Un semplice incidente |
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Un film di Jafar Panahi.
Con Vahid Mobasseri, Mariam Afshari, Ebrahim Azizi, Hadis Pakbaten.
continua»
Titolo originale A Simple Accident.
Drammatico,
durata 101 min.
- Iran, Francia, Lussemburgo 2025.
- Lucky Red
uscita giovedì 6 novembre 2025.
MYMONETRO
Un semplice incidente
valutazione media:
3,40
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un ragionevole dubbio
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| venerdì 21 novembre 2025 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Nato dall'esperienza in carcere del regista iraniano Jafar Panhai , il film prende spunto dal titolo stesso, un semplice incidente , un' auto di notte investe accidentalmente un cane, il conducente, con moglie incinta e figlioletta è costretto a fermarsi in un garage per un danno al veicolo causato dall’impatto. Uno dei meccanici, Vhaid, crede di riconoscere nell’uomo il suo aguzzino durante la sua prigionia per motivi politici o di semplice manifestazione, dal rumore della protesi che egli porta alla gamba destra, decide così di pedinare l’uomo, e alla prima occasione, lo tramortisce sbattendogli la portiera del van in faccia, lo porta nel deserto dove ha scavato una buca, deciso a seppellirlo vivo per i suoi crimini e misfatti, compreso quello di avergli danneggiato irreversibilmente un rene. Le invocazioni dell’uomo che nega di essere la persona che cerca e che c’è un errore , induce Vahid a consultare altre persone che hanno subito la brutalità e le torture nel carcere, tra queste Shiva una fotografa di matrimoni che sta facendo un servizio a una coppia che si sarebbero sposati il giorno dopo, vittime anch’essi , e in breve si aggiunge anche Ahmid, il più iroso di tutti, determinato a farlo a pezzi. Così c’è un susseguirsi di persone che entrano ed escono dal van, riconoscendo tuttavia che durante la prigionia erano tutti bendati e nessuno ha visto mai in faccia il loro carnefice, unico indizio rimane la protesi alla gamba, dando luogo a un dilemma morale, il dubbio sull’identità del sequestrato, legato a un ragionevole dubbio. Vhaid e i suoi compagni non sono degli assassini, non potrebbero mai uccidere un innocente, non come i loro carcerieri che torturavano i prigionieri con cieca certezza e senza scrupolo alcuno. Sono persone che si portano appresso cicatrici profonde, mai rimarginate, hanno dovuto prendere psicofarmaci per annullare i ricordi e forse anche la memoria si è annebbiata, nessuno ha ricominciato a vivere veramente, vale veramente la pena portarsi dietro anche il peso di una vendetta che per quanto comprensibile, non spezza il ciclo di violenza, è giusto continuare a tramandare l’odio, rimanere congelati al passato, per quanto doloroso, o invece sperare in un futuro migliore?, E’ il quesito che il regista si pone e interroga lo spettatore, l’incertezza è il topos del film, il rumore ricorrente della protesi simboleggia un’ossessione inesorabile, della vendetta che divora l’uomo, che risuona come la gamba d’avorio del capitano Achab ( Moby Dick), il fantasma del passato che perseguita il presente,l’oppressione della tirannia che continua a zoppicare ritmicamente nella vita dei sopravvissuti.
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