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lunedì 25 marzo 2024
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spiazzante indifferenza
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Il cinismo e l'indifferenza dei protagonisti e' spiazzante. Film emotivamente freddo, come la crudelta' dei protagonisti.
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mauro.t
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lunedì 25 marzo 2024
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la banalità del male e riflessioni sul cinema
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Liberamente tratto dal romanzo di Martin Amis. Rudolph Höss è comandante del campo di concentramento di Auschwitz e vive con la moglie e i cinque figli in una bella villa contigua al campo, con un giardino curato, serre, una piscinetta e servitù polacca. Lì vicino c’è un fiume e un bosco dove fare scampagnate. Quando Höss viene rimosso da Auschwitz e promosso a comandante dell’ufficio di amministrazione centrale, la moglie si impunta e non vuole lasciare quel paradiso, dove lei ha investito emotivamente, ritenendolo il luogo più adatto per crescere i propri figli. Gli averi sottratti agli internati confluiscono regolarmente nella casa di Höss: i denti d’oro, usati come gioco da uno dei figli, gli abiti, le pellicce.
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Liberamente tratto dal romanzo di Martin Amis. Rudolph Höss è comandante del campo di concentramento di Auschwitz e vive con la moglie e i cinque figli in una bella villa contigua al campo, con un giardino curato, serre, una piscinetta e servitù polacca. Lì vicino c’è un fiume e un bosco dove fare scampagnate. Quando Höss viene rimosso da Auschwitz e promosso a comandante dell’ufficio di amministrazione centrale, la moglie si impunta e non vuole lasciare quel paradiso, dove lei ha investito emotivamente, ritenendolo il luogo più adatto per crescere i propri figli. Gli averi sottratti agli internati confluiscono regolarmente nella casa di Höss: i denti d’oro, usati come gioco da uno dei figli, gli abiti, le pellicce. Gli orrori del campo si avvertono solo attraverso le urla, i latrati dei cani, gli spari, il fumo del camino. Eppure alcuni elementi sembrano far emergere un profondo, non esplicitato, malessere: la madre di Hedwig se ne va dopo un soggiorno brevissimo; una figlia ha incubi in cui vaga attorno al campo a “seminare” cibo. Alla fine, in un salto temporale che ci riporta ai giorni nostri, viene rappresentato Auschwitz I in un momento in cui il personale pulisce i locali dopo una giornata di visite, ma subito dopo riappare Rudolph Höss che scende le scale colpito da qualche conato di vomito, a indicare che non ne siamo usciti: quel male oggi è ancora presente.
Glazer usa sistematicamente camere fisse e usa campi medi, lunghi e figure intere. Evita i primi piani, privilegiando il contesto e l’ambientazione, invitando all’osservazione oggettiva piuttosto che all’empatia. Inquietanti le musiche a schermo buio all’inizio e alla fine del film, che richiamano le atrocità. La cosa più pregevole: la tecnica termografica usata per rappresentare i sogni della figlia.
Il regista mette in scena la banalità del male di Hannah Arendt, e apprezziamo se riteniamo che il cinema sia principalmente fatto di immagini e non necessariamente sia narrazione. Ma se pensiamo ai contenuti, al racconto, non troviamo niente di più del concetto già espresso dalla Arendt. E’ ovvio che siamo in presenza di persone per cui gli internati sono solamente Stücke, (pezzi, come è correttamente riportato in una conversazione del film), e niente di più, pezzi da eliminare per creare (secondo loro) un mondo migliore. La famiglia Höss ha già fatto la sua scelta ideologica ed esistenziale da tempo. Probabilmente la moglie di Höss non ha idee proprie, come Adolf Eichmann, ma nella sostanza ha aderito a quelle del Nazionalsocialismo. Quindi non può sorprendere che non vi sia alcuna considerazione delle vite delle vittime. Se proviamo indignazione, siamo in ritardo. Se ci colpisce l’indifferenza della famiglia Höss e dei loro amici, siamo degli ingenui.
