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martedì 25 luglio 2023
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candyman oltre lo specchio
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Oggi ho avuto modo di vedere, finalmente, il sequel di uno dei miei film dell'infanzia (e il fatto che un horror sia un mio film dell'infanzia la dice lunga): Candyman, uscito nel 2021. Ovviamente, dovevo prima rivedere la trilogia degli anni '90, nata come adattamento della storia breve "The Forbidden" di Clive Barker con, nel ruolo di Candyman, sin dal primo film del 1992, Tony Todd, diretto prima da Bernard Rose, poi da Bill Condon e infine da un dimenticabilissimo Tury Meyer.
Dopo il rewatch della trilogia il mio commento è stato "uno dei soggetti horror più belli e peggio realizzati nella storia del cinema!" con una discesa a picco in termini di qualità e di resa cinematografica, seppur ognuno dei tre film presenti degli elementi tremendamente interessanti.
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Oggi ho avuto modo di vedere, finalmente, il sequel di uno dei miei film dell'infanzia (e il fatto che un horror sia un mio film dell'infanzia la dice lunga): Candyman, uscito nel 2021. Ovviamente, dovevo prima rivedere la trilogia degli anni '90, nata come adattamento della storia breve "The Forbidden" di Clive Barker con, nel ruolo di Candyman, sin dal primo film del 1992, Tony Todd, diretto prima da Bernard Rose, poi da Bill Condon e infine da un dimenticabilissimo Tury Meyer.
Dopo il rewatch della trilogia il mio commento è stato "uno dei soggetti horror più belli e peggio realizzati nella storia del cinema!" con una discesa a picco in termini di qualità e di resa cinematografica, seppur ognuno dei tre film presenti degli elementi tremendamente interessanti. Eppure, come se non si riuscisse mai a trovare un modo per esporre la tesi, rimane sempre inespresso il concetto che unisce i tanti livelli di lettura di questo racconto, un po' come il personaggio di Candyman, che rimane celato dietro lo specchio e può solo essere evocato attraverso un nickname, pronunciandolo 5 volte.
Un personaggio bellissimo: un pittore afroamericano che, alla fine dell'Ottocento, poté assaggiare un prematuro sapore di libertà e che perì violentemente non per aver osato assaggiare, ma per il fatto stesso di poter sentire quel sapore. È una differenza così sottile, così difficile da cogliere per chi scrive un racconto simile, soprattutto se non può averne mai avuto realmente una percezione. Perché bianco. Barker e Rose la intuirono, ma appunto la dovettero celare dietro i graffiti, dietro forme di ulteriore rappresentazione, quella underground, popolare, quindi distante, e non a caso introdotta come oggetto di studio della protagonista: una tesista che si occupa di leggende urbane. Più e più strati di rappresentazione che allontanavano il soggetto reale di questo racconto addirittura da coloro che lo stavano scrivendo o filmando.
Un personaggio tragico, che trasudava la lotta della comunità afroamericana e che, per l'ennesima volta, veniva raccontato da occhi che intravedevano la questione ma, inevitabilmente, ne erano corresponsabili. Davvero, suggerisco di riguardare tutti e tre i film della trilogia originale, anche e soprattutto l'ultimo, tirato per le unghie dallo stesso Todd che lo produsse: un fim orrendo! ma anche interessantissimo, dove la morte del mostro poteva avvenire solo riconoscendo che il male continua a esistere laddove esiste il bene. Una consolazione nuovamente bianca (e maniche), che imputava ancora alla prima vittima del racconto, Candyman stesso, la responsabilità degli orrori perpetrati per secoli. Quanto erano imberbi gli anni '90!
Dopo trent'anni quel concetto è esprimibile; anzi, finalmente chi, solo, lo poteva esprimere ha modo di farlo. Quei personaggi afroamericani che rimanevano soggetti passivi da osservare, o che agivano violenza, o che fungevano da attrice non protagonista che, a causa della cecità della protagonista bianca, perivano sotto l'uncino del mostro tragico evocato dal passato, oggi sono protagonisti, raccontano quello che si celava dietro lo specchio.
