ashtray_bliss
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venerdì 9 luglio 2021
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claustrofobica metafora di sopravvivenza.
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Alexander Aja ritorna a far parlare di se, dopo la parentesi del dramma surreale "Le Nove Vite di Louis Drax" e dopo aver apparentemente abbandonato le tematiche splatter degli esordi di "Alta Tensione". Oxygen, è un thriller, un dramma umano viscerale, ma anche una parabola oscura sul futuro dell'umanità segnata da un'apocalisse pandemica che condivide alcuni aspetti con quella ancora in atto della Covid-19. Una parabola discendente, nichilista e cinica su quello che potrebbe succedere in un futuro non troppo distante.
Inizialmente, si potrebbe correre il rischio di classificarlo erroneamente come una versione al femminile del piccolo cult "Buried" con Ryan Reynolds.
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Alexander Aja ritorna a far parlare di se, dopo la parentesi del dramma surreale "Le Nove Vite di Louis Drax" e dopo aver apparentemente abbandonato le tematiche splatter degli esordi di "Alta Tensione". Oxygen, è un thriller, un dramma umano viscerale, ma anche una parabola oscura sul futuro dell'umanità segnata da un'apocalisse pandemica che condivide alcuni aspetti con quella ancora in atto della Covid-19. Una parabola discendente, nichilista e cinica su quello che potrebbe succedere in un futuro non troppo distante.
Inizialmente, si potrebbe correre il rischio di classificarlo erroneamente come una versione al femminile del piccolo cult "Buried" con Ryan Reynolds. Uno dei film che impressionarono maggiormente e in qualche modo aiutarono a plasmare e formare il genere del one man movie, col protagonista solitamente intrappolato in un luogo, fisico o mentale che esso sia.
Questa è anche la premessa di base dell'incalzante thriller/ dramma Oxygen, che vede la sua unica protagonista, svegliarsi all'interno di una capsula criogenica dalla quale cerca disperatamente di uscire. Con lei, c'è soltanto Milo, un'assistente virtuale che la guiderà attraverso la sua confusione e in questa costante lotta contro il tempo, aiutandola a orientarsi. Perchè la protagonista, Liz, ha appena il 30% dell'ossigeno a sufficienza per cercare di capire che cosa le sia successo e dove si trovi.
E benchè lo spettatore più arguto riuscirà a inquadrare e intuire sin da subito dove si trovi realmente Liz, è notevole il lavoro svolto dal regista nel cercare di condurci attraverso il senso di smarrimento della donna, e i suoi ricordi frastagliati e confusi che tendono a unire i tasselli di questo puzzle per arrivare a dare finalmente delle risposte concrete alle domande che abbondano. Si costruisce così un egregio dramma di sopravvivenza, colmo di suspense, tensione e colpi di scena grazie all'intreccio intelligente tra passato e presente della protagonista, che si muove fra i suoi ricordi inaffidabili e incoerenti, mentre la quasi totalità dell'azione si svolge all'interno dell'angusto spazio della capsula, incrementando drammaticamente il senso di claustrofobia, angoscia e oppressione.
Ed ecco che col passare dei minuti, e col tempo che scorre all'indietro pian piano al puzzle si aggiungono dei pezzi narrativi inediti e inaspettati che rendono la storia ancora più cupa e sinistra donandole un taglio che sconfina prepotentemente nella fantascienza distopica, fornendo un colpo di scena intelligente e imprevedibile, e ribaltando intelligentemente la percezione spazio-temporale.
Utilizzando al meglio gli elementi della sintassi cinematografica che già ben conosce, Aja compone un racconto fantascientifico d'effetto in grado di catturare lo spettatore e provocare delle lecite domande, o dubbi, riguardo alcune scottanti questioni già ponderanti nella nostra società ed epoca, quali l'eticità della manipolazione genetica, il trasferimento della memoria (minduploading) e la clonazione in vista di un'inarrestabile pandemia che porta l'umanità sull'orlo dell'estinzione. In tale chiave di lettura, possiamo facilmente interpretare Oxygen come una metafora oscura, una parabola enfatica e pessimista, aggiunta di alcune venature di inequivocabile umorismo nero, sul futuro e sul destino del genere umano, già dilaniato da una (reale) pandemia con la quale abbiamo imparato a convivere ma non a sconfiggere.
Naturalmente, non possiamo esimerci dal considerare gli innumerevoli rimandi ad altre pellicole del genere che trattano di argomenti affini. Tuttavia, Oxygen brilla di luce propria e respira a pieni polmoni, senza essere una mera imitazione e senza riciclare meccanicamente argomenti e situazioni già trattate sullo schermo.
