laurence316
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sabato 2 dicembre 2017
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un potente spaccato umano emozionante e ben fatto
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La più grande regista vivente ritorna nelle sale, a 5 anni da Zero Dark Thirty e a 9 da The Hurt Locker, con un altro film che s'immerge nella cronaca e nella Storia, un altro film d'impegno civile e grande pregnanza ed attualità in particolare in un contesto, quello contemporaneo, che non ha visto migliorare ma forse addirittura peggiorare le tensioni sociali che sono alla base di quanto mostrato nell’opera.
Le rivolte occorse nella città del Michigan in quei quattro giorni di furore di fine luglio 1967 offrono alla Bigelow la cornice ideale entro cui tracciare un quadro di rara potenza e di grande rilevanza delle ingiustizie sociali e della discriminazione operata nei confronti della comunità afroamericana e, in generale, di tutte le minoranze, ieri come oggi (facile istituire un possibile parallelo con l’America odierna di Trump).
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La più grande regista vivente ritorna nelle sale, a 5 anni da Zero Dark Thirty e a 9 da The Hurt Locker, con un altro film che s'immerge nella cronaca e nella Storia, un altro film d'impegno civile e grande pregnanza ed attualità in particolare in un contesto, quello contemporaneo, che non ha visto migliorare ma forse addirittura peggiorare le tensioni sociali che sono alla base di quanto mostrato nell’opera.
Le rivolte occorse nella città del Michigan in quei quattro giorni di furore di fine luglio 1967 offrono alla Bigelow la cornice ideale entro cui tracciare un quadro di rara potenza e di grande rilevanza delle ingiustizie sociali e della discriminazione operata nei confronti della comunità afroamericana e, in generale, di tutte le minoranze, ieri come oggi (facile istituire un possibile parallelo con l’America odierna di Trump).
Lo stile della regista, vigoroso, impetuoso e trascinante, seppur forse meno innovativo che in passato (vedi la sensazionale sequenza finale di Zero Dark Thirty), rimane pur sempre tremendamente efficace e incisivo, e si adatta perfettamente alle tematiche trattate e alla necessità di renderne tutta la rappresentatività e, al contempo, la forza drammatica (al pari del precedente lungometraggio incentrato sulla caccia ad Osama Bin Laden, la regista si dimostra in grado di costruire magistralmente un’infallibile clima di tensione nell’ambito di eventi di cui si conoscono già, in linea di massima, gli esiti). E’ esemplare a tal proposito la parte centrale del film, tutta dedicata ai soprusi subiti dagli ospiti dell’Algiers Motel nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1967, sicuramente il segmento più riuscito dell’opera, in cui si conciliano perfettamente spettacolo e denuncia, violenza e sentimento, suspense e ricostruzione quasi documentaristica. E in cui gli attori danno meglio prova della loro bravura (in particolare Poulter e Boyega).
Anche il resto del lungometraggio si mantiene su un ottimo livello ad eccezione del finale un po’ debole, e ciò e merito tanto della regia della Bigelow quanto della sceneggiatura di Boal, della fotografia di Ackroyd e del montaggio di Goldenberg.
Teso e avvincente, Detroit risulta essere, insomma, un film importante, necessario e formalmente ineccepibile, un’opera in grado di essere apprezzata sia dagli amanti del thriller e del cinema d’azione sia da quanti ricerchino in un film anche una rilevanza di analisi, denuncia e critica sociale, politica e culturale.
Come ormai ad ogni nuova uscita di un film della regista californiana, ennesima girandola di polemiche, ancora una volta pretestuose tanto quanto quelle delle volte precedenti (c’è addirittura chi è arrivato ad accusare il 10° film della Bigelow di “immoralità”).
