elgatoloco
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venerdì 17 novembre 2017
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jenny's wedding ="broken"
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"Jenny's Wedding"è un film dal chiaro impianto teatrale, non solo per il fatto che il film si svolge interamente in interni, ma propio per come sono concepite e realizzate le scene, con la presenza fisica dei personaggi, anche in contrasto tra loro, in specie quando si ha l'"altercatio"tra personaggi, in occasione della"rivelazione"ai genitori del fatto che Jenny non ha una relazione con un uomo sposato(già materia di scandalo in una famiglia piccolo-borghese, iper-tradizionalista)ma che è "lesbian", "gay". Drammatico più che"commedia"(qui si ride ben poco, invero), quuesto film di Mary Agnes Donoghue, del 2015, ha stilisticamente il "sapore"di altri tempi, ma questo, di per sé, non sarebbe neppure un male; i problemi iniziano, invece, con la scelta di un film"teatrale"(e qui anche André Bazin sarebbe d'accordo e convinto, con la sua"Ontologie du cinéma"), dove il tutto , ossia la trasgressione comincia proprio con la ricerca frenetica di un"ubi consistam"all'interno della famiglia, proprio con la ricerca di un matrimonio borghese-dove, oltre a tutto, è molto scarsamente convicente la mimica, la gestualità assente, la prossemica di un padre-quello della sposa-prima vistosamente imbarazzato, per non dire"seccato", comunque certamente"spaesato", che poi invece sorride e balla tranquillamenge, quasi la sua pargola sposasse il"principe azzurro"dei suoi sogni, piuttosto che una donna, cosa che lo scandalizzava fino a poco prima.
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"Jenny's Wedding"è un film dal chiaro impianto teatrale, non solo per il fatto che il film si svolge interamente in interni, ma propio per come sono concepite e realizzate le scene, con la presenza fisica dei personaggi, anche in contrasto tra loro, in specie quando si ha l'"altercatio"tra personaggi, in occasione della"rivelazione"ai genitori del fatto che Jenny non ha una relazione con un uomo sposato(già materia di scandalo in una famiglia piccolo-borghese, iper-tradizionalista)ma che è "lesbian", "gay". Drammatico più che"commedia"(qui si ride ben poco, invero), quuesto film di Mary Agnes Donoghue, del 2015, ha stilisticamente il "sapore"di altri tempi, ma questo, di per sé, non sarebbe neppure un male; i problemi iniziano, invece, con la scelta di un film"teatrale"(e qui anche André Bazin sarebbe d'accordo e convinto, con la sua"Ontologie du cinéma"), dove il tutto , ossia la trasgressione comincia proprio con la ricerca frenetica di un"ubi consistam"all'interno della famiglia, proprio con la ricerca di un matrimonio borghese-dove, oltre a tutto, è molto scarsamente convicente la mimica, la gestualità assente, la prossemica di un padre-quello della sposa-prima vistosamente imbarazzato, per non dire"seccato", comunque certamente"spaesato", che poi invece sorride e balla tranquillamenge, quasi la sua pargola sposasse il"principe azzurro"dei suoi sogni, piuttosto che una donna, cosa che lo scandalizzava fino a poco prima.Anche gli/le interpreti, a iniziare da Katherine Heigl, la protagonista, non riescono a smuovere la cosa(il fim, voglio dire), che è per 2 terzi e forse più un cupo dramma, dove emergono solo, come elementi felici, un prato verde, chiara metafora della felicità tout court e un simpatico cagnetto. El Gato
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mercoledì 28 luglio 2021
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piavevole inno alla non trasgressione
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Decisamente, con "Jenny's Weggiung"(Mary Agnes Donoguhue, 2015, anche autrice di soggetto e sceneggiatura)siamo in una dimensione diversa da quella dei Gay Pride etc., dato che Jenny, che convola a nozze con la sua compagna, ha annunciato in famiiglia la volontà di sposarsi, ma senza indicare chi sia il"fortunato"(senza indicare chi e di che genere sia), e quando "si scoperchia il vaso di Pandora", grande scandalo in famiglia, dove padre e madre si contenedono il ruolo di chi difende la figlia o di chi è più scandalizzato(a)e idem per la sorella maggiore, (infelicemente)sposata con un uomoi e madre. Nessun inno alla divesità, anche perché le due donne vogliono vivere una vita fmailiare "normale", appunto senza trasgressioni, ma lo vogliono fare serneamente, senza l'assillo del "bochinche", del chiacchericcio continuo, dlela maldicenza che si attiva-riattiva ad ogni più sospinto.
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Decisamente, con "Jenny's Weggiung"(Mary Agnes Donoguhue, 2015, anche autrice di soggetto e sceneggiatura)siamo in una dimensione diversa da quella dei Gay Pride etc., dato che Jenny, che convola a nozze con la sua compagna, ha annunciato in famiiglia la volontà di sposarsi, ma senza indicare chi sia il"fortunato"(senza indicare chi e di che genere sia), e quando "si scoperchia il vaso di Pandora", grande scandalo in famiglia, dove padre e madre si contenedono il ruolo di chi difende la figlia o di chi è più scandalizzato(a)e idem per la sorella maggiore, (infelicemente)sposata con un uomoi e madre. Nessun inno alla divesità, anche perché le due donne vogliono vivere una vita fmailiare "normale", appunto senza trasgressioni, ma lo vogliono fare serneamente, senza l'assillo del "bochinche", del chiacchericcio continuo, dlela maldicenza che si attiva-riattiva ad ogni più sospinto. E ci riuscirnano, quasi per"incanto". Resa drammarurgica teatrlae, senza tanti movimenti di macchina o altri espeidenti"filmici", coerentemente all'estetica di Bazin(nell'Ontologie du cinéma")per cui l'orgine teatrale non deve essere negata o sommersa da segni contrastanti, Dunque esposizione piana della vicenda, dai sui presupposti, agli inizi, allo sviluppo della vicenda, alla sua/happy, appunto, pur se travagliata)conclusione. Dramma e commedia insieme, dove solo nel finale la seconda sopravanza il primo elemento. co n Katherine Heigl bravissima come Jennu, ma anche tutti/e gli/le altri/e interpreti, da Tom Wilinson a Linda Edomond, ottimi(e intepreti. Un film che merita di essere visto anche in contrapposizione a quel modello "anti"e iper-rivoltoso(più che rivoluzionario, natrualmente)che nelle manifestazioni sembra far furore, lasciando però spesso uno strascico che, più che essere utili, sembrano piuttosto danneggiare cause più che giuste, prese in cosndierazione però solo negli ultimi anni e spesso in maniera molto confusa e troppo"rutilante"per risutlare poi effetivamewnte di giovamento alla causa. Essere gay e/o lesbiche può volere dire, ovviamente, molte cose, ossia implicare varie scelte differenti, non ricondudibii ad atteggiamenti stereotipati e univoci. Di ciò il film dà, per così dire, "ampia testimoianza" El Gato
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