roberteroica
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lunedì 3 settembre 2018
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at eternity s gate
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#Venezia75 - AT ETERNITY ' S GATE - Concorso - Cosa dire al cinema di Vincet Van Gogh dopo "Brama di vivere" ? Schnabel prende le lettere e i diari dell'artista e costruisce un bignamino in cui alla voce precauzioni per l'uso si legge: assumere con cautela. Il pittore come essere messianico e' svolto con la diligenza di uno studente quattordicenne. E la mimetica di Defoe, lungi dall'essere convincente, non e' il sasso che muove acque paludose. La scena in cui Van Gogh e Gauguin pisciano disprezzando i pittori impressionisti e' pornografia pura. E sembrano rispecchiare piu' le convinzioni del regista che del suo febbrile personaggio. Schnabel comunque non passera' alla storia in nessuna arte e rappresenta il Salieri della pittura contemporanea.
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#Venezia75 - AT ETERNITY ' S GATE - Concorso - Cosa dire al cinema di Vincet Van Gogh dopo "Brama di vivere" ? Schnabel prende le lettere e i diari dell'artista e costruisce un bignamino in cui alla voce precauzioni per l'uso si legge: assumere con cautela. Il pittore come essere messianico e' svolto con la diligenza di uno studente quattordicenne. E la mimetica di Defoe, lungi dall'essere convincente, non e' il sasso che muove acque paludose. La scena in cui Van Gogh e Gauguin pisciano disprezzando i pittori impressionisti e' pornografia pura. E sembrano rispecchiare piu' le convinzioni del regista che del suo febbrile personaggio. Schnabel comunque non passera' alla storia in nessuna arte e rappresenta il Salieri della pittura contemporanea. Voto: 4
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venerdì 4 gennaio 2019
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il disturbo mentale e la genialità artistica
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Vincent Van Gogh. Uno spettacolo sull'amore di un artista immerso nella natura, la sua luce, le sue forme, i suoi colori, e da questi dipendente. Per il suo carattere introspettivo e per il suo distaccarsi e calarsi nella natura, egli è stato isolato, talora svilito e deriso dalla comunità e la sua eccelsa arte apprezzata solo tardivamente. È un arte che interpreta la realtà in modo nuovo, bizzarro e romantico, con enfasi dei colori e di dettagli apparentemente insignificanti, quasi infantile, diverso, che rende l'idea di una visione del mondo originale, spesso eccentrica e forse alterata, ma ricca di poesia e tenerezza mista ad inquietudine, incompresa ai più. Il disagio mentale nel film viene posto in primo piano già dalle prime inquadrature della scena iniziale.
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Vincent Van Gogh. Uno spettacolo sull'amore di un artista immerso nella natura, la sua luce, le sue forme, i suoi colori, e da questi dipendente. Per il suo carattere introspettivo e per il suo distaccarsi e calarsi nella natura, egli è stato isolato, talora svilito e deriso dalla comunità e la sua eccelsa arte apprezzata solo tardivamente. È un arte che interpreta la realtà in modo nuovo, bizzarro e romantico, con enfasi dei colori e di dettagli apparentemente insignificanti, quasi infantile, diverso, che rende l'idea di una visione del mondo originale, spesso eccentrica e forse alterata, ma ricca di poesia e tenerezza mista ad inquietudine, incompresa ai più. Il disagio mentale nel film viene posto in primo piano già dalle prime inquadrature della scena iniziale. Riprese in soggettivo mosse intenzionalmente, e ripetute con tormento per tutta la durata del film; primissimi piani con dettagli espressivi esasperati, scarsa importanza dei panorami stupendi, a favore del personaggio in pena; commento sonoro angosciante di un pianoforte che suona di continuo tre note ripetute ossessivamente; interminabili scene in assenza di parlato. William è magistrale e la sua somiglianza impressionante. Per me è essenzialmente un film sull'isolamento a cui viene condotto un uomo con disturbo mentale, che gli ha consentito di assurgere ai piu alti livelli della genialità artistica. Un'altro film che ti dice che un grande artista ha un malessere interiore, di qualsiasi genere, che lo guida nelle espressioni esteriori. Film complessivamente noiosamente interessante, non adatto ai bambini sensibili al tedio. L'ho visto il primo giorno di programmazione in un impeto di trasporto: non commetteró lo stesso errore in futuro e andrò a vedere solo film di cui potro valutare i pareri di amici che lo hanno già visto. Da vedere solo di pomeriggio dopo un buon caffè e prima di una pizza serena tra amici.
