carloalberto
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lunedì 1 marzo 2021
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stilisticamente interessante
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Diao Yinan con questo film dimostra innanzitutto due cose. La prima è che in Cina si studia cinematografia seriamente e non ci si improvvisa registi come nel belpaese. La seconda è che le arti, o almeno il cinema, in Cina, non sono controllate dall’occhiuta censura in modo così severo, dal momento che il regista è lasciato libero di mettere in scena una storia di bande criminali che imperversano in città, mentre sullo sfondo sono ripresi squarci di desolazione urbana e di miseria simili a quelli che siamo abituati a vedere nei film che provengono dalla parte opposta del globo. La pellicola è ben fatta e stilisticamente interessante e questo può bastare, considerato che la storia in sé non ha nulla di nuovo da proporre rispetto a uno dei topoi classici del genere gangster movie, essendo una delle tante variazioni sul tema del bandito che cerca di fuggire al proprio destino, in questo caso, braccato senza tregua dopo aver ucciso per errore un poliziotto credendolo un esponente della gang rivale.
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Diao Yinan con questo film dimostra innanzitutto due cose. La prima è che in Cina si studia cinematografia seriamente e non ci si improvvisa registi come nel belpaese. La seconda è che le arti, o almeno il cinema, in Cina, non sono controllate dall’occhiuta censura in modo così severo, dal momento che il regista è lasciato libero di mettere in scena una storia di bande criminali che imperversano in città, mentre sullo sfondo sono ripresi squarci di desolazione urbana e di miseria simili a quelli che siamo abituati a vedere nei film che provengono dalla parte opposta del globo. La pellicola è ben fatta e stilisticamente interessante e questo può bastare, considerato che la storia in sé non ha nulla di nuovo da proporre rispetto a uno dei topoi classici del genere gangster movie, essendo una delle tante variazioni sul tema del bandito che cerca di fuggire al proprio destino, in questo caso, braccato senza tregua dopo aver ucciso per errore un poliziotto credendolo un esponente della gang rivale.
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fabiofeli
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sabato 22 febbraio 2020
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senza tregua, fino all'ultimo respiro
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Zenong Zhou (Hugh Hu), un giovane cinese, si appoggia ad un pilone di cemento vicino a una stazione ferroviaria: è notte e piove a dirotto come nei film di Andreij Tarkoskij; appare una giovane donna, Liu (Lun-Mei Kwei ), di costituzione fragile e delicata: il suo squillante vestito rosso appare scolorito sotto l’ ombrello bianco quasi trasparente. Le parole che si scambiano i due sono coperte dal fischio e dallo sferragliare di un treno. Questa scena è seguita da quello che è già accaduto: una organizzazione mafiosa di Wuhan (la città in prima pagina attualmente in tutto il mondo) sta procedendo alla spartizione del territorio urbano per lo sfruttamento del malaffare; Zenong si scontra con i capi di una banda rivale e nasce un cruento conflitto a fuoco che lo costringe a fuggire precipitosamente.
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Zenong Zhou (Hugh Hu), un giovane cinese, si appoggia ad un pilone di cemento vicino a una stazione ferroviaria: è notte e piove a dirotto come nei film di Andreij Tarkoskij; appare una giovane donna, Liu (Lun-Mei Kwei ), di costituzione fragile e delicata: il suo squillante vestito rosso appare scolorito sotto l’ ombrello bianco quasi trasparente. Le parole che si scambiano i due sono coperte dal fischio e dallo sferragliare di un treno. Questa scena è seguita da quello che è già accaduto: una organizzazione mafiosa di Wuhan (la città in prima pagina attualmente in tutto il mondo) sta procedendo alla spartizione del territorio urbano per lo sfruttamento del malaffare; Zenong si scontra con i capi di una banda rivale e nasce un cruento conflitto a fuoco che lo costringe a fuggire precipitosamente. La vertiginosa fuga è solo una delle tante che si susseguono nel film, alternate a scene di respiro più ampio, perché con perfetta simmetria – oltre alle bande rivali – scendono in campo drappelli di poliziotti assegnati alle varie zone cittadine per rintracciare il fuggiasco. A est della città c’è il lago del titolo del film: un luogo idilliaco, adatto alle gite in barca, in compagnia della persona amata oppure di eleganti prostitute con larghi cappelli di paglia e vestaglie di seta multicolori. Zenong gira anche lì, divorando affamato diverse tazze di zuppa con i tradizionali spaghetti, sfuggendo di poco alle pallottole e trovandosi sempre al centro dell’inquadratura nell’intera fuga. Vivrà fino a quando sua moglie, Hua Hua, lo potrà denunciare alla polizia per riscuotere la taglia su di lui? …
Il film di Yi’lan Diao ritrae gli effetti di un mondo deviante, purtroppo per nulla a noi estraneo: quello delle organizzazioni mafiose che ormai nei territori urbani hanno invaso il campo dell’economia e della politica, grazie al denaro che proviene da attività illegali, anche se esse vengono combattute dai cittadini e dalle forze dell’ordine che resistono alla crescita di questi tumori. Già nel 2014 Yi’lan aveva girato il film Fuochi di artificio in pieno giorno , premiato a Berlino, con un tema altrettanto inquietante (ed orripilante) di indagini su brandelli di corpi umani nelle discariche di miniere di carbone, con una sceneggiatura ed un montaggio serrato che seguivano la parabola discendente del protagonista, un poliziotto che lasciava il suo lavoro e poi tornava ad indagare su quei casi irrisolti. Anche qui la fervida immaginazione del regista e sceneggiatore costruisce una realtà soffocante, con sviluppi difficili da ritardare e da eludere. Il film, che probabilmente ha la sua fonte di ispirazione in un classico “senza tregua”, Fino all’ultimo respiro di Truffaut, grazie alla ottima fotografia rimane stampato nella memoria al di là della trama piuttosto scarna, che può essere anche gradita a chi ama i film d’azione. Un buon film da vedere.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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martedì 18 febbraio 2020
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i non-luoghi cinesi
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In questo suo secondo film il regista Yi’nan Diao mostra l’altra Cina: quella delle fabbriche, quella della prostituzione e delle bande criminali, piccoli o grandi che siano in una zona urbana periferica. Vige la legge del jiang hu (il senso dell'onore cavalleresco che caratterizza le contese mafiose).
