Sicilian Ghost Story |
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Un film di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza.
Con Julia Jedlikowska, Gaetano Fernandez, Corinne Musallari, Andrea Falzone.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 120 min.
- Italia 2017.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 18 maggio 2017.
MYMONETRO
Sicilian Ghost Story
valutazione media:
3,15
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Che brutto film questa mafia story
di Emiliano Morreale L'Espresso
La vicenda drammatica del piccolo Giuseppe Di Matteo è una delle più tremende nell'intera storia di Cosa Nostra. Figlio di un pentito, Santino, il ragazzino tredicenne fu rapito dalla fazione dei corleonesi capitanati da Giovanni Brusca, nella speranza che il padre ritrattasse: tenuto prigioniero per 779 giorni, fu infine strangolato e sciolto nell'acido. A questa vicenda si ispirano i registi Piazza e Grassadonia, autori di "Salvo" vincitore della Semaine de la Critique di Cannes quattro anni fa. La chiave scelta, sulla scia di un racconto di Marco Mancassola, è, fin dal titolo, la fiaba nera. Protagonista è Luna, coetanea innamorata di Giuseppe, che non si rassegna alla sua scomparsa e si ribella alla famiglia e all'omertà diffusa. A guidarla sono i suoi sogni, le visioni di una casa nel bosco in cui il ragazzino amato dovrebbe trovarsi. Il progetto è ambizioso, punta alto cercando di sfuggire ai luoghi comuni del film di mafia. I due registi, il cui virtuosismo già nel primo film tendeva all'esercizio di stile, qui lo accentuano ulteriormente. E sprecano il proprio talento visivo (e quello del direttore della fotografia Luca Bigazzi) per mancanza di controllo e di un'idea centrale, affastellando e ripetendo allo stremo singole idee, ipnotizzati dai dettagli e dai movimenti di macchina. Il risultato sono tre film paralleli: un gotico adolescenziale (che poteva essere la cosa migliore, con nebbie, boschi e grandangoli da horror anni '80), una storia didascalica di ribellione giovanile-femminile stile "Volevo i pantaloni': e una parte con inevitabili residui di mafiamovie. E quando non può esibirsi in volute, citazioni ed eccentricità, lo stile si fa piatto, svogliato, mettendo a nudo la sciatteria dei dialoghi e una pessima direzione d'attori (bambini compresi). Tra scivoloni di cattivo gusto e ripetizioni, non sapendo dove andare a parare, si infilano dieci finali e alla fine si sceglie il peggiore. Non solo il più banale, ma anche il più ideologicamente ambiguo, col risultato che il sugo di tutta la storia finisce per rassomigliare al sinistro detto siciliano che metteva fine ai lutti, specie a quelli di mafia: «Il morto è morto, aiutiamo il vivo».
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