L’episodio più importante della Storia della Repubblica, relativo al (probabilmente) più grande politico italiano o è raccontato da un’opera artistica capace di porsi all’altezza della straordinarietà degli eventi, oppure è meglio leggerlo sui libri di storia. Marco Bellocchio firma il Capolavoro della sua esistenza e, con “Esterno notte”, regala ai posteri un documento stupefacente per qualità di approfondimento psicologico, ricostruzione storica, analisi degli avvenimenti. L’idea di raccontare “il caso Moro” da diversi punti di vista (Aldo Moro, Francesco Cossiga, Papa Paolo VI, i brigatisti Adriana Faranda e Valerio Morucci, Eleonora Moro e i suoi figli) è geniale, la capacità di entrare nella profondità della loro psiche è stupefacente. Attraverso un’attenzione assoluta ai dettagli Bellocchio ci dice già tutto dei protagonisti (il lavarsi spesso le mani di Moro è metafora della sua onestà umana e intellettuale, il vedere le macchie sulle proprie da parte di Cossiga è metafora dei suoi sensi di colpa, l’acquisto di una Bibbia per Moro da parte di Adriana Faranda è l’indizio del suo cammino di progressivo distacco dal nucleo più intransigente delle Brigate Rosse, l’inutile irruzione di Eleonora Moro con alcuni appartenenti alle forze dell’ordine in un presunto luogo di detenzione del marito simboleggia l’inutilità degli sforzi della famiglia di ottenerne la liberazione). E attorno alle figure principali di questa tragedia italiana si muovono decine di personaggi più o meno rilevanti, dal Presidente del Consiglio Andreotti (nel film il vero artefice del fallimento di ogni trattativa per liberare Moro) alla moglie dell’appuntato della scorta ucciso in via Fani (incapace per il dolore e l’asprezza del momento di trattenersi a telefono con la moglie di Moro), dall’esangue segretario della DC Benigno Zaccagnini (quasi schiacciato da una situazione più grande di lui) al robotico capo della colonna romana delle BR Mario Moretti (talmente scollegato dalla realtà da parlare solo con slogan e frasi astratte), da Maria Fida Moro (incapace per temperamento di accettare l’inerzia e il tatticismo che stavano condannando a morte il padre) a una pletora di sacerdoti, suore, prelati tutti alla disperata ma inutile ricerca di uno spiraglio idoneo a consentire la liberazione di Aldo Moro. “Esterno notte” è un capolavoro assoluto perché racconta la Storia non soltanto accostando i fatti più importanti con rigore fino a fornire un quadro straordinariamente chiaro degli accadimenti, ma anche perché sa arricchirli con la narrazione di piccoli eventi chiarificatori (bellissima la scena delle mamme che, il giorno della strage di via Fani, corrono a scuola a prendere i propri figli all’uscita, quasi a volerli proteggere da un pericolo latente – è successo proprio così: chi scrive, all’uscita da scuola, alle medie, quel giorno trovò la propria madre ad attenderlo, nonostante il breve tratto per tornare a casa fosse sempre stato in precedenza ricoperto in compagnia degli amici! -). Altro punto di forza del film è la qualità della recitazione: Margherita Buy e Toni Servillo sono straordinari nel raffigurare la determinata forza d’animo di Eleonora Moro e la prudente ma forte volontà di Paolo VI, Fabrizio Gifuni ci consente quasi di “vedere” Aldo Moro ancora vivo e meriterebbe i Premi più prestigiosi, Daniela Marra è una Adriana Faranda sorprendente per la varietà dei registri interpretativi, Fausto Russo Alesi è un Cossiga credibilissimo ogni volta che si perde nel labirinto delle sue emozioni. Marco Bellocchio ha saputo tirare il meglio da tutti, persino i titoli di testa sono stupendi. “Esterno notte” è una delle più grandi opere della Storia del Cinema italiano.
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