Nella Polonia de del 1948 , un artista , docente all'Accademia delle Belle Arti , non accetta di piegarsi alla radicalizzazione del comunismo ( realismo socialista tendente ad avvicinare le masse attraverso l'arte ) , fino a sacrificare tutto ciò che lo circonda , gli affetti più cari : la moglie, la figlia, l'allieva, se stesso. Morrà per sostenere il proprio manifesto : l'Unismo. Il suo sacrificio ( fosse stato solo il suo ) potrebbe apparire nobile anche se ostinato ma , in realtà, il suo pensiero è semplicemente non troppo dissimile da quello che lo annienterà . Strezminsky non pone in vendita le proprie opere, le dona al Museo , nel quale realizzerà il suo sogno utopico che è quello di conferire al luogo il ruolo di agente di cambiamento sociale e politico . L'arte cambierà il mondo. Ora sappiamo fin troppo bene che l'arte è solo la rappresentazione della trasformazione senza esserne la causa , guai se lo fosse ! Plasmare il futuro ? Utopia appunto. Ma se il pensiero di Strezminsky non mi ha entuasiasmato, quello di Wajda mi ha entusiasmato ancora meno: non ha saputo rappresentare la miopia dell'artista appena inferiore a quella di chi lo ha perseguitato,
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