amgiad
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sabato 3 ottobre 2020
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i mustang di dante
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L' idea di seguire la vita di cinque sorelle l' avevamo già vista, cinematograficamente molto, molto, meglio realizzata qualche anno fa, nel bel film Mustang, del regista turco Erguven. Questo film della Dante è poco cinema e molto teatro per quadri. Questo debito fa si che la visione procede lenta e noiosa. Film nel complesso abbastanza inutile, che resterà poco nelle sale. Testimoniando, una volta di più, l' inefficacia dei criteri seguiti dal Mibact, nell' assegnare ii contributi per lo sviluppo della nostra cinematografia.[+]
L' idea di seguire la vita di cinque sorelle l' avevamo già vista, cinematograficamente molto, molto, meglio realizzata qualche anno fa, nel bel film Mustang, del regista turco Erguven. Questo film della Dante è poco cinema e molto teatro per quadri. Questo debito fa si che la visione procede lenta e noiosa. Film nel complesso abbastanza inutile, che resterà poco nelle sale. Testimoniando, una volta di più, l' inefficacia dei criteri seguiti dal Mibact, nell' assegnare ii contributi per lo sviluppo della nostra cinematografia.
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maria f.
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lunedì 28 settembre 2020
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evviva i buoni flim!
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Tutti sanno che la famiglia è una società in piccolo, non ha importanza quanti siano i membri, è lo stare insieme che fa famiglia.
E’ in famiglia che s’incomincia a capire il nostro valore, la nostra forza, è lì che ci si prepara a combattere, che si scoprono i sentimenti che ci governano, è sempre lì che impariamo ad amare o a odiare, che dobbiamo ubbidire, ammiccare, aiutare.
Sin da piccoli ci scontriamo con genitori e fratelli, è in famiglia che cerchiamo di sgomitare per conquistare un bacio, un sorriso, un occhiolino d’intesa, che facciamo i furbi, oppure demordiamo se non ci sentiamo considerati, trascurati, non abbastanza amati.
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Tutti sanno che la famiglia è una società in piccolo, non ha importanza quanti siano i membri, è lo stare insieme che fa famiglia.
E’ in famiglia che s’incomincia a capire il nostro valore, la nostra forza, è lì che ci si prepara a combattere, che si scoprono i sentimenti che ci governano, è sempre lì che impariamo ad amare o a odiare, che dobbiamo ubbidire, ammiccare, aiutare.
Sin da piccoli ci scontriamo con genitori e fratelli, è in famiglia che cerchiamo di sgomitare per conquistare un bacio, un sorriso, un occhiolino d’intesa, che facciamo i furbi, oppure demordiamo se non ci sentiamo considerati, trascurati, non abbastanza amati.
Di esempi di famiglia la nostra letteratura ci ha regalato pagine indimenticabili come la descrizione che ne fa Filumena Marturano nell’opera di Eduardo De Filippo parlando della propria numerosissima famiglia che io sintetizzo così: “Ci svegliavamo senza dirci buongiorno e ci coricavamo senza darci la buonanotte” e poi “…mangiavamo tutti in un unico piatto e quando avvicinavo la forchetta anch’io, mi sembrava di rubare….”.
E poi c’è l’esempio di famiglia in “Le piccole donne”, e quella del film di Muccino “A casa tutti bene”, la famiglia descritta nel film “Padrenostro”, storie infinite, la famiglia è un pozzo senza fine che contiene ogni sorta di gioia, di energia, di sofferenza, d’incomprensione.
Anche nel film di Emma Dante, la famiglia, formata da cinque sorelle, è assoluta protagonista.
Ciascuna sorella è dipendente dalle altre e allo stesso tempo autonoma, brilla di luce propria, possiede una personalità molto spiccata e i desideri sono ampiamente tratteggiati dalla regista: Maria ama il ballo e si sente attratta verso il genere femminile, Pinuccia ama l’amore, Lia divora libri, Katia pianifica e Antonella si lascia coccolare da tutte e si bea.
Le sorelle Macaluso sono legate indissolubilmente tutte a una catena che vorrebbero spezzare ma che nessuna riesce ad allentare, trattenute da un’ancora che le aggroviglia e le abbranca a una condizione che dura da quando ognuna ha avuto la consapevolezza che la morte di Antonella è avvenuta per l’imprudenza, la negligenza di ciascuna di loro.
Dalla fanciullezza alla vecchiaia nella casa non muta niente, solo il loro aspetto a mano a mano diventa decadente, e noi che ci affacciamo nell’intimità delle loro vite le accompagniamo in questo loro approssimarsi alla fine dell’esistenza.
Storia di grandissimo pregio interpretata da un cast di grande spessore.
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domenica 27 settembre 2020
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lacrima facile
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A me Emma Dante, fa proprio piangere, .E però mi piace moltissimo!
