tommaso landa
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giovedì 19 luglio 2007
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capolavoro dimenticato
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Questo è un film da guardare in religioso silenzio.Uno di quei film che hanno la poesia e l'arte al massimo dell'espressione in ogni fotogramma;la storia classica di Edipo viene ricostruita e rimaneggiata, tanto da presentarci un finale a sorpresa nel quale Edipo (Citti) ormai cieco, vagabonda per le strade moderne assieme ad un fido compare (Anghelos, interpretato da Davoli)...Ciò che più colpisce del film è lo straordinario equilibrio della regìa di Pasolini: ciò che gli è sempre stato accusato dai giornalisti e dai critici (cioé il suo gusto sconfinato per le storie crude di gente popolana e sgangherata) qua è straordinariamente messo in secondo piano.Qualsiasi regista avrebbe puntato sul lato più "boccaccesco" del rapporto madre/figlio-amante e magari avrebbe occupato gran parte delle scene con immagini forti e scandalizzanti dedicate alla passione incestuosa; Pasolini invece lascia solo immaginare la passione fisica e si concentra elegantemente sui contenuti e sui risvolti tragici sulla psiche di Edipo.
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Questo è un film da guardare in religioso silenzio.Uno di quei film che hanno la poesia e l'arte al massimo dell'espressione in ogni fotogramma;la storia classica di Edipo viene ricostruita e rimaneggiata, tanto da presentarci un finale a sorpresa nel quale Edipo (Citti) ormai cieco, vagabonda per le strade moderne assieme ad un fido compare (Anghelos, interpretato da Davoli)...Ciò che più colpisce del film è lo straordinario equilibrio della regìa di Pasolini: ciò che gli è sempre stato accusato dai giornalisti e dai critici (cioé il suo gusto sconfinato per le storie crude di gente popolana e sgangherata) qua è straordinariamente messo in secondo piano.Qualsiasi regista avrebbe puntato sul lato più "boccaccesco" del rapporto madre/figlio-amante e magari avrebbe occupato gran parte delle scene con immagini forti e scandalizzanti dedicate alla passione incestuosa; Pasolini invece lascia solo immaginare la passione fisica e si concentra elegantemente sui contenuti e sui risvolti tragici sulla psiche di Edipo.Il fatto stesso che ad impersonare Giocasta abbia scelto la Mangano (qui affascinante al limite dell'irreale) e l'abbia fatta truccare in modo pallido quasi angelico è una scelta ben precisa: lei non è vista come simbolo dell'incesto, della passione, del peccato, ma viene resa come un'esca, un'icona che serve a far sciogliere il plot e renderlo più fluido.La sua scelta iniziale di abbandonare su una collina il piccolo Edipo in seguito ad una profezia malefica e crudele non viene sottolineata pesantemente per il resto della storia ma viene messa in secondo piano facendo emergere la sua incredibile eleganza e superiorità quasi divina; da notare anche la scelta del trucco per Citti (abbronzato e quindi scuro, in confronto alla bianca glacialità quasi elettrica della Mangano) che suggerisce una sorta di personificazione reale del personaggio originale della tragedia.Il comportamento e la reazione di Edipo che sceglie di accecarsi per autopunirsi sono in realtà da intendere come un'auto-castrazione, visto che il danno era stato compiuto a livello sessuale e non tramite gli occhi...Insomma un film stra-consigliato, a giovani e ad adulti, una storia antica resa moderna da un genio dell'arte come Pasolini.N.B il film non è girato in Grecia bensì in Marocco, e vede anche fra gli attori Carmelo Bene in una delle sue rare apparizioni cinematografiche.
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tommy
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mercoledì 6 gennaio 2010
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capolavoro dimenticato
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Questo è un film da guardare in religioso silenzio.Uno di quei film che hanno la poesia e l'arte al massimo dell'espressione in ogni fotogramma;la storia classica di Edipo viene ricostruita e rimaneggiata, tanto da presentarci un finale a sorpresa nel quale Edipo (Citti) ormai cieco, vagabonda per le strade moderne assieme ad un fido compare (Anghelos, interpretato da Davoli)...Ciò che più colpisce del film è lo straordinario equilibrio della regìa di Pasolini: ciò che gli è sempre stato accusato dai giornalisti e dai critici (cioé il suo gusto sconfinato per le storie crude di gente popolana e sgangherata) qua è straordinariamente messo in secondo piano.Qualsiasi regista avrebbe puntato sul lato più "boccaccesco" del rapporto madre/figlio-amante e magari avrebbe occupato gran parte delle scene con immagini forti e scandalizzanti dedicate alla passione incestuosa; Pasolini invece lascia solo immaginare la passione fisica e si concentra elegantemente sui contenuti e sui risvolti tragici sulla psiche di Edipo.
