Qualche piccola sorpresa nella cinematografia francese recente c’è. Si tratta di Quel giorno d’estate una semplicità che tocca le corde umane, nella sua ineluttabile drammaticità.
Francia. Giorni nostri.
Parigi edulcorata, scevra da quelle immagini di massa che la rendono la capitale mondana nota per romantiche fughe d’amore.
Parigi, città familiare, colta in retrospettiva orizzontale da una bicicletta nelle vicinanze del parco del Louvre;
Parigi, lo sguardo di un ragazzo poco più che ventenne, lavori saltuari tra cui la gestione di alcuni appartamenti su Airbnb per turisti stranieri e la manutenzione nei parchi della città, una vita precaria sia affettiva che priva di uno svolta nei confronti di un futuro che il giovane de-responsabilizza e di cui non ha nessuna idea, rifiutando salti nel buio in un eterno limbo instabile.
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Qualche piccola sorpresa nella cinematografia francese recente c’è. Si tratta di Quel giorno d’estate una semplicità che tocca le corde umane, nella sua ineluttabile drammaticità.
Francia. Giorni nostri.
Parigi edulcorata, scevra da quelle immagini di massa che la rendono la capitale mondana nota per romantiche fughe d’amore.
Parigi, città familiare, colta in retrospettiva orizzontale da una bicicletta nelle vicinanze del parco del Louvre;
Parigi, lo sguardo di un ragazzo poco più che ventenne, lavori saltuari tra cui la gestione di alcuni appartamenti su Airbnb per turisti stranieri e la manutenzione nei parchi della città, una vita precaria sia affettiva che priva di uno svolta nei confronti di un futuro che il giovane de-responsabilizza e di cui non ha nessuna idea, rifiutando salti nel buio in un eterno limbo instabile.
Parigi, affettiva nella sorella maggiore del ragazzo e della piccola nipotina Amanda, un amore che non riesce a sbocciare in pieno con Lena, un’altra solitudine di numero primo appena conosciuta.
Parigi, mossa da un atto di crudeltà: un attentato di matrice islamica nel parco, la sorella maggiore uccisa, il germoglio gravemente ferito, una nipote a cui badare come se fosse diventato fratello maggiore. E con esso un carico di consapevolezza che spezzerà per sempre la scanzonata-eterna giovinezza verso una maggiore maturità e consapevolezza dell’essere propriamente uomo.
David e sullo sfondo proprio questa Parigi in un soggetto cinematografico forte che non ha bisogno di sofismi e che Mikhael Hers, regista di rohmeriana memoria, incapsula con uno sguardo minimale in cui tutto sembra a posto e niente fuori forma. Persino il dolore appare contenuto, in secondo piano, come se fosse nell’intento del regista non esacerbare lo spettatore con retorismi di fondo ma concentrarsi su un delicato tema, l’elaborazione del lutto.
Con discrezione, Hers miscela eventi ahimè reali (l’attentato) in una matrice pur se affollata inventata (il parco), andando oltre il semplice cronachismo. Si focalizza su tre personaggi, sulla difficile strada di redenzione del giovane David che si troverà a crescere con lo scotto dei suoi anni insieme alla piccola Amanda, sui suoi rapporti deliziosi, frutto di un amore puro e incondizionato con Lena, sconvolta, ferita ma ancora viva dopo l’attentato, sul difficile rientro alla quotidineità di quel giorno d’estate in cui tutto cambiò.
Quel giorno d’estateaffronta tematiche similari a Manchester by the sea. Ma con grazia, dolcezza, cura e attenzione ai dettagli sulla sindrome post-traumatica grazie una buona caratterizzazione attoriale (David è interpretato da Vincent Lacoste, accompagnato dalla dolcezza di una convincente Lena-Stacy Martine della giovanissima Isaure Multrier nel ruolo di Amanda), a un riuscito doppiaggio e a una giusta empatia dolorosa. E perché noi, anche di gioia inaspettata.
Da vedere.
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