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inesperto
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venerdì 4 gennaio 2019
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il giallo è vita
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Pellicola molto lenta ed intimista. La soggettiva vuol farci osservare l'evolversi della vita di Vincent Van Gogh dal suo proprio punto di vista. Una vita in povertà, problematica, che trova il suo unico sfogo nell'opera pittorica. In film di questo genere, l'attività per cui è celebre l'individuo che si intende biografare è solitamente posta in secondo piano rispetto alle peripezie di vario tipo che egli si trova ad affrontare. In questo, invece, la pittura è posta sullo stesso piano del pittore, in relazione stretta, ed è sicuramente una nota di merito. A livello interpretativo, il film raggiunge il suo picco più elevato nel duetto tra Dafoe e Mikkelsen: un momento eccezionale.
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Pellicola molto lenta ed intimista. La soggettiva vuol farci osservare l'evolversi della vita di Vincent Van Gogh dal suo proprio punto di vista. Una vita in povertà, problematica, che trova il suo unico sfogo nell'opera pittorica. In film di questo genere, l'attività per cui è celebre l'individuo che si intende biografare è solitamente posta in secondo piano rispetto alle peripezie di vario tipo che egli si trova ad affrontare. In questo, invece, la pittura è posta sullo stesso piano del pittore, in relazione stretta, ed è sicuramente una nota di merito. A livello interpretativo, il film raggiunge il suo picco più elevato nel duetto tra Dafoe e Mikkelsen: un momento eccezionale. Willem Dafoe si conferma un interprete dinamico con un talento straordinario.
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maurizio.meres
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lunedì 7 gennaio 2019
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un dramma umano
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Avendo avuto modo di conoscere e studiare la vita di Vincent Van Gogh ritengo che questo film la raffigura con maniacale chiarezza in particolare l'ultimo periodo tranne il finale dove nel film viene ferito a morte da due ragazzi mentre ancora storicamente è valida l'ipotesi del suicidio,viene evidenziata la sua sofferenza nel più profondo intimo,in un mondo che non lo meritava sprofondando nella più assoluta crisi esistenziale,la sua mente vedeva la luce,i colori, le bellezze della vita che l'onnipotente aveva creato,i suoi pensieri tormentati e fortemente disturbati dalla pochezza che girava intorno a lui,il suo stile artistico personalissimo incomprensibile per gli altri ma estremamente profondo,vivo, caratterizzato dalla dote di vedere ciò che gli altri non vedevano,la sua pittura era la raffigurazione di un momento della vita.
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Avendo avuto modo di conoscere e studiare la vita di Vincent Van Gogh ritengo che questo film la raffigura con maniacale chiarezza in particolare l'ultimo periodo tranne il finale dove nel film viene ferito a morte da due ragazzi mentre ancora storicamente è valida l'ipotesi del suicidio,viene evidenziata la sua sofferenza nel più profondo intimo,in un mondo che non lo meritava sprofondando nella più assoluta crisi esistenziale,la sua mente vedeva la luce,i colori, le bellezze della vita che l'onnipotente aveva creato,i suoi pensieri tormentati e fortemente disturbati dalla pochezza che girava intorno a lui,il suo stile artistico personalissimo incomprensibile per gli altri ma estremamente profondo,vivo, caratterizzato dalla dote di vedere ciò che gli altri non vedevano,la sua pittura era la raffigurazione di un momento della vita.