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Questo è un film da guardare in religioso silenzio.Uno di quei film che hanno la poesia e l'arte al massimo dell'espressione in ogni fotogramma;la storia classica di Edipo viene ricostruita e rimaneggiata, tanto da presentarci un finale a sorpresa nel quale Edipo (Citti) ormai cieco, vagabonda per le strade moderne assieme ad un fido compare (Anghelos, interpretato da Davoli)...Ciò che più colpisce del film è lo straordinario equilibrio della regìa di Pasolini: ciò che gli è sempre stato accusato dai giornalisti e dai critici (cioé il suo gusto sconfinato per le storie crude di gente popolana e sgangherata) qua è straordinariamente messo in secondo piano.Qualsiasi regista avrebbe puntato sul lato più "boccaccesco" del rapporto madre/figlio-amante e magari avrebbe occupato gran parte delle scene con immagini forti e scandalizzanti dedicate alla passione incestuosa; Pasolini invece lascia solo immaginare la passione fisica e si concentra elegantemente sui contenuti e sui risvolti tragici sulla psiche di Edipo.Il fatto stesso che ad impersonare Giocasta abbia scelto la Mangano (qui affascinante al limite dell'irreale) e l'abbia fatta truccare in modo pallido quasi angelico è una scelta ben precisa: lei non è vista come simbolo dell'incesto, della passione, del peccato, ma viene resa come un'esca, un'icona che serve a far sciogliere il plot e renderlo più fluido.La sua scelta iniziale di abbandonare su una collina il piccolo Edipo in seguito ad una profezia malefica e crudele non viene sottolineata pesantemente per il resto della storia ma viene messa in secondo piano facendo emergere la sua incredibile eleganza e superiorità quasi divina; da notare anche la scelta del trucco per Citti (abbronzato e quindi scuro, in confronto alla bianca glacialità quasi elettrica della Mangano) che suggerisce una sorta di personificazione reale del personaggio originale della tragedia.Il comportamento e la reazione di Edipo che sceglie di accecarsi per autopunirsi sono in realtà da intendere come un'auto-castrazione, visto che il danno era stato compiuto a livello sessuale e non tramite gli occhi...Insomma un film stra-consigliato, a giovani e ad adulti, una storia antica resa moderna da un genio dell'arte come Pasolini.N.B il film non è girato in Grecia bensì in Marocco, e vede anche fra gli attori Carmelo Bene in una delle sue rare apparizioni cinematografiche.
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francis metal
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lunedì 30 gennaio 2017
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povero sofocle... e povero pasolini
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Non mi aspettavo che Pasolini fosse capace di fare un film così brutto, noioso e fatto male...
Io amo tantissimo "Salò e "Uccellacci e uccellini", il "Vangelo" è un lavoro decisamente inferirore, ma "Edipo re" è veramente brutto... Medea era lento e noioso, ma questo è veramente uno schifo.
Non è ambientato in Grecia, non ha nulla di greco, per quale ragione? E poi è lento... lento... la recitazione è pessima... Giocasta non sembra affatto la madre di Edipo.
I dialoghi sono fatti male, ad esempio Edipo usa la parola "zingari", ma come può un greco conoscere gli zingari? E poi usano la parola "Dio" quando i greci adoravano più dei.
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Non mi aspettavo che Pasolini fosse capace di fare un film così brutto, noioso e fatto male...
Io amo tantissimo "Salò e "Uccellacci e uccellini", il "Vangelo" è un lavoro decisamente inferirore, ma "Edipo re" è veramente brutto... Medea era lento e noioso, ma questo è veramente uno schifo.
