I Care a Lot

   
   
   

La Pike non basta Valutazione 2 stelle su cinque

di Fabal


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lunedì 29 gennaio 2024

Un'ottima Rosamunde Pike interpreta Marla Grayson, una tutrice legale con metodi e intenti davvero poco ortodossi. Cinica, ambiziosa e senza etica, con la complicità di una dottoressa e di un direttore sanitario, Marla fa dichiarare gli anziani incapaci di intendere e di volere, li fa chiudere in una casa di cura e poi ne gestisce il patrimonio. Quando la sua complice scova una preda succulenta, la ricca e senza eredi Jennifer Petersen, Marla mette in atto il solito copione, ma qualcosa va storto...


Pellicola sorretta dalla perfetta interpretazione della Pike, “bella e spietata” come non mai. Marla Grayson è un'antieroina di spessore, tenace, determinata a non perdere anche quando si trova a lottare contro forze più grandi di lei. La sceneggiatura di Blakeson riesce, sulle prime, a costruire un thriller originale: non solo per lo script intrigante ma soprattutto per l'assenza di un vero PoV per lo spettatore. L'iniziale svolgimento di I care a lot induce a credere di trovarsi di fronte a un'antagonista e che, a un certo punto, arriverà anche il protagonista buono a distruggere il suo impero di truffe e ricatti. L'effetto sorpresa, invece, sta nel trasformare Marla da carnefice a vittima, introducendo dei cattivi ancora più cattivi di lei. Ma questa scelta, anziché spostare la simpatia verso il personaggio della Pike, lascia in bilico chi guarda: da una parte una truffatrice senza scrupoli, dall'altra la mafia russa.

Sulle prime spiazzante, quest'astuzia narrativa dopo un po' annoia: in tutta onestà le qualità positive di Marla Grayson sono davvero poche per fare il tifo per lei. Neanche il furbesco accenno ai valori femministi, spiattellati di fronte a un arrogante avvocato bellimbusto, è sufficiente per redimere il personaggio dalle colpe verso gli anziani raggirati e una Dianne Wiest lasciata senza cibo. Dopo una prima intrigante mezz'ora, in cui I care a lot mescola bene le carte, la vicenda diventa una guerra tra cattivi con situazioni esagerate e sopravvivenze poco credibili, oltre che personaggi al limite della caricatura. Non tanto Dinklage, che potrebbe essere un (vice) antagonista di spessore, quanto per il rapporto con i suoi sottoposti, spesso ridotti ai classici scagnozzi da b movie. Purtroppo la svolta hard boiled penalizza quanto di buono costruito nella prima parte: I care a lot perde di interesse fino a un doppio finale tiratissimo. Forse una costruzione da legal thriller, combattuta nelle aule giudiziarie in modo credibile (come può non venire in mente a un avvocato di presentare una contro- perizia medica?) avrebbe dato esiti migliori. Così, purtroppo, la sola Pike non basta. 

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