flaw54
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giovedì 13 settembre 2018
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solo travolta
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film debole eccessivamente narrato, profondamente noioso nella prima parte. Non scatta mai la scintilla e il cast è debolissimo e inappropriato ( il figlio di Gotti sembra non crescere mai) nonostante un inaspettato John Travolta. Passiamo oltre
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lucascialo
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sabato 22 settembre 2018
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confuso e infelice
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Dopo una carriera di attore non memorabile, Kevin Connolly ha deciso di passare (anche, supponiamo, data la giovane età) dietro la macchina da presa. Per ora, però, i primi film da regista non sembrano fare di meglio rispetto a quelli da interprete. Con Gotti, Connolly ha tentato il salto di qualità. Ha provato ad alzare l'asticella ma ci ha sbattuto irrimediabilmente. Quando si parla di "padrini" vengono in mente i grandi Marlon Brando, Robert De Niro ed Al Pacino, protagonisti della grande saga firmata da Francis Ford Coppola. E, purtroppo per Connolly, questa sua pellicola non riesce neanche a competere con il terzo episodio. Il più scadente e criticabile dei tre. La prima ora e mezza passa in maniera quasi soporifera, un fatto strano dato il tema che tratta.
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Dopo una carriera di attore non memorabile, Kevin Connolly ha deciso di passare (anche, supponiamo, data la giovane età) dietro la macchina da presa. Per ora, però, i primi film da regista non sembrano fare di meglio rispetto a quelli da interprete. Con Gotti, Connolly ha tentato il salto di qualità. Ha provato ad alzare l'asticella ma ci ha sbattuto irrimediabilmente. Quando si parla di "padrini" vengono in mente i grandi Marlon Brando, Robert De Niro ed Al Pacino, protagonisti della grande saga firmata da Francis Ford Coppola. E, purtroppo per Connolly, questa sua pellicola non riesce neanche a competere con il terzo episodio. Il più scadente e criticabile dei tre. La prima ora e mezza passa in maniera quasi soporifera, un fatto strano dato il tema che tratta. L'ascesa al potere di Gotti non viene raffigurata in maniera chiara. Sappiamo poco della sua giovinezza, non si capisce bene quando assume lui il potere e quali siano le dinamiche delle famiglie (aspetti che nella saga de Il padrino vengono chiariti egregiamente). Il parallelismo con la vita del figlio finisce poi con confondere lo spettatore. Invece di essere due vite raccontate come due binari paralleli, finiscono per sovrapporsi, creando un incidente ferroviario nella mente di chi segue la storia. Oltretutto, Gotti jr. sembra sempre un ragazzino, anche quando è ormai quaratenne e ha dei figli. L'ultima mezz'ora è salvabile, quanto meno più chiara. Così come da salvare è l'interpretazione di John Travolta, nei panni del duro boss mafioso. Col suo volto corrucciato, spietato, ma anche di tenero padre quando serve (intensa la scena del pianto alla morte del figlio). Anche da invecchiato e da malato, Travolta sa dare il meglio di sé. E forse crea qualche rimpianto nel non averlo visto recitare spesso così nella sua carriera. Visto che tutti gli salviamo all'unisono tre interpretazioni: nei panni di Tony Manero (la febbre del sabato sera), di Danny Zuko (Grease) e in quelli di Vincent Vega (Pulp Fiction). Per il resto, film dimenticabili o al massimo passabili. Dove la sua stella, malgrado il buio pesto, non ha brillato. Di recente, è tornato in auge sul web grazie proprio ad un meme su Vincent Vega. Il quale ben raffigura lo smarrimento provato dagli spettatori nel vedere questo film.
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flyanto
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mercoledì 19 settembre 2018
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un ennesimo padrino
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“Gotti – Il Primo Padrino” del regista/attore Kevin Connolly, racconta l’ascesa e la caduta del famoso John Gotti, personaggio legato alla Mafia che tanto imperversò dagli anni ’70 ai primi anni dei ’90 quando egli finì in carcere dove circa un decennio dopo morì per un tumore alla gola.
Il ritratto che se ne evince è quello di un uomo che, al servizio del potente boss Gambino, si è piano piano evoluto ed accresciuto in potere ed, ovviamente, criminalità: più volte accusato e portato in tribunale, complici abili avvocati e giurati corrotti, egli non fu mai condannato. Solo negli anni ’90, dopo un ennesimo crimine commesso, Gotti venne imprigionato e condannato a molteplici ergastoli e condotto, ovviamente, in prigione dove, appunto, terminò la propria esistenza fortemente provato dal tumore.