Non è ambientato in Grecia, non ha nulla di greco, per quale ragione? E poi è lento... lento... la recitazione è pessima... Giocasta non sembra affatto la madre di Edipo.
I dialoghi sono fatti male, ad esempio Edipo usa la parola "zingari", ma come può un greco conoscere gli zingari? E poi usano la parola "Dio" quando i greci adoravano più dei... mah...
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marfil nico
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domenica 11 ottobre 2020
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la rappresentazione del mito di edipo
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del mito di Edipo nulla è da dire perchè tutti sappiamo cosa rappresenti nella società di oggi: nel film Pasolini rappresenta come ben detto nella recensione sopra esposta la figura quasi angelica della madre in contrasto con il colore scuro della pelle del figlio quasi posseduto da una passione irrequieta.
Credo che l'effetto scenico sia ben riuscito e forse anche quello psicologico Mi è piaciuto per esempio quel gesto più volte ripetuto di Edipo di mordersi la mano come a voler anticipare il dramma che lo vede protagonista suo malgrado. A mio modesto parere un operazione in generale riuscita per Pasolini quella di rappresentare l'incesto e la tragedia greca per come la presenta Sofocle del resto non ci sono grandissime differenze però non mi è piaciuta la scena di quando lui corre gridando e scappando dalle guadie e poi incontro a loro per ucciderle in quanto l effetto risulta ilare più che far spavento Poi non so con quali intenzione lo abbia fatto Pasolini.
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del mito di Edipo nulla è da dire perchè tutti sappiamo cosa rappresenti nella società di oggi: nel film Pasolini rappresenta come ben detto nella recensione sopra esposta la figura quasi angelica della madre in contrasto con il colore scuro della pelle del figlio quasi posseduto da una passione irrequieta.
Credo che l'effetto scenico sia ben riuscito e forse anche quello psicologico Mi è piaciuto per esempio quel gesto più volte ripetuto di Edipo di mordersi la mano come a voler anticipare il dramma che lo vede protagonista suo malgrado. A mio modesto parere un operazione in generale riuscita per Pasolini quella di rappresentare l'incesto e la tragedia greca per come la presenta Sofocle del resto non ci sono grandissime differenze però non mi è piaciuta la scena di quando lui corre gridando e scappando dalle guadie e poi incontro a loro per ucciderle in quanto l effetto risulta ilare più che far spavento Poi non so con quali intenzione lo abbia fatto Pasolini.
Forse anche questo passaggio è psicologico: lui prima ha paura del suo destino e poi lo affronta con coraggio, quindi uccide le guardie C' è quindi un misto di paura e coraggio nel protagonista che invece è sicuro nei momenti chiave: uccisione del padre e possedere la madre.
Bella la scelta di questi lunghi silenzi per concentrarsi sulla storia e le inquadrature sui particolari; il seno della madre, la natura, l'uso della voce gridata nei momenti di disperazione, il fischio di sottofondo quasi sempre presente quasi di un flauto per ricordare forse una sorta di aulos sacro a Dioniso cui il teatro greco era dedicato e da dove tutto parte.
Insomma un film con belle idee e da vedere Non credo sia il capolavoro del regista italiano ma daltronde credo che come storia sia anche difficile da rappresentare cinematograficamente eliminando o quasi le scene che molti si apstterebbero di vedere.
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andrea guidi
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domenica 24 aprile 2022
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la corsa di edipo
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Edipo al trivio corre urlando dopo aver colpito l'araldo che gli si para davanti minaccioso. Corre lungo la direzione da cui era giunto, non per paura o chiara volontà di fuga, ma come se gli fosse rimasto uno scrupolo inconscio, quello di evitare l'incontro diretto con Laio, il padre, che gli aveva intimato di scansarsi dal sentiero. Come se vi fosse ancora una qualche resistenza nel volere degli uomini di fronte al volere del fato. Nel testo di Sofocle questa corsa non compare. In questa corsa Pasolini ritrae il dramma contemporaneo di un figlio che uccide il padre comunque, ma che vuole sempre di più rimandare l'incontro con l'autorità paterna. C'è anche naturalmente un tratto autobiografico, la corsa del suo Edipo è la tendenza a identificarsi con la madre e a rifiutare l'adesione al ruolo maschile, pieno di potere e di identità storica.
