Il ritratto negato

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Nostalgia dello spirito rivoluzionario Valutazione 4 stelle su cinque

di vanessa zarastro


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venerdì 26 luglio 2019

Il film “Afterimage”, titolo internazionale, narra gli ultimi quattro anni della vita del pittore polacco Wladyslaw Strzeminski, una figura storica che aveva conosciuto Chagall, Malevic e Rodcenko. Siamo nel 1948 a Lodz, in Polonia. Varsavia è distrutta e Lodz funge da capitale de facto, buona parte degli apparati governativi e amministrativi nazionali avevano sede lì.
Strzeminski (magistralmente interpretato da Boguslaw Linda) aveva combattuto nella Prima Guerra Mondiale, dove aveva perso un braccio e una gamba. Aveva creduto nella rivoluzione e aveva abbracciato la filosofia dell’arte avanguardista. Inoltre aveva fondato il Museo dell’Arte Moderna a Lodz, dove aveva curato personalmente la sala del neo-plasticismo, che raccoglieva alcuni suoi quadri astratti e le sculture della moglie Katarzyna Kobra protagonista con lui di un irripetibile sodalizio artistico.
Wladyslaw Strzeminski sarà vessato dal regime sovietico stalinista perché non intende aderire agli stereotipi del realismo socialista e abbracciare l’ideologia del ruolo politico dell’arte.
Strzeminski era anche un teorico d’arte e uno storico e le sue lezioni all’Accademia erano molto seguite. Un gruppo di giovani studenti lo seguirà anche nella sua caduta, mettendo insieme i suoi scritti per farne un libro e tenendo viva l’idea di rivoluzione e libertà. Nelle sue lezioni il pittore dissidente parla di forma, di percezione e soprattutto di immagini. Così sostiene: «L’immagine deve essere soprattutto quello che si assorbe, da questo e da quello. Quando noi guardiamo un oggetto, ci rimane il suo riflesso nell’occhio, quando smettiamo di guardarlo e spostiamo lo sguardo altrove, un’immagine residua dell’oggetto rimane nell’occhio, una traccia dell’oggetto con forma uguale, ma stranamente di colore opposto. Un’immagine residua [powidoki, che è, appunto il titolo originale], le immagini residue sono i colori dentro l’occhio che guarda un oggetto, perché noi vediamo solo quello di cui siamo veramente consapevoli».
Il film ha una bella fotografia e una musica inquietante che sottolinea le difficoltà sempre crescenti del pittore polacco. Anche se appena tratteggiate, intense sono le figure delle due donne che circondano Strzeminski: la figlia Nika (interpretata da Bronislawa Zamachowska) che si fa restare da un’amica delle scarpe nuove per non far preoccupare il padre e la sua allieva Hania (interpretata da Zofia Wichlacz) innamorata di lui fin dalla prima lezione di pittura en plein air. Due scene almeno sono degne di essere ricordate: quella con i fiori blu portati sulla tomba della moglie coperta di neve e quella finale dove lui cade nella vetrina tra i manichini.
Il regista, morto a 90 anni, con questo film confeziona un omaggio al pittore, un uomo integro e visionario, una figura di riferimento per il suo tempo nonché profetica per il successivo, che è stato annientato per non essersi piegato al realismo socialista.
Ma tale omaggio potrebbe essere considerato anche un testamento spirituale e sa un po’ di autobiografia. Il modo di filmare di Wajda è ben radicato nel cinema del Novecento (così come le opere di Strzeminski) e la trama del film è decisamente contro chi vuole piegare l’arte alla politica.
Presentato al 41mo Toronto International Film Festival del 2016, “Il ritratto negato” in Italia è uscito solo in questi giorni.
Il film è in linea con la ricerca del regista polacco che ama narrare per immagini la storia della sua nazione. Le emozioni sono descritte con un tono contenuto, grazie anche alla splendida recitazione di Boguslaw Linda.
Lodz è anche città del cinema polacco tanto da essere chiamata “HollyLodz”. Qui si trova la celebre Scuola Statale di Cinema, Televisione e Teatro, dove si sono formati registi e attori conosciuti in tutto il mondo, come Roman Polanski, Krzysztof Kieślowski, Krzysztof Zanussi o Jerzy Skolimowski.

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