non esiste
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Due studenti, figli di famiglie facoltose e assenti, cercano di combattere la noia inventandosi qualcosa da fare: esaltati dalle teorie filosofiche di Nietzsche, e convinti di avere un intelligenza sopra la norma, decidono di compiere il delitto perfetto. Uccidono così una vittima a caso, facendola sembrare l’opera di un maniaco, e cercano di addossarne l’omicidio ad un bidello balordo e decisamente meno intelligente di loro, sistemando sulla scena del delitto una serie di indizi, quali peli di moquette e di animali, raccolti nella casa dell’uomo. Ma il delitto perfetto non esiste… Sarà una determinata detective, molto più intelligente e scaltra di loro, a intuire il piano e a smascherarli.
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Due studenti, figli di famiglie facoltose e assenti, cercano di combattere la noia inventandosi qualcosa da fare: esaltati dalle teorie filosofiche di Nietzsche, e convinti di avere un intelligenza sopra la norma, decidono di compiere il delitto perfetto. Uccidono così una vittima a caso, facendola sembrare l’opera di un maniaco, e cercano di addossarne l’omicidio ad un bidello balordo e decisamente meno intelligente di loro, sistemando sulla scena del delitto una serie di indizi, quali peli di moquette e di animali, raccolti nella casa dell’uomo. Ma il delitto perfetto non esiste… Sarà una determinata detective, molto più intelligente e scaltra di loro, a intuire il piano e a smascherarli. Il film, che prende spunto da un caso realmente accaduto nel 1924, non si dilunga sui particolari del delitto, che affiorano qua e là attraverso flashbacks, ma privilegia il ritratto caratteriale dei due protagonisti, studiandone a fondo la psicologia e le interazioni, le influenze reciproche e le differenze di personalità che in vario modo portano al fallimento del diabolico piano. Perfetta la Bullock nel ruolo della detective mascolina e ribelle all’autorità, bravi i giovani protagonisti, su cui spicca un Ryan Gosling ancora acerbo ma notevole, mentre Pitt prelude all’enigmatico protagonista di Funny Games. Un’ occasione per rivedere anche il compianto Chris Penn, scomparso troppo presto dalla scena cinematografica. Ben Chaplin c’è ma non si nota.
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eugen
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domenica 14 maggio 2023
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certo che almeno pone il problema
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Barbet Schro"der realizza nel 2002 questo"Murder by Numbers"(scritto da Tony Gayton)che, anche se in maniera approssimativa e in qualche modo superficiale, pone il prolbmea di studenti "superdotati"o comunque di intelligenza ben superiore alla media che non si rassegnano alla"grigia mediocrita" dominante, escogitando un modo per soddfisfare le loro pulsioni "particolari", sengatamente sadiche, uccidendo persone quasi "a caso", rifacendosi a teorie un po'raffazzonate, tra quelle di Nietzsche e il surrealismo bretoniano, quando Andre'Breton parlava di colpire a caso nella folla(ma il riferiento esplicito, nel film, e'solo a Nietzsche, dove invero a livello testuale e'piu'facile riscontrare elementi simili ilb Breton, ma.
