stefano capasso
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venerdì 2 settembre 2022
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ferite del passato e speranze future
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Notturno di Gianfranco Rosi è un documentario girato nell’arco di tre anni lungo confini difficili del Medio Oriente: Kurdistan, Siria, Libano, Iraq, Iran, territori dove le guerre hanno lasciato il segno e in alcuni casi sono ancora in corso. L’osservazione di Rosi è come suo solito, silenziosa, nel tentativo di apparire più neutrale possibile. Il racconto del dolore è affidato ai protagonisti stessi che durante la loro quotidianità rievocano lutti ed esperienze terribili a cui hanno preso parte. Spetta ad un gruppo di teatro “sociale” messo su in uno dei luoghi raccontati a fungere da narrazione simbolicamente rappresentativa di tutti i conflitti che hanno dilaniato la regione; una regione che sin da tempi remoti è stata creata ad uso e consumi di potenze esterne che hanno contribuito a perseguire interessi altri a quelli dei popoli raccontati.
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Notturno di Gianfranco Rosi è un documentario girato nell’arco di tre anni lungo confini difficili del Medio Oriente: Kurdistan, Siria, Libano, Iraq, Iran, territori dove le guerre hanno lasciato il segno e in alcuni casi sono ancora in corso. L’osservazione di Rosi è come suo solito, silenziosa, nel tentativo di apparire più neutrale possibile. Il racconto del dolore è affidato ai protagonisti stessi che durante la loro quotidianità rievocano lutti ed esperienze terribili a cui hanno preso parte. Spetta ad un gruppo di teatro “sociale” messo su in uno dei luoghi raccontati a fungere da narrazione simbolicamente rappresentativa di tutti i conflitti che hanno dilaniato la regione; una regione che sin da tempi remoti è stata creata ad uso e consumi di potenze esterne che hanno contribuito a perseguire interessi altri a quelli dei popoli raccontati.
Spicca la qualità della fotografia, per alcuni fin troppo bella e inadatta all’orrore che vogliono mettere in scena. D’altra parte Rosi racconta chi, in qualche modo, è sopravvissuto, chi può ancora raccontare gli orrori che ha visto, dai bambini dei campi profughi alle anziane donne che hanno perso figli in battaglia. Ferite profonde che necessiteranno tempo per essere rimarginate, ma che al momento possono cominciare ad essere viste, sperando in un futuro che segua percorsi diversi da quelli svoltisi sin’ora.
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francesco2
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domenica 2 gennaio 2022
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un film che si perde, ma poi si ritrova
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Come aveva dimostrato in Sacro GRA e Fuocommare, Gianfranco Rosi non prova interesse per il Tempo-luogo-azione di aristotelica memoria.
Lo conferma anche in questo nuovo lungometraggio, che tuttavia -forse*non casualmente , deve perdersi, per poi ritrovarsi, proprio come avviene ad una parte dei poveri disperati che G.Rosi racconta. Dividendo il film in tre parti, infatti, la prima risulta preferibile a quel sacro GRA che gli era valso il suo Leone d oro a Venezia. Immagini suggestive -non estetizzanti, secondo me, cm,e invece hanno scritto illustri commentatori. Tuttavia, il film poi si perde in un umanitarismo vacuo, inferiore -a questo punto- a Fuocoammare, quantomeno piu crudo nella sua denuncia.
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Come aveva dimostrato in Sacro GRA e Fuocommare, Gianfranco Rosi non prova interesse per il Tempo-luogo-azione di aristotelica memoria.