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Edipo al trivio corre urlando dopo aver colpito l'araldo che gli si para davanti minaccioso. Corre lungo la direzione da cui era giunto, non per paura o chiara volontà di fuga, ma come se gli fosse rimasto uno scrupolo inconscio, quello di evitare l'incontro diretto con Laio, il padre, che gli aveva intimato di scansarsi dal sentiero. Come se vi fosse ancora una qualche resistenza nel volere degli uomini di fronte al volere del fato. Nel testo di Sofocle questa corsa non compare. In questa corsa Pasolini ritrae il dramma contemporaneo di un figlio che uccide il padre comunque, ma che vuole sempre di più rimandare l'incontro con l'autorità paterna. C'è anche naturalmente un tratto autobiografico, la corsa del suo Edipo è la tendenza a identificarsi con la madre e a rifiutare l'adesione al ruolo maschile, pieno di potere e di identità storica. Ma, oltre questo, e in conforto di questo, c'è l'allusione a una società (quella occidentale contemporanea) che cerca di non raccogliere più il ruolo dell'autorità paterna, lasciandolo al dio produttivo industriale, che, nelle sequenze finali del film, ordina e mette in riga donne e uomini omologati, che si comportano secondo schemi di neutra e ubbidiente assuefazione. Il figlio cosciente e sensibile, in una società dove non si riesce a rielaborare più il padre, se non nell'automazione, non può che essere un mendicante. Il padre è comunque ucciso, dicevamo. Sia nel mito antico che in un artista profondo come Pasolini il padre non può che essere anche il potere politico. Ma può esserci un padre che sappia svincolarsi dai ruoli del dominio mantenendo un'autorità sacra che esalti la vita senza l'obbligo ottuso di impersonare e imporre una sovranità? E qui solamente Ánghelos può superare il potere senza di nuovo cadere nel ciclo asfissiante delle reinterpretazioni politiche. Non la sapienza di chi libera un popolo e non la sapienza di costruire o ricostruire la società innalzano lo spirito, ma la creatività contemplativa e artistica possono farlo. Solo chi sa porgere il flauto alle mani cieche di Edipo può spezzare, con l'espressione della bellezza, la catena dei delitti. Solo il canto dell'uomo può squarciare il velo della terribilità dell'esistere.
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luigim
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venerdì 21 aprile 2006
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pasolini cineasta letterario eterno
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Innanzitutto, bisogna dire che il film oltre che alle due tragedie di Sofocle, Edipo Re e Edipo a Colono, come consuetudinalmente si dice, dà ampio spazio alla trattazione degli antefatti della vicenda. Vicenda che quasi tutti conosciamo più o meno bene, ed è quindi inutile dilungarsi nella sua esposizione. Molto più importante, invece è notare come Pasolini, secondo anche l'abitudine di prendere gli attori dalla strada, inserisce il mito di Edipo in un contesto a metà tra i villaggi africani di oggi e la Sicilia d'inizio secolo, mettendo da parte la bellezza e le perfezione classiche tipiche dell'ellenismo. Aggiunge un prologo ed un epilogo, ambientato il primo negli anni '20 ed il secondo nei '60 (contemporaneamente, in pratica): in questo modo, da un lato assegna una connotazione fortemente autobiografica alla vicenda, mentre dall'altro arricchisce la leggenda edipica di una particolare rilettura e di una serie di significati.
