enzo70
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venerdì 26 marzo 2021
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un ebreo insegna la lingua del dolore
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Gilles è un ragazzo ebreo di origini belga e viene catturato da una banda di nazisti. L’esecuzione è immediata e l’unico modo per salvarsi è dimostrare di non essere ebreo. Gilles si dichiara persiano, l’idea gli viene da un libro di poesie persiane sfogliato sul camion che lo portava verso la morte per un panino. Ma l’idea è vincente, perché l’ufficiale nazista Koch cerca un insegnante di farsi, progetta di rifugiarsi in Persia dopo la fine della guerra. Inizia così un rapporto complesso, chiaramente difficile, tra l’aguzzino e la vittima, Koch nutre spesso dubbi sulla vera nazionalità di Gilles, spesso sobillato dai suoi collaboratori.
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Gilles è un ragazzo ebreo di origini belga e viene catturato da una banda di nazisti. L’esecuzione è immediata e l’unico modo per salvarsi è dimostrare di non essere ebreo. Gilles si dichiara persiano, l’idea gli viene da un libro di poesie persiane sfogliato sul camion che lo portava verso la morte per un panino. Ma l’idea è vincente, perché l’ufficiale nazista Koch cerca un insegnante di farsi, progetta di rifugiarsi in Persia dopo la fine della guerra. Inizia così un rapporto complesso, chiaramente difficile, tra l’aguzzino e la vittima, Koch nutre spesso dubbi sulla vera nazionalità di Gilles, spesso sobillato dai suoi collaboratori. Ma Koch sa che la guerra è persa e che presto rischia di essere lui l’ebreo e l’esigenza di imparare il persiano prevale sulle legittime perplessità. Ma Gilles non conosce il persiano e le parole a cui attribuisce il significato sono quelle dei morti che registra sui libri. Koch impara, quindi la vera lingua dei nazisti, quella dei milioni di persone assassinate nel più feroce genocidio della storia dell’uomo. La storia è ben raccontata e declinata in tutte le sue sfumature ed è veramente un bel film.
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francesca meneghetti
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domenica 15 agosto 2021
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la shoah nel cinema può ancora raccontare storie originali
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Se uno aveva dei dubbi sull’opportunità di andare a vedere l’ennesimo film sulla Shoah (il che esclude a priori gli spettatori poco amanti dei film storici), basterebbe la sequenza finale a dissipare le incertezze. Gli Alleati hanno raggiunto, dal fronte occidentale (mentre i russi occupavano la Polonia) un campo di concentramento tedesco e interrogano i superstiti, mentre delle immagini in flash back proiettano la distruzione con il fuoco dei documenti (programmata). Uno di questi stima che circa 25-30 mila persone siano transitate nel suo campo. L’ufficiale Alleato gli chiede se ricorda dei nomi (non sa che i registri degli stessi sono stati bruciati), e, tra lo stupore dei presenti, che ammutoliscono, comincia a sciorinare un elenco di 2480 prigionieri, che suona quasi come un religioso rito di addio.
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Se uno aveva dei dubbi sull’opportunità di andare a vedere l’ennesimo film sulla Shoah (il che esclude a priori gli spettatori poco amanti dei film storici), basterebbe la sequenza finale a dissipare le incertezze. Gli Alleati hanno raggiunto, dal fronte occidentale (mentre i russi occupavano la Polonia) un campo di concentramento tedesco e interrogano i superstiti, mentre delle immagini in flash back proiettano la distruzione con il fuoco dei documenti (programmata). Uno di questi stima che circa 25-30 mila persone siano transitate nel suo campo. L’ufficiale Alleato gli chiede se ricorda dei nomi (non sa che i registri degli stessi sono stati bruciati), e, tra lo stupore dei presenti, che ammutoliscono, comincia a sciorinare un elenco di 2480 prigionieri, che suona quasi come un religioso rito di addio. Sembra impossibile, ma si tratta di una storia vera, recuperata da Wolfgang Kohlhaase, autore del romanzo Erfindung einer Sprache . Se ne è appropriato anche il regista russo Vadim Pereiman, naturalizzato canadese. La ragione di questo data base presente nella testa del prigioniero è al crocevia tra la casualità e l’ingegno. Catturato in Francia, l’ebreo belga Gilles, figlio di un rabbino, scambia, per pietà, metà del suo panino con un altro ebreo che si è impossessato di un libro poetico e fiabesco in lingua farsi (cioè in persiano). Questo libro salva Gilles da un’esecuzione sommaria perché alle SS è noto che uno dei comandanti del campo è alla ricerca di un persiano. Gilles, che si è dunque spacciato per persiano, verrà così esentato da lavori più pesanti (tranne quelli di cucina) per insegnare al nazista Koch il farsi. Per disperazione, Gilles plasma una lingua dal nulla, ma memorizzare quasi 2000 termini in una lingua inventata è un’impresa enorme. Aiuta associare le parole a una persona del campo (per altro Gilles trascriverà anche, con bella scrittura, i loro elenchi). Questa lingua fasulla e artificiale, in cui a un certo punto Gilles e Koch cominciano a dialogare, consente non solo l’abbattimento delle gerarchie tra loro due, ma svolge anche una funzione, per così dire, terapeutica, perché Koch racconta la sua triste storia, e rivela come l’adesione al nazismo sia stata poco convinta, piccandosi di non essere un assassino. Ci sarebbe da dire che, di contorno, esistono altri ritratti riusciti di nazisti diventati tali per altre ragioni: frustrazioni, ripicca, ambizione. Attraverso vicende alterne, in gran parte giocate dal caso, e attraverso grandi dolori (in primis osservare il destino dei compagni di sventura meno fortunati), si arriva alla fine della storia, là dove la conclusione si attacca all’inizio, con circolarità. Pur essendo costretto, per il genere intrapreso, a riprodurre scene di sopraffazione e violenza abbastanza standardizzate, si notano alcune scene in cui la macchina da presa di allontana da terra, la sorvola: e dall’alto le immagini perdono la loro crudezza, magari perché contornate dalla neve, diventando quasi poetiche. Un bel film. Un’ottima interpretazione dei due personaggi comprimari.
