iuriv
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giovedì 22 giugno 2017
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il peso degli anni.
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Inevitabilmente, quando si affronta un film come questo, bisogna fare i conti con lo scorrere del tempo. E probabilmente, visto l'anno di produzione, accettare l'idea che il budget a disposizione per il cinema non fosse troppo sostanzioso.
Hitchcock prende quindi in mano Il Sospetto dovendo tenere a freno la verve stilistica che ne caratterizzerà il periodo successivo, per impostare una pellicola basata essenzialmente sulla sceneggiatura.
A dargli man forte in questo lavoro il regista trova un beffardo Cary Grant, guascone poco affidabile e la stupenda Joan Fontain nel ruolo della moglie ingenua.
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Inevitabilmente, quando si affronta un film come questo, bisogna fare i conti con lo scorrere del tempo. E probabilmente, visto l'anno di produzione, accettare l'idea che il budget a disposizione per il cinema non fosse troppo sostanzioso.
Hitchcock prende quindi in mano Il Sospetto dovendo tenere a freno la verve stilistica che ne caratterizzerà il periodo successivo, per impostare una pellicola basata essenzialmente sulla sceneggiatura.
A dargli man forte in questo lavoro il regista trova un beffardo Cary Grant, guascone poco affidabile e la stupenda Joan Fontain nel ruolo della moglie ingenua.
Lo schermo è completamente nelle loro mani di attori convincenti, capaci di interagire alla perfezione e di dare credibilità a un contesto figlio del suo tempo, sia come ambientazione che come stile del racconto.
Il regista bilancia alla perfezione la trama, prendendosi tutto il tempo del mondo per l'introduzione e facendo salire la tensione grazie a un saggio utilizzo del punto di vista, progressivamente spostato vero il personaggio femminile.
La capacità di costruire un noir ad effetto trova la sua sublimazione in uno dei pochi voli pindarici che Hitchcock si concede in questo lavoro, ovvero la scena del latte. Con uno straordinario gioco di luci e inquadrature, il film per qualche istante sembra trasformarsi in un horror espressionista, facendo sobbalzare sulla sedia lo spettatore di fronte a un momento così inatteso.
Certo, probabilmente siamo davanti ad una pellicola pienamente apprezzabile solo dai più fini intenditori della settima arte. Il tempo ha lasciato la sua impronta su questo lavoro. Io ho conosciuto Hitchcock attraverso opere successive a questa, più moderne e cariche di soldi e mezzi e non faccio fatica a dire che le preferisco.
Tuttavia con questo regista difficilmente si rimane delusi. Hitchcock è un maestro e passarci un po' di tempo insieme non è mai una scelta sbagliata.
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jacopo b98
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venerdì 6 giugno 2014
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uno dei migliori film del "primo hitchcock"
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La giovane aristocratica Lina (Fontaine) sposa contro il volere dei genitori, John Aysgarth (Grant), un playboy fannullone che vive di espedienti. La donna si fa sempre più sospettosa e arriva addirittura, oltre a sospettare il marito di omicidio, a temere per la sua incolumità… Uno dei capolavori del primo Hitchcock, teso, appassionato e melodrammatico. Fortemente incentrato sui temi del sesso e della sessuologia trova in una sceneggiatura di ferro e in una regia perfetta i suoi punti di forza. Oltre che nei suoi due interpreti (la Fontaine vinse l’Oscar, meritatamente). Ottime musiche di Franz Waxman.
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elgatoloco
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domenica 8 ottobre 2017
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grande come tutto hitchcock
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" Suspicion"(1941)è un grande film come tutta la straordinaria produzione filmica di Sir Alfred Htichcock, che considero il più grande regista di ogni tempo, in quanto ogni inquadratura -ogni sequenza merita di essere veramente"studiata": qui, appunto, è in ogni sequenza che si può studiare la progressione(aritmetica, direi, non geometrica, data la buona fede della protagonista)del sospetto verso il marito, giocatore d'azzardo e(probabilmente)anche libertino nonché potenzialmente"pericoloso": è da notare che questa progressione non è tutta e solo a senso unico; certo ogni volta si aggiunge un tassello al sospetto, ma poi la protagonista Lina ci "ripensa"o meglio vuole disperatamente autoconvincersi che "le cose non sono come sembrano", per semplificare.
