erre
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lunedì 29 agosto 2016
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colombia mon amour
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Nick e Dylan sono due giovani fratelli canadesi in cerca di avventura, libertà e un po' di onde per il surf. Tutto questo sembrano trovarlo su una bellissima spiaggia di una piccola città della selvaggia Colombia. Nick, nel nuovo paese, trova anche l' amore di nome Maria, una bellissima ragazza impegnata nel sociale. Ben presto si scopre, però, che Maria è la nipote di, un ancor semisconosciuto alle cronache mondiali, Pablo Escobar il "Re della cocaina" futuro super criminale tra i più ricchi di sempre se non il più ricco. A poco a poco Nick detto Nicko, tramite Maria, inizia ad addentrarsi sempre più nella vita, nelle vicende e negli affari di Escobar quasi sempre contro la sua volontà ma spinto dall' amore per la ragazza e dalla paura di perderla.
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Nick e Dylan sono due giovani fratelli canadesi in cerca di avventura, libertà e un po' di onde per il surf. Tutto questo sembrano trovarlo su una bellissima spiaggia di una piccola città della selvaggia Colombia. Nick, nel nuovo paese, trova anche l' amore di nome Maria, una bellissima ragazza impegnata nel sociale. Ben presto si scopre, però, che Maria è la nipote di, un ancor semisconosciuto alle cronache mondiali, Pablo Escobar il "Re della cocaina" futuro super criminale tra i più ricchi di sempre se non il più ricco. A poco a poco Nick detto Nicko, tramite Maria, inizia ad addentrarsi sempre più nella vita, nelle vicende e negli affari di Escobar quasi sempre contro la sua volontà ma spinto dall' amore per la ragazza e dalla paura di perderla. Nick segue Escobar per molti anni fino allo storico declino. Decide, allora, di scappare in gran segreto con Maria ma quando tutto sembra ormai risolto ecco l' ennesima chiamata di Don Pablo, l' ultima chiamata di Don Pablo.
La storia di uno dei più potenti criminali di sempre discretamente raccontata e usata come sfondo per un intensa storia d' amore.
Benicio Del Toro è magistrale e il resto del cast all' altezza, il film ha un buon ritmo ed è fedele alla storicità degli eventi, l' unico difetto è qualche salto temporale di troppo nella storia tra l' altro quasi mai contestualizzato. Il vero rammarico però è, forse, l' occasione sfumata di poter raccontare nei minimi dettagli, senza intrusi, quasi a documentario, la vera storia di Pablo Escobar.
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flyanto
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lunedì 29 agosto 2016
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il terribile ritratto di un uomo spietato
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Personaggi criminali e comunque spietati nelle loro azioni sono stati rappresentati molteplici volte al cinema ed è così che ora esce nelle sale di proiezioni la terribile figura di Pablo Escobar interpretata da Benicio Del Toro.
Siamo in Colombia negli anni '90 dove su una spiaggia da sogno giungono dal Canada due fratelli con l'intento di stabilirvisi per parecchio tempo, uno aprendo un chiosco di bibite, l'altro dando lezioni di surf. Quest'ultimo qui conosce una bella ragazza locale di cui si innamora immediatamente e, ricambiato, inizia così con lei una relazione sentimentale. Ma la giovane è la nipote del boss locale Pablo Escobar che, dispensando aiuti economici e vari favori ai bisognosi del posto, di fatto è a capo di un grosso e fiorente traffico di droga.
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Personaggi criminali e comunque spietati nelle loro azioni sono stati rappresentati molteplici volte al cinema ed è così che ora esce nelle sale di proiezioni la terribile figura di Pablo Escobar interpretata da Benicio Del Toro.
Siamo in Colombia negli anni '90 dove su una spiaggia da sogno giungono dal Canada due fratelli con l'intento di stabilirvisi per parecchio tempo, uno aprendo un chiosco di bibite, l'altro dando lezioni di surf. Quest'ultimo qui conosce una bella ragazza locale di cui si innamora immediatamente e, ricambiato, inizia così con lei una relazione sentimentale. Ma la giovane è la nipote del boss locale Pablo Escobar che, dispensando aiuti economici e vari favori ai bisognosi del posto, di fatto è a capo di un grosso e fiorente traffico di droga. All'inizio egli sembra accettare, ma solo per amore della nipote, la presenza nella sua famiglia del ragazzo canadese che peraltro introduce nelle mansioni lavorative insieme ai suoi dipendenti, una volta nel corso del tempo, che però scopre che i due innamorati vogliono abbandonare la Colombia e, dunque, affrancarsi dalla sua ingerenza di criminale, Escobar inizia, prima di farsi rinchiudere in una prigione di Stato con una sorta di programma di protezione della Polizia, a sterminare tutti coloro che egli reputa ormai suoi nemici e pertanto anche i due giovani stessi. Ne scaturirà una vera e propria carneficina quanto mai sanguinosa e spietata.