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flyanto
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giovedì 30 novembre 2017
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un crudo episodio di intolleranza razzista
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Ritorna nelle sale cinematografiche Kathryn Bigelow sempre con un film forte e di denuncia, intitolato "Detroit". L'argomento qui affrontato dalla regista è l'acuta e violenta tensione razziale scoppiata nella città di Detroit nel 1967 a seguito della chiusura di un bar nel ghetto della popolazione nera da parte della Polizia locale perchè non avente la licenza per vendere alcolici. Da qui ne susseguirono numerose rivolte e scontri con la popolazione nera culminanti nel tragico sequestro, comprensiva dell' uccisione di un ragazzo nero, presso un motel di alcuni giovani neri e di due ragazze bianche operato dalla Polizia della città.
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Ritorna nelle sale cinematografiche Kathryn Bigelow sempre con un film forte e di denuncia, intitolato "Detroit". L'argomento qui affrontato dalla regista è l'acuta e violenta tensione razziale scoppiata nella città di Detroit nel 1967 a seguito della chiusura di un bar nel ghetto della popolazione nera da parte della Polizia locale perchè non avente la licenza per vendere alcolici. Da qui ne susseguirono numerose rivolte e scontri con la popolazione nera culminanti nel tragico sequestro, comprensiva dell' uccisione di un ragazzo nero, presso un motel di alcuni giovani neri e di due ragazze bianche operato dalla Polizia della città.
Insomma, un pagina 'nera' della storia americana che Kathryn Bigelow riprende e filma con la sua solita precisione, il suo crudo realismo e mostrando doviziosamente tutti gli aspetti dell' accaduto. Una dovizia che, in realtà,si protrae un poco per circa la prima mezz'ora del film, per poi però fortunatamente virare ed entrare immediatamente al centro dell'episodio "clou" del sequestro nel motel e far così decollare il film attraverso una tensione sempre più crescente e sempre più accattivante. Kathryn Bigelow è, dell resto, molto valida come regista per la sua originalità oltre che per la sua ottima tecnica di riprendere le scene più svariate: in "Detroit" ella presenta un fatto realmente accaduto e dunque il soggetto non risulta in sè originale, ma perfetto come precisa e lucida testimonianza di un episodio alquanto deplorevole per gli Stati Uniti e per l'umanità intera in generale.
Consigliabile come docu-film.
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[+] la messa in scena di una sadica oppressione
(di antoniomontefalcone)
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jkudo
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giovedì 7 dicembre 2017
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una città in fiamme
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Un frammento di una cupa pagina della storia americana , quello della discriminazione razziale che serpeggiava nella Detroit del 1967 , colpita da rivolte contro i continui atti di violenza nei confronti della popolazione nera. La storia si incentra soprattutto in un motel,in cui si raggiunge il culmine della tensione, dove dei polizziotti terrorizzano e compiono atti di violenza inaudita contro gli ospiti per la maggior parte di colore. La Bigelow ci dà un chiaro quadro del'ingiustizia e dell' oppressione , di persone che non vengono trattate come tali , senza avere diritti e senza poter reagire. Il tutto culmina in una tragedia senza che ci sia una luce di giustizia in tutto il racconto.
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Un frammento di una cupa pagina della storia americana , quello della discriminazione razziale che serpeggiava nella Detroit del 1967 , colpita da rivolte contro i continui atti di violenza nei confronti della popolazione nera. La storia si incentra soprattutto in un motel,in cui si raggiunge il culmine della tensione, dove dei polizziotti terrorizzano e compiono atti di violenza inaudita contro gli ospiti per la maggior parte di colore. La Bigelow ci dà un chiaro quadro del'ingiustizia e dell' oppressione , di persone che non vengono trattate come tali , senza avere diritti e senza poter reagire. Il tutto culmina in una tragedia senza che ci sia una luce di giustizia in tutto il racconto. Nel complesso un gran film , crudo e realista , che da un pugno nello stomaco a chi non ha visto con i propri occhi cosa porta l'odio razziale. Il cast è di ottimo livello e il tutto è sorretto dalla gran regia della Bigelow.
