paolp78
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domenica 23 febbraio 2025
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armonioso e incisivo nella prima parte
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Pellicola fondamentale nel filone religioso-cristiano, a cui Hollywood ha dedicato numerose opere, da quelle di De Mille tra cui spicca “I dieci comandamenti”, passando per “Quo vadis” e “La tunica” rispettivamente di LeRoy e Koster, ed ancora il premiatissimo “Ben Hur” di Wyler, fino a “La Bibbia” di John Huston e “Il Re dei re” di Nicholas Ray, di poco precedente.
Come l’ultimo film citato quest’opera, diretta dal grande George Stevens, ha ad oggetto la vita di Gesù Cristo, ma a differenza del film di Ray, Stevens si impone di ripercorrere gli episodi fondamentali raccontati nei vangeli, producendosi in uno straordinario sforzo narrativo.
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Pellicola fondamentale nel filone religioso-cristiano, a cui Hollywood ha dedicato numerose opere, da quelle di De Mille tra cui spicca “I dieci comandamenti”, passando per “Quo vadis” e “La tunica” rispettivamente di LeRoy e Koster, ed ancora il premiatissimo “Ben Hur” di Wyler, fino a “La Bibbia” di John Huston e “Il Re dei re” di Nicholas Ray, di poco precedente.
Come l’ultimo film citato quest’opera, diretta dal grande George Stevens, ha ad oggetto la vita di Gesù Cristo, ma a differenza del film di Ray, Stevens si impone di ripercorrere gli episodi fondamentali raccontati nei vangeli, producendosi in uno straordinario sforzo narrativo.
Nessun autore in seguito accetterà una sfida così ardua: Zeffirelli, l’unico che si cimenterà nella stessa impresa, lo farà con uno sceneggiato televisivo, avendo quindi a disposizione un’opera con una durata molto superiore nel complesso e pertanto considerevolmente più tempo da dedicare alla narrazione dei singoli episodi.
Stevens supera gli ostacoli operando una straordinaria sintesi nella sceneggiatura, operazione che ha come faro l’idea di tenere una narrazione rigorosa, che seppur non può essere completa, compie ogni sforzo per cogliere l’autentico messaggio religioso e restituirlo in modo fedele agli spettatori.
Come il già citato sceneggiato di Zeffirelli, anche in questo caso il cast è composto da un elevato numero di grandi interpreti, alcuni dei quali in ruoli minimi, tanto che quasi non ce se ne accorge (ad esempio, uno dei centurioni che accompagna Cristo nella via crucis è John Wayne, mentre la moglie di Pilato è Angela Lansbury).
Gesù è interpretato da Max von Sydow, attore feticcio di Bergman qui alla sua prima partecipazione ad una produzione hollywoodiana e quindi poco noto al grande pubblico internazionale. Tra gli interpreti affermati in ruoli di rilievo si ricordano invece Charlton Heston (Giovanni Battista), José Ferrer (Erode Antipa), Telly Savalas (Pilato), Claude Rains (Erode il Grande), Martin Landau (Caifa), Donald Pleasence (il diavolo), Roddy McDowall (Matteo); molto sacrificate le parti di San Giuseppe interpretato da un giovane Robert Loggia e soprattutto della Vergine Maria il cui ruolo è però ricoperto da una grande interprete affermata come Dorothy McGuire. Le importanti parti di Giuda e Pietro sono affidate a David McCallum e Gary Raymond. Si ricordano poi le partecipazioni di Sal Mineo, Ed Wynn, Sidney Poitier, Richard Conte, Van Heflin, Victor Buono e l’ormai vecchio Joseph Schildkraut.
La parte della pellicola che racconta la vita di Gesù dal battesimo nel Giordano fino alla resurrezione di Lazzaro, è la migliore. La passione pare invece poco approfondita.
Musiche bellissime.
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francesco 66
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sabato 14 novembre 2020
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non adatto al pubblico di oggi
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Un po' fumettone : non mi piace la qualità della fotografia e non trovo proprio adatto il paesaggio di ambientazione . L'alta densità di attori famosi è distraente rispetto alllo scopo evangelizzatore .
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luca agnifili
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domenica 30 dicembre 2012
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la voce del signore in un ricercato affresco
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Siuramente uno dei flim più famosi e tradizionali su Gesù di Nazareth, godibilissimo e molto ben realizzato. Indubbiamente rappresenta il film più curato e pomposo da un punto di vista scenografico, per la continua ricerca dell'inquadratura ad effetto e della scena da "cartolina". Le ambientazioni esterne dello Utah probabilmente non sono del tuttto attinenti alla realtà galileiana dell'epoca (come invece risultava il Gesù di Zeffirelli), ma visivamente risultano molto gradevoli, in totale sintonia con le ambientazioni dei peplum degli anni 50/60.