"Escobar", ripeto, è una delle numerose pellicole che raccontano l'esistenza e le azioni di un temibile personaggio a capo di un potente traffico di droga, raggiungendo livelli di ricchezza e potenza tali da venire addirittura considerato come un "benefattore" dalla povera gente del suo paese che egli tiene però soggiogata attraverso qualche "regalia" economica, e pertanto non si discosta di molto dalle svariate altre precedenti che trattano la figura di simili criminali. Ma quello che rende di pregio questo film è soprattutto l'interpretazione magnifica e perfetta di Benicio Del Toro che, sfatto nel fisico e nella morale, ben impersona il personaggio. Alternando gesti di magnanimità e di violenza inaudita non appena qualcuno osa andargli contro, Del Toro riesce a rendere la figura di Escobar quanto mai reale e conforme a tutti i "cattivi" che dal nulla si sono costruiti una posizione economica e di potere temuta da tutti, e principalmente dalla popolazione ignorante e soprattutto quanto mai bisognosa a cui poco interessa l'iter più meno onesto della scalata dell'uomo in questione.
Insomma, un film avvincente seppure non originale che fa ancora una volta riflettere lo spettatore sulla condizione e sull'andamento di alcuni paesi, soprattutto del centro e sud-America.
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sabato 3 settembre 2016
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sul filo della tensione con "el patron" benicio
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di Buio in sala
Salire sul filo della tensione è di norma un esercizio semplice, basta raccontare un paio di situazioni verosimili. Il difficile è tenerla per due ore quella tensione, arrotolarci attorno una trama senza mai lasciarla cadere, condirla con interpretazioni e dialoghi che da verosimili diventano credibili, fino a prendere per mano lo spettatore e condurlo, dall’inizio alla fine, su un’emozionante nota di suspance. Il difficile è tenerla senza eccedere. Escobar è un film che funziona: una corda tesa allo spasimo sulla quale gli attori quasi danzano nei loro ruoli, con uno strepitoso, indispensabile Benicio Del Toro nei panni del narcotrafficante Pablo Escobar.
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di Buio in sala
Salire sul filo della tensione è di norma un esercizio semplice, basta raccontare un paio di situazioni verosimili. Il difficile è tenerla per due ore quella tensione, arrotolarci attorno una trama senza mai lasciarla cadere, condirla con interpretazioni e dialoghi che da verosimili diventano credibili, fino a prendere per mano lo spettatore e condurlo, dall’inizio alla fine, su un’emozionante nota di suspance. Il difficile è tenerla senza eccedere. Escobar è un film che funziona: una corda tesa allo spasimo sulla quale gli attori quasi danzano nei loro ruoli, con uno strepitoso, indispensabile Benicio Del Toro nei panni del narcotrafficante Pablo Escobar. La trama narra di Nick, giovane canadese in vacanza col fratello in Colombia, che s’innamora perdutamente di Maria, nipote del boss colombiano. La “famiglia” lo accoglie, ma il ragazzo pian piano capisce che l’altruismo esibito dal padrino colombiano (chiamato infatti El Patron) nasconde in realtà le trame di un sanguinario criminale. E la storiella d'amore si trasforma in un incubo ossessivo e claustrofobico.
Interessante e solida la regia dell’esordiente Andrea Di Stefano (dopo trascorsi da attore): efficace l’uso di flashback per raccontare la prima parte, mentre nella seconda si assiste a una narrazione più tradizionale, sincopata nel crescere della tensione, ma mai noiosa, mai banale, sempre alla ricerca del dettaglio, della raffinatezza (come quel raggio di luce sull’occhio di Nick nella lunga sequenza della caccia all’uomo). Uniche pecche: la recitazione di Josh Hutcherson, troppo limitato come gamma espressiva (soprattutto nella prima parte) per reggere il ruolo da protagonista. E qualche passaggio narrativo poco chiaro sulle scelte del “Re della coca”, ben narrato nella sua parte più amabile e meno in quella spietata. Col segno più la regia, la fotografia e le interpretazioni di tutti i comprimari. E cinque stelle alla recitazione di Benicio Del Toro, che non delude mai.