La sceneggiatura del film non poteva che essere triste,opaca con dialoghi di sofferenza,spesso nel film con quel piano di sottofondo sembrava di vedere un film muto dei primi del novecento dove l'espressione era fondamentale e nei sguardi della recitazione del sorprendente Willem Dafoe diventa un qualcosa di veramente eccezionale,entra dentro l'artista immedesimandosi nelle sue sofferenze,grandissima interpretazione.
La lentezza del film è la conseguenza alla vita dell'artista,la sua solitudine era la sua vita,ritengo che non sia stato facile biografare cinematograficamente Van Gogh,rinate tuttavia un film da vedere.
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fabiofeli
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lunedì 14 gennaio 2019
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sedie in attesa di visitatori e cieli stellati
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La storia degli ultimi tormentati anni di vita di Vincent Van Gogh (impersonato da un straordinario Willem Dafoe, miglior protagonista maschile al Festival di Venezia) è piuttosto nota. Gli anni che vanno dal 1886 al 1890 costituiscono per il pittore una rinascita artistica, il fiorire di un nuovo linguaggio pittorico: l’influenza della corrente degli Impressionisti e le luci della Provenza, luogo nel quale Vincent si è trasferito, rendono i suoi quadri ricchi di colore e di materia. I soggetti sono soprattutto paesaggi di placide e fresche vedute mattutine o i notturni con le calde luci amiche di una locanda e i toni freddi di un cielo incredibilmente stellato.
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La storia degli ultimi tormentati anni di vita di Vincent Van Gogh (impersonato da un straordinario Willem Dafoe, miglior protagonista maschile al Festival di Venezia) è piuttosto nota. Gli anni che vanno dal 1886 al 1890 costituiscono per il pittore una rinascita artistica, il fiorire di un nuovo linguaggio pittorico: l’influenza della corrente degli Impressionisti e le luci della Provenza, luogo nel quale Vincent si è trasferito, rendono i suoi quadri ricchi di colore e di materia. I soggetti sono soprattutto paesaggi di placide e fresche vedute mattutine o i notturni con le calde luci amiche di una locanda e i toni freddi di un cielo incredibilmente stellato. Ma ci sono anche ritratti o semplici oggetti, come le sue scarpe o vasi di fiori; la sua camera da letto è una specie di inventario di una vita in povertà: una finestra, un tavolo, una candela, una sedia, un letto. Spesso nei suoi quadri ci sono sedie vuote: il pittore sembra in attesa di una visita che non arriva, del suo amico Gauguin o del proprio adorato fratello Theo, che cerca di vendere i suoi quadri e gli manda soldi per mantenerlo. Il desiderio di ritrarre le persone, ad esempio una ragazza che conduce animali al pascolo, rende il pittore duro e persino violento, una persona disturbata che quasi nessuno vuole vicina a sé …
Julian Schnabel sa di cosa si parla, perché è un pittore e un letterato: ha già girato un film su Basquiat e ha scelto Dafoe per impersonare Pasolini. La somiglianza di Dafoe con gli autoritratti di Van Gogh è sorprendente, ed anche la sua mobilità facciale, i suoi repentini mutamenti di umore che ben raccontano la personalità del pittore come doveva apparire nella provincia di Arles dell’epoca. Schnabel sottolinea l’urgenza, l’ansia che afferra Van Gogh nel desiderio di avvicinare i dettagli di un paesaggio, un colore, una luce. Un cambio improvviso di luce modifica irrimediabilmente l’immagine di un paesaggio, bisogna fare presto, fissare l’immagine il prima possibile: la macchina da presa deve seguire questa corsa sfrenata o il febbrile pennello che traccia sconcertanti radici di un albero in azzurro, i riccioli selvaggi e spropositati di cipressi dipinti in verde scuro nero e blu, oppure il fogliame argenteo degli ulivi riprodotto con accostamenti di grigio e celeste a contrasto dell’arancione del terreno e del cielo al tramonto; la luce del caratteristico giallo carico viene resa più vivida dal contrasto con le “sottolineature” blu. Nel film Turner di Mike Leigh (2014) il protagonista (Timothy Spall) viene preso da una analoga improvvisa frenesia: vuole ritrarre in uno schizzo il cadavere di una prostituta affogata portato dal mare su un freddo molo; incurante della sua malattia scende dalla sua locanda scalzo ed in camicia da notte. La pittura di Van Gogh, con colori grezzi e materici anche nei ritratti, non veniva compresa alla fine ‘800. L’aggressività del pittore nel difendere le sue scelte artistiche dalle critiche attiravano su di lui il sospetto di follia, come le voci che immaginava di sentire. Vincent confessa al suo amico dottore mentre lo ritrae e al prete che indaga su di lui così: Dio gli dice che è nato in un’epoca sbagliata, troppo presto. Ed è innegabilmente vero. E troppo presto, a soli 37 anni, è morto. Da non mancare.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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cinefoglio
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domenica 20 gennaio 2019
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istantanea di van gogh - sulla soglia dell'eternit
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La realizzazione di una pellicola che cerca di raccontare la vita ed i pensieri di uno degli artisti più travagliati, complessi ed affascinanti della storia è un’opera ardua, ma Schnabel raccoglie numerose idee e le condensa in uno scritto quantomeno affascinante.
La narrazione di per sé è semplice: coglie l’importanza cruciale dei dialoghi tra l’artista olandese e le persone care incontrate nei suoi ultimi due anni di vita.
Marca le tappe della sua crescita come artista, della sua filosofia, religiosa di formazione, e della sua visione del mondo ed il rapporto costante della sua arte con il creato, presente e futuro, dell’immancabile ricerca di un contatto profondo con la Natura veicolato dal gesto rapido sulla tela, dall’estasi nel perdersi nei campi, dall’amore atteso dal fratello, dall’umiltà della propria condizione.
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La realizzazione di una pellicola che cerca di raccontare la vita ed i pensieri di uno degli artisti più travagliati, complessi ed affascinanti della storia è un’opera ardua, ma Schnabel raccoglie numerose idee e le condensa in uno scritto quantomeno affascinante.
La narrazione di per sé è semplice: coglie l’importanza cruciale dei dialoghi tra l’artista olandese e le persone care incontrate nei suoi ultimi due anni di vita.
Marca le tappe della sua crescita come artista, della sua filosofia, religiosa di formazione, e della sua visione del mondo ed il rapporto costante della sua arte con il creato, presente e futuro, dell’immancabile ricerca di un contatto profondo con la Natura veicolato dal gesto rapido sulla tela, dall’estasi nel perdersi nei campi, dall’amore atteso dal fratello, dall’umiltà della propria condizione.
Il sostrato della pellicola è sopportato da una musica per piano solista, concedendosi qualcosa di più nel tema principale, pungente, battente e sospeso dove la mancanza armonica genera spazio ad uno sviluppo melodico che da voce ai pensieri di Vincent.
Lo stesso spazio che l’autore riesce a donare alla realizzazione del film si concretizza nella sinergia tra l’uso della luce, una fotografia sperimentata letteralmente in tutte le forme possibili e realizzabili col solo fine di esprimere il punto di vista del pittore, ed l’interpretazione sublime di Willem Defoe, che riesce ad esprimere pienamente l’interiorità di un soggetto come Van Gogh, rende la visione una vera esperienza audio-visiva trascinante, coinvolgente, amaramente triste nel suo epilogo quanto esaltante nella descrizione del Bello.
L’approccio al film sicuramente non è dei più agevoli ma con un piccolo sforzo, aiutato da un doppiaggio in italiano veramente ben fatto, con la storica voce profonda ed intima di Defoe, da un cast sempre azzeccato con recitazioni coerenti e suggestive, ed un Van Gogh reale e fragile tanto idealizzato nelle sue opere ma umanizzato nella sua pazzia, la visione non potrà essere che positiva.