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marce84
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sabato 29 gennaio 2022
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la memoria come strumento di salvezza
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Gilles è un ragazzo belga di origini ebraiche che viene deportato dai Nazisti. Durante il trasporto baratta un suo mezzo panino per un libro persiano che gli propone un compagno di viaggio.
Sarà proprio quel libro scambiato quasi forzatamente a salvargli la vita. I componenti del carro infatti vengono giustiziati sommariamente dai tedeschi, tranne lui, risparmiato dai soldati perché dice di essere persiano, mostrando proprio quel libro. E il caso vuole che uno dei comandanti nazisti stia cercando qualcuno che gli insegni il persiano. Sopravvissuto miracolosamente, per Gilles inizierà un percorso altrettanto difficile all’interno del campo di prigionia: dovrà inventarsi centinaia di parole nella nuova lingua e insegnarle all’ufficiale Koch.
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Gilles è un ragazzo belga di origini ebraiche che viene deportato dai Nazisti. Durante il trasporto baratta un suo mezzo panino per un libro persiano che gli propone un compagno di viaggio.
Sarà proprio quel libro scambiato quasi forzatamente a salvargli la vita. I componenti del carro infatti vengono giustiziati sommariamente dai tedeschi, tranne lui, risparmiato dai soldati perché dice di essere persiano, mostrando proprio quel libro. E il caso vuole che uno dei comandanti nazisti stia cercando qualcuno che gli insegni il persiano. Sopravvissuto miracolosamente, per Gilles inizierà un percorso altrettanto difficile all’interno del campo di prigionia: dovrà inventarsi centinaia di parole nella nuova lingua e insegnarle all’ufficiale Koch.
Film avvincente sul tema dell’Olocausto con un espediente narrativo originale e appassionante, quello di fingersi qualcun altro e inventarsi una nuova verità per salvarsi la vita. Peraltro ispirato a fatti realmente accaduti, quello che colpisce maggiormente è il contrasto tra l’andatura dimessa del protagonista, la sua postura incurvata e il suo fisico estremamente esile al confronto della grande forza mentale e della sua poderosa memoria. La storia pone alcune riflessioni: in primis, che in condizioni disperate e messo alle strette, l’essere umano tira fuori delle risorse incredibili per istinto di sopravvivenza. In secondo luogo, evidenzia l’importanza della memoria, dapprima come strumento di salvezza e poi come mezzo per non dimenticare l’orrore dei Campi di concentramento e le migliaia di vittime che avevano un nome e un cognome e che non erano dei semplici numeri.
Come spesso avviene in questo tipo di film, anche qui assistiamo a gesti di generosità, di grande umanità e coraggio tra i prigionieri del campo, contrapposti alla meschinità, cattiveria e bassezza dei gesti dei tedeschi, che spesso utilizzano una violenza sadica e fine a se stessa. L’unica eccezione è la figura dell’ufficiale Koch, il coprotagonista: comandante nazista autoritario e vendicatore, che però lascia intravedere dubbi, incertezze e tracce di umanità. Anche se solo per un progetto futuro e per interesse personale, con le lezioni di persiano crea un rapporto d’amicizia con il giovane prigioniero, alla fine quasi azzerando le differenze tra vittima e aguzzino. E, nonostante le titubanze, decide di salvarlo e di proteggerlo fino alla fine, anche a costo di risultare malvisto dagli altri ufficiali nazisti.
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