Dirige Nia DaCosta (Little Woods, The Marvels), credo una delle registe afroamericane contemporanee più interessanti, che ne scrive la sceneggiatura insieme a Jordan Peele, comico e (perciò) autore di alcuni degli horror più sagaci degli ultimi anni (Get Out, Us, Nope). Non c'è una scelta che non abbia amato in questo sequel, che mette da parte i film del 1995 e del 1999, che depauperavano e si allontanavano ulteriormente dal soggetto originale, aggiungendo altri strati, altre lenzuola bianche su cadaveri neri.
Candyman diventa, grazie a Peele e DaCosta, espressione di quel male perpetrato per secoli sulla comunità afroamericana attraverso ogni scelta narrativa e visiva, passando da un'animazione a ombre cinesi e per mezzo di marionette che vedono costantemente una mano (sbiadita, sbiancata...) muovere quelle figure, a scene di orrore puro in cui i corpi delle vittime sono sbattuti, lanciati, scaraventati, squartati da un burattinaio visibile solo allo specchio, invisibile nella realtà di tutti i giorni, anche, ancora, in quella di oggi. E lui è nero, sì: ma oltre lo specchio.
E non solo: ogni scena di violenza avviene per sottrazione. Quella distanza narrativa, che oggi riusciamo a comprendere, che caratterizzava le scelte di Barker e Rose, diventa qui una distanza formale: carrelli all'indietro fino al campo lunghissimo mentre una vittima viene uccisa, omicidi nel fuoricampo, panoramiche e rotazioni di macchina che trasformano lo schermo in uno specchio.
Un film tremendamente doloroso e dolce, horror e con un profumo di libertà che è ancora lontano (e perciò non percepibile a tutti). DaCosta e Peele trovano finalmente per questo racconto una giusta collocazione storica.
Guardatelo: sono sempre più rari i film in grado di raccontare qualcosa che ancora, con difficoltà, riusciamo a riconoscere.
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figliounico
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giovedì 27 aprile 2023
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nuovo sottogenere horror
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Remake di Candyman - Terrore dietro lo specchio del 1992, tratto da un cortometraggio del ‘78 di Clive Barker, The Forbidden, ispirato a sua volta alla credenza popolare della catottromanzia, cui ha anche attinto la serie horror con protagonista il personaggio leggendario di Bloody Mary, appartiene, come Antebellum del 2020 di Bush e Renz, al filone del nuovo sottogenere dell’horror afroamericano, quello soprannaturale politico razziale, inventato da Jordan Peele con Scappa - get out, che firma la sceneggiatura di questo film evidentemente partorito da un’idea del regista premio Oscar autore di Noi e di Nope e soltanto diretto da una quasi esordiente e sconosciuta Nia Da Costa. Uno strano modo per denunciare il razzismo che puzza di autocensura e che esprime forse il desiderio di rimuovere, piuttosto che di affrontare apertamente, il problema razziale, vissuto dai neri di successo, come Peele, inconsciamente come una colpa, nel paese a stelle e strisce, nato schiavista, ma che oggi, paradossalmente, nello storytelling ufficiale e nella propaganda hollywoodiana, passa per essere lo strenuo difensore delle libertà di tutti i popoli della terra.
