vanessa zarastro
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venerdì 6 luglio 2018
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attenti ai condominii nordici
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Il regista islandese Haffstein Gunnar Sigurosson mostra in questo film – che può essere definito una commedia dark - un’umanità litigiosa, spigolosa e dispettosa che soffre nella convivenza. Certo Rejkiavik non è una città con alta densità abitativa – ha poco più di 120.000 abitanti su 274 kmq - e qui siamo in un quartiere periferico meridionale fatto di case a schiera, dove vivono Inga e Baldvin (Edda Bjorgvinsdottir, Sigurour Sigurjonsson), una coppia di anziani coniugi. Hanno perso il figlio maggiore, che si è suicidato ma di cui non si è mai ritrovato il corpo, vivono in questa casetta a due piani e, nel loro giardino, hanno un grande acero cresciuto a dismisura che, però, fa ombra sulla veranda dei vicini.
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Il regista islandese Haffstein Gunnar Sigurosson mostra in questo film – che può essere definito una commedia dark - un’umanità litigiosa, spigolosa e dispettosa che soffre nella convivenza. Certo Rejkiavik non è una città con alta densità abitativa – ha poco più di 120.000 abitanti su 274 kmq - e qui siamo in un quartiere periferico meridionale fatto di case a schiera, dove vivono Inga e Baldvin (Edda Bjorgvinsdottir, Sigurour Sigurjonsson), una coppia di anziani coniugi. Hanno perso il figlio maggiore, che si è suicidato ma di cui non si è mai ritrovato il corpo, vivono in questa casetta a due piani e, nel loro giardino, hanno un grande acero cresciuto a dismisura che, però, fa ombra sulla veranda dei vicini. Come si sa il sole è un bene prezioso lì su nel nord, quindi il vicino e la sua giovane seconda moglie (Portseinn Bachman, Selma Bjiornsdottir), chiedono più volte che venga potato o quantomeno sfoltito.
Inga e Baldvin hanno anche un altro figlio Atli (Steinpor Hroar Steinporsson) che vive in un condominio con la moglie Agnes (Lara Johanna Jonsdottir) e la figlia piccola. Una notte Agnes sorprende il marito che guarda al computer un video pornografico che aveva girato con una precedente fidanzata: sentendosi tremendamente offesa e pensando di essere stata tradita, lo caccia immediatamente da casa. Agnes cambierà la serratura della porta d’ingresso e gli impedirà perfino di vedere la figlia. Atli andrà quindi a dormire dai genitori dove però la situazione non è certo allegra. Sua madre, dalla disgrazia del fratello, è uscita di testa, vive in modo paranoico ogni evento ed è piena di aggressività. Diverso sembrerebbe il padre, più conciliante, che ha un buon rapporto sia con il figlio sia con la nuora e la nipotina.
Così, in modo paradossale, verrà innescata una spirale di violenza. Da un lato, il risentimento di Agnes farà scattare l’aggressività al marito pentito ma frustrato perché non riesce a comunicare con la moglie né a vedere la figlia. Finirà per rapirla (ma solo per qualche ora…) a scuola, soltanto per portarla a fare un picnic sul prato. Indovinate dove? Davanti a Ikea! Dall’altro, la polemica tra i vicini per l’ombra dell’albero scatenerà una guerra violenta in crescendo, che non voglio qui raccontare. Il tutto è raccontato con minimalismo scenico, scarso movimento della macchina da presa, ambienti e persone ridotte all’essenziale e con un montaggio (di Kristjan Loamfiara) quasi delle strip. “L’albero del vicino”è, inoltre, inframezzato da cori popolari alternati a brani di musica classica da Bach a Rachmaninoff.
Qua e là alcuni dettagli grotteschi degni di nota. Ad esempio molto divertente è la scena dell’assemblea del condominio nella quale partecipano separatamente sia Agnes sia Atli, con palese imbarazzato dei convenuti, dove si discute del rifacimento della fognatura (come in tutti i condomini del mondo!) ma anche, in modo animato, del linguaggio scurrile, dei sospiri e gridolini prodotti da una giovane coppia che fa sesso in modo eccessivamente rumoroso e voluttuoso.
“Under the Tree” (Undir Trénu), il titolo originale che è senza dubbio migliore, è stato presentato alla sezione “Orizzonti” alla 74ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e candidato all’Oscar come miglior film straniero per l’Islanda.