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angelo umana
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martedì 22 settembre 2020
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la vita che passa
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Film femminile, fatto dalla regista teatrale Emma Dante e dalle sue cinque protagoniste. Film sulla “sorellanza” è stato definito, ma è anche sulla vita: coi sogni dell'infanzia e dell'adolescenza, coi sogni perduti da adulte, i conflitti e i confronti tra queste sorelle, le delusioni e i drammi, l'invecchiare e poi andarsene. Resta la casa dove hanno vissuto, altra importante protagonista, coi segni del tempo, restano le colombe che queste ragazze allevavano nella colombaia sopra il loro appartamento, loro coinquiline leggiadre che volando ingentiliscono quel cielo. Ed è gentile o femminile tutta la parte iniziale, delicata, con la più piccola che dice alla sorella maggiore a cui è più legata e che più la protegge, sei bellissima, ricevendone un po' di rossetto e a volte un kinder, che lei ricambia con un bacio.
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Film femminile, fatto dalla regista teatrale Emma Dante e dalle sue cinque protagoniste. Film sulla “sorellanza” è stato definito, ma è anche sulla vita: coi sogni dell'infanzia e dell'adolescenza, coi sogni perduti da adulte, i conflitti e i confronti tra queste sorelle, le delusioni e i drammi, l'invecchiare e poi andarsene. Resta la casa dove hanno vissuto, altra importante protagonista, coi segni del tempo, restano le colombe che queste ragazze allevavano nella colombaia sopra il loro appartamento, loro coinquiline leggiadre che volando ingentiliscono quel cielo. Ed è gentile o femminile tutta la parte iniziale, delicata, con la più piccola che dice alla sorella maggiore a cui è più legata e che più la protegge, sei bellissima, ricevendone un po' di rossetto e a volte un kinder, che lei ricambia con un bacio. E' osservativa e neutrale la macchina da presa che inquadra la casa e le vicende di queste ragazze poi donne e poi vecchie. E' anche film dei ricordi che Emma Dante certamente ha, compreso il Charleston, lo stabilimento balneare a Mondello dove da ragazza andava e dove le cinque ancora giovanissime vanno libere. Nulla si sa della loro nascita, dei genitori assenti, ma non è un vuoto, non importa o “non rileva” (si dice in avvocatese).
Le attrici sono 12 in tutto, a rappresentare dapprima le bambine poi fattesi grandi, se ne ricava uno straniamento, si fatica un pò a riconoscere quali bambine erano le adulte della seconda parte. La vita le ha contaminate, deturpate in qualche caso, cose che potevano essere e non sono state, rimpianti, con l'unica “presenza” pura che ancora appare della sorellina volata in cielo da piccola. Particolari i momenti che restano, devono essere anch'essi ricordi intimi dell'autrice, cose viste o vissute o anche solo immaginate: una di esse, la aspirante ballerina, che da ragazza era attratta da un'amica, i baci teneri delle due (mi aspetterai di nuovo stasera?), la sua danza libera in solitudine da adulta triste silenziosa e malata. Un'altra diventata anziana che sente la vita finire e butta via alla rinfusa libri e ricordi, come a riflettere che non ce ne facciamo nulla delle cose che amiamo tenere. Cosa resta? Le vicende vissute gioite o sofferte. La vita se ne va, è film pure di morte, una bara col montacarichi viene calata giù dal loro appartamento sotto la piccionaia, bara grigia con vista mare. Rifioriranno le gioie passate al vento caldo di un'altra estate, cadrà altra neve sui camposanti (dalla voce nostalgica di Battiato nel film) per queste meravigliose creature (questo invece è il rock benaugurante della Nannini).
Viene da pensare che l'opera teatrale che la Dante ha rappresentato delle Sorelle Macaluso sia ancora più introspettiva: nel film per necessità tutti gli elementi sono gettati o ricordati velocemente, in teatro sono forse più discussi ed in esso è possibile che i profili psicologici delle sorelle siano meglio delineati. Prevale un'aria cupa nelle scene all'interno della casa, ricettario di momenti passati, forse la stessa che restava da Via Castellana Bandiera, altro film della Dante che come le Macaluso vale la pena vedere ma che le due protagoniste fecero ricordare più nettamente.
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domenico sciabica
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martedì 22 settembre 2020
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grande film
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UNA PARABOLA DELLA VITA NARRATA IN MODO ELEGIACO, UN REALISMO MORBIDO CHE RAGGIUNGE LA VOLTA DELL'ESISTENZA, NIENTE VOLI PINDARICI UTILI COME ARTIFIZIO SCENICO PER OCCULTARE I DIFETTI DELLA NARRAZIONE,OTTIMO IL GRUPPO DEGLI ATTORI CIASCUNO IN MODO SINERGICO RISPETTOSO DEL SUO RUOLO
le sorelle macaluso
bene il film
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giovedì 17 settembre 2020
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complimenti
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Che bella questa tua recensione, cosi ben scritta e poetica.
