emanuelemarchetto
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mercoledì 19 aprile 2017
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beauty and beast
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La famiglia Carter in viaggio col camper prende una scorciatoia in mezzo al deserto: diventeranno preda un una famiglia di cannibali, deformi e regrediti a livello primitivo a causa di esperimenti nucleari.
Al suo secondo horror Craven mette nuovamente a confronto due nuclei familiari: da una parte abbiamo i Carter, che si presentano come borghesi e reazionari, e lo possiamo evincere dalle esternazioni razziste del capofamiglia, ex poliziotto in pensione; dall'altra parte abbiamo una famiglia di ex minatori, quindi proletari, che rispondono al solo istinto di cibarsi e far progredire la specie.
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La famiglia Carter in viaggio col camper prende una scorciatoia in mezzo al deserto: diventeranno preda un una famiglia di cannibali, deformi e regrediti a livello primitivo a causa di esperimenti nucleari.
Al suo secondo horror Craven mette nuovamente a confronto due nuclei familiari: da una parte abbiamo i Carter, che si presentano come borghesi e reazionari, e lo possiamo evincere dalle esternazioni razziste del capofamiglia, ex poliziotto in pensione; dall'altra parte abbiamo una famiglia di ex minatori, quindi proletari, che rispondono al solo istinto di cibarsi e far progredire la specie.
La famiglia Carter possiede due cani, chiamati Beauty e Beast: il primo, percepito il pericolo appena giunti nel deserto, scappa dal camper. Sarà così Beauty la prima vittima, ritrovata cadavere il giorno dopo. Assieme a lei muore anche la parte razionale della famiglia, la quale di lì a poco dovrà abbandonare le proprie convenzioni sociali per lasciar spazio alla parte più animalesca e irrazionale, rappresentata in questo caso da Beast. Questa metafora racchiude il senso ultimo del film: l'America è stata fondata col sangue e la repressione, e ancora oggi nasconde le sue bestialità dietro una facciata civile, pronta a crollare quando è in gioco la propria supremazia. Il regista, infatti, sottolinea le similitudini delle due famiglie, entrambe, per esempio, sono di stampo patriarcale, ma troveranno un briciolo di speranza in una figura femminile, come il personaggio di Ruby, selvaggia che cerca la civilizzazione e cova istinti materni.
Lo stile di Craven migliora leggermente dal film precedente, ma rimane ancora piuttosto grezzo, nonostante un ritmo che già lascia intuire una grande abilità del regista, anche montatore. Il film ha anche il merito di aver creato un'icona del cinema horror: Plutone, interpretato da Michael Berryman, un grande caratterista, qui al suo terzo film, il primo in un ruolo di rilievo. Quest'attore divenne famoso per il suo particolare aspetto dovuto una rara malformazione genetica chiamata displasia ectodermica ipoidrotica.
In conclusione il film è un cult immortale, che nonostante la dura prova del tempo mantiene ancora oggi un affascinante senso di squallore, superato solo da Non aprite quella porta(1974) di Tobe Hooper.
Curiosità: Inizialmente si era programmato di realizzare una scena in cui la neonata veniva uccisa per essere mangiata ma gli attori minacciarono di abbandonare il set se quella scena fosse stata girata.
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ciccio benzina
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martedì 5 giugno 2012
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bello
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un b-movie piacevole da vedere che però ha fatto la storia dell'horror . effetti casarecci ma ben fatti e recitazione abbastanza buona .
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ralphscott
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mercoledì 1 febbraio 2012
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crudeli senza alibi
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I selvaggi di Craven sono cannibali spietati,ma al regista pare non interessare molto spiegarci il loro accanimento. La forza del film è nel ritmo ed il paesaggio aspro,silenzioso ed ostile,un nemico in più per la povera famiglia vacanziera. Il remake sarà più efficace,con gli esperimenti nucleari a scatenare la follia omicida di mostruosi,aberranti emarginati. Bravi gli interpreti
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mrbuzzino
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lunedì 11 luglio 2011
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b-movie riuscito a metà
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Nonno, ex-poliziotto, con roulotte e tutta la famiglia al seguito compreso la neonata nipotina, si incaponisce a percorrere una viuzza in mezzo al deserto in una zona segnalata sulla cartina come "luogo di esperimenti nucleari" (sic!) e, alle rimostranze dei familiari, si arrabbia pure, accelerando come un pazzo e finendo inevitabilmente per sfasciare l'auto e bloccando così la famiglia in mezzo al deserto.