05/01/2019
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tmpsvita
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venerdì 25 gennaio 2019
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viaggio nella mente di un genio folle
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Lentezza è la parola che più incorpora ciò che caratterizza la visione di questo film, "At Eternity's Gate" è un film estremamente lento che pretende dallo spettatore una dose di attenzione e pazienza niente affatto indifferente ma se visto con la consapevolezza di ciò riesce a regalare un'esperienza unica nel suo genere.
Un film che quindi convince ma non subito, anzi, la prima metà del film appare come un tentativo non sempre riuscito di trovare l'approccio più adeguato per il tipo di storia ma soprattutto per il modo con il quale viene raccontata.
All'inizio la regia è confusa e confusionaria, cerca, attraverso delle inquadrature movimentate, dei movimenti di macchina imprecisi e in generale attraverso uno sguardo autoriale che a tutti i costi vuol sembrare maturo, una poesia e una profondità che in questo modo non riesce mai a trovare ma che anzi non fa che allontanarla dall'obiettivo rendendola fine a se stessa e presuntuosa, nonché motivo di distrazione dalla storia in sé.
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Lentezza è la parola che più incorpora ciò che caratterizza la visione di questo film, "At Eternity's Gate" è un film estremamente lento che pretende dallo spettatore una dose di attenzione e pazienza niente affatto indifferente ma se visto con la consapevolezza di ciò riesce a regalare un'esperienza unica nel suo genere.
Un film che quindi convince ma non subito, anzi, la prima metà del film appare come un tentativo non sempre riuscito di trovare l'approccio più adeguato per il tipo di storia ma soprattutto per il modo con il quale viene raccontata.
All'inizio la regia è confusa e confusionaria, cerca, attraverso delle inquadrature movimentate, dei movimenti di macchina imprecisi e in generale attraverso uno sguardo autoriale che a tutti i costi vuol sembrare maturo, una poesia e una profondità che in questo modo non riesce mai a trovare ma che anzi non fa che allontanarla dall'obiettivo rendendola fine a se stessa e presuntuosa, nonché motivo di distrazione dalla storia in sé.
Con l'avanzare dei minuti si percepisce visibilmente come piano piano cominci a raggiungere un equilibrio e una personalità vera e propria, la camera si rilassa senza però perdere il suo approccio bizzarro o comunque anticonvenzionale e finalmente dalla seconda metà in poi la regista trova il giusto ritmo e il giusto rapporto con tutto il resto.
Più avanza il film e più ci si immedesima in Van Gogh e ci si immerge nella sua storia con una naturalezza che rende impercettibile tutto ciò. Durante il film si riesce a percepire con grande umanità chi è stata la persona che poi è diventata uno dei pittori più influenti di sempre. Travolti dalle immagini suggestive colorate dalla fotografia ( un po' scontata e in alcuni momenti troppo marcata anche se sempre molto efficace) con i colori attraverso i quali vedeva il mondo, quel mondo diviso in due realtà che lo ha così tanto tormentato e allo stesso tempo ammaliato, colori che il più delle volte appaiono così simili eppure così opposti a quelli a cui ci ha abituato con i suoi quadri dove di realtà ne dipingeva una, quella che solo lui poteva vedere in un conflitto tra dono e maledizione.
Sembra alla fine come se si avesse conversato direttamente con l'artista, in questo viaggio così vivo e vero, sentito e mortificato nella mente di un genio folle, interpretato con una credibilità disarmante da un bravissimo Willem Dafoe, che vive il personaggio nella sua interezza e lo ripropone come un dipinto amaro di una figura estremamente fragile, tormentata, sola eppure così viva eppure così triste.
Un film imperfetto, intaccato da una prima parte acerba e malmessa che compromette un capolavoro mancato, nonostante ciò rimane senza dubbio un ottimo lavoro, difficile da digerire, ancor più difficile da vedere ma l'atmosfera unica e l'interpretazione magistrale rende il tutto un'esperienza intensa e profonda che rimane nella mente dello spettatore come un timbro indelebile.