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michelino
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domenica 17 dicembre 2017
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michelino va al cinema
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La sceneggiatura di Detroit è ispirata da una storia vera
Una strage avvenuta durante le rivolte razziali nel 1967
Un massacro ad opera della polizia
Kathryn Bigelow è forse la migliore regista donna mai esistita
Forse (al di la del sesso) è uno dei venti registi più bravi al mondo
Parlo soprattutto di tecnica
Parlo di come riesce filmare le scene d'azione
La Bigelow sa benissimo come far circolare adrenalina
Questo film ne è un ulteriore conferma
E come se non bastasse voglio aggiungere che
la ricostruzione di periodo storico è molto suggestiva
Ok fin qui ne dette abbastanza per assegnare quattro stellette al film
Invece la nota più deludente riguarda l'aspetto sociale e politico
C'è una scena in cui un poliziotto costretto ad indagare su di un
collega di grado inferiore si rivolge a lui dandogli del bastardo
razzista
Questa scena è molto importante perché fa capire che il film
pur se riesce a suscitare una più che giusta indignazione
riguardo alla questione razziale si ferma però alle mere
apparenze
Non indaga a fondo su di un sistema aberrante e ingiusto
ma suggerisce che in fondo il male è sempre solo il frutto
di qualche mela marcia.
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La sceneggiatura di Detroit è ispirata da una storia vera
Una strage avvenuta durante le rivolte razziali nel 1967
Un massacro ad opera della polizia
Kathryn Bigelow è forse la migliore regista donna mai esistita
Forse (al di la del sesso) è uno dei venti registi più bravi al mondo
Parlo soprattutto di tecnica
Parlo di come riesce filmare le scene d'azione
La Bigelow sa benissimo come far circolare adrenalina
Questo film ne è un ulteriore conferma
E come se non bastasse voglio aggiungere che
la ricostruzione di periodo storico è molto suggestiva
Ok fin qui ne dette abbastanza per assegnare quattro stellette al film
Invece la nota più deludente riguarda l'aspetto sociale e politico
C'è una scena in cui un poliziotto costretto ad indagare su di un
collega di grado inferiore si rivolge a lui dandogli del bastardo
razzista
Questa scena è molto importante perché fa capire che il film
pur se riesce a suscitare una più che giusta indignazione
riguardo alla questione razziale si ferma però alle mere
apparenze
Non indaga a fondo su di un sistema aberrante e ingiusto
ma suggerisce che in fondo il male è sempre solo il frutto
di qualche mela marcia.
Fateci caso anche voi
Forse vi renderete conto di come spesso l'apparenza inganni
e di come su questa cosa un cerco cinema ci marci sopra
Tutti i film Hollywoodiani che sembrano progressisti
in realtà fanno sempre gli interessi del sistema
che poi sono gli interessi di quelli che i film
mica per niente li finanziano.
Comunque nonostante tutto Detroit è un ottimo film
Solo è bene saperlo leggere in tutte le sue sfaccettature
PS: E nonostante quello che ho scritto io adoro anche
quasi tutto il buon cinema prodotto a Hollywood.
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max821966
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mercoledì 4 aprile 2018
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acab
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Premetto che adoro la Bigelow fin dai tempi di "Strange days", "Point break", "The hurt locker" etc. Come il suo ex marito si districa magnificamente con qualsiasi copione senza nessun problema.
Detroit è un ottimo film , recitato alla grande da giovani attori, le vicende ben note sono raccontate con fredda lucidità senza il minimo scricchiolio nella sceneggiatura.
Non gli ho dato 5 stelle solo per un fatto: secondo me doveva essere molto più violento, perchè in quei giorni la polizia , come al solito si macchiò di violenze inenarrabilie come sempre ne uscì senza macchia, i pochi che provarono ad opporsi, non furono ascoltati o addirittura additati come aguzzini di colleghi ( il G8 di Genova ne è l'esempio più recente, assieme ai vari omicidi impuniti.
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Premetto che adoro la Bigelow fin dai tempi di "Strange days", "Point break", "The hurt locker" etc. Come il suo ex marito si districa magnificamente con qualsiasi copione senza nessun problema.