Se si riesce a superare indenni questo inizio oltre il limite dell'assurdo ed a sorvolare su qualche sublime battuta ("...questo posto ha qualcosa che non va... Lo sento"), il film fornisce anche qualche buon momento: il fortino-roulotte finisce sotto l'assedio di un'altra famiglia, tutt'altro che bene intenzionata, e ne scaturirà una lotta senza quartiere.
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Nonno, ex-poliziotto, con roulotte e tutta la famiglia al seguito compreso la neonata nipotina, si incaponisce a percorrere una viuzza in mezzo al deserto in una zona segnalata sulla cartina come "luogo di esperimenti nucleari" (sic!) e, alle rimostranze dei familiari, si arrabbia pure, accelerando come un pazzo e finendo inevitabilmente per sfasciare l'auto e bloccando così la famiglia in mezzo al deserto.
Se si riesce a superare indenni questo inizio oltre il limite dell'assurdo ed a sorvolare su qualche sublime battuta ("...questo posto ha qualcosa che non va... Lo sento"), il film fornisce anche qualche buon momento: il fortino-roulotte finisce sotto l'assedio di un'altra famiglia, tutt'altro che bene intenzionata, e ne scaturirà una lotta senza quartiere. Riuscita la prima parte, dove Craven rende claustrofobico anche uno spazio aperto come il deserto; i cattivi lasciano il segno, almeno finché rimangono nell'ombra; lo splatter è nella giusta dose (forse c'è qualche taglio venuto non troppo bene).
Buon finale, ma un po' telefonato: il bravo padre di famiglia che si trasforma in belva infuriata infierendo sulla vittima non è così scioccante come forse voleva essere nelle intenzioni di Craven. Cioè, vorrei vedere voi come reagireste, a caldo, se vi ammazzassero la moglie e vi rapissero la figlia per mangiarsela! Troppe cose poco riuscite per meritare la sufficienza. Doppiaggio italiano imbarazzante.
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andrea
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mercoledì 10 settembre 2008
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hills have eyes
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La famiglia Carter, in viaggio con un camper tra il deserto Americano decide di imboccare una scorciatoia in mezzo alle colline aride e calde, ma subisce un incidente che mette fuoriuso l'auto trainatrice. Come se non bastasse, durante la notte, una famiglia di cannibali fa visita ai Carter... Wes Craven, firma un prodotto di culto, affrontando con l'horror un tema sociale non definito esplicitamente. La contrapposizione tra famiglia moderna e famiglia rozza ed emarginata è qui molto evidente e poco servono gli spaventi per comunicarci il terrore e il dramma che ruota attorno alla vicenda. Capostipite dei cannibal movie, Le Colline Hanno Gli Occhi ha inaugurato un genere destinato ad offrire spaventi fino ad oggi; anche con successo.
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La famiglia Carter, in viaggio con un camper tra il deserto Americano decide di imboccare una scorciatoia in mezzo alle colline aride e calde, ma subisce un incidente che mette fuoriuso l'auto trainatrice. Come se non bastasse, durante la notte, una famiglia di cannibali fa visita ai Carter... Wes Craven, firma un prodotto di culto, affrontando con l'horror un tema sociale non definito esplicitamente. La contrapposizione tra famiglia moderna e famiglia rozza ed emarginata è qui molto evidente e poco servono gli spaventi per comunicarci il terrore e il dramma che ruota attorno alla vicenda. Capostipite dei cannibal movie, Le Colline Hanno Gli Occhi ha inaugurato un genere destinato ad offrire spaventi fino ad oggi; anche con successo. Da qui, un sequel inedito in Italia sempre di Craven, e due remake nel 2006 e nel 2007.
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faber
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domenica 2 dicembre 2007
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...ma ve ne prego, non la "critica sociale"!
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Per carità, il film si vede che è americano.