Lo conferma anche in questo nuovo lungometraggio, che tuttavia -forse*non casualmente , deve perdersi, per poi ritrovarsi, proprio come avviene ad una parte dei poveri disperati che G.Rosi racconta. Dividendo il film in tre parti, infatti, la prima risulta preferibile a quel sacro GRA che gli era valso il suo Leone d oro a Venezia. Immagini suggestive -non estetizzanti, secondo me, cm,e invece hanno scritto illustri commentatori. Tuttavia, il film poi si perde in un umanitarismo vacuo, inferiore -a questo punto- a Fuocoammare, quantomeno piu crudo nella sua denuncia. Solo successivamente Notturno ritrova gòi stimoli che proponeva all inizio. La notte dei disperati, si potrebbe pensare, risulta invisibile come le vite dei protagonisti di sacro GRA, estrema periferia romana. Il film nell nsieme funziona, ma se si riinegano tempo, luogo ed azione, occorrerebbe una visione alternativa del cinema
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mr.rizzus
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mercoledì 10 febbraio 2021
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wow
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cpettine
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domenica 31 gennaio 2021
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viaggio al centro della terra
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Film documento, lungo tre anni, girato dentro le ferite più profonde del territorio al confine tra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano. Rosi è il Virgilio che ci porta in un viaggio interminabile, e interminato, verso l’inferno della guerra. Come Dante veniamo portati in un mondo di desolazione, violenza, privazioni. Questi temi, da sempre al centro della narrazione cinematografica, vivono qui una nuova luce, quella grigia del vuoto, dell’attesa, della claustrofobica-agorafobica assenza di prospettiva, della infanzia negata. L’iperrealismo cinematografico della guerra lascia spazio ad un nuovo realismo, lirico, essenziale, scolpito, dove il dolore vive imploso nei volti del quotidiano, nelle lente liturgie del cacciatore, del pescatore, del soldato, del carcerato, gesti simili perché privati di senso da una assenza, l’assenza di prospettiva, di luce, di speranza.
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Film documento, lungo tre anni, girato dentro le ferite più profonde del territorio al confine tra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano. Rosi è il Virgilio che ci porta in un viaggio interminabile, e interminato, verso l’inferno della guerra. Come Dante veniamo portati in un mondo di desolazione, violenza, privazioni. Questi temi, da sempre al centro della narrazione cinematografica, vivono qui una nuova luce, quella grigia del vuoto, dell’attesa, della claustrofobica-agorafobica assenza di prospettiva, della infanzia negata. L’iperrealismo cinematografico della guerra lascia spazio ad un nuovo realismo, lirico, essenziale, scolpito, dove il dolore vive imploso nei volti del quotidiano, nelle lente liturgie del cacciatore, del pescatore, del soldato, del carcerato, gesti simili perché privati di senso da una assenza, l’assenza di prospettiva, di luce, di speranza. Il ricordo della violenza è l’unica possibile elaborazione. “Notturno” è una notte senza fine, perché senza fine è il dolore di quella madre che rivive la morte del figlio immaginandola. Siamo arrivati al centro della terra, oltre non si può più andare.
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robbiedikappa
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giovedì 1 ottobre 2020
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non guardatelo
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Notturno: interminabile e fastidioso, a tratti urticante. Non c'è racconto, solo un compiacimento estetico esasperato e esasperante. Inspiegabile l'ingresso al concorso al festival del cinema di Venezia 2020. In sala è rimasto una settimana. Il giusto tempo per essere distrattamente notato e subito dimenticato.
Una truffa cinematografica in piena regola.
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spikejohn
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lunedì 28 settembre 2020
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notte fonda
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Dal flop al festival a quello in sala: una volta tanto la propaganda democristiana da Rai 1 non paga. Di cinema in Notturno non c'è nulla. È una fiction in due puntate. Sconsigliato su tutti i livelli.
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valerio jalongo
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lunedì 28 settembre 2020
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cinema di poesia
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NOTTURNO
C’è un indizio che suggerisce la grandezza di “Notturno” di Rosi: il non aver ricevuto un premio nel concorso ufficiale al Festival di Venezia. Proprio perché questo film non è solo un racconto di straziante verità, ma testimonianza di un cinema che ha la forza di interrogarsi, di mettere in gioco le proprie stesse radici, di trovare un autentico spazio per qualcosa che non assomiglia a nient’altro.
“Notturno” è un’epifania: lo si guarda ed è come se affiorasse un racconto rimosso, un nucleo di testimonianza umana e partecipazione che mancava dalle centinaia di telegiornali e reportage che ognuno di noi ha visto sul Medio-Oriente. Ciò che non poteva essere raccontato, che non faceva notizia, che non reggeva il ritmo implacabile delle news.
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NOTTURNO
C’è un indizio che suggerisce la grandezza di “Notturno” di Rosi: il non aver ricevuto un premio nel concorso ufficiale al Festival di Venezia. Proprio perché questo film non è solo un racconto di straziante verità, ma testimonianza di un cinema che ha la forza di interrogarsi, di mettere in gioco le proprie stesse radici, di trovare un autentico spazio per qualcosa che non assomiglia a nient’altro.