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giorgio postiglione giorpost
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sabato 18 maggio 2019
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un amore improbo condizionato dai 2 volti di pablo
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Nick e Dylan sono due fratelli canadesi in cerca di una svolta nelle proprie vite. La trovano su una spiaggia della lontana Colombia, dove (sfruttando l'apparente stato d'abbandono e selvaggio del luogo) decidono di mettere le basi aprendo un chiosco ed una scuola di surf.
Nell'andirivieni tra il bosco e la vicina cittadina Nick conosce una ragazza del luogo: è amore a prima vista.
Lei vuole presentare subito il nuovo fidanzato alla sua sterminata famiglia e Nick, acconsentendo non senza remore, fa la conoscenza di suo zio, patriarca del nucleo parentale che risponde al nome di Pablo Escobar.
Minacciati da criminali autoctoni, i due fratelli vengono "aiutati" dagli scagnozzi di Pablo che bruciano vivi i delinquenti, aprendo scenari fin lì ignorati: Nick è entrato a far parte della più grande organizzazione criminale del Paese, guidata dal Patròn, ostinato e sanguinario signore della droga.
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Nick e Dylan sono due fratelli canadesi in cerca di una svolta nelle proprie vite. La trovano su una spiaggia della lontana Colombia, dove (sfruttando l'apparente stato d'abbandono e selvaggio del luogo) decidono di mettere le basi aprendo un chiosco ed una scuola di surf.
Nell'andirivieni tra il bosco e la vicina cittadina Nick conosce una ragazza del luogo: è amore a prima vista.
Lei vuole presentare subito il nuovo fidanzato alla sua sterminata famiglia e Nick, acconsentendo non senza remore, fa la conoscenza di suo zio, patriarca del nucleo parentale che risponde al nome di Pablo Escobar.
Minacciati da criminali autoctoni, i due fratelli vengono "aiutati" dagli scagnozzi di Pablo che bruciano vivi i delinquenti, aprendo scenari fin lì ignorati: Nick è entrato a far parte della più grande organizzazione criminale del Paese, guidata dal Patròn, ostinato e sanguinario signore della droga.
Escobar - Paradise lost (2014) è l'opera prima di De Stefano, regista romano trapiantato a New York, autore di questo film dal ridotto budget che, tuttavia, non gli ha impedito di poter contare sulla partecipazione di Del Toro, pezzo grosso che veste alla perfezione i panni del narcotrafficante, idolo dei poveri e derelitti colombiani.
Benicio mette in campo il suo famigerato sguardo, ampiamente sfruttato come pure la sua corporatura, nient'affatto dissimile dal boss, del quale disegna un ritratto a due facce: il lato umano, nel quale emerge un incredibile attaccamento agli affetti familiari e quello spietato e crudele, che non gli impedisce, se necessario, di far assassinare gli stessi.
L' epopea di Escobar, personalità carismatica ma dall'indubbia complessità caratteriale, ha già ispirato molti racconti su pellicola e tanti ancora ne seguiranno, ma nel frattempo consiglio di vedere questo lavoro ben fatto, ritmato e asciutto, arricchito da sequenze importanti (la caccia a Nick da parte di una polizia connivente è notevole). Singolare la presenza di Carlos Bardem nei panni del fidato killer Drago: il più noto fratello Javier intrepreterà -a distanza di qualche anno- anch'egli il re del cartello di Medellin.
Il protagonista Josh Hutcherson, già visto negli Hunger Games, se ci mette più mordente farà molta strada.
Voto: 7-
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des esseintes
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lunedì 25 luglio 2016
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il moralismo postmoderno e la realtà
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La pruderie postmoderna impone un rigidissimo giudizio morale a senso unico il cui scopo è quello di dissuadere lo spettatore dal farsi venire in mente idee strane tipo: "Ma vuoi vedere che non vivo nel migliore di mondi possibili?".
E allora è ovvio che devono rappresentare Escobar come un assurdo demonio descrivendo l'amore che gli portava il popolo come frutto di un bieco inganno (e manco a dirlo della "stupidità" del popolino che va sempre guidato altrimenti succedono i guai...).
Solo che provate a usare lo stesso metro con Tony Blair, George Bush, o la prossima presidentessa degli US e vi accorgereste che c'è tanto ma tanto di peggio di un delinquente colombiano.