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vanessa zarastro
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lunedì 14 settembre 2020
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teatro tragico e retorica
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Emma Dante, nota drammaturga siciliana, si cimenta nella trasposizione di una pièce teatrale da lei scritta nel 2014, scrivendo la sceneggiatura con Giorgio Vasta ed Elena Stancanelli. La regista è alla seconda esperienza cinematografica dopo sette anni dalla prima con “Via Castellana Bandiera”. I suoi testi teatrali raccontano sempre una vita quotidiana fatta di fatica per la sopravvivenza e in cui c'è poco spazio per l'amore, invece c’è la violenza e il dolore. A mio avviso, il passaggio dall’opera teatrale a film è poco convincente.
In “Le sorelle Macaluso” - presentato in concorso al Festival di Venezia 2020 - sono rappresentati tre momenti della vita di cinque sorelle (erano sette nella pièce): l’adolescenza, l’adultità e la vecchiaia.
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Emma Dante, nota drammaturga siciliana, si cimenta nella trasposizione di una pièce teatrale da lei scritta nel 2014, scrivendo la sceneggiatura con Giorgio Vasta ed Elena Stancanelli. La regista è alla seconda esperienza cinematografica dopo sette anni dalla prima con “Via Castellana Bandiera”. I suoi testi teatrali raccontano sempre una vita quotidiana fatta di fatica per la sopravvivenza e in cui c'è poco spazio per l'amore, invece c’è la violenza e il dolore. A mio avviso, il passaggio dall’opera teatrale a film è poco convincente.
In “Le sorelle Macaluso” - presentato in concorso al Festival di Venezia 2020 - sono rappresentati tre momenti della vita di cinque sorelle (erano sette nella pièce): l’adolescenza, l’adultità e la vecchiaia. Con questa storia Emma Dante sottolinea un mondo in cui la sfera del maschile è oscurata se non del tutto assente. Vari sono i flash-back e visioni immaginarie che ripresentano più volte alcune scene come, ad esempio, quella in cui la sorellina più piccola Antonella osserva in bagno Pinuccia mentre si mette il rossetto e vuole metterselo anche lei. Nonostante lo schema sia semplice, si fatica un po' a riconoscere le sorelle interpretate da attrici diverse nelle varie età, anche perché spesso sono poco somiglianti, a parte Katia che è la sorella cicciona e rimane tale fino alla fine.
Il plot è chiuso su se stesso le ragazze allevano colombe in uno squallidissimo appartamento ubicato all’ultimo piano di un edificio nella periferia palermitana che diventa teatro dell’invecchiamento, del senso di colpa e della morte. Dalla gioiosa vitalità delle prime sequenze si passa subito alla post-tragedia con urla e dai piatti rotti, una tipica declinazione dei contrasti familiari nei film italiani.
Il testo, che avrebbe meritato degli approfondimenti, rimane una maschera di dolore sui volti sempre più rugosi delle sorelle sopravvissute. Tra gli svolazzi di colombe nel cielo e le scene ripetute, il film trabocca di dettagli. La regista inquadra ogni minuzia dal servizio buono di piatti alla vasca da bagno, dal letto trasformabile in divano al rossetto, dalle paste con il kiwi al pupo siciliano appeso…tutto diventa soggetto di primissimi piani. Non ci risparmia neanche i particolari raccapriccianti come il vomito o le scarnificazioni degli animali nel laboratorio dove lavora Maria adulta. La parte migliore del film è sicuramente quello della giovinezza spensierata nonostante la povertà e lo squallore. Garbata è la scena di un timido bacio lesbico tra Maria e un’amichetta, nell’arena vicino al mare. Bella è la descrizione del percorso che le cinque sorelle fanno insieme per arrivare ad essere adiacenti ai bagni Charleston, lo stabilimento balneare liberty di Mondello. Purtroppo finirà in tragedia sullo sfondo di Punta Raisi, per una volta stranamente più allusa che descritta.
Il protagonista del film sembra essere proprio l’appartamento dove vivono le ragazze dove però la regista non ci fa mai entrare veramente. Infatti, o le immagini sono troppo di dettaglio o il punto di vista è irrealistico come le varie riprese zenitali, specialmente quelle della vasca da bagno.
L’insistenza dei tempi lenti riduce il film a poche diapositive, splendide inquadrature ma di una pleonastica fissità snervante. Alcuni critici affermano che “Le sorelle Macaluso” è un film che sarebbe piaciuto molto al regista russo Andrei Tarkovsky, che cercava di fossilizzare sulla pellicola lo scorrere del tempo, la presenza del tempo, l'essenza stessa della vita.
Ottima la scelta delle musiche da Erik Satie Gymnopédies (già utilizzato da Louis Malle nel film “Fuoco fatuo” del 1963) alle varie canzoni tra le quali emerge la voce di Gianna Nannini.
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