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Barbet Schro"der realizza nel 2002 questo"Murder by Numbers"(scritto da Tony Gayton)che, anche se in maniera approssimativa e in qualche modo superficiale, pone il prolbmea di studenti "superdotati"o comunque di intelligenza ben superiore alla media che non si rassegnano alla"grigia mediocrita" dominante, escogitando un modo per soddfisfare le loro pulsioni "particolari", sengatamente sadiche, uccidendo persone quasi "a caso", rifacendosi a teorie un po'raffazzonate, tra quelle di Nietzsche e il surrealismo bretoniano, quando Andre'Breton parlava di colpire a caso nella folla(ma il riferiento esplicito, nel film, e'solo a Nietzsche, dove invero a livello testuale e'piu'facile riscontrare elementi simili ilb Breton, ma...transeat...), SUle loro tracce una valida detective, nmolto intelligente, con vari problemi personali, riuscira' a stanarli...Problemi posti e giustamente"non risolti"moralisticamente, dato che e'un trhilller, comunque e non un fikm drammaticoo con intenti pedagogici... Notevole La prova di Sandra Bullock, ma anche Ryan Gosling e Michael Pitt rendono bene i perosnaggi dei due"eccentrici"studenti. Come detto, il problema viene almeno sollevato, pur in mezzo a quello che e' comunque, essendo stato compiuto un delitto, quello di "risolvere un caso"e non di moraleggiare o di offrire/proporre soluzioni a quanto si puo'e deve considerare un tentativo di mettere in opera assurdamente quanto era stato solo teorizzato o meglio proposto come mera ipotesi non come soluzione operativa, essendo comunque i teorici citati ben consapevoli dei pericoli relativi a una messa in opera di quanto veniva solamente teorizzato. Nel cinema made in the USA, cinema totalmente"popolare", essendo rivolto veramente a una sorta di"uomo -massa" , un'opera come quesa era ed e'tutttvaia, anche a distanza di vent'anni e piu'dalla realizzatiozne, qualcosa di indubbiamente "nuvo" Eugen
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paolp78
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domenica 2 luglio 2023
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intrigante psicologicamente, sebbene non originale
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Ormai da qualche decennio nei thriller polizieschi si è affermata l’idea vincente secondo cui le indagini per smascherare l’assassino sono portate avanti da una donna. Si tratta di uno schema che trova il suo più illustre precedente nel capolavoro di Jonathan Demme “Il silenzio degli innocenti” e che è stato più volte replicato in pellicole di minor valore e altrettanto minor successo, ma che hanno comunque ottenuto un discreto consenso, almeno da parte del pubblico, proprio sfruttando questa ottima miscela di ingredienti ben bilanciati e vincenti.
Questa pellicola del francese Barbet Schroeder richiama il capolavoro di Demme anche per il fatto che la donna detective deve vincere dei fantasmi del suo passato, che sono la ragione per cui è entrata nella polizia, ma a parte questo le due opere hanno ben poco in comune.
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Ormai da qualche decennio nei thriller polizieschi si è affermata l’idea vincente secondo cui le indagini per smascherare l’assassino sono portate avanti da una donna. Si tratta di uno schema che trova il suo più illustre precedente nel capolavoro di Jonathan Demme “Il silenzio degli innocenti” e che è stato più volte replicato in pellicole di minor valore e altrettanto minor successo, ma che hanno comunque ottenuto un discreto consenso, almeno da parte del pubblico, proprio sfruttando questa ottima miscela di ingredienti ben bilanciati e vincenti.
Questa pellicola del francese Barbet Schroeder richiama il capolavoro di Demme anche per il fatto che la donna detective deve vincere dei fantasmi del suo passato, che sono la ragione per cui è entrata nella polizia, ma a parte questo le due opere hanno ben poco in comune.
L’opera di Schroeder delude sotto il piano dell’intensità emotiva della narrazione e della scarsa capacità di creare suspense e tensione nelle scene topiche.
Si apprezza invece il gioco psicologico che si crea tra i poliziotti e i due giovani assassini, nonché quello interno a questi ultimi. La totale futilità delle ragioni che portano a commettere il delitto, contribuisce a rendere la pellicola intellettualmente intrigante; questo elemento amorale e nichilista suscita inoltre sdegno e riprovazione nel pubblico, nonché però anche interesse all’evolversi della storia.
Buono anche il rapporto emotivo-sentimentale tra la detective protagonista, interpretata da Sandra Bullock, ed il suo collega meno esperto, parte nella quale troviamo un convincentissimo Ben Chaplin, che personalmente ho preferito alla protagonista.
I due assassini sono invece Ryan Gosling e Michael Pitt, entrambi molto bravi a rendersi particolarmente odiosi, e pertanto capaci di centrare la caratteristica fondamentale richiesta dai ruoli loro assegnati.
Benché si conosca l’identità dei colpevoli sin dall’inizio, la sceneggiatura riesce a mantenere incerto qualche elemento, che infatti viene svelato solo nel finale, consentendo un effetto sorpresa forse un po’ residuale, ma che ha comunque un’apprezzabile riuscita.
Apprezzabile il mancato ricorso da parte di Schroeder a inutili scene splatter o truculenti, ahimè spesso largamente abusate in pellicole di questo genere.
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