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“Gotti – Il Primo Padrino” del regista/attore Kevin Connolly, racconta l’ascesa e la caduta del famoso John Gotti, personaggio legato alla Mafia che tanto imperversò dagli anni ’70 ai primi anni dei ’90 quando egli finì in carcere dove circa un decennio dopo morì per un tumore alla gola.
Il ritratto che se ne evince è quello di un uomo che, al servizio del potente boss Gambino, si è piano piano evoluto ed accresciuto in potere ed, ovviamente, criminalità: più volte accusato e portato in tribunale, complici abili avvocati e giurati corrotti, egli non fu mai condannato. Solo negli anni ’90, dopo un ennesimo crimine commesso, Gotti venne imprigionato e condannato a molteplici ergastoli e condotto, ovviamente, in prigione dove, appunto, terminò la propria esistenza fortemente provato dal tumore. Nel privato John Gotti appare come un marito fedele ed un padre amoroso molto legato ai suoi figli tanto che il maggiore di essi preferì abbandonare gli studi ed una futura carriera professionalmente onesta e seguire direttamente le ‘orme’ paterne ed affiliarsi così anch’egli alla mafia. Finirà anche lui in carcere. Nel pubblico, invece, e, più precisamente nel quartiere dove agiva e predominava, Gotti era molto temuto ma allo stesso tempo, paradossalmente, anche molto rispettato ed amato in quanto ritenuto l’artefice del mantenimento (sebbene a ‘suo modo’) dell’ordine dalla delinquenza generale.
Questo film di Connelly, purtroppo, risulta un poco deludente nel suo complesso perché, al di là che sia abbastanza ben girato ed interpretato da John Travolta, esso manca totalmente di originalità e si presenta come una delle ennesime pellicole sulla Mafia o, più precisamente, su un personaggio mafioso. Comprensibile la necessità di rimanere il più aderente possibile alla reale biografia del vero John Gotti da non permettere, dunque, libertà interpretative, la rappresentazione della sua intera esistenza è, però, una sorta di ripetizione, per non dire addirittura imitazione, di quelle di un qualsiasi altro personaggio di Cosa Nostra di cui in passato, appunto, sono state girate molteplici versioni e, per giunta, più meritevoli. Basti pensare soltanto (senza rammentare, ovviamente, l’ineguagliabile saga de “Il Padrino” di Francis Ford Coppola) alla ben più leggera, ma ben costruita, serie televisiva “I Soprano” (per citarne solo un esempio) che meglio affronta, talvolta anche in chiave intelligentemente ironica, le varie tematiche legate agli ambienti criminali della Mafia.
John Travolta, ripeto, ben interpreta il personaggio del famoso e temibile Gotti, sebbene in altre circostanze l’attore abbia raggiunto livelli superiori di performance: egli rimane e si conferma, in ogni caso, un bravo attore e pertanto anche in questa circostanza innalza il valore del film. Encomiabile, senza alcun dubbio, il trucco che è stato fatto su di lui in maniera tale da riprodurre quasi esattamente il reale aspetto fisico di John Gotti nelle varie fasi della sua esistenza.
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felicity
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venerdì 26 aprile 2019
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un film superficiale e pieno di cliché
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Un film mediocre e trascurabile, televisivo nell'impianto e piuttosto inconcludente.
Ma non è certamente il peggior film mai realizzato, è piuttosto un gangster movie sottotono, che pone l'accento sulla lussuosa vita del protagonista, piuttosto che sui fatti che l'hanno resto tristemente famoso.
Ci dovrebbe davvero essere l’idea che Gotti sia diverso da tutti gli altri, ma il film oltre a dirlo a parole non ce lo fa capire. E questo nonostante abbia dei dialoghi indubbiamente ben scritti, acuti e intelligenti.
Non è un film noioso Gotti, ma in più di un caso non si capisce cosa voglia dirci, sconfinando nella chiusa in una sorta di apologia che probabilmente vorrebbe essere un tocco di complessità, ma riesce solo ad essere maldestra.
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Un film mediocre e trascurabile, televisivo nell'impianto e piuttosto inconcludente.
Ma non è certamente il peggior film mai realizzato, è piuttosto un gangster movie sottotono, che pone l'accento sulla lussuosa vita del protagonista, piuttosto che sui fatti che l'hanno resto tristemente famoso.
Ci dovrebbe davvero essere l’idea che Gotti sia diverso da tutti gli altri, ma il film oltre a dirlo a parole non ce lo fa capire. E questo nonostante abbia dei dialoghi indubbiamente ben scritti, acuti e intelligenti.