Ma la scelta principale è quella di non raccontare cosa succede dentro al campo. Glazer non mostra l’abominio, lo evoca, chiedendo allo spettatore di completarne la narrazione. Invita forse a coltivare la memoria, ma si affida a quello che lo spettatore sa già, a quello che pensa. Più che un film sui campi di sterminio, è un’opera che se ne avvantaggia. Più che una denuncia, risulta uno sfruttamento. Più che dar risalto, succhia.
Cinema che riflette sul modo di rappresentare, allontanandosi dalla realtà che vuole mettere a fuoco, e più medita sul cinema, più si allontana dal soggetto. Cinema come esperienza estetica e non cognitiva. Qualcuno l’ha definito il film definitivo sull’Olocausto. Forse sarà così, anche perché probabilmente il cinema sul tema ha già veramente detto tutto, e oltre c’è solo un’ulteriore riflessione, un ulteriore avvitamento acrobatico e narcisistico sull’arte cinematografica.
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matteo
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sabato 23 marzo 2024
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la casa sul baratro
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Questo non è un film su Auschwitz ma sulla miseria umana che ha portato a rendere possibile quell’orrore. La vita borghese della famiglia Hoss, con la sua bella casa ordinata e il giardino simmetrico senza erbacce confina con il baratro della coscienza umana, anzi ne è la diretta espressione. La sua banalità non è altro che una normalità impossibile e insostenibile in quelle condizioni. Non ci può essere normalità di fronte allo sterminio. E se è vero che il male ha il volto pulito di una mediocre famiglia qualunque, ciò lo rende ancora più spaventoso e mostruoso perché è insito nella nostra società e ne è una possibilità.
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Questo non è un film su Auschwitz ma sulla miseria umana che ha portato a rendere possibile quell’orrore. La vita borghese della famiglia Hoss, con la sua bella casa ordinata e il giardino simmetrico senza erbacce confina con il baratro della coscienza umana, anzi ne è la diretta espressione. La sua banalità non è altro che una normalità impossibile e insostenibile in quelle condizioni. Non ci può essere normalità di fronte allo sterminio. E se è vero che il male ha il volto pulito di una mediocre famiglia qualunque, ciò lo rende ancora più spaventoso e mostruoso perché è insito nella nostra società e ne è una possibilità. Un film lucido e angosciante questo, fatto di rumori e di grida, di spari e fumo, di disumanità perbenista, con sullo sfondo l’industria della morte. Persino nelle parole e nei dialoghi non si fa cenno a ciò che sta succedendo ma si parla di numeri e di efficienza. Non c’è sostanzialmente colonna sonora ma solo rumori dal campo e d’altronde come potrebbe esserci musica in un luogo simile? Questo è un racconto dalla prospettiva degli aguzzini, di chi volutamente non vuol vedere ma sa e agisce per mantenere i suoi piccoli privilegi, di chi ha negato per sempre la propria umanità.
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gabriella
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sabato 23 marzo 2024
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senza parole
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L'immagine di apertura è uno schiaffo drirtto in faccia, uno sfondo nero dal quale provengono suoni distorti, laceranti, stridenti, i nostri occhi non vedono ,.ma le orecchie sentono quei suoni deformati, li ascoltano , non ci abbandonano più, nemmeno quando entriamo nella bella casa della famiglia Hoss, nel loro giardino curato con tanto di piscina, la servitù che corre avanti e indietro e i cani che scodinzolano.