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Innanzitutto, bisogna dire che il film oltre che alle due tragedie di Sofocle, Edipo Re e Edipo a Colono, come consuetudinalmente si dice, dà ampio spazio alla trattazione degli antefatti della vicenda. Vicenda che quasi tutti conosciamo più o meno bene, ed è quindi inutile dilungarsi nella sua esposizione. Molto più importante, invece è notare come Pasolini, secondo anche l'abitudine di prendere gli attori dalla strada, inserisce il mito di Edipo in un contesto a metà tra i villaggi africani di oggi e la Sicilia d'inizio secolo, mettendo da parte la bellezza e le perfezione classiche tipiche dell'ellenismo. Aggiunge un prologo ed un epilogo, ambientato il primo negli anni '20 ed il secondo nei '60 (contemporaneamente, in pratica): in questo modo, da un lato assegna una connotazione fortemente autobiografica alla vicenda, mentre dall'altro arricchisce la leggenda edipica di una particolare rilettura e di una serie di significati. Particolare importanza assumono in primis la musica, incaricata di fare le veci degli stasima delle tragedie sofoclee; lo stile che ha sempre contraddistinto l'opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini, che tra l'altro appare anche in un breve cammeo, nel ruolo di un sacerdote; infine, come sempre nei film del letterato romano, le interpretazioni degli attori, a cui è lasciata una grande libertà, secondo una consuetudine che poi Kiarostami porterà all'apoteosi: Franco Citti (forse mediocre nella recitazione, ma bisogna ammettere molto incisivo), Silvana Mangano (che interpreta una Giocasta particolarmente silenziosa quanto espressiva, che cerca di nascondere al figlio, intrattenendolo sessualmente, la verità di cui sembra essersi accorta da tempo), e poi Carmelo Bene e Alida Valli (Creonte e Merope, regnanti di Corinto), Ninetto Davoli (il "pupillo" di Pasolini, che ripete l'interpretazione giocosa che aveva fornito nel precedente Uccellacci e uccellini, al fianco di Totò). Purtroppo delude il fatto che Pasolini, da regista colto e disinibito qual'è, non conceda spazio all'interpretazione che Freud diede dell'accecamento di Edipo: infatti, come non tutti sanno, il filosofo di Freiberg vide in questo episodio una metafora dell'evirazione, come se Edipo più che i suoi occhi che non dovevano più vedere il male che c'era nel mondo, volesse punire il suo organo genitale per il male che aveva realmente fatto.
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luca scialò
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giovedì 2 settembre 2010
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storie di edipo di ieri e di oggi
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Pasolini ci propone la storia di Re Edipo, il quale, da piccolo abbandonato in un deserto, viene ritrovato da un servo e da adulto uccide ignaro il padre e si accoppia con la madre. Finisce però per scoprire l'amara verità a cui non voleva credere quando gli veniva profetizzata. La storia di Edipo viene anche riadattata, all'inizio e alla fine del film, ai nostri giorni.
Intensa l'interpretazione di Franco Citti, ormai attore maturo e pronto per ruoli non romaneschi; bella come una dea la Mangano. Geniale poi l'idea del traspondere la leggenda ai giorni d'oggi. Resta il fatto che non tutti i passaggi siano di facile comprensione.
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faber
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giovedì 14 febbraio 2008
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le due metafore
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Sono d'accordo con tutte le recensioni che mi hanno preceduto, ma resto un pò seccato perchè da nessuno è stato, in particolae, svelato il motivo per cui P.P.P abbia scelto, invece che di integrare la vicenda edipica nel bel mezzo della contemporaneità, come d'altronde sembrava promettere il "prologo", per così dire, del film, e invece sceglie di catapultare la storia nell'antica Grecia, ripercorrendo il testo sofocleo senza "rivisitarlo" nel senso in cui un pò tutti si aspettava che facesse. Dunque, per chi assiste ad un film del genere, e si pone questo interrogativo legittimo, cosa bisogna rispondere? Che Pasolini, sebbene facesse tanto il "popolofilo", poi cercava in tutti i modi di distanziarsi il più possibile dalle sue capacità di comprensione riguardo alle sue opere, dunque alle sue opinioni? O che, in realtà l'amore per il popolo era solo un fronzolo originale che gli garantisse l'esclusività e la differenza intellettuale rispetto ai comunisti del suo tempo? No, certo.