E per streotipare i personaggi come un canovaccio dell'atellana latina, più capaci, in questo periodo, degli americani non c'è nessuno (del resto il rapporto che questa potenza ha col retso del mondo, prevede l'identico esito, o ha le medesime ambizioni, proprio della Roma Antica, e il "terreno" è lo stesso). Ma non siamo qui a fare i sociologi, ed è meglio (e giusto, forse) parlare di cinema. Non amo ne le pellicole americane (a parte qualche mosca bianca), ne ancor meno quelle horror. Figuriamoci quelle splatter o "gore". Però, benchè il film sia in realtà agli albori di tanto pattume che oggi circola per le sale, ed in verità ne è un progenitore, devo riconoscere che se il cinema horror-americano si fosse fermato lì (anche se so che è impossibile), una volta tanto, in serate spensierate, e all'insegna dell'innocente distrazione, non l'avrei disdegnato.
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Per carità, il film si vede che è americano.
E per streotipare i personaggi come un canovaccio dell'atellana latina, più capaci, in questo periodo, degli americani non c'è nessuno (del resto il rapporto che questa potenza ha col retso del mondo, prevede l'identico esito, o ha le medesime ambizioni, proprio della Roma Antica, e il "terreno" è lo stesso). Ma non siamo qui a fare i sociologi, ed è meglio (e giusto, forse) parlare di cinema. Non amo ne le pellicole americane (a parte qualche mosca bianca), ne ancor meno quelle horror. Figuriamoci quelle splatter o "gore". Però, benchè il film sia in realtà agli albori di tanto pattume che oggi circola per le sale, ed in verità ne è un progenitore, devo riconoscere che se il cinema horror-americano si fosse fermato lì (anche se so che è impossibile), una volta tanto, in serate spensierate, e all'insegna dell'innocente distrazione, non l'avrei disdegnato. Purchè non lo si sia preso troppo sul serio e gli si sia riconosciuta soltanto una funzione catarchica, apotropaica, e tutti quei trattati freudiani, in merito. Ma per favore, nonostante io sia un sostenitore del film e lo giudichi riuscito sia artisticamente che, ormai, culturalmente, non azzardatevi, come sollecita la critica ufficiale di sopra, a trovargli una chiave di lettura sociale, 1) perchè ne travisereste la vera motivazione per cui tale genere è sorto e continua ad eistere,
2) perchè offendete sia il film, che chi la critica sociale si sforza davvero di farla, nei film.
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tore717
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lunedì 13 agosto 2007
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lacrescita di craven e di tutto il cinema horror
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Le colline hanno gli occhi, va innanzitutto collocato nella sua data di uscita, quando i clichè del cinema horror ancora non esistevano. Certo è un fil riservato agli appassionati, ma contiene un sacco di spunti interessanti.
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long jonh
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martedì 5 giugno 2007
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un revival tuttaltro che riuscito
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In poche parole assolutamente disgustoso. Ritengo che collocare tale titolo nel genere Horror è una offesa ad un genere che ammiro e che francamente negli ultimi tempi sta regalando solo delusioni. Sembra che la capacità dei registi odierni non riesca a regalarci le stesse sensazioni trasmesse dai maestri di un tempo. Non si utilizzano più quelle atmosfere e quel susseguirsi di musiche efficaci che erano la spina dorsale di talune atmosfere suggestive ma si verte verso l'utilizzo di scene estremamente violente e al limite del rivoltante. Litri di sangue scorrono in una ressa caotica con la quale si vuole colmare le enormi lacune di un film senza capo ne coda. Sconsigliato per i deboli di stomaco e per gli ammiratori di un ganere che credo abbia vissuto tempi migliori.
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(di tore 717)
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jac
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sabato 2 giugno 2007
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b-movie - alla larga!
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Pacchiano, banale e prevedibile, un trash con la T maiuscola.
Perfetto per adolescenti rimbecilliti mangiapopcorn, alla larga esseri umani senzienti.
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nicolò
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domenica 29 aprile 2007
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2° film di craven ormai di culto
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Con il successivo "Nightmare - Dal profondo della notte" (1984), capostipite di una lunga serie, "Le colline hanno gli occhi" è il film che ha lanciato il bravo Wes Craven. Horror solare come lo era il suo illustre predecessore "Non aprite quella porta" di Tobe Hooper, è fondato sull'accumulo di effetti speciali efficaci che fanno scaturire la suspense, ma tutto è dilettantistico, la recitazione lascia a desiderare e anche la fotografia. Quel che conta è la sagacia con cui Craven crea aspettativa, fa umorismo macabro; riesce perfino a divertire lo spettatore. Il film ebbe un seguito; ne esiste anche un remake firmato da Alexandre D'Aja, anch'esso con un sequel.
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