Voto: 7,5/10
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francesco2
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domenica 3 luglio 2022
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per piacevoli serate televisive
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In concorso a Venezia, ci sta. Il premio a Defoe, per un eccellente interpretazione -non ho elementi sufficienti per dire la migliore della sua carriera-, anche. Tuttavia, concordo con i tanti che lo valutano un film di perizia calligrafica, ma niente altro. Monostante i ìtroppo-ripetuti primi piani, allucinati molto piu che allucinantim e che ritraggono nomi transalpini femminili probabilmente non di primo piano, l impianto non trova mai una chiave provocatoria. Eppure sarebbe la strad apiu normale per un artista tormentato non privo di tormentati incontri. Certo, Schnabel - a sua volta pittore, tra l altro- non rappresenta un Levinson, altrove gradevole, ma che nel suo Rain man oscilla tra pietismo ed ammirazione per il genio.
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In concorso a Venezia, ci sta. Il premio a Defoe, per un eccellente interpretazione -non ho elementi sufficienti per dire la migliore della sua carriera-, anche. Tuttavia, concordo con i tanti che lo valutano un film di perizia calligrafica, ma niente altro. Monostante i ìtroppo-ripetuti primi piani, allucinati molto piu che allucinantim e che ritraggono nomi transalpini femminili probabilmente non di primo piano, l impianto non trova mai una chiave provocatoria. Eppure sarebbe la strad apiu normale per un artista tormentato non privo di tormentati incontri. Certo, Schnabel - a sua volta pittore, tra l altro- non rappresenta un Levinson, altrove gradevole, ma che nel suo Rain man oscilla tra pietismo ed ammirazione per il genio. Tuttavia, il lungo primo piano su Van Gogh, condito da una musica piuttosto melensa, rappresenta la vera chiave di lettura per il film. Piacevole, ma solo questo, a parte Defoe.
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(di francesco2)
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paolp78
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domenica 3 settembre 2023
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arte visiva e biografia curata
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Pellicola del 2018 che offre una bella biografia del grande Vincent van Gogh, probabilmente ispirata dal ritrovamento avvenuto nel 2016 di un taccuino dell’artista contenente ben 65 sui schizzi inediti.
L’opera è diretta dal bravissimo regista statunitense Julian Schnabel, che essendo anche un affermato pittore riesce a mettere a frutto le sue conoscenze tecniche in quel campo per illustrare pregevolmente la tecnica pittorica del maestro olandese e la sua idea di pittura. La spiegazione delle tecniche adoperate da Van Gogh è fatta in modo talmente curato e calibrato che queste risultano comprensibili ed apprezzabili anche ai profani, come il sottoscritto.
Schnabel presenta una regia particolarmente attenta ad esaltare la forza visiva delle immagini, con l’intento evidentemente di restituire allo spettatore lo stesso effetto e le stesse sensazioni date dall’arte pittorica.
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Pellicola del 2018 che offre una bella biografia del grande Vincent van Gogh, probabilmente ispirata dal ritrovamento avvenuto nel 2016 di un taccuino dell’artista contenente ben 65 sui schizzi inediti.
L’opera è diretta dal bravissimo regista statunitense Julian Schnabel, che essendo anche un affermato pittore riesce a mettere a frutto le sue conoscenze tecniche in quel campo per illustrare pregevolmente la tecnica pittorica del maestro olandese e la sua idea di pittura. La spiegazione delle tecniche adoperate da Van Gogh è fatta in modo talmente curato e calibrato che queste risultano comprensibili ed apprezzabili anche ai profani, come il sottoscritto.
Schnabel presenta una regia particolarmente attenta ad esaltare la forza visiva delle immagini, con l’intento evidentemente di restituire allo spettatore lo stesso effetto e le stesse sensazioni date dall’arte pittorica. Tra le altre scelte tecniche si segnala poi il largo uso della camera mobile.