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Sono d'accordo con tutte le recensioni che mi hanno preceduto, ma resto un pò seccato perchè da nessuno è stato, in particolae, svelato il motivo per cui P.P.P abbia scelto, invece che di integrare la vicenda edipica nel bel mezzo della contemporaneità, come d'altronde sembrava promettere il "prologo", per così dire, del film, e invece sceglie di catapultare la storia nell'antica Grecia, ripercorrendo il testo sofocleo senza "rivisitarlo" nel senso in cui un pò tutti si aspettava che facesse. Dunque, per chi assiste ad un film del genere, e si pone questo interrogativo legittimo, cosa bisogna rispondere? Che Pasolini, sebbene facesse tanto il "popolofilo", poi cercava in tutti i modi di distanziarsi il più possibile dalle sue capacità di comprensione riguardo alle sue opere, dunque alle sue opinioni? O che, in realtà l'amore per il popolo era solo un fronzolo originale che gli garantisse l'esclusività e la differenza intellettuale rispetto ai comunisti del suo tempo? No, certo. Esistono, allora, due tipi di metafore e bisogna sapere che una è quella intellettuale, che P.P.P sebbene fosse un intellettuale adoperava pochissimo, e l'altra è quella empirica, sensibile, che Pasolini, dando forza alla mia opinione sul suo conto e cioè che sia un Artista prima di un intellettuale, preferiva. La scelta di spostare la vicenda nell'antica grecia permette, appunto, di catturare lo spettatore per i sensi, comunicandogli, così, più efficacemente di quanto avrebbe fatto il contrario, lo stato di totale desolazione e orribile disperazione dell'epoca corrente, con immagini ridondanti di deserti e di villaggi spopolati, e con la figura perentorea di un Edipo viandante e inesorabilmente spinto da forze maggiori verso la sua disfatta. L'espediente dello sfasamento temporale non è, precisiamolo, una tecnica per non farsi capire e per aggraziarsi, come oggi si potrebbe pensare, la critica, ma al contrario un modo ricercattissimo e congetturato nella sua semplicità, per farsi capire dal volgo, proprio sulla stregua di quelle parabole evangeliche che il Nostro amava tanto.
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enne
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lunedì 7 marzo 2005
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edipo re:tragedia moderna
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Sullo sfondo del dopoguerra,la gelosia di un padre per il figlio riporta alla mente il mito di Edipo.Egli viene abbandonato sul monte Citerone dal padre Laio,al quale un oracolo aveva predetto che se avesse avuto un figlio,questi lo avrebbe mandato in rovina.Edipo è però salvato da un pastore che lo affida a Polibo,re di Corinto, e a sua moglie,i quali lo allevano come un figlio.Diventato adulto Edipo si reca al santuario di Delfi perchè vuole delle spiegazioni riguardo un sogno che l'ha turbato.La pizia gli riferirà l'orrendo presagio:egli ucciderà suo padre e farà l'amore con sua madre.Sconvolto,si allontana da Corinto e si dirige verso Tebe,lungo la strada incontra Laio accompagnato da una scorta,scoppia una lite e alla fine Edipo uccide il padre.
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Sullo sfondo del dopoguerra,la gelosia di un padre per il figlio riporta alla mente il mito di Edipo.Egli viene abbandonato sul monte Citerone dal padre Laio,al quale un oracolo aveva predetto che se avesse avuto un figlio,questi lo avrebbe mandato in rovina.Edipo è però salvato da un pastore che lo affida a Polibo,re di Corinto, e a sua moglie,i quali lo allevano come un figlio.Diventato adulto Edipo si reca al santuario di Delfi perchè vuole delle spiegazioni riguardo un sogno che l'ha turbato.La pizia gli riferirà l'orrendo presagio:egli ucciderà suo padre e farà l'amore con sua madre.Sconvolto,si allontana da Corinto e si dirige verso Tebe,lungo la strada incontra Laio accompagnato da una scorta,scoppia una lite e alla fine Edipo uccide il padre.Giunto a Tebe uccide la Sfinge,sposa Giocasta e diventa il nuovo re della città,ma la tranquillità della sua vita viene inevitabilmente turbata dall'arrivo della peste.E' l'inizio di una dolorosissima ricerca di verità da parte di Edipo che si conclude con le accuse dell'indovino Tiresia verso il sovrano le quali si riveleranno fondate grazie alla dichiarazione del servo che abbandonò Edipo sul Citerone e del pastore che lo consegnò a Polibo.Edipo ormai a conoscenza della verità scopre che Giocasta si è impiccata all'interno della reggia,e in preda alla disperazione si acceca per "non vedere più" le atrocità commesse.Si mette così in viaggio con un ragazzo che gli fa da guida e insieme si dirigono verso Colono per la purificazione.Si ritorna così negli anni '60 dove un Edipo moderno vaga desolato per una cittadina industriale accompagnato da Angelo...
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