carloalberto
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giovedì 15 ottobre 2020
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povero brian cox
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Per un film storico, un biopic, seppur limitato alle 96 ore che precedettero lo sbarco in Normandia, l’aderenza ai fatti o meglio a ciò che resta documentato dei fatti dovrebbe essere la priorità ed il film è stato criticato proprio per questo, tra gli altri anche da un biografo di Churchill. Ma a parte la questione della veridicità, di competenza degli addetti ai lavori, forse quello che colpisce di più è la mancanza di verosimiglianza nella rappresentazione di un Churchill dipinto come un vecchio stanco, depresso, mezzo alcolista, in balia dei generali del suo stesso stato maggiore, cosa che risulta strana visto in genere l’appecoronamento dei militari ai politici, e succube perfino della moglie.
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Per un film storico, un biopic, seppur limitato alle 96 ore che precedettero lo sbarco in Normandia, l’aderenza ai fatti o meglio a ciò che resta documentato dei fatti dovrebbe essere la priorità ed il film è stato criticato proprio per questo, tra gli altri anche da un biografo di Churchill. Ma a parte la questione della veridicità, di competenza degli addetti ai lavori, forse quello che colpisce di più è la mancanza di verosimiglianza nella rappresentazione di un Churchill dipinto come un vecchio stanco, depresso, mezzo alcolista, in balia dei generali del suo stesso stato maggiore, cosa che risulta strana visto in genere l’appecoronamento dei militari ai politici, e succube perfino della moglie. La sceneggiatura impone a Brian Cox un personaggio poco empatico che suscita pena piuttosto che ammirazione, a differenza di quello affidato a Gary Oldman nel L’Ora più buia, che interpreta un Churchill diametralmente opposto e forse anche per questo Oldman ha preso l’Oscar, peraltro pienamente meritato, e Cox no.
L’eterogeneità dei temi drammatici, il coinvolgimento della popolazione civile, la reazione al pericolo nazista, la lotta per la libertà, e la complessità della situazione politico-militare di uno dei momenti cruciali del secondo conflitto mondiale in un’Inghilterra provata dalla guerra e bombardata dai V2 tedeschi è semplificata in una serie di quadretti che assomigliano a vignette di uno strip in cui Teplitzky ci restituisce un uomo, al vertice del potere, che viene sbeffeggiato da un generale o è sgridato dalla moglie come un bambino. L’attenzione si focalizza su un solo aspetto della vicenda, ammesso che sia realistico, riducendo i pensieri dello statista, come se fosse un buon padre di famiglia o un fragile nonnetto preoccupato per i nipoti al fronte, all’unico patema d’animo, che diviene la sua idea ossessiva, quasi monomaniacale, per tutta la durata della pellicola, di essere considerato responsabile di aver mandato al macello le truppe da sbarco come accadde durante la prima guerra mondiale nella penisola di Gallipoli. Decisamente poco, sia che si consideri il film un biopic sia che lo si consideri un drammatico con un soggetto romanzato ispirato vagamente ad un personaggio storico.
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antonellaattanasio
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domenica 9 luglio 2017
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churcill - la parola al potere
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Siamo nel giugno del 1944, a poche ore dal D-Day, quando Winston Churcill, Primo Ministro britannico, decide che è il momento di vincere la guerra.
Il potere di Churcill, depresso e già in età già avanzata, incontra però le resistenze di altre sfere, mentre persuasione e lungimiranza, timori e ricordi agitano il gioco politico.
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Siamo nel giugno del 1944, a poche ore dal D-Day, quando Winston Churcill, Primo Ministro britannico, decide che è il momento di vincere la guerra.
Il potere di Churcill, depresso e già in età già avanzata, incontra però le resistenze di altre sfere, mentre persuasione e lungimiranza, timori e ricordi agitano il gioco politico. Costretto all'inazione, Winston ricorrerà alla parola.
Prende piede, nel film che porta il suo nome, un'indagine accurata dell'uomo e delle forze spiegate in campo (incluse le condizioni meteorologiche) a sole ventiquattro ore dalla fine , nel quadro di una vicenda condotta nel rispetto delle citazioni storiche e lungo il filo di un sottile umorismo, originalmente britannico.
Avvincente nelle azioni e nelle scelte dei personaggi, Churcill non è la prima pellicola ad occuparsi dell'importanza del dialogo e della comunicazione (il Discorso del re ne è esempio, per non citare l'uso seduttivo del linguaggio negli ultimi film di Tornatore).
Tuttavia, basandosi su un tentativo di umanizzazione dell'apparato politico-militare, il film è improntato su una struttura piuttosto originale: Winston Churcill giunge al suo terzo atto senza riuscire a superare gli ostacoli sguinzagliati come un fuoco nemico sul suo percorso, scelti con sapiente crudeltà e scagliati da ogni lato. Persino quello di sua moglie.
Stesso discorso riguarda le sue paure, che non si materializzano fino alla fine del film, a dispetto delle doti profetiche per le quali il politico sarà conosciuto in tutto il mondo.
A materializzarsi, al contrario, è la parola, ricercata e rivelata come alleata di guerra, arma di annientamento politico, potente amuleto curativo.
In Churcill, è la parola che prende potere, diventando l'unica cosa a restare in piedi quando tutto il resto rischia il disfacimento.
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