Detroit è un ottimo film , recitato alla grande da giovani attori, le vicende ben note sono raccontate con fredda lucidità senza il minimo scricchiolio nella sceneggiatura.
Non gli ho dato 5 stelle solo per un fatto: secondo me doveva essere molto più violento, perchè in quei giorni la polizia , come al solito si macchiò di violenze inenarrabilie come sempre ne uscì senza macchia, i pochi che provarono ad opporsi, non furono ascoltati o addirittura additati come aguzzini di colleghi ( il G8 di Genova ne è l'esempio più recente, assieme ai vari omicidi impuniti.....Cucchi docet.).
In pratica siamo alle solite: chi indossa una divisa salvo rarissimi casi, esce impunito da qualsiasi nefandezza commetta.
Questo è il messaggio del film:
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elgatoloco
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lunedì 26 ottobre 2020
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un"grande film", davvero
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Kathrin Bigelow con questo"Detroit"(2017, sceneggiatura di Frank Boal), realizza un film importante, che mostra come la violenza del potere bianco(ma diremmo meglio del potere in genere)possa burlarsi di leggi, regolamenti, modalità di comportamento, attuando un regime da"stato di polizia"quando fomralmente vigerebbe la "democrazia", lo"stato di diritto". Con sequenze para(o meglio pseudo-documentaristiche)una notevolissima denuncia, sorretta, comunque da una professionalità tecnica eccelsa. A mezzo secolo(era il 1967, l'annus horribilis per questi fatti)di distanza, la Bigelow mette sotto accusa un sistema che permette che reclute(o non reclute, l'età conta relativamente, del resto)frustrate si sfoghino su giovani di colore e su giovani ragazze bianche"colpevoli"di essere andate a trovare"intimamente"degli"afroamericani".
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Kathrin Bigelow con questo"Detroit"(2017, sceneggiatura di Frank Boal), realizza un film importante, che mostra come la violenza del potere bianco(ma diremmo meglio del potere in genere)possa burlarsi di leggi, regolamenti, modalità di comportamento, attuando un regime da"stato di polizia"quando fomralmente vigerebbe la "democrazia", lo"stato di diritto". Con sequenze para(o meglio pseudo-documentaristiche)una notevolissima denuncia, sorretta, comunque da una professionalità tecnica eccelsa. A mezzo secolo(era il 1967, l'annus horribilis per questi fatti)di distanza, la Bigelow mette sotto accusa un sistema che permette che reclute(o non reclute, l'età conta relativamente, del resto)frustrate si sfoghino su giovani di colore e su giovani ragazze bianche"colpevoli"di essere andate a trovare"intimamente"degli"afroamericani". In carica come presidente era Lyndon B.Johnson, presidente ambiguo, "succedaneo"di Joihn F.Kennedy, ma le responsabilitò sono da ripartire tra diverse istanze di potere, senza voler necessariamente dare la colpa all'uno o al'altro in maniera predominante. La regista, che si conferma una delle migliori realizzatrici o meglio uno dei migliori registi tout court(intendo: senza differenza di genere, dove del resto"film al femminile"o "letteratura o poesia femminile"vuol dire poco o rischia di non voler dire nulla)ha creato un film nel quale, essendo veramente corale, sarebbe sciocco e fuorivante prilegiare un(a)interprete sulll'altro(a). Decisamente un grande film, dove il cinema incontra la storia, rivivendola e facendola rivivere, dando anzi un apporto determiannte a chi voglia(qualcuno/a ci sarà pure, si spera...)approfondire tali temi. Un capitolo particolare, se ci fosse più spazio,sarebbe da attribuire ai musicisti"afro"(straordinari) e naturalmente un altro anche al fatto che i poliziotti colpevoli, con poche eccezioni, per non dire quasi nessuna, non abbinao subito un regolare processo, non avendo poi espiato una vera e propria"pena".... El Gato
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fabal
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mercoledì 17 novembre 2021
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asciutto ma di grande potenza
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Detroit, 1967. Il quartiere afroamericano della città è ormai un ghetto a tutti gli effetti. Una sera, dopo una retata della polizia in un locale che vende alcolici senza licenza, scoppia la rivolta: risse, vetrine sfondate, guerriglia urbana e persino cecchini che dalle finestre sparano su polizia e Guardia Nazionale. Dalla finestra di un motel, per gioco, un ragazzo spara con una scacciacani: è l’inizio di un incubo. Tre agenti di polizia irrompono nel motel e tengono in ostaggio nove persone (tra cui due ragazze bianche), menando botte e minacciando di uccidere i neri uno ad uno finché l’arma e il presunto cecchino non salteranno fuori.