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" Suspicion"(1941)è un grande film come tutta la straordinaria produzione filmica di Sir Alfred Htichcock, che considero il più grande regista di ogni tempo, in quanto ogni inquadratura -ogni sequenza merita di essere veramente"studiata": qui, appunto, è in ogni sequenza che si può studiare la progressione(aritmetica, direi, non geometrica, data la buona fede della protagonista)del sospetto verso il marito, giocatore d'azzardo e(probabilmente)anche libertino nonché potenzialmente"pericoloso": è da notare che questa progressione non è tutta e solo a senso unico; certo ogni volta si aggiunge un tassello al sospetto, ma poi la protagonista Lina ci "ripensa"o meglio vuole disperatamente autoconvincersi che "le cose non sono come sembrano", per semplificare... Tratto da un romanzo Anthony Berkeley Cox,"Before the Fact" il film contiene notevoli"scarti", ossia"diversità"rispetto al romanzo e ciò, come sempre in Hitch è un grandissimo pregio.Qui, in specifico, rispetto a un finale"unidirezionale"nel libro, nel film si ha un potenziamento notevole del"sospetto"o meglio del clima di sospetto anche nel finale e potenzialmente dopo lo stesso. Si diceva delle singole sequenze: il famoso bicchiere di latte che Lina(la protagonista, appunto)forse beve o che comunque le viene portato è esemplare, dell'"enigma soggiacente"e vale come tale, anche oltre al fatto che in esso la luminosità particolare che lo stesso assume sia dovuto al fatto che Hitch vi avesse inserito una lampadina(il film è in bianco e nero, la tecnica dell'epoca era quella che era, ossia non proprio"avanzatissima", come sappiamo); da notare anche la presenza dell'amico, un tema ricorrente anche in altri film del grande regista britannico e anche l'ambientazione decisamente"old english"di questo film, che pure fa parte di quelli già girati negli States, in quanto è il quarto realizzato da Hitchcock che fino alla fine, pur grato agli States per molti aspetti, conserverà sempre il passaporto britannico. Cary Grant, qui al suo esordio con sir Alfred, è sempre sufficientemente e intelligentemente ambiguo, Joan Fontaine è la tipica bellezza bionda apparentemente austera prediletta dall'autore, ma ovviamente è molto più di questo, Nigel Bruce è un amico molto interessante, dove la cordialità non può nascondere un velo di"sospetto"(tanto per cambiare), isabel jeans interpreta in modo convincente il personaggio di una scrittrice di "gialli"che ricorda"pericolosamente"Agatha Christie. Il doppiaggio italiano, in parte teatrale in parte raffazzonato, è un vero pugno nello stomaco, ma rientra nel modello di doppiaggio dell'epoca; la pellicola, quasi sempre, è in uno stato di conservazione non ottimale. Ma... El Gato
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carloalberto
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lunedì 28 dicembre 2020
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la grandezza di un''opera dovuta al caso
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Ci vuole fortuna nella vita, anche in quella di un’opera d’arte. Se non fosse stato per l’imposizione dei produttori hollywoodiani, il finale sarebbe stato diverso e Hitchcock avrebbe fatto morire la protagonista avvelenata dal famoso bicchiere di latte illuminato dalla lampadina. Il nuovo finale è il frutto di un compromesso che lascia allo spettatore decidere quale sarà l’esito della vicenda, trasferendo metafilmicamente il sospetto dalla celluloide alla sala, dalla quale si uscirà titubanti portandosi dietro lo stesso dubbio che ha attanagliato per tutta la pellicola Joan Fontaine.Grant è uno scapestrato ma brillante e simpatico giovanotto senza un soldo a cui piace la bella vita e le puntate ai cavalli e che non esita a derubare il suo principale o è un cinico assassino che programma l’omicidio della moglie per poter intascare il premio dell’assicurazione sulla vita?
L’ambiguità del personaggio di Grant, quindi, rimane anche dopo che scorrono i titoli di coda ed induce a rivedere il film nelle due prospettive possibili lasciate aperte.
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Ci vuole fortuna nella vita, anche in quella di un’opera d’arte. Se non fosse stato per l’imposizione dei produttori hollywoodiani, il finale sarebbe stato diverso e Hitchcock avrebbe fatto morire la protagonista avvelenata dal famoso bicchiere di latte illuminato dalla lampadina. Il nuovo finale è il frutto di un compromesso che lascia allo spettatore decidere quale sarà l’esito della vicenda, trasferendo metafilmicamente il sospetto dalla celluloide alla sala, dalla quale si uscirà titubanti portandosi dietro lo stesso dubbio che ha attanagliato per tutta la pellicola Joan Fontaine.Grant è uno scapestrato ma brillante e simpatico giovanotto senza un soldo a cui piace la bella vita e le puntate ai cavalli e che non esita a derubare il suo principale o è un cinico assassino che programma l’omicidio della moglie per poter intascare il premio dell’assicurazione sulla vita?
L’ambiguità del personaggio di Grant, quindi, rimane anche dopo che scorrono i titoli di coda ed induce a rivedere il film nelle due prospettive possibili lasciate aperte. Le ombre sinistre che si stagliavano sulle mura della grande villa erano la proiezione delle allucinazioni della giovane donna afflitta da manie di persecuzione oppure rappresentavano l’atmosfera cupa premonitrice di un delitto imminente di cui lei era la vittima designata? Le parola “assassino” che si materializza sul tavolo, giocando ad un antesignano dello scarabeo, preannuncia casualmente quello che avverrà all’amico bonaccione del marito,Nigel Bruce, o è formata inconsciamente da lei stessa in preda alle sue angosce?