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Remake di Candyman - Terrore dietro lo specchio del 1992, tratto da un cortometraggio del ‘78 di Clive Barker, The Forbidden, ispirato a sua volta alla credenza popolare della catottromanzia, cui ha anche attinto la serie horror con protagonista il personaggio leggendario di Bloody Mary, appartiene, come Antebellum del 2020 di Bush e Renz, al filone del nuovo sottogenere dell’horror afroamericano, quello soprannaturale politico razziale, inventato da Jordan Peele con Scappa - get out, che firma la sceneggiatura di questo film evidentemente partorito da un’idea del regista premio Oscar autore di Noi e di Nope e soltanto diretto da una quasi esordiente e sconosciuta Nia Da Costa. Uno strano modo per denunciare il razzismo che puzza di autocensura e che esprime forse il desiderio di rimuovere, piuttosto che di affrontare apertamente, il problema razziale, vissuto dai neri di successo, come Peele, inconsciamente come una colpa, nel paese a stelle e strisce, nato schiavista, ma che oggi, paradossalmente, nello storytelling ufficiale e nella propaganda hollywoodiana, passa per essere lo strenuo difensore delle libertà di tutti i popoli della terra. Cast rigorosamente di colore, con i bianchi relegati in parti secondarie e politicamente corretto con una coppia etero ed una omosessuale sulla scena principale. In sintesi, esteticamente è un horror mediocre che vira al fantasy per adolescenti la cui cosa migliore è il riassunto della storia con le ombre cinesi in cartone della sequenza finale mentre scorrono i titoli di coda, e contenutisticamente è un film denuncia mancato per la scelta strampalata del genere horror come mezzo per veicolare la questione razziale negli States sulla quale c’è poco da scherzare.
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eugen
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giovedì 27 aprile 2023
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notevole riposizionamento di "candyman"
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Stvolta"Candyman"torna per via e attraverso una mostra d'arte, dove il tema iconico e'ntraulmente adatto a un mito-"mostro"(nell'accezione letterale del termine)come appunto"Candyman"che e'multiforme e appare in uno specchio in maniera complessa, senza materializzarsi. Il fantasma artistico e¿qui dunque protagonista efficacmenete. L'evocazione(evocazione attraverso la "nominazione" ripetuta 5 volte appunto guardando nelllo specchio)che e'materializzazione(si fa per dire, invero)di un potente dell'inconscio o anzi meglio dell'immaginario collettivo della comunita'sopratuttto nera di Chicago diviene strumento per creare violenza non casuale o invece anche tale, dove le conseguenze non tardano a farsi sentire,,, Ancora una volta in questo recenete"Candyman"del 2021(Nia Da Costa,, soeggetto trattto dalle opere di Clive Barker, sceneggiatura della stessa regista con Jordan Peele e Win Rosnefeld, 2021) torna lo spauracchio terribile, mortifero, di una comunita' intera(sono convinto che il mito.
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Stvolta"Candyman"torna per via e attraverso una mostra d'arte, dove il tema iconico e'ntraulmente adatto a un mito-"mostro"(nell'accezione letterale del termine)come appunto"Candyman"che e'multiforme e appare in uno specchio in maniera complessa, senza materializzarsi. Il fantasma artistico e¿qui dunque protagonista efficacmenete. L'evocazione(evocazione attraverso la "nominazione" ripetuta 5 volte appunto guardando nelllo specchio)che e'materializzazione(si fa per dire, invero)di un potente dell'inconscio o anzi meglio dell'immaginario collettivo della comunita'sopratuttto nera di Chicago diviene strumento per creare violenza non casuale o invece anche tale, dove le conseguenze non tardano a farsi sentire,,, Ancora una volta in questo recenete"Candyman"del 2021(Nia Da Costa,, soeggetto trattto dalle opere di Clive Barker, sceneggiatura della stessa regista con Jordan Peele e Win Rosnefeld, 2021) torna lo spauracchio terribile, mortifero, di una comunita' intera(sono convinto che il mito.leggenda relativa piacerebbe-.sarebbe piaciuto a Malcom X e ai "BLack Panthers")dove la rappresentazione iconica e'al tempo stesso archetipo e "materializzazione"paradossale di questo essere/non essere che passa attraverso delgi specchi, creando una redupilcazione della stessa persona evocante. Gli(le interpreti sono decisamente adatti a questa "seconda parte"del film di trent'anni fa e piu'¿(1992)di Beranrd Rose, dove appunto la rilettura/riposizionamento risulta decisamente efficace, nel senso qui accennato, sperabilmnete in maniera abbastanza chiara. Eugen
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dandy
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lunedì 23 gennaio 2023
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candyloop
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Il remake dell'omonimo film del'92 di Bernard Rose è effettivamente più farina del sacco del produttore e co-sceneggiatore Jordan Peele che della regista.Infatti come per "Scappa-Get Out" e "Us" si pone l'accento sul Black Lives Matter con la scelta di un cast quasi esclusivamente afroamericano,e il babau-Uomo Nero qui diventa la reiterazione della vendetta contro i bianchi che nel corso della storia hanno commesso(e continuano a commettere,come mostrato nel finale)atrocità e discriminazione anche classiste nei confronti dei neri,nonchè l'incarnazione di alcune delle vittime a partire dal pittore Daniel Robitaille.E con un nesso che collega quest'ultimo con il protagonista.
