eusebio abbondanza
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mercoledì 28 maggio 2014
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sopravvalutato
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Personalmente trovo che “Le Meraviglie” sia un film poco riuscito e abbastanza sopravvalutato. Non so quali fossero le intenzioni, ma mi è sembrato uno scialbo manifesto anti-bucolico che sceglie di raccontare la vita contadina attraverso la bruttezza e lo squallore.
Brutti i luoghi, una campagna fangosa dove non si vede un fiore o un prato, un casale scalcinato, dentro e fuori, uno squallido laboratorio per il miele in stile condono edilizio.
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Personalmente trovo che “Le Meraviglie” sia un film poco riuscito e abbastanza sopravvalutato. Non so quali fossero le intenzioni, ma mi è sembrato uno scialbo manifesto anti-bucolico che sceglie di raccontare la vita contadina attraverso la bruttezza e lo squallore.
Brutti i luoghi, una campagna fangosa dove non si vede un fiore o un prato, un casale scalcinato, dentro e fuori, uno squallido laboratorio per il miele in stile condono edilizio.
Brutta (volutamente?) la fotografia, le inquadrature e i “movimenti” di macchina, talmente poco curati da sembrare improvvisati e casuali (volutamente?), il montaggio molto approssimativo (o estremamente “coraggioso”, a seconda dei punti di vista). Perfino la Bellucci, con la parrucca bianca e quella assurda tutina dorata che le evidenzia i difetti dell'età, perde molto del suo fascino.
Per non dire della sceneggiatura, che a metà del film prende una piega favolistica che non arriva da nessuna parte (la tv locale con la fatina presentatrice, i contadini vestiti da etruschi, il cammello, ah... quanta poesia nel cammello...).
E comunque, dato che trattasi di Film d'Autore, quello che si poteva abbondantemente raccontare in 80 minuti viene dilatato fino a sfiorare le due ore, giusto per superare il limite massimo di resistenza umana.
Ma forse era proprio questo il messaggio: scordatevi la retorica bucolica del dolce vivere in campagna. La terra è brutta: sudore e sangue, sporcizia e noia, e viverci è un inferno. Meglio sognare la fuga attraverso la TV, anche se la tv è il programma assurdo di una scamuffa emittente regionale.
Detto questo, il film ha vinto a Cannes un premio prestigiosissimo, e forse la mia lettura probabilmente è solo frutto di miopia o scarsa sensibilità. Lo ammetto: sono poco adatto a comprendere un certo Cinema d'Autore.
Per cui, com'è giusto, festeggiamo con viva e vibrante soddisfazione e con sano sciovinismo nazionale la vittoria di una regista italica e per di più donna.
Viva l'Italia, viva le donne, viva la campagna!
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pepito1948
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martedì 27 maggio 2014
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meraviglie della poesia
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La terra nella sua essenza arcaicamente bucolica ma anche brutalmente multiforme: fangosa, ospitale, da toccare, da dormirci sopra come atto di amore ed immersione totale. Le api, simbolo di incessante produttività ma anche di libertà acuminata, di umoralità ma anche di comunicazione tattile. Il letto come luogo di unione fisica ma anche di sonno, sogno e di riflessione. La casa di campagna, essenziale, dove le ombre prevalenti si alternano alla luce del sole mischiandosi ad un chiaroscuro di voci ora sussurrate ora urlate ora accorate, dove i raggi filtranti di luce si prestano ad essere bevuti con le mani a coppa per la loro solare limpidezza. Una povertà immanente spalmata come brina ma sublimata dalla vitalità, sia pure appesantita da una quotidianità difficile e irta di problemi, di una famiglia rifluita come spezzone di una comunità più ampia in un luogo solitario della Tuscia, in cui sembra aleggiare il mistero e l’antica memoria degli Etruschi.
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La terra nella sua essenza arcaicamente bucolica ma anche brutalmente multiforme: fangosa, ospitale, da toccare, da dormirci sopra come atto di amore ed immersione totale. Le api, simbolo di incessante produttività ma anche di libertà acuminata, di umoralità ma anche di comunicazione tattile. Il letto come luogo di unione fisica ma anche di sonno, sogno e di riflessione. La casa di campagna, essenziale, dove le ombre prevalenti si alternano alla luce del sole mischiandosi ad un chiaroscuro di voci ora sussurrate ora urlate ora accorate, dove i raggi filtranti di luce si prestano ad essere bevuti con le mani a coppa per la loro solare limpidezza. Una povertà immanente spalmata come brina ma sublimata dalla vitalità, sia pure appesantita da una quotidianità difficile e irta di problemi, di una famiglia rifluita come spezzone di una comunità più ampia in un luogo solitario della Tuscia, in cui sembra aleggiare il mistero e l’antica memoria degli Etruschi. Padre padrone ed iroso, moglie mediatrice e dispensatrice di affettività, un nugulo di figlie femmine, tra cui si erge Gelsomina, la maggiore, vice-factotum dell’azienda di apicoltura familiare. Intorno a lei si svolge il filo narrativo e da lei s’irradia l’iniziativa che spinge ed influenza l’evoluzione della famiglia ed i suoi moti sussultori. Gelsomina è il fiore che sta sbocciando prematuramente, a causa delle responsabilità che il padre le ha caricato sulle spalle, ma che non rinuncia alla sua adolescenza ed alle relative iniziazioni verso il mondo “esterno”, fatto ai suoi occhi di suggestioni, di incanti, di magie, di personaggi fiabeschi. Ed è proprio una fata turchina, bella ma posticcia, intrigante ma con le rughe e senza bacchetta magica, che la conquista spingendola verso la fabbrica delle illusioni per antonomasia, la televisione, ai cui bagliori inconsistenti non si può resistere. Ma non sarà quell’esperienza –fatta di lusinghe e di vacuità- a svezzarla, ma l’arrivo in famiglia di un ragazzo chiuso e taciturno che nessuno è riuscito a toccare e che comunica solo con un linguaggio melodioso e ancestrale, che trascende l’arida concettualità della parola. Solo Gelsomina riuscirà a decifrarlo e potrà valicare quella barriera, con l’acerba dolcezza e la candida audacia della sua grazia di pupa fattasi farfalla.