Ennesima prova del talento della Bigelow dietro la macchina da presa, Detroit si rivela capace di narrare una vicenda di violenza e soprusi, anche prolungati, senza gli eccessi dello splatter né del cattivo gusto.
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Detroit, 1967. Il quartiere afroamericano della città è ormai un ghetto a tutti gli effetti. Una sera, dopo una retata della polizia in un locale che vende alcolici senza licenza, scoppia la rivolta: risse, vetrine sfondate, guerriglia urbana e persino cecchini che dalle finestre sparano su polizia e Guardia Nazionale. Dalla finestra di un motel, per gioco, un ragazzo spara con una scacciacani: è l’inizio di un incubo. Tre agenti di polizia irrompono nel motel e tengono in ostaggio nove persone (tra cui due ragazze bianche), menando botte e minacciando di uccidere i neri uno ad uno finché l’arma e il presunto cecchino non salteranno fuori.
Ennesima prova del talento della Bigelow dietro la macchina da presa, Detroit si rivela capace di narrare una vicenda di violenza e soprusi, anche prolungati, senza gli eccessi dello splatter né del cattivo gusto. Le scene sono crude, la foga razzista degli agenti di polizia indigna lo spettatore nel profondo senza il bisogno di schizzi di sangue a fiotti e sadismo in stile tarantiniano. Nonostante l’ammissione nei titoli di coda, in cui si dichiara che la vicenda è stata ricostruita in modo “romanzato”, Detroit mantiene fino in fondo il suo equilibrio di film di denuncia storica, che sa perfettamente da che parte schierarsi (e vuole farlo), portando con sé anche uno spettatore frastornato dalla crudeltà degli eventi. La denuncia della Bigelow, tuttavia, differisce parecchio dalle modalità con cui uno Spike Lee avrebbe, ad esempio, interpretato la pellicola: manca di immediatezza nel calarsi a fondo nel retroterra storico afroamericano. E a Detroit si può forse rimproverare di perdere di vista il contesto meramente razziale della rivolta così come della repressione che ne consegue: i poliziotti aguzzini potrebbero essere, da questo punto di vista, dei semplici psicopatici che tanto si sfogano sui neri quanto sulle due ragazze bianche. Manca, se vogliamo, quel rancore sedimentato nella comunità nera, vittima di un continuum razzista bianco e non legato al preciso episodio storico ma onnipresente: caratteristica sottesa in tutti i film di un narratore perfettamente interessato quale è Spike Lee.
Ma il leggero distacco della Bigelow rispetto alle vicende narrate ne è anche uno dei maggiori pregi: Detroit è asciutto, schietto, e resiste alla tentazione dei lunghi intermezzi sentimentali con pianti struggenti e scene strappalacrime, che pure potevano essere legittime nelle scene in cui un padre afroamericano scopre di aver perso un figlio. Altro punto di forza del film è la condanna netta ma non generalizzata alle forze di polizia e, più in astratto, di non creare una divisione fiabesca tra “buoni e cattivi” : se almeno ad uno dei tre agenti torturatori è concessa la stupidità come attenuante, dall’altra parte nemmeno il personaggio di Boyega, spettatore troppo neutrale e immobile della tragedia, ne esce totalmente assolto.
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