E rimane il fatto che il popolo non lo amava.
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La pruderie postmoderna impone un rigidissimo giudizio morale a senso unico il cui scopo è quello di dissuadere lo spettatore dal farsi venire in mente idee strane tipo: "Ma vuoi vedere che non vivo nel migliore di mondi possibili?".
E allora è ovvio che devono rappresentare Escobar come un assurdo demonio descrivendo l'amore che gli portava il popolo come frutto di un bieco inganno (e manco a dirlo della "stupidità" del popolino che va sempre guidato altrimenti succedono i guai...).
Solo che provate a usare lo stesso metro con Tony Blair, George Bush, o la prossima presidentessa degli US e vi accorgereste che c'è tanto ma tanto di peggio di un delinquente colombiano.
E rimane il fatto che il popolo non lo amava. Lo adorava.
Quasi due anni dopo la sua morte stavo in Antioquia, la regione degli altopiani sopra Medellin, quindi proprio la zona sua.
Lui era morto e della sua lussuosa residenza erano restate poche cose fra cui alcuni animali del suo celebre zoo, in particolare degli ippopotami (che sono morti pochi anni fa) e una tigre splendida che era l'orgoglio non solo del boss ma di tutta la gente di Antioquia (che è la regione tradizionalmente più produttiva della Colombia).
Sono paesini sperduti, non "belli" ma molto affascinanti per un turismo diverso.
Una sera dopo un lungo giro torno a uno di questi paesini dove avevo l'albergo e vado a prendermi un caffè. Nel locale c'era un'aria strana, erano tutti molto seri, parlavano a voce bassa.
Io gli chiedo se fosse successo qualcosa, uno di loro si volta guardandomi fisso negli occhi e mi fa: "Ayer se muriò el tigre de Pablo".
Quella gente nella propria vita aveva solo l'amore di un delinquente che era davvero una bestiaccia ma per il suo popolo aveva fatto di più di quanto mai avesse fatto lo Stato di quella nazione. Anzi era proprio quello Stato di venduti - che come è stranoto fomentava la guerriglia e il narcotraffico per poter ricevere gli aiuti americani - la causa della sua povertà.
Gente senza futuro e senza presente che aveva solo quell'amore "sbagliato" come identità.
E allora o gli si dà un'altra identità, o si fa per loro di più di quanto abbia fatto il bandito o anche si denuncia a viso aperto il sistema che genera gli Escobar...oppure per cortesia sospendete per pudore i giudizi moralistici a pagamento.
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maramaldo
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mercoledì 14 settembre 2016
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colombia, terra di uomini che parlano con dio
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I malviventi devoti non sono rari neanche da noi. Secondo me, dipende da una dimesttichezza con la morte degli altri che , però, non allontana l'idea dall'ineluttabilità della propria: solo questione di tempo, tanto vale tenersi buono il Cielo. Il fenomeno è più frequente, diciamo, al sud di un qualche nord. A sud del Rio Grande (piaccia o no, una certa Colombia comincia da lì) è intravisto da parte di una mentalità che definiremmo WASP come uno degli aspetti di una religiosità da sottosviluppo culturale, intrisa di superstizioine e con pratiche di culto idolatriche. Tuttavia non si poteva tralasciare questo spunto di folklore nel tratteggiare una figura emblematica di certa umanità dei nostri giorni, Pablo Escobar.
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I malviventi devoti non sono rari neanche da noi. Secondo me, dipende da una dimesttichezza con la morte degli altri che , però, non allontana l'idea dall'ineluttabilità della propria: solo questione di tempo, tanto vale tenersi buono il Cielo. Il fenomeno è più frequente, diciamo, al sud di un qualche nord. A sud del Rio Grande (piaccia o no, una certa Colombia comincia da lì) è intravisto da parte di una mentalità che definiremmo WASP come uno degli aspetti di una religiosità da sottosviluppo culturale, intrisa di superstizioine e con pratiche di culto idolatriche. Tuttavia non si poteva tralasciare questo spunto di folklore nel tratteggiare una figura emblematica di certa umanità dei nostri giorni, Pablo Escobar. Prudenza però occorre nell'avventurarsi su questo terreno e così i gringos invasori, quegli improbabili bagnini su quel tratto di costa desertol, sono diventati canadesi. I fatti si svolgono davvero in un paradiso, in una terra generosa e bella dove, per una magia di apporti genetici, s'incontrano le donne più avvenenti d'America. E' Maria, la Colombia. Ce ne s'innamora all'istante e perdutamente ossia senza tener in conto le controindicazioni dettate dal senso morale e dal buon senso.
