michelecamero
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domenica 17 giugno 2018
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film di nicchia
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Ottimo film biografico su Emily Dickinson unanimemente considerata come la più grande poetessa americana, vissuta nell’Ottocento ai tempi della guerra di secessione, che muore sconosciuta venendo riconosciuta per intero la sua grandezza soltanto postuma, circostanza questa che lei stessa veva temuto. La pellicola mette bene in luce, scandagliando la sua opera ma anche le sue lettere, la difficile personalità di questa grande autrice. Ed il regista fa questo partendo innanzitutto dal focalizzare l’attenzione dello spettatore sul non facile rapporto che la Nostra ebbe con la religione, sulla sua laicità critica e poi sulle trasformazioni che affrontò durante la sua esistenza da giovane ragazza intellettualmente vivace e ribelle a donna adulta e solitaria vittima spesso delle sue regole e di qualche mania come quella di vestirsi esclusivamente di bianco da un certo momento in poi dopo la morte dei genitori.
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Ottimo film biografico su Emily Dickinson unanimemente considerata come la più grande poetessa americana, vissuta nell’Ottocento ai tempi della guerra di secessione, che muore sconosciuta venendo riconosciuta per intero la sua grandezza soltanto postuma, circostanza questa che lei stessa veva temuto. La pellicola mette bene in luce, scandagliando la sua opera ma anche le sue lettere, la difficile personalità di questa grande autrice. Ed il regista fa questo partendo innanzitutto dal focalizzare l’attenzione dello spettatore sul non facile rapporto che la Nostra ebbe con la religione, sulla sua laicità critica e poi sulle trasformazioni che affrontò durante la sua esistenza da giovane ragazza intellettualmente vivace e ribelle a donna adulta e solitaria vittima spesso delle sue regole e di qualche mania come quella di vestirsi esclusivamente di bianco da un certo momento in poi dopo la morte dei genitori. Un’esistenza tutta vissuta senza mai allontanarsi, per scelta, da quella casa paterna che le forniva probabilmente la protezione di cui sentiva il bisogno come donna e come artista e dalla sua famiglia soprattutto dalla sorella minore tanto amata ma anche tanto spesso vittima del suo cattivo umore o delle rigidità del suo carattere e delle regole della sua morale. Una pellicola comunque che si apprezza tanto di più quanto più si conoscono le sue opere. Una sorpresa, almeno per me, l’interpretazione convincente, appassionata e sofferta che della Dickinson ha saputo dare la brava Cynthia Nixon.
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cardclau
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martedì 19 giugno 2018
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emily dickinson
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Andando a vedere il film A Quiet Passion sulla, più che grandissima, poetessa americana Emily Dickinson (impersonata da una splendida Cynthia Nixon), temevo di trovarmi di fronte ad un film agiografico e mieloso, sul tipo Maria Maddalena, che parte in quarta per spiegare a noi poveri mortali il genio senza macchia, o la vera santità, cioè l’inspiegabile, l’inintelligibile, l’inverosimile. Invece il regista Terence Davies, lasciando giustamente perdere la spiegazione del genio sfolgorante della Dickinson, si è permesso (a parte alcune poesie di rara bellezza) solo di descrivere con notevole efficacia l’ambiente che l’ha vista muoversi, lasciando a noi le riflessioni sull’ostico argomento, ma con qualche prezioso elemento in più.
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Andando a vedere il film A Quiet Passion sulla, più che grandissima, poetessa americana Emily Dickinson (impersonata da una splendida Cynthia Nixon), temevo di trovarmi di fronte ad un film agiografico e mieloso, sul tipo Maria Maddalena, che parte in quarta per spiegare a noi poveri mortali il genio senza macchia, o la vera santità, cioè l’inspiegabile, l’inintelligibile, l’inverosimile. Invece il regista Terence Davies, lasciando giustamente perdere la spiegazione del genio sfolgorante della Dickinson, si è permesso (a parte alcune poesie di rara bellezza) solo di descrivere con notevole efficacia l’ambiente che l’ha vista muoversi, lasciando a noi le riflessioni sull’ostico argomento, ma con qualche prezioso elemento in più. La Dickinson vive a cavallo della metà del diciannovesimo secolo, da una famiglia dell’alta borghesia dell’est degli Stati Uniti, da una parte religiosamente rigida (come bene sapevano fare i puritani), timorata di un Dio particolarmente severo, e dall’altra incredibilmente moderna (compatibilmente con i tempi) nel modo con cui si poteva esprimere il dissenso, e venivano considerate le donne. A quei tempi la relazione uomo-donna è intrappolata da stereotipi liberticidi da entrambe le parti, dove il maschio e la femmina già alla nascita dovevano interpretare accuratamente la parte a loro attribuita. La Dickinson non lavora (forse non era considerato consono al rango sociale), non si trova un marito e non viene spinta a farlo. Scopre la sua fortissima, emozionante, potenzialità poetica, tocca col cuore e conosce profondamente il mondo della poesia, e compone fantastiche poesie apparentemente in solitudine per molti anni della sua esistenza. La scelta delle parole e delle espressioni nelle poesie di Emily Dickinson ha dello straordinario. Ritengo, forse a torto, che l’espressione della vera creatività ponga le sue robuste radici nell’esistenza di un potente oggetto d’amore. Come il bambino che giocando, si impegna allo spasimo se è la madre che lo sta guardando. Bach non avrebbe composto a quelle altezze se non avesse amato profondamente sua moglie. Puccini lo dicono un libertino, ma non può non avere vissuto con sacralità le diverse storie d’amore vedendo e ascoltando le eroine delle sue opere, decisamente diverse, ma tutte donne vere e splendide: Mimi’, Tosca, Madama Butterfly, Turandot. E l’oggetto d’amore della Dickinson? Sicuramente la famiglia, che fondamentalmente riesce a proteggerla, poi le fantasie amorose (col pastore), al di là della fisicità e delle imbalsamate convenzioni sociali.
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