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L'immagine di apertura è uno schiaffo drirtto in faccia, uno sfondo nero dal quale provengono suoni distorti, laceranti, stridenti, i nostri occhi non vedono ,.ma le orecchie sentono quei suoni deformati, li ascoltano , non ci abbandonano più, nemmeno quando entriamo nella bella casa della famiglia Hoss, nel loro giardino curato con tanto di piscina, la servitù che corre avanti e indietro e i cani che scodinzolano. Il muro che divide la villetta separa un campo di concentramento ad Auschwitz, dove si consumano gli orrori che conosciamo, dove si sentono grida, i latrati dei cani, si vede il fumo delle ciminiere, ma tutto viene celato allo sguardo, niente scene dilanianti, niente atrocità, nessuna immagine esplicita, il linguaggio cinematografico di Jonathan Glazer parla per evocazione, privando lo spettatore del mostrato , negandogli la commozione facile, ma costringendolo ad ascoltare, inseguendolo con una colonna sonora dissonante , una voce senza scampo, l’unica alla quale è permesso di oltrepassare la recinzione. Il bravissimo regista britannico sa bene che il male si adatta , non possiamo non paragonare il nostro atteggiamento di fronte agli attuali conflitti mondiali, la guerra in Ucraina, il genocidio palestinese e tante altre guerre dimenticate perché appunto ci adattiamo agli orrori, all’ indifferenza, la fretta di tornare al nostro quotidiano , a salvaguardare la nostra zona d’ interesse, e non è poi così diversa dal comandante nazista, marito e padre affettuoso che svolge il suo lavoro in maniera sterile, distaccata, senza coinvolgimenti, che interiorizza e inghiotte qualsiasi suono, non lo sente più. E’ proprio questo che invece che il film vuole dimostrare, aprirci gli occhi attraverso l’ascolto, fino a stordirci.
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fulvio wetzl
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venerdì 22 marzo 2024
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un grande fratello dell''orrore, agghiacciante
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Giovanni Wetzl, Mio Figlio: ai visto la zona di interesse?
Fulvio Wetzl: Certo capolavoro immenso e agghiacciante.
Fulvio Wetzl: Sì
Giovanni Wetzl: Bellissimo Zone of Interest
Cioè non è nemmeno bello. È solo un’esperienza allucinante
Non me lo aspettavo così inquietante
Pensavo fosse più tradizionale, invece proprio esperienza traumatica e cupa
Fulvio Wetzl: Certo. Ma quelle scene fatte con la telecamera termica, la bambina che nasconde le mele, stringono il cuore, e la toppa della serratura che sconfina nel museo dell'olocausto di Auschwitz geniale.
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Giovanni Wetzl, Mio Figlio: ai visto la zona di interesse?
Fulvio Wetzl: Certo capolavoro immenso e agghiacciante.
Fulvio Wetzl: Sì
Giovanni Wetzl: Bellissimo Zone of Interest
Cioè non è nemmeno bello. È solo un’esperienza allucinante
Non me lo aspettavo così inquietante
Pensavo fosse più tradizionale, invece proprio esperienza traumatica e cupa
Fulvio Wetzl: Certo. Ma quelle scene fatte con la telecamera termica, la bambina che nasconde le mele, stringono il cuore, e la toppa della serratura che sconfina nel museo dell'olocausto di Auschwitz geniale. Come i movimenti dei personaggi inquadrati dalle varie camere di sorveglianza come in un 'grande fratello' dell' orrore, agghiacciante
Giovanni Wetzl: Anche i fiori con le urla
E poi il fiore che diventa uno schermo rosso e partono quei due colpi sonori sordi per poi ricominciare impassibile sulla casa
E quella parte stupenda con la poesia
Con la donna che ritira i panni mossi dal vento
Però è davvero horror
Un’esperienza traumatica e impassibile che cancella tutto
Fulvio Wetzl: L'inizio e la fine nel buio assoluto con i rumori campionati dell'aldilà del muro.
Giovanni Wetzl: Non me lo aspettavo così come un collage video-artistico
l finale è terribile, con lui che ha quei conati di vomito
Fulvio Wetzl: Sputa sangue
Giovanni Wetzl, Mio Figlio: Terribile!!