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Il remake dell'omonimo film del'92 di Bernard Rose è effettivamente più farina del sacco del produttore e co-sceneggiatore Jordan Peele che della regista.Infatti come per "Scappa-Get Out" e "Us" si pone l'accento sul Black Lives Matter con la scelta di un cast quasi esclusivamente afroamericano,e il babau-Uomo Nero qui diventa la reiterazione della vendetta contro i bianchi che nel corso della storia hanno commesso(e continuano a commettere,come mostrato nel finale)atrocità e discriminazione anche classiste nei confronti dei neri,nonchè l'incarnazione di alcune delle vittime a partire dal pittore Daniel Robitaille.E con un nesso che collega quest'ultimo con il protagonista.Idea non disprezzabile,che però finisce per prevalere sul resto e non evita ovvietà(si veda il massacro del bagno della scuola ai danni di studentesse bianche intente a bullizzare una ragazza nera).E il Candyman di Hargrove è troppo sfuggente per poter competere con Todd,che fa un'apparizione lampo nell'ultima scena.Più interessante l'idea della trasformazione fisica del protagonista memore del body horror anni'80 e (tra le righe)il discorso sulla mercificazione dell'arte tramite la morte(il critico che apprezza le opere di Anthony solo dopo gli omicidi del collega e della ragazza).Tecinicamente elegante e con qualche buona sequenza sanguinosa nonchè belle soluzioni visive(i flashback sul passato e le varie angherie subite dai neri nella Storia nei titoli di coda descritti con figurine scure animate a mano).Non del tutto riuscito,ma apprezzabile il finale.A conti fatti visto il tasso mediamente scadente di certi progetti,un risultato più che buono.
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roberto
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mercoledì 20 luglio 2022
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combattere razzismo applicando razzismo
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Regia: Nia DaCosta
Cast: Yahya Abdul-Mateen II, Teyonah Parris, Nathan Stewart-Jarrett, Colman Domingo
Genere: Horror
Durata: 91 min.
Solitamente comincio le mie recensioni, ovvero il mio parere su film che ho appena visionato, in modo da poter trasmettere al lettore un infarinatura generale dell'opera, senza commettere anticipazioni di alcun tipo sulla trama in generale. Ma qui il discorso si complica ampiamente, avendo assolutamente detestato il modo in cui un tema delicato come quello del razzismo viene trattato. Ragazzi, che ci crediate o no viene evidenziato e combattutto utilizzando un "arma" di egual portata negativa, cioè il razzismo stesso incredibilmente.
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Regia: Nia DaCosta
Cast: Yahya Abdul-Mateen II, Teyonah Parris, Nathan Stewart-Jarrett, Colman Domingo
Genere: Horror
Durata: 91 min.