Ora, riflettete: budget notevole, Benicio Del Toro protagonista, un problema come il narcotraffico, il tutto per l'esordio in regiadi un giovane che avrà pur mangiato pane e cinema fin da ragazzo ma davanti la cinepresa non dietro. Chissà perchè. Comunqua, è stato scoperto un talento di prim'ordine con in più una caratteristica che ne ha valorizzato l'opera: Andrea Di Stefano è nato a Roma, più latino di così. E non nasconde le radici. Fa eseguire un successo di Gigliola Cinquetti che un appasionato Pablito canta a su querida esposa. E com'è naturale tra le tenerezze della famiglia: giocherellone, affettuoso, indulgente, quest'Escobar è made in Italy. Ma Di Stefano non dimentica gli altri impegni: mostrare l'autentico volto del boss nel suo brodo di coltura. Impietose e puntuali le notazioni.
Sferzante quella in cui basta la telefonata di un tirapiedi assassino per far arrivare nel villaggio un plotone di policia inj assetto di guerra per scovare e far fuori il malcapitato Nick.Straziante la storia di Martin, incosciente e spavaldo non tanto perchè vuole correre o maneggia disinvolto dinamite ma perchè è padre di famiglia alle soglie della pubertà. E' il personaggio che attira simpatia e ci coinvolge emotivamente. Eppure è un simbolo: con meno ingenuità e più fortuna non sarebbe divenuto un.... Escobar?
A Pablo (o a Benicio?) l'autore non concede il finale eroico , quell'apoteosi di piombo che non si nega al bandito famoso o al rivoltoso del mito. Leggenda vuole che Escobar dopo una fuga sui tetti di Medellìn fosse ucciso in un conflitto a fuoco. Qui, invece, chiude consegnandosi tranquillamente.Prima ha un colloquio con qualcuno del quale si scorge il luccichio di una crocetta sul bavero: un prete. Dopo chiacchiere strampalate e un rituale di benedizione gli consegna una borsa.
Intanto, il povero Nick sta morendo dissanguato sulla panca di una chiesa. Qui lo raggiunge disperata Maria sotto un diluvio, segno di pianto e di collera divina. Prima di spirare Nick sarà stato confortato dagli sguardi dolenti e benigni dei Santi che ha intorno? Avrà sperato che perso un paradiso quaggiù se ne può trovare uno migliore lassù? Così sia.
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resio
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sabato 28 luglio 2018
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mediocre
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Una nota di merito per l'interpretazioe di Benicio Del Toro, secondo me unica nota positiva di questo film, per il resto mediocre.
A parte per il lato recitativo, Escobar sembra una caricatura di Don Corleone, ma la cosa buffa è che non è il protagonista del film.. no, il protagonista del film è un improbabile bravo ragazzo canadese che, guarda un pò, tra tutte le belle ragazze che poteva incontrare in Colombia non va a fidanzarsi proprio con la nipote del signore della droga, finendo per rimanere coinvolto in qualcosa di più grande di lui?
Film farcito di stereotipi da thriller americano; il criminale delirante con i suoi spietati scagnozzi che si fanno fregare dal pivello di turno, la gente ammazzata senza che se ne comprenda il motivo, ma solo perché il cattivo deve fare il cattivo, la storia d'amore di contorno.
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Una nota di merito per l'interpretazioe di Benicio Del Toro, secondo me unica nota positiva di questo film, per il resto mediocre.
A parte per il lato recitativo, Escobar sembra una caricatura di Don Corleone, ma la cosa buffa è che non è il protagonista del film.. no, il protagonista del film è un improbabile bravo ragazzo canadese che, guarda un pò, tra tutte le belle ragazze che poteva incontrare in Colombia non va a fidanzarsi proprio con la nipote del signore della droga, finendo per rimanere coinvolto in qualcosa di più grande di lui?
Film farcito di stereotipi da thriller americano; il criminale delirante con i suoi spietati scagnozzi che si fanno fregare dal pivello di turno, la gente ammazzata senza che se ne comprenda il motivo, ma solo perché il cattivo deve fare il cattivo, la storia d'amore di contorno...stendiamo poi un velo pietoso sul finale di cui non dico nulla per non fare spoiler, nel caso qualcuno si facesse venire la malaugurata idea di guardarlo.