Come in “Fuochi d’artificio in peno giorno” (che è stato premiato al Festival di Berlino, ha ottenuto 4 candidature e vinto 2 Asian Film Awards) del 2014 il regista si cimenta con un crime movie.
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In questo suo secondo film il regista Yi’nan Diao mostra l’altra Cina: quella delle fabbriche, quella della prostituzione e delle bande criminali, piccoli o grandi che siano in una zona urbana periferica. Vige la legge del jiang hu (il senso dell'onore cavalleresco che caratterizza le contese mafiose).
Come in “Fuochi d’artificio in peno giorno” (che è stato premiato al Festival di Berlino, ha ottenuto 4 candidature e vinto 2 Asian Film Awards) del 2014 il regista si cimenta con un crime movie. Attraverso lo sguardo di una donna - una “signorina” del lago - ci si addentra in una umanità violenta, in un sottobosco delinquenziale.
Zhao (Hugh Hu) - uscito da poco dalla galera - è un gangster ferito e in fuga perché ha ucciso accidentalmente un poliziotto scambiandolo per un membro della famiglia rivale. Incontra Liu (Lun-Mei Kwei), una femme fatale inviata dal clan rivale in sostituzione della moglie (Regina Wan). Braccati dalla polizia si raccontano in flash back le reciproche storie di violenze. Lui vuole che lei lo denunci per far incassare alla moglie la cospicua taglia di 300.000 yuan. Il film costituisce un classico poliziesco dove nasce una strana storia di sospetto e attrazione intrecciati.
Molte sono le scene violente - dalle decapitazioni agli ombrelli usati al posto del coltello - alla cui frequenza il cinema orientale ci ha abituato. Il clima è di un continuativo addestramento alla brutalità, e al tradimento spietato. Le mogli devono tradire i mariti, le persone i vecchi amici, e così via. Alla fine sarà solo una prostituta a mantenere la promessa data.
“Il lago delle oche selvatiche” offre delle splendide inquadrature, intere sequenze costruite sulle ombre e riprende i corpi sudati che s’incontrano, poi il sangue, la pioggia, il seme, il lago. I movimenti di macchina sono lenti e si contrappongono a un montaggio incalzante e serrato.
Yi’nan Diao nel suo primo film aveva già mostrato i riferimenti al cinema di Jia Zhang-ke (“Al di là delle montagne”, 2015) e di Wong Kar-wai (“In the Mood for Love” del 2013), mentre in questo caotico e notturno “Il lago delle oche selvatiche” sono evidenti suggestioni visive palesi anche a film occidentali come quelli di Orson Welles (“La signora di Shanghai” del 1947) e perfino di Jean-Paul Godard (“Fino all’Ultimo Respiro” del 1960).
Il regista pone spesso le sue figure in spazi vuoti illuminati da una luce cruda per accrescere l'angoscioso senso di solitudine e d'isolamento che pervade alcuni locali anonimi. Talvolta sono i “non-luoghi”, altre volte sono gli spazi collettivi come ristoranti, la pista del ballo, il luna park con la sua ruota, gli alberghi, spesso semideserti. Tali ambienti comunicano squallore e depressione, e sono fissati in quadri come solo il pittore statunitense Edward Hopper sa fare. Di questo artista è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio". Molti soggetti dei suoi quadri sono proprio i luoghi urbani desolati, lo sfondo cittadino o gli interni con intonaci scrostati. Svariati artisti si sono ispirati a lui, anche il regista Wim Wenders nelle inquadrature del film Don’t come knowking che, nel senso di sospensione e di perdita di punti di riferimento - come afferma lui stesso in alcune interviste -, ha un esplicito nesso con i suoi quadri.
La zona della vicenda è proprio la città uscita alla ribalta e diventata tristemente famosa per il corona virus. Wuhan, esteso e popoloso capoluogo della provincia di Hubei, è un polo commerciale attraversato dallo Yangtze River (Fiume Azzurro), comprende verso sud numerosi laghi e parchi. Questa è una zona meno sviluppata urbanisticamente e presenta ancora delle enclaves rurali. La durezza della vita di questa zona periferica si amplifica con la violenza delle storie delle uccisioni.
Di fatto, molti degli ultimi film cinesi hanno proprio questa caratteristica di mettere in luce parti poco note di quella nazione. Ad esempio i già citati “Al di là delle montagne” di Jia Zhang-ke e Fuochi d’artificio in pieno giorno di Yi’nan Diao mostrano entrambi i luoghi operai della Cina, da un lato la città di Fenyang, una piccola città di provincia nello Shanxi, e dall’altro i quartieri/città nati attorno alle miniere di carbone nel nord della Cina.
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