Fulvio Wetzl: È tutto una video-installazione con quella fotografia iperrealista, tridimensionale
Giovanni Wetzl, Mio Figlio: Non sputa sangue
Fulvio Wetzl: Sputa sangue, non si vede materia
Giovanni Wetzl: Sono conati a vuoto
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max
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martedì 19 marzo 2024
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olocausto da pd
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Inutile e a tratti fastidioso. Proprio come quel tale, quel tale che in molte occasioni commenta gli altri e usa troppe volte la parola autodenuncia.....
PD come partito o come bestemmia fate vobis.
Mi autodenuncio: vado a rivedere Poverecreature e spernacchio PartitodemocraticoRol
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themichtemp
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martedì 19 marzo 2024
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imperdibile
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Sembra che parli di "loro", ma parla (anche) di "noi". Imperdibile.
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angela cristofari
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lunedì 18 marzo 2024
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ma per carità
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L'oscar a questo film è un po' come la vittoria dei Jalisse a Sanremo...ti chiedi, perché?
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(di paolorol)
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eraldo
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lunedì 18 marzo 2024
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i suoni del male
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E' difficile e forse non ha nemmeno senso dare un voto ad un film come questo: ma non perché non lo meriti, ma piuttosto perché si pone talmente al di là, che persino un giudizio diventa inadeguato. E' certamente ben rappresentato il contrasto lacerante tra il Campo di sterminio di Auschwitz e la casa al di qua del muro dove vive il direttore con la sua giovane famiglia, la bellezza e l'ampiezza del giardino con serra e piscina, i cavalli e il cane onnipresente, la tanta servitù, persino i fiori in un primo piano sembrano trasfigurare la loro bellezza nel vuoto del senso di esistere. Siamo oltre" la banalità del male", ma nella sua perniciosa routine in cui ha senso soltanto il benessere della propria condizione familiare e il fare carriera, anche se attraverso lo sterminio di un popolo, considerato come un'eccedenza di numeri da cancellare.
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E' difficile e forse non ha nemmeno senso dare un voto ad un film come questo: ma non perché non lo meriti, ma piuttosto perché si pone talmente al di là, che persino un giudizio diventa inadeguato. E' certamente ben rappresentato il contrasto lacerante tra il Campo di sterminio di Auschwitz e la casa al di qua del muro dove vive il direttore con la sua giovane famiglia, la bellezza e l'ampiezza del giardino con serra e piscina, i cavalli e il cane onnipresente, la tanta servitù, persino i fiori in un primo piano sembrano trasfigurare la loro bellezza nel vuoto del senso di esistere. Siamo oltre" la banalità del male", ma nella sua perniciosa routine in cui ha senso soltanto il benessere della propria condizione familiare e il fare carriera, anche se attraverso lo sterminio di un popolo, considerato come un'eccedenza di numeri da cancellare. L'eco del dolore appena al di là del muro giunge a tratti e come un sottofondo di spari, di ordini secchi, di grida, di pianti, dell'abbaiare di cani inferociti; ma resta appunto lontano dall'idilliaco occuparsi di noi, come lo scuro fumo che esce dai camini dei forni.Si entra gradatamente nella regia del Male che pervade tutto anche un festa occasionale, come unico filtro da cui vedere la realtà. I suoni giocano un ruolo di primaria importanza, uno in particolare, come un gutturale violento e distorto pare rappresentare la voce di questo Male infernale, una voce senza parole, un simbolismo estremo della sua intraducibile volontà violenta e crudele, in cui le parole non possono entrare a portare la minima apertura di luce di uno spiraglio di senso.
Si tratta di un pugno nello stomaco, tirato a freddo, a tradimento;: è giusto e doloroso vederlo, almeno quanto attuale: e forse anche per questo lo sgomento è grande, perché il mondo non sembra mai prendere consapevolezza dalle terribili lezioni della sua stessa storia
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domenica 17 marzo 2024
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bello e toccante
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Un film molto bello, un po' complicato, andrebbe visto due volte per capire bene tutte le immagini ed il loro significato. Comunque fortemente consigliato
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