“Notturno” è un’epifania: lo si guarda ed è come se affiorasse un racconto rimosso, un nucleo di testimonianza umana e partecipazione che mancava dalle centinaia di telegiornali e reportage che ognuno di noi ha visto sul Medio-Oriente. Ciò che non poteva essere raccontato, che non faceva notizia, che non reggeva il ritmo implacabile delle news. Ciò che mancava per comprendere, cioè fare profondamente nostro, quel che succede agli umani che hanno la ventura di vivere in quella terra. “Notturno” lavora a questo affioramento del rimosso con le armi della poesia e del cinema, con il coraggio di un cineasta che arriva solo, in terra straniera, con un’Arri Mini e tre obbiettivi: senza luci, senza camion e roulotte, senza troupe.
È passato il fuoco della battaglia, e gli inviati di guerra hanno spento le spotlight sulle telecamere, lasciato i loro alberghi. Su quelle terre cala il silenzio, la notte della nostra indifferenza. È in questa notte, tra quelle ceneri, che indaga e vaga “Notturno”, alla ricerca di confini che non vediamo mai: confini coloniali, arbitrari, come ormai tutti i confini. C’è in tutto il film un solo richiamo all’identità nazionale, al patriottismo, quando dei volonterosi ricoverati in un manicomio sono coinvolti da un regista per mettere in scena una stonata e retorica pièce patriottica.
Abbiamo parlato di epifania. Ed è ancora più doloroso che un “festival d’arte cinematografica” non colga la potenza di un cinema che si riappropria tecnicamente, artisticamente, ideologicamente del modo in cui si fa un film. Sfuggendo ai tempi contingentati, alla luce artificiale, all’impatto di una troupe sulla realtà che si vuole raccontare. Assimilando il lavoro del regista a quello dei grandi fotografi viaggiatori. Evadendo i confini delle sovvenzioni e delle lingue nazionali che avviliscono il cinema europeo nella ripetizione inerte di modelli passati. Il frutto di questo percorso artistico di Rosi è un film unico e crepuscolare che riempie un vuoto di verità nelle nostre coscienze.
Tante sono le immagini che rimangono con noi. Un piccolo cavallo bianco è stato lasciato dal suo cavaliere in mezzo a un incrocio trafficato, mentre la notte avanza. Lo sguardo muto, sperso. Un’inquadratura lunga, tenuta, che compie il miracolo di farci trascorrere in una solitudine che incombe come una fine. Sovrastata dai rumori di una grande città, l’innocenza dei suoi occhi non ci parla solo di Medio Oriente, ma della libertà di un cinema nuovo.
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emanuele27087
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domenica 27 settembre 2020
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piaggeria
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Ritrovandosi a leggere i commenti su questo spazio viene da chiedersi se Rosi abbia fatto per caso beneficenza alle vite che racconta o salvato un mondo. Affatto, questo film brutale e mal fatto, vorrebbe arrivare ma non arriva mai. Immagini retoriche sovrastano la storia (caro vecchio cinema del reale, ti hanno bistrattato a hoc). I commenti o sono frutto di una bella campagna del regista o non si spiega. Voglio sperare nella prima delle ipotesi, che non mi stupirebbe.
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cineglovo
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sabato 26 settembre 2020
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film da terzo mondo
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Film politically correct al limite dell'imbarazzante. 8 euro buttati per immagini che vorrebbero essere simboliche ma che in realtà sono banali come cartoline turistiche.
Ridicolo che si sia protestato anche perché non abbia vinto nulla al festival di Venezia: a furia di pietismo dove arriveremmo?
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damiana leoni
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venerdì 25 settembre 2020
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da non perdere
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Notturno
Un film meraviglioso, umanissimo, commovente, perfetto nelle sequenza delle immagini.
Dolori umani che accogli con amore grazie allo sguardo di questo grande regista che ha voluto raccontaci con le sue sole forze e con le sue uniche tecniche cinematografiche - la regia, la fotografia e il suono - quei confini a noi sconosciuti.
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Notturno
Un film meraviglioso, umanissimo, commovente, perfetto nelle sequenza delle immagini.
Dolori umani che accogli con amore grazie allo sguardo di questo grande regista che ha voluto raccontaci con le sue sole forze e con le sue uniche tecniche cinematografiche - la regia, la fotografia e il suono - quei confini a noi sconosciuti.
Profondo rispetto e gratitudine a Gianfranco Rosi e a coloro che con la loro passione, impegno e poesia ci portano ad affrontare questi dolori per farci sentire ancora più vivi accompagnadoci, senza sentimentalismi, ad essere più vicini a queste infernali realtà.
Da non perdere.
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