Non è un film noioso Gotti, ma in più di un caso non si capisce cosa voglia dirci, sconfinando nella chiusa in una sorta di apologia che probabilmente vorrebbe essere un tocco di complessità, ma riesce solo ad essere maldestra.
Tutto questo ovviamente avviene intorno addosso e sul volto di John Travolta, il cui trucco determina le varie fasi temporali del film, sulla cui pelle e nei cui capelli stanno i dettagli che ci fanno capire “quando” ci troviamo. Raramente negli ultimi tempi l’abbiamo visto impegnarsi così, lavorare con piccoli gesti e grande misura nelle reazioni eppure, magia dei disastri cinematografici, anche la sua prestazione risulta sempre più fine a se stessa e poco utile.
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carloalberto
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mercoledì 19 settembre 2018
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travolta, travolta, travolta
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Diretto da Kevin Connolly, conosciuto, almeno in Italia, forse più come attore che come regista, Gotti è l’ennesimo film ispirato alla vita di un boss mafioso italo americano, interpretato questa volta da un Travolta che occupa lo schermo, con il suo faccione inceronato, per tutti e 120 minuti, da giovane, con la chioma leonina incatramata, da vecchio, truccato, devo dire benissimo, da malato terminale di cancro, da moribondo, e perfino da redivivo per raccontare la sua stessa storia e per autoincensarsi, aprendo e chiudendo la pellicola, forse dall’aldilà. Si può dire che in questo film Travolta diriga se stesso in una serie di inquadrature in primo e primissimo piano, talvolta con a fianco la moglie, interpretata da Kelly Preston, sua moglie anche nella vita reale, o dal figlio maggiore, interpretato da Spencer Lofranco, lasciando al regista compiti marginali e di montaggio delle scene madri di cui lui è l’assoluto protagonista.
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Diretto da Kevin Connolly, conosciuto, almeno in Italia, forse più come attore che come regista, Gotti è l’ennesimo film ispirato alla vita di un boss mafioso italo americano, interpretato questa volta da un Travolta che occupa lo schermo, con il suo faccione inceronato, per tutti e 120 minuti, da giovane, con la chioma leonina incatramata, da vecchio, truccato, devo dire benissimo, da malato terminale di cancro, da moribondo, e perfino da redivivo per raccontare la sua stessa storia e per autoincensarsi, aprendo e chiudendo la pellicola, forse dall’aldilà. Si può dire che in questo film Travolta diriga se stesso in una serie di inquadrature in primo e primissimo piano, talvolta con a fianco la moglie, interpretata da Kelly Preston, sua moglie anche nella vita reale, o dal figlio maggiore, interpretato da Spencer Lofranco, lasciando al regista compiti marginali e di montaggio delle scene madri di cui lui è l’assoluto protagonista. E’ un recital istrionico che annulla non soltanto i comprimari, che comunque non brillano di luce propria, complice lo script, ma anche la stessa storia, peraltro claustrofobicamente incentrata sulla vita familiare del boss dei boss, come era definito Gotti, e limitata alle tragedie, alle gioie e ai dolori dell’uomo e non del mafioso, nella sua veste di padre di cinque figli e marito esemplare. Senza la forza narrativa del Padrino di Coppola o del Lucky Luciano di Rosi, non è paragonabile nemmeno lontanamente ad altri film girati sullo stesso tema e si pensi al bellissimo Quei bravi ragazzi di Scorsese per non citare C’era una volta in America di Leone. Il film funziona meglio nelle parti in cui, riesumando filmati originali dei telegiornali americani dell’epoca, documenta la popolarità del mafioso Gotti, anche tra insospettabili cittadini o tra ragazzi paffuti e biondi, sicuramente non oriundi italiani. Le immagini dei cinegiornali sulle rivolte popolari subito dopo la condanna all’ergastolo del boss o il dolore sincero e l’empatia di tanta gente comune al suo funerale, sarebbero potuti essere spunti interessanti per un’analisi sociologica del fenomeno mafioso in America o almeno per una seria riflessione sull’impatto delle criminalità organizzate sul tessuto sociale, cosiddetto sano, degli USA e non solo ma anche dell’Italia, Paese in cui si origina e da cui è stato importato il fenomeno mafioso, ma, evidentemente, non era questo lo scopo di Connolly, né tantomeno quello di Travolta, egocentricamente soddisfatto da un film che sembra essergli stato cucito addosso per esaltarne le indubbie doti attoriali.
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