Solitamente comincio le mie recensioni, ovvero il mio parere su film che ho appena visionato, in modo da poter trasmettere al lettore un infarinatura generale dell'opera, senza commettere anticipazioni di alcun tipo sulla trama in generale. Ma qui il discorso si complica ampiamente, avendo assolutamente detestato il modo in cui un tema delicato come quello del razzismo viene trattato. Ragazzi, che ci crediate o no viene evidenziato e combattutto utilizzando un "arma" di egual portata negativa, cioè il razzismo stesso incredibilmente. Quando lessi Jordan Peele sui titoli di testa, come produttore, ammetto di essermi fatto un esame di coscienza, dicendomi di non farmi influenzare dai pregiudizi in alcun modo. Come sapete, questo personaggio, si fa portatore di uguaglianza e paladino della giustizia, con una gestione di caratteristi con la carnagione caucasica alquanto bizzarra. Non mi voglio dilungare su questo cineasta, cui pensieri non politici ma addirittura ideologici, sono distanti kilometri dai miei. Per cui cominciamo.
Ci troviamo a Chicago, più precisamente nel quartiere Cabrini-Green. Anthony è un artista e pittore che sta vivendo un periodo di crisi esplicativa e le sue opere vengono definite ormai passate. Una sera la compagna, invita il fratello ed il suo partner, sì omosessuali, nel proprio appartamento quando il primo comincia a raccontare una storia dell'orrore, senza un apparente motivo, facendo diventare tesa una serata divertente. Anthony, attratto dal racconto, decide di investigare per cercare l'ispirazione tanto desiderata, fino a quando le sue opere, inizieranno a creare un atmosfera di pazzia ed inquietudine.
Bene, le premesse ci sono tutte e la trama è assolutamente accattivante, il lungometraggio rispetta le aspettative con punti interessanti, ma delude ampiamente sotto alcuni aspetti.
La regia a mio avviso è buona, così come il montaggio, la fotografia ed il sonoro. I movimenti di camera sono fluidi e l'effetto specchio viene usato intelligentemente, sottolineando l'importanza di questo elemento all'interno della narrativa. Una menzione d'onore alla colonna sonora, a cura di Robert Aiki Aubrey Lowe, che spicca sul resto. Stessa cosa non si può dire sulla sceneggiatura, riguardo i dialoghi sono poco lineari e nonostante le buone interpretazioni, nell'ultimo terzo viene velocizzato il tutto, inserendo sequenze troppo sbrigative.
Dopo aver scritto del lato tecnico, che tutto sommato è positivo, vorrei dedicare queste righe al contesto morale dell'opera, Assolutamente ingiustificabile. Quando si vuole trasmettere una denuncia al razzismo, ovvero discriminare il prossimo in base all'etnia, si entra in un campo molto delicato ed ovviamente condivido la scelta di combattere questa vergogna derivata dall'ignoranza. Una cosa però sfugge a menti "brillanti" come quella di Peele ed in questo caso del suo amico regista NON SI DEVE COMBATTERE QUESTA BATTAGLIA DISCRIMINANDO LE PERSONE CAUCASICHE, sennò si ritorna al punto di partenza. Tutti i personaggi uccisi sono caucasici e quest'ultimi son caratterizzati come stupidi o stronzi, perdonate il linguaggio. E assurdo che pellicole a portata mondiale, debbano sottostare a questo schifo, non parlo ovviamente del film ma del pensiero politico inserito dai brillantoni scritti in precedenza. Successivamente, nel corso del lungometraggio viene mostrata una scena in cui delle bulle TUTTE CAUCASICHE, vengono brutalmente massacrate nel bagno di una scuola. Indovinate qual era l'etnia della povera ragazza bullizzata nel bagno e che ovviamente sopravvive, esatto. Il finale poi, lasciamo perdere assolutamente senza alcun senso con ciò che ci viene raccontato in tutto il film. Il tasso di discriminazione razziale che c'è nel loro paese, è molto elevato, ma sappiano che dalle altre parti, Italia compresa, non è così, se ne facciano una ragione, che risolvano questo problema con iniziative cittadine e non con film horror, che dell'orrore purtroppo ha poco o niente, portando dietro se la morale di un brutale assassino come paladino del bene. Assolutamente fuori posto.
Voto: 2,5/5
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