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flyanto
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lunedì 2 luglio 2018
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a cosa può portare la stupida testardaggine di un
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“L’Albero del Vicino – Under the Tree” del regista Hafsteinn Gunnar Sigurosson costituisce ‘il pomo della discordia’ tra due famiglie vicine di casa nella storia qui raccontata. Poiché un albero getta una grande ombra, oscurando gran parte del giardino dell’abitazione di una coppia di mezza età, quest’ultima vorrebbe che la famiglia accanto, possessore dell’albero, lo sfrondasse un poco così da avere più spazio illuminato dal sole. Essa, composta da due anziani che al momento ospitano in casa il figlio cacciato dalla propria moglie a causa di un tradimento, si impuntano a non soddisfare la richiesta dei vicini per non rovinare la loro pianta e per un’altra motivazione personale legata proprio alla suddetta pianta.
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“L’Albero del Vicino – Under the Tree” del regista Hafsteinn Gunnar Sigurosson costituisce ‘il pomo della discordia’ tra due famiglie vicine di casa nella storia qui raccontata. Poiché un albero getta una grande ombra, oscurando gran parte del giardino dell’abitazione di una coppia di mezza età, quest’ultima vorrebbe che la famiglia accanto, possessore dell’albero, lo sfrondasse un poco così da avere più spazio illuminato dal sole. Essa, composta da due anziani che al momento ospitano in casa il figlio cacciato dalla propria moglie a causa di un tradimento, si impuntano a non soddisfare la richiesta dei vicini per non rovinare la loro pianta e per un’altra motivazione personale legata proprio alla suddetta pianta. Da ciò seguiranno svariati dispetti e ripicche reciproche che coinvolgeranno entrambe le famiglie e soprattutto condurranno al peggio la situazione, per non dire addirittura alla tragedia,
“L’Albero della Vita” è una sorta di commedia ‘noir’ che attraverso l’ironia sottile ed alcune scene esilaranti presenta in realtà una situazione generale parecchio tragica. Intanto, ogni protagonista della storia, chi più, chi meno, si trova in una situazione personale già di per sé piuttosto problematica, ma quello che conduce il tutto a deflagrare in una ferocia e violenza inaudite, è proprio la caparbietà, l’orgoglio e la cattiveria insita umana che fanno sì che ogni esponente della vicenda incontrerà una fine cruenta ed irreversibile che gli cambierà per sempre in peggio l’esistenza. Sigurosson in non oltre 90 minuti riesce perfettamente a condensare la storia e la sua tematica attraverso una regia lucida, ben scandita ed all’insegna dell’essenzialità. Un’opera, dunque, molto ben riuscita che induce lo spettatore, divertendolo anche in parte e sia pure amaramente, a riflettere sulla, a volte, stupidità umana e sulle conseguenze a cui essa può portarlo.
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oksek
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venerdì 2 febbraio 2018
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la crisi familiare all'ombra del grande albero
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Tema principale della pellicola è senz’altro quello della disgregazione dei legami familiari (che sembra un po’ il tema di Orizzonti del 31 agosto) che il regista sceglie di raccontare attraverso due storie strettamente connesse tra loro. La prima storia riguarda una “lite di vicinato” che si origina a causa di un albero piantato nel cortile di una coppia di coniugi ,Inga e Baldvin, che fa ombra nel terrazzo dei loro vicini, Eybjorg e Konrad.
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Tema principale della pellicola è senz’altro quello della disgregazione dei legami familiari (che sembra un po’ il tema di Orizzonti del 31 agosto) che il regista sceglie di raccontare attraverso due storie strettamente connesse tra loro. La prima storia riguarda una “lite di vicinato” che si origina a causa di un albero piantato nel cortile di una coppia di coniugi ,Inga e Baldvin, che fa ombra nel terrazzo dei loro vicini, Eybjorg e Konrad.
Nonostante le lamentele di quest’ultimi, gli altri due non sono intenzionati a intervenire. La moglie di Baldvin, Inga, in particolar modo, cova rabbia e invidia nei confronti dei vicini e considera la loro volontà di far abbattere l’albero come un atto di prepotenza inaccettabile. La donna, con disagi psichici, che man mano si dimostreranno essere sempre più forti, causati anche dalla mancata accettazione della scomparsa di uno dei suoi due figli, comincia quindi un feroce braccio di ferro con i vicini rivali, destinato ad acuirsi sempre di più. La seconda storia, invece, è quella di Atli, l’altro figlio di Inga e Baldvin, che sorpreso dalla moglie a guardare un video amatoriale da lui stesso girato, che lo ritraeva durante un rapporto sessuale con un’altra donna, viene lasciato dalla moglie. L’uomo si ritrova a dover affrontare la crisi familiare e l’allontanamento dalla figlia, mentre la rottura con la moglie appare sempre più profonda e definitiva.