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mikirino
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mercoledì 31 agosto 2016
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assolutamente deludente!
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L'unico elemento positivo del film è l'interessante interpretazione di Benicio Del Toro, per il resto il film si riduce ad alcune descrizioni d'ambiente, lunghe e noiose, alternate a scene d'azione prive di originalità. Non c'è la storia di Escobar. Non c'è la storia dei personaggi collaterali, di cui non ci viene raccontato nulla. L'evoluzione dei personaggi non esiste, il film va a salti ingiustificati.
Rispariate soldi e tempo.
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filippo catani
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domenica 4 settembre 2016
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inconsistente
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Un giovane surfista canadese si innamora della nipote del pericolossissimo narcotrafficante Escobar. Il giovane verrà quindi reclutato per una missione che lo sconvolgerà mettendone a repentaglio la vita.
Un film inconsistente che paga dazio ad una sceneggiatura che si scioglie come neve al sole man mano che ci avviciniamo alla fine. E dire che volendo ci sarebbero state tante cose da raccontare sul personaggio di Escobar. Quì invece, al netto di un Del Toro che ce la mette proprio tutta, si imbastisce una sorta di telenovela sudamericana con una spruzzata di action americano. Ecco allora che il povero e sprovveduto surfista canadese si trova a fronteggiare l'intera accolita di Escobar con due pistole alla mano mentre il leader si avvia verso l'arresto.
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Un giovane surfista canadese si innamora della nipote del pericolossissimo narcotrafficante Escobar. Il giovane verrà quindi reclutato per una missione che lo sconvolgerà mettendone a repentaglio la vita.
Un film inconsistente che paga dazio ad una sceneggiatura che si scioglie come neve al sole man mano che ci avviciniamo alla fine. E dire che volendo ci sarebbero state tante cose da raccontare sul personaggio di Escobar. Quì invece, al netto di un Del Toro che ce la mette proprio tutta, si imbastisce una sorta di telenovela sudamericana con una spruzzata di action americano. Ecco allora che il povero e sprovveduto surfista canadese si trova a fronteggiare l'intera accolita di Escobar con due pistole alla mano mentre il leader si avvia verso l'arresto. Forse l'intento di Di Stefano era quello di fare qualcosa di diverso dai film e dalle numerose serie sul narcotraffico che stanno spopolando ultimamente. Peccato perchè il tentativo fallisce miseramente e a metà film si sente l'inesorabile bisogno di uscire a prendere una boccata d'aria. Hutcherson bocciato.
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liuk!
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domenica 23 aprile 2017
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poco biografico ma buono
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La strada scelta per descrivere Escobar, è in questa pellicola, molto particolare. Il boss della droga non è il personaggio principale, se pur la sua presenza sia preponderante, ma fa cornice alla storia di un ragazzo canadese che vuole vivere sulle spiaggie della Colombia ma ha la sfortuna di innamorarsi di Maria, nipote per l'appunto di Escobar, ritrovandosi presto integrato all'interno del cartello di Medellin.
Del vero personaggio colombiano si vede poco anche se ne si percepisce bene la potenza e la spietatezza e chi, come me, ha visto la pellicola per approfondire elementi storici a riguardo, ne rimarrà abbastanza deluso o quantomeno spiazzato nonostante l'eccellente prestazione di Benicio Del Toro, imbattibile in ruoli come questi.
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La strada scelta per descrivere Escobar, è in questa pellicola, molto particolare. Il boss della droga non è il personaggio principale, se pur la sua presenza sia preponderante, ma fa cornice alla storia di un ragazzo canadese che vuole vivere sulle spiaggie della Colombia ma ha la sfortuna di innamorarsi di Maria, nipote per l'appunto di Escobar, ritrovandosi presto integrato all'interno del cartello di Medellin.
Del vero personaggio colombiano si vede poco anche se ne si percepisce bene la potenza e la spietatezza e chi, come me, ha visto la pellicola per approfondire elementi storici a riguardo, ne rimarrà abbastanza deluso o quantomeno spiazzato nonostante l'eccellente prestazione di Benicio Del Toro, imbattibile in ruoli come questi.
Complessivamente un lavoro discreto, a tratti buono, ma con una trama sicuramente debole rispetto a quella che si sarebbe potuta ottenere approfondendo gli aspetti biografici.
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