L'aspetto che più risalta è il silenzio intorno alla parola di Gesù: non si odono suoni superflui, anzi sono assenti anche i rumori di sottofondono che rendono reale la percezione di una scena.
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Siuramente uno dei flim più famosi e tradizionali su Gesù di Nazareth, godibilissimo e molto ben realizzato. Indubbiamente rappresenta il film più curato e pomposo da un punto di vista scenografico, per la continua ricerca dell'inquadratura ad effetto e della scena da "cartolina". Le ambientazioni esterne dello Utah probabilmente non sono del tuttto attinenti alla realtà galileiana dell'epoca (come invece risultava il Gesù di Zeffirelli), ma visivamente risultano molto gradevoli, in totale sintonia con le ambientazioni dei peplum degli anni 50/60.
L'aspetto che più risalta è il silenzio intorno alla parola di Gesù: non si odono suoni superflui, anzi sono assenti anche i rumori di sottofondono che rendono reale la percezione di una scena. Questo rende forse un pò troppo distaccato e statico lo scorrere del film, che non presenta mai sussulti e non offre gli slanci emotivi che invece il capolavoro di Zeffirelli offre continuamente. Ma tutto questo, a discapito dell'emotività, non fa altro che sottolineare la voce del Cristo, ponendola in risalto su tutto e tutti, come in una lettera di una pagina di Vangelo.
Un film pacato, garbato, curato, che lascia spazio al pensiero e consente la riflessione dopo ogni scena. Consigliato a tutti, di elezione nei periodi delle massime festività cristiane poichè riaccende la fiaccola che spesso il frenetico scorrere della moderna vita quotidiana affievolisce.
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nicolas bilchi
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sabato 24 settembre 2011
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la più grande storia mai raccontata.
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George Stevens, uno dei nomi fondamentali del cinema americano, dirige e produce senza badare a spese questo spettacolone decisamente monocorde e sottotono, che narra la vita della più importante e complessa figura storica e religiosa di ogni tempo, Gesù di Nazareth. Riprendendo in modo fedele il testo biblico, ed in particolare il Vangelo di Giovanni, di cui cita il celebre incipit nella bellissima (ma è anche l'unica) scena iniziale, Stevens non si prende libertà narrative, ponendosi in secondo piano, come regista, rispetto alla storia in sè. E' una sorta di desiderio di far prevalere il contenuto sulla forma, il messaggio sul veicolo attraverso cui viene trasmesso, una decisione che si rispecchia anche nell'aver assegnato parti secondarie o di simil-cameo ad attori di altissimo livello, dalla Lansbury a Sal Mineo, da Rains a Poitier, da Wayne a Heston.
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George Stevens, uno dei nomi fondamentali del cinema americano, dirige e produce senza badare a spese questo spettacolone decisamente monocorde e sottotono, che narra la vita della più importante e complessa figura storica e religiosa di ogni tempo, Gesù di Nazareth. Riprendendo in modo fedele il testo biblico, ed in particolare il Vangelo di Giovanni, di cui cita il celebre incipit nella bellissima (ma è anche l'unica) scena iniziale, Stevens non si prende libertà narrative, ponendosi in secondo piano, come regista, rispetto alla storia in sè. E' una sorta di desiderio di far prevalere il contenuto sulla forma, il messaggio sul veicolo attraverso cui viene trasmesso, una decisione che si rispecchia anche nell'aver assegnato parti secondarie o di simil-cameo ad attori di altissimo livello, dalla Lansbury a Sal Mineo, da Rains a Poitier, da Wayne a Heston. Peccato che l'unica "star" cui viene data importanza, Max Von Sydow, abbia uno stile che veramente poco si adatta al personaggio di Gesù. Alla lunga però questo criterio, ottimo nelle intenzioni, risulta fallimentare per il film: se tralasciamo gli spettacolari panaromi che solo Hollywood era in grado di creare, La più grande storia mai raccontata risulta vuota di qualsiasi elemento che possa darle rilevanza artistica; non c'è mai pathos, o quando si vorrebbe che ci fosse, non si riesce affatto a trasmetterlo, manca la riflessione intellettuale, ad esempio, di un Pasolini (certo non si chiedeva di realizzare un'opera così individualisticamente volta alla critica politica, ma degli spunti di discussione potevano essere facilmente trovati...), soprattutto è assente il desiderio di ricostruire la figura del Cristo nella sua complessità, nella dualità di uomo e Dio al contempo che sarà attentamente analizzata in seguito da Martin Scorsese. Come ha saggiamente detto Morandini, a conti fatti questa pellicola sembra un catagolo di cartoline illustrate, vale a dire che gli episodi si susseguono ininterrottamente senza alcun collante che dia unità all'insieme, e quasi svogliatamente. Il voler mantenersi così fedelmente vicini al testo originale pare ingabbiare Stevens, quasi costretto a narrare tutti gli eventi anche senza alcuna ispirazione artistica che lo muova, e ne risulta che il