Non si rintracceranno, riguardando mentalmente la pellicola, niente altro che indizi, che portano all’una o all’altra conclusione e la grandezza di quest’opera di Hichcock, che non è un semplice thriller psicologico o la mera trasposizione cinematografica di un romanzo giallo, sta nell’implicito rinvio al tema universale, che travalica la contingenza e la temporalità del racconto, della condizione esistenziale degli uomini, condannati a vivere nel dubbio e finanche nel sospetto sulla vera natura dei sentimenti che le persone più care nutrono nei nostri confronti.
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gianleo67
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domenica 25 marzo 2012
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il terrore corre sul filo...
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Giocata sui toni della commedia e del trhiller è un film di sottile ambivalenza psicologica. La storia si snoda sul doppio binario narrativo tracciato da accadimenti apparentemente ordinari e casuali e una loro possibile interpretazione paranoica. Il meccanismo per Hitchcock è collaudato ed efficace e consiste nel porre in rilievo dettagli apparentemente insignificanti visti da una prospettiva di paura e di sospetto. Il climax del film pertanto si sviluppa in un crescendo di dubbi e pregiudizi alimentati dalla fragile e fervida immaginazione della protagonista. Epilogo rassicurante che vanifica il risultato complessivo. Interessante ma poco riuscito il contrasto tra l'esuberanza un po' gigiona di Grant e la dolce fragilità della Fontaine, Oscar 1942 per la sua interpretazione.
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Giocata sui toni della commedia e del trhiller è un film di sottile ambivalenza psicologica. La storia si snoda sul doppio binario narrativo tracciato da accadimenti apparentemente ordinari e casuali e una loro possibile interpretazione paranoica. Il meccanismo per Hitchcock è collaudato ed efficace e consiste nel porre in rilievo dettagli apparentemente insignificanti visti da una prospettiva di paura e di sospetto. Il climax del film pertanto si sviluppa in un crescendo di dubbi e pregiudizi alimentati dalla fragile e fervida immaginazione della protagonista. Epilogo rassicurante che vanifica il risultato complessivo. Interessante ma poco riuscito il contrasto tra l'esuberanza un po' gigiona di Grant e la dolce fragilità della Fontaine, Oscar 1942 per la sua interpretazione.Memorabili almeno due scene: il bicchiere di latte che splende di 'luce propria' e la corsa finale in auto sull'orlo del burrone.Un classico del brivido.
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renato c.
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sabato 28 settembre 2013
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hitchcock - grant: una coppia che funziona sempre!
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Non è tra i "non plus ultra" di Hitchcock ma è un buon film tipico di quelli fatti alla sua maniera e con un Cary Grant più che mai adatto alla parte!
Come in altri gialli del maestro del brivido, il film inizia con il sapore di una commedia e va avanti così per la prima mezz'ora (salvo quella scena nel vento vicina ad un albero in cui sembra che il protagonista voglia uccidere Joan Fontaine e dove la musica fa la sua bella parte). Poi inizia lentamente e gradualmente la suspance: la moglie che scopre diverse incongruenze del marito fino a sospettarlo che sarebbe capacissimo di uccidere per il denaro, che semmbra sia l'unica cosa che gli interessa! Dopo la telefonata all'assicurazione, si ritiene quasi certa che il marito la voglia uccidere per riscuotere la sua polizza sulla vita! Ci si
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Non è tra i "non plus ultra" di Hitchcock ma è un buon film tipico di quelli fatti alla sua maniera e con un Cary Grant più che mai adatto alla parte!
Come in altri gialli del maestro del brivido, il film inizia con il sapore di una commedia e va avanti così per la prima mezz'ora (salvo quella scena nel vento vicina ad un albero in cui sembra che il protagonista voglia uccidere Joan Fontaine e dove la musica fa la sua bella parte). Poi inizia lentamente e gradualmente la suspance: la moglie che scopre diverse incongruenze del marito fino a sospettarlo che sarebbe capacissimo di uccidere per il denaro, che semmbra sia l'unica cosa che gli interessa! Dopo la telefonata all'assicurazione, si ritiene quasi certa che il marito la voglia uccidere per riscuotere la sua polizza sulla vita! Ci si mettono poi le coincidenze dell'amica scrittrice di gialli, che a cena con loro parla di un veleno che non lascia traccia! La povera Joan scopre che il marito sta proprio leggendo il libro dell'amica che parla di questo! E man mano che sale la suspance, la musica fa la sua parte, fino all'"happy-end" dove la verità (bella!) viene a galla e tutto si risolve! Morale per la vita di coppia: coniugi, comunicate di più tra di voi, non tenete cose nascoste, eviterete tanti inutili inconvenienti e litigi, ed il vostro rapporto sarà decisamente migliore!
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