L’accostamento delle due storie è ben diretto dal regista islandese che con una fotografia fredda e pulita, si muove inizialmente bene nell’intessere le dinamiche tra vicinato e quelle di coppia. Il percorso del divorzio, il rapporto tra coniugi, la mancata accettazione del lutto da parte della madre Inga, il suo crescente squilibrio, i sospetti persecutori contro i vicini sono credibili e ben supportate dagli attori. Interessante anche la metafora che il regista sembra abbozzare durante il film. Come l’albero ,che rappresenta un po’ il figlio scomparso e mai tornato a casa, da cui non ci si vuole separare, il video amatoriale girato da Atli con un’altra ragazza (a cui lui teneva più della sua attuale moglie) non è stato cancellato\abbattuto, nonostante potesse creare ombra o impaccio. E’ stato conservato, sembrerebbe quasi per farsi del male, per rifugiarsi nel passato, pur sapendo che la sua ripetizione è del tutto impossibile. E’ così che sotto quello che per antonomasia dovrebbe essere il simbolo della famiglia: l’albero, che con le sue radici sorregge il peso degli affetti più cari, si consumano invece rotture, screzi, e spaccature sempre più forti. Durante gran parte del film il regista dà l’impressione di voler creare questa metafora, per rievocare indirettamente l’albero che ha scelto come titolo del suo film; ma poi nel finale, quasi non fosse pienamente convinto di questa idea, decide di prendere un’altra strada decisamente meno simbolica. Sono gli ultimi dieci minuti della pellicola a rappresentare una caduta di stile inattesa nell’opera di Sigurðsson. Il vicinato “impazzisce” e le minacce che erano state così efficaci durante il film conferendogli anche qualche venatura thriller, vengono attuate a catena,facendo perdere al racconto la rotta. Con queste scene finali viene davvero affossato quanto abilmente costruito in precedenza, quasi nel tentativo estremo di trovare un colpo di scena , in un film che non si prestava a questa soluzione, data la possibilità di metafora, che poteva benissimo bastare a se stessa, essendosi fondato fino a quel momento soprattutto sui dialoghi.Per tutti questi motivi “Under the tree” è un buon film al livello tecnico, che però sconta pesantemente i minuti finali, che finiscono per banalizzarlo. Bravi comunque gli interpreti, a partire da Edda Bjorgvinsdòttir nei panni di Inga.
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gianleo67
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lunedì 22 gennaio 2018
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la gatta sotto l'albero che...scotta
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Il dissidio per un albero che getta ombra sul giardino dei vicini è il pretesto per una escalation di colpi bassi che ha come vittime predestinate piante, animali ed uomini;non necessariamente in quest'ordine. Inga e Baldvin contro Eybjorg e Konrad, nel mezzo il figlio della prima coppia in rotta con la moglie per l'affido della figlia. Siamo nella civilissima islanda, ma non ce ne siamo accorti. Da l'erba del vicino è sempre più verde a l'erba voglio che sta' nel giardino del re, i luoghi comuni di un pretestuoso contenzioso liminare sono i contrappunti simbolici di una commedia nera che mette in scena i diversi fronti di una contrapposizione sociale senza quartiere, spostandosi dal terreno domestico di lutti familiari e represse frustrazioni genitoriali a quello appena fuori dallo steccato di casa abitato da animali scodinzolanti e nani da giardino: una patina di civiltà che ricopre un mondo di insoddisfazioni e fallimenti personali pronte a deflagrare in concitate riunini di condominio, piuttosto che nello scontro all'arma bianca tra maschi anziani che difendono le inveterate ostilità delle rispettive consorti.