Sorretto interamente da una strepitosa Melanie Laurent, in grado di entrare in perfetta sintonia, ed empatia con la sua Liz, trasmettendo a noi spettatori il suo senso di impotenza, la sua confusione, paura ma sopratutto la sua risolutezza a restare in vita, nonostante l'ossigeno a disposizione scenda rapidamente. Con la telecamera puntata addosso per quasi l'intera durata riesce a entrare in sintonia con Liz dando una grande dimostrazione del suo talento.
Il finale in bilico tra il conciliante e l'onirico, il surreale, senza tuttavia togliere molto dal pathos precedentemente creato, suggerisce e restituisce un senso di pace e serenità, agli spettatori e sopratutto alla sua protagonista, tanto meritato quanto agognato. Narrativamente coinvolgente, visivamente stimolante e avvincente, Oxygen sicuramente lascerà col fiato sospeso per buona parte della visione proponendo argomenti noti in chiave inedita. Merita di essere scoperto.
Voto:3.5/5.
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felicity
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martedì 19 ottobre 2021
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un meccanismo di alta precisione
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Oxygen raccoglie brillantemente la sfida dell’huis clos claustrofobico aggiungendo la dimensione della fantascienza: la sua protagonista si sveglia all’improvviso in una camera criogenica, ricoperta di elettrodi e avvolta in un bozzolo di tessuto che deve strappare con i mezzi a sua disposizione (una cintura le blocca la vita e i suoi piedi sono attaccati) per poter respirare correttamente. E respirare diventerà molto presto una priorità assoluta, come l'imperturbabile interfaccia di collegamento, di nome Milo e "programmato per rispondere a tutte le tue nuove esigenze", insegna alla nostra eroina (incarnata da Mélanie Laurent): "guasto rilevato, riserve di ossigeno danneggiate, sospensione di criogenia medica".
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Oxygen raccoglie brillantemente la sfida dell’huis clos claustrofobico aggiungendo la dimensione della fantascienza: la sua protagonista si sveglia all’improvviso in una camera criogenica, ricoperta di elettrodi e avvolta in un bozzolo di tessuto che deve strappare con i mezzi a sua disposizione (una cintura le blocca la vita e i suoi piedi sono attaccati) per poter respirare correttamente. E respirare diventerà molto presto una priorità assoluta, come l'imperturbabile interfaccia di collegamento, di nome Milo e "programmato per rispondere a tutte le tue nuove esigenze", insegna alla nostra eroina (incarnata da Mélanie Laurent): "guasto rilevato, riserve di ossigeno danneggiate, sospensione di criogenia medica". Il livello di ossigeno è al 36% e il conto alla rovescia è verso una morte inevitabile (e molto dolorosa) se la situazione non cambia.
"Che succede? – Sei in uno stato di grande agitazione. Vuoi un sedativo? – Voglio uscire, voglio uscire – Non sono in grado di soddisfare questa richiesta al momento". Chi è la nostra protagonista? Come ci è arrivata? Come ne può uscire? Come contattare il mondo esterno? Tante domande a cui la giovane donna in preda al panico non sa rispondere, persa in una fitta nebbia di memoria trafitta da pochi bagliori che potrebbero essere sia veri ricordi sia allucinazioni causate dalla rarefazione dell'aria. Cercando di incanalare le sue emozioni spinte all’estremo ("non sono in una scatola, non sono una scatola"), "la bioforma omicron 267" (come la chiama la macchina) setaccia febbrilmente qualsiasi informazione alla quale abbia accesso per trovare un senso alla sua reclusione e un'uscita di emergenza vitale. Ma le sorprese non sono ancora finite, anzi...
Unità di tempo, luogo e azione: Oxygen sfrutta perfettamente le regole del dramma classico iniettandovi gli ingredienti di un sci-fi medico credibile (processori, monitoraggio dell'attività cerebrale, regolazione cinetica, iper sonno, polimero liquido, ecc.) e gioca abilmente sulla doppia partizione del labirinto mentale e della tomba materiale da cui l'eroina cerca disperatamente di uscire. "Un po’ come l'acqua registra le dimensioni, la forma, la velocità di un sassolino che cade, sotto forma di increspature", il film si rivela allo spettatore in modo molto sottile e si espande sulla base dei colpi di scena (spoiler vietati) che si intrecciano nell'ottima sceneggiatura firmata Christie LeBlanc. Un meccanismo di alta precisione che non deroga mai ai canoni emotivi del genere angosciante ben padroneggiato da Alexandre Aja, la cui messa in scena (supportata da effetti speciali, suono e musica) sfrutta tutte le possibilità dello spazio ridotto e dell'atmosfera della camera criogenica per restituire un'esperienza molto fisica in cui il lato animale e quello intellettuale sono chiamati urgentemente ad agire per un unico obiettivo: sopravvivere.
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