Southpaw - L'ultima sfida |
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Un film di Antoine Fuqua.
Con Jake Gyllenhaal, Forest Whitaker, Naomie Harris, 50 Cent, Oona Laurence.
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Titolo originale Southpaw.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 124 min.
- USA 2015.
- 01 Distribution
uscita mercoledì 2 settembre 2015.
MYMONETRO
Southpaw - L'ultima sfida
valutazione media:
2,64
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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In lotta per rinascere ecco l'ultima sfida di Jake e Rachel
di Roberto Nepoti La Repubblica
Ci sono due tipi di film di boxe: quelli edificanti e quelli belli. Per dire, da una parte "Cinderella Man", dall'altra "Toro scatenato". Basta leggere la trama per capire che "Southpaw" appartiene al primo gruppo. Eroe del ring venuto dalla strada, Billy Hope è campione del mondo. La cintura se l'è guadagnata usando sempre la stessa tattica: salire sul campo infuriato, farsi massacrare di botte poi demolire l'avversario mettendolo ko. Finché il cattivo della storia, il pugile Miguel Escobar, non lo provoca fuori del ring, facendo perdere le staffe a lui e la vita alla sua amatissima moglie Maureen a causa di un tragico incidente.
Va detto perché è il motore della storia: Hope sbrocca e, dopo l'amata, perde soldi, casa, allenatore, contratti e soprattutto la custodia della sua bambina. Finito nei bassifondi di New York, Billy comincia a riprendere il controllo della propria vita quando incontra Tick Wills, antico pugile convertito in allenatore per ragazzi dei quartieri poveri. La redenzione è soprattutto un match interiore dell'uomo contro se stesso, per sostituire la tecnica alla rabbia e potere, così, affrontare chi gli ha rovinato la vita.
Il film di Antoine Fuqua non risparmia allo spettatore nemmeno uno dei cliché del melodramma di boxe, variante racconto di redenzione, colpendolo ripetutamente sotto la cintura con bordate di pietà e sentimentalismo prima di giungere - è ovvio - al match finale, combattuto integralmente per tutti e dodici i round. Niente di che rivoluzionare il genere, insomma: piuttosto la parabola di un Rocky Balboa incattivito, giocata (un po' cinicamente) sul mito duro a morire del self-made-man e della "seconda possibilità" che trionfa sempre, basta volerlo.
I pregi conclamati di Soutpaw vertono su due argomentazioni. Per cominciare quanto è bravo Jake Gyllenhaal, che all'apice della sua folgorante carriera ha messo su nove chili di muscoli e si è sottoposto ad allenamenti massacranti. In secondo luogo sull'impressionante realismo dei combattimenti, condensabile nella formula "sembra di stare sul ring". Il che è un po' vero; anche perché Fuqua, che alterna primi piani sulla sofferenza dei combattenti con totali del quadrato, ha scelto come operatori alla macchina da presa Rick Cypher e Todd Palladino, responsabili degli incontri di boxe per la HBO (aggiungendovi i commentatori della rete via cavo e un vero arbitro di boxe). Tutto perfetto, insomma; magari un po' meno per lo spettatore esigente che va al cinema per vedere un film, non un match di pugilato, e s'interessa fino a un certo punto alla forma atletica di Gyllenhaal.
Pur trovando un po' comico che, nell'era del trionfo degli effetti cinematografici, ci si continui a beare quando le star di Hollywood (vedi Tom Cruise appeso all'aereo, in Mission Impossible) "non usano trucchi", è comunque vero che il bravo Jake presta un'interpretazione di alto livello al suo personaggio dilaniato tra pulsioni violente e istinto di sopravvivenza. Come fa anche Forest Whitaker, angelo nero decaduto ma pieno di saggezza che pare una reincarnazione del maestro zen di Karate Kid.
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