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Il dissidio per un albero che getta ombra sul giardino dei vicini è il pretesto per una escalation di colpi bassi che ha come vittime predestinate piante, animali ed uomini;non necessariamente in quest'ordine. Inga e Baldvin contro Eybjorg e Konrad, nel mezzo il figlio della prima coppia in rotta con la moglie per l'affido della figlia. Siamo nella civilissima islanda, ma non ce ne siamo accorti. Da l'erba del vicino è sempre più verde a l'erba voglio che sta' nel giardino del re, i luoghi comuni di un pretestuoso contenzioso liminare sono i contrappunti simbolici di una commedia nera che mette in scena i diversi fronti di una contrapposizione sociale senza quartiere, spostandosi dal terreno domestico di lutti familiari e represse frustrazioni genitoriali a quello appena fuori dallo steccato di casa abitato da animali scodinzolanti e nani da giardino: una patina di civiltà che ricopre un mondo di insoddisfazioni e fallimenti personali pronte a deflagrare in concitate riunini di condominio, piuttosto che nello scontro all'arma bianca tra maschi anziani che difendono le inveterate ostilità delle rispettive consorti. L'arte della guerra, con i suoi rituali di canti corali ed esercizi al poligono quali sintomi di una primitiva ostilità che cova sotto la scorza addomesticata della modernità, è la risorsa estrema a cui si sa di dover ricorrere nel caso in cui i rimedi della civiltà giuridica e della sicurezza tecnologica falliscano nel loro tentativo di mediare nell'atavica lotta per il territorio, nello scontro tra primati appena scesi da un albero che diventa il paradigma di ancestrali e irrefrenabili avversioni che nemmeno milioni di anni di evoluzione hanno saputo veramente metter in sordina. Sotto le mentite spoglie di una glaciale tragicommedia della rappresaglia che sembra sempre sul punto di scadere nel grottesco, l'apologo amaro e sconsolato di una resa agli istinti più brutali: dal sesso come valvola di sfogo dell'uomo ingabbiato in uno stanco ménage coniugale a quello ultrapianificato di un tardivo desiderio di maternità, dal grido di dolore per un rituale funebre impossibile a celebrarsi all'invocazione di un sacrificio di sangue che reclama il suo necessario tributo di vittime innocenti. Originale e intelligente nell'utilizzo di una tecnica di ripresa che alterna piani fissi alla camera a mano (da manuale la scena di un morboso dialogo tra ex amanti in interni che si trasforma, nell'inquadratura dall'esterno, nella compassata dialettica di una consulenza legale), come pure in un tema musicale particolarmente centrato che suggerisce le sotterranee tensioni di un livore mortale che cova sotto l'apparente tranquillità della vita domestica. Il finale a sorpresa non poteva che mostrare una gatta gravida che ritorna inconsapevole e soddisfatta alla civilissima dimora dei suoi padroni umani. Film di rassegnata crudeltà cui l'appellativo di politicamente scorretto sta' veramente stretto e che, come molte altre produzioni meritevoli dell'anno appena trascorso (Thelma, Gloria, A Ciambra) non ha avuto accesso alla prima short list come rappresentante del proprio paese ai 90 ° Academy Awards quale Miglior film in lingua straniera; domani quella definitiva.
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mtonino
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venerdì 1 settembre 2017
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lo sguardo amaro delle vite sotto l'albero
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La relazione tra Atli e Agnes si interrompe bruscamente quando lei lo scopre a guardare un vecchio filmino porno, lo caccia di casa e gli impedisce di vedere la figlia. Atli si trova quindi costretto a trasferirsi dai genitori dove scopriamo da subito che il grande albero che loro hanno in giardino è motivo di discussione con i vicini di casa.
Da qui si dipanano una serie di situazioni che ci illustrano la psicologia dei vari personaggi, i rapporti tra di loro ed in generale la struttura sociale della civilissima Islanda.
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La relazione tra Atli e Agnes si interrompe bruscamente quando lei lo scopre a guardare un vecchio filmino porno, lo caccia di casa e gli impedisce di vedere la figlia. Atli si trova quindi costretto a trasferirsi dai genitori dove scopriamo da subito che il grande albero che loro hanno in giardino è motivo di discussione con i vicini di casa.
Da qui si dipanano una serie di situazioni che ci illustrano la psicologia dei vari personaggi, i rapporti tra di loro ed in generale la struttura sociale della civilissima Islanda.
Le vicende di Atli che cerca di ricomporre il proprio matrimonio e dei genitori alle prese con i vicini ed un passato difficile da gestire si intrecciano fino a deflagrare con conseguenze disastrose.
Vediamo quindi la tensione salire in seguito a una escalation di azioni che porteranno ad un finale ineluttabile anche se inimmaginabile nella fredda e ordinata società scandinava.
Il film è asciutto quasi freddo con alcune situazioni da commedia nera che strappano risate (poche) amare e stiracchiate, la splendida natura islandese è confinata al giardino delle due coppie di vicini e al parcheggio dell'Ikea dove Atli porta la bambina per un campeggio improvvisato.
I rapporti tra le persone sono complicati poco spontanei, le emozioni vengono fuori per reazione e sono esplosioni. Il passato è, secondo me, il tema conduttore del film, in tutte le situazioni si allude o si raccontano aspetti del passato fondamentali per lo svolgersi degli eventi e in questo senso l'albero non è solo un pretesto per unire le varie storie, ma simboleggia proprio la storia passata di ognuno dei personaggi che ne condiziona la vita e i rapporti con gli altri.
Pur con qualche situazione prevedibile, come l'inquadratura finale anche se molto azzeccata, il film scorre bene e la tensione viene mantenuta costante svelandoci gradualmente gli elementi che compongono il mosaico facendoci riflettere sul bisogno di comunità che la convivenza civile tende ad escludere.
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