Il film realizza inoltre una biografia molto ricca di particolari, denotando un importante lavoro di studio e di ricerca. Ciò nonostante l’opera resta inevitabilmente un po’ pesante ed il rischio noia è alquanto concreto.
La pellicola si fa apprezzare anche sul piano della rappresentazione degli stati mentali, emotivi e sentimentali del protagonista nel loro progressivo lento degenerare.
Con molto buongusto Schnabel evita di indugiare su particolari quali il noto taglio dell’orecchio che il pittore olandese si inflisse; di questo particolare ne viene dato ampiamente conto, ma saggiamente non viene mostrato.
Altro elemento di forza della pellicola è costituito dalla recitazione del sempre bravissimo Willem Dafoe, che a distanza di pochi anni dal “Pasolini” di Abel Ferrara, torna a recitare come protagonista in un’opera biografica su un grande artista. Nel resto del cast si ricordano grossi interpreti come Rupert Friend e Oscar Isaac nelle parti rispettivamente del fratello Theo e del celebre impressionista francese Paul Gauguin, nonché ancora il sempre ottimo Mads Mikkelsen, capace di distinguersi anche in piccole parti, e l’attore francese Mathieu Amalric.
Pregevole la scelta di ricorrere alla voce fuoricampo dello stesso protagonista, utilizzata per far sì che sia lo stesso Van Gogh a raccontarsi. Questi monologhi non sono partoriti dalla fantasia di Schnabel, ma tratti dall’epistolario che ha lasciato il pittore olandese; quindi la pellicola ha anche un valore autentico di ricostruzione storica. Al riguardo si deve però precisare che circa la morte dell’artista, viene dato credito ad una teoria recente, che escluderebbe il suo suicidio, ma che è non sufficientemente corroborata da prove.
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lbavassano
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sabato 5 gennaio 2019
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turbandoci. emozionandoci
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"Quasi mi dispiace di aver ricominciato a dipingere; avrei dovuto rinunciarvi, perché non vedo come me la potrei cavare. Non è possibile dipingere senza colori, i colori costano cari".
Non possono lasciare indifferenti queste parole scritte da Vincent van Gogh al fratello Théo, non possono lasciare indifferente chiunque conosca l'importanza del colore nell'arte di van Gogh, chiunque, per altro verso, conosca le quotazioni che hanno raggiunto le opere di van Gogh. Le parole di un artista disposto a rinunciare all'uso del colore perché "i colori costano cari", parole che molto ci dicono sulle leggi del mercato.
Anche su questo sfondo può essere letto il film di Julian Schnabel, che il colore, e la luce, nel suo incontro drammatico ed esaltato con la materia, rende protagonisti assoluti, che, grazie all'interpretazione di Willem Dafoe, di van Gogh ci mostra corpo e anima, tenebra e candore, e demoni.
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"Quasi mi dispiace di aver ricominciato a dipingere; avrei dovuto rinunciarvi, perché non vedo come me la potrei cavare. Non è possibile dipingere senza colori, i colori costano cari".
Non possono lasciare indifferenti queste parole scritte da Vincent van Gogh al fratello Théo, non possono lasciare indifferente chiunque conosca l'importanza del colore nell'arte di van Gogh, chiunque, per altro verso, conosca le quotazioni che hanno raggiunto le opere di van Gogh. Le parole di un artista disposto a rinunciare all'uso del colore perché "i colori costano cari", parole che molto ci dicono sulle leggi del mercato.
Anche su questo sfondo può essere letto il film di Julian Schnabel, che il colore, e la luce, nel suo incontro drammatico ed esaltato con la materia, rende protagonisti assoluti, che, grazie all'interpretazione di Willem Dafoe, di van Gogh ci mostra corpo e anima, tenebra e candore, e demoni. Turbandoci. Emozionandoci.
(D'eccellenza anche la colonna sonora).
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