profondissimo, vibrante messaggio della parola di Dio qui si perde completamente, evapora man mano che il film procede e subentra la noia. Infatti un altro fattore negativo è l'instostenibile prolissità di quest'opera, sfortunatamente dovuta alla cultura del kolossal americano; si cerca in tutti i modi di allungare il brodo con una sfilza di scene eccessivamente lente, ripetitive e banali, prive di qualsiasi interesse anche per il più cristiano degli spettatori. La vera domanda che il regista avrebbe dovuto farsi è: era proprio necessario? A soli quattro anni da Il re dei re di Nicholas Ray (il quale, pur raggiungendo buoni risultati, già avevo trovato non poche difficoltà nel portare sullo schermo di quel tipo di cinema un soggetto tanto particolare), e soprattutto dopo Ben Hur, serviva così tanto tornare a parlare di Cristo? Cosa ha aggiunto questo film a ciò che già ero stato detto da altri grandi registi? Stevens carica così su di sè anche il merito negativo di aver dato nuova linfa ad una tendenza, quella appunto degli spettacoloni made in USA a carattere religioso, che continuerà a mietere vittime e a macchiare la filmografia di talentuosi cineasti già un anno dopo, nel 1966, quando John Huston deciderà di ridicolizzarsi alzando il tiro con la direzione de La Bibbia.
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ilmago99
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mercoledì 29 dicembre 2010
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capolavoro
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ilmago99
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mercoledì 29 dicembre 2010
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5 stelle
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belissimo per chi tifa per max von sydow alzi la mano
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ilmago99
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martedì 28 dicembre 2010
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un film da non sopravvalutare
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film che deve essere visto attentamente dura almeno 4 ore ma e sempre bello anche gli attori sono bravi come max von sydow charlton heston telly savalas e anche john wayne insomma bello
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renato corriero
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mercoledì 13 giugno 2007
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film che merita molto ma purtroppo sottovalutato!
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Volevo scrivere la recensione ma rimando a quella di Roberto Mastrosimone del 27.03.2005. Raramente mi son trovato così d'accordo! Al 100% !!!
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roberto mastrosimone
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domenica 27 marzo 2005
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un film bistrattato, forse ingiustamente.
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Non ebbe successo nel 1965 e ancora oggi è giudicato con eccessiva severità. Il film però ha notevoli pregi: estrema fedeltà ai Vangeli ( la sceneggiatura riporta i versetti senza licenze), un certo ascetismo, nonostante il kolossal, uno stile che all'epoca era un po' avanti nel tempo. Difetto l'eccessiva durata, accentuata soprattutto dall' assenza di ritmo, dovuta forse un po' alla volontà di seguire il testo sacro e a un pudore espressivo che allontana la platealità che spesso accompagna pellicole di soggetto analogo e che tenta registi e produttori. Max von Sidow è un Cristo cinematograficamente credibile, accanto a lui una folta schiera di grandi attori in parti di contorno: fra questi eccellenti José Ferrer come Erode Antipa e Claude Rains come Erode il Grande, quasi d'obbligo Charlton Heston come Battista.
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Non ebbe successo nel 1965 e ancora oggi è giudicato con eccessiva severità. Il film però ha notevoli pregi: estrema fedeltà ai Vangeli ( la sceneggiatura riporta i versetti senza licenze), un certo ascetismo, nonostante il kolossal, uno stile che all'epoca era un po' avanti nel tempo. Difetto l'eccessiva durata, accentuata soprattutto dall' assenza di ritmo, dovuta forse un po' alla volontà di seguire il testo sacro e a un pudore espressivo che allontana la platealità che spesso accompagna pellicole di soggetto analogo e che tenta registi e produttori. Max von Sidow è un Cristo cinematograficamente credibile, accanto a lui una folta schiera di grandi attori in parti di contorno: fra questi eccellenti José Ferrer come Erode Antipa e Claude Rains come Erode il Grande, quasi d'obbligo Charlton Heston come Battista. Commento musicale di grande suggestione (firmato Alfred Newman), ottima la fotografia. Va assolutamente visto in 16:9, la versione in 4:3 rovina il film.
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[+] sono completamente d'accordo!!!
(di renato corriero)
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[+] morandini ci capisce
(di pixellone)
[ - ] morandini ci capisce
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