Alice R., autrice e regista alla seconda impegnativa prova giustamente premiata a Cannes, innesta la sua storia, fatta di fili che si snodano, si prolungano e si intrecciano sinuosamente, in un contesto neorealista e “proletario”, in cui la natura è scarna e neutra spettatrice delle piccole gesta di un quadrilatero umano (tre donne ed un uomo) che si dipanano serpeggiando tra asperità, morbidezze, mediazioni, maturazioni, scontri e sogni di un vivere semplice nell’esteriorità ma complesso nelle sue dinamiche di crescita individuale e collettiva del gruppo. Ma la narrazione, pur nella sua cruda autenticità, è espressa in ogni momento attraverso il filtro di una poetica fatta di chiaroscuri, di atmosfere primordiali, di infantili rapimenti davanti all’irrompere di mondi luccicanti che nascondono la loro capacità corruttiva, di ombre che si muovono platonicamente sulla parete illuminata di una grotta vibrante di corrispondenze affettive. Impossibile non andare con il pensiero ad un’altra Gelsomina (felliniana) che ha in comune con la protagonista il candore vitale e la determinazione di vivere succhiando il massimo di conoscenza e di sensazioni dal prorompere incessante del “fuori da sé”, e l’impulso irrefrenabile a resistere alle pressioni castranti e neganti del “proprio uomo”. Straordinarie le giovani interpreti delle due figlie maggiori, pienamente credibili e disinvolte nei rispettivi ruoli, grazie anche ad una regia attenta a “naturalizzare” i personaggi e nel contempo a non sminuire il simbolismo immanente e l’impronta onirica, fortemente marcata nel finale che si presta a diverse letture. Meraviglie dell’incanto, del disincanto stemperato nei valori della terra, degli affetti, della scoperta della bellezza come valore fondante, meraviglie delle vibrazioni auliche della dimensione poetica della vita.
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stefano capasso
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martedì 27 maggio 2014
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un periodo di cambiamenti
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Una famiglia variegata, alternativa, di etnia mista che vive in un casolare decadente ai margini della comunità locale nel territorio umbro. Sono apicoltori e il miele è tutto ciò che gli dà loro da vivere.
E la loro vita somiglia molto a quella delle api. Operosi, lavorano tutti, i figli anche più piccoli sono importante forza lavoro, indispensabile alla produzione del miele. Come le api, hanno relazioni simbiotiche e con gerarchie ben definite, con il papà tedesco che manda avanti la famiglia in modo autoritario. Sono due entità a rischio: le api per i nuovi insetticidi che la comunità offre ai contadini e la famiglia perché le nuove norme sanitarie e di produttività non consentiranno più una modalità di lavoro senza nessuno standard igienico e di sicurezza.
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Una famiglia variegata, alternativa, di etnia mista che vive in un casolare decadente ai margini della comunità locale nel territorio umbro. Sono apicoltori e il miele è tutto ciò che gli dà loro da vivere.
E la loro vita somiglia molto a quella delle api. Operosi, lavorano tutti, i figli anche più piccoli sono importante forza lavoro, indispensabile alla produzione del miele. Come le api, hanno relazioni simbiotiche e con gerarchie ben definite, con il papà tedesco che manda avanti la famiglia in modo autoritario. Sono due entità a rischio: le api per i nuovi insetticidi che la comunità offre ai contadini e la famiglia perché le nuove norme sanitarie e di produttività non consentiranno più una modalità di lavoro senza nessuno standard igienico e di sicurezza.
In tutto questo ci sono le due figlie più grandi che affrontano il difficile passaggio verso l’età adulta. Identificarsi e definirsi in questo contesto è complicato, mancano modelli di riferimento e la famiglia sembra incapace di prestare attenzione ai loro nuovi bisogni. Soprattutto Gelsomina, la più grande. Lei affronterà di fatto il cambiamento verso l’età adulta, stimolata dal sentimento che nasce verso un ragazzo che arriva al casolare per lavorare, nell’ambito un programma di recupero alternativo alla detenzione.
E sullo sfondo è descritto il passaggio ad una nuova era, dove la tv e i talk show arrivano a scuotere e a mettere in discussione i ritmi e le usanze di questi contadini.
Alice Rohrwacher racconta con delicatezza un momento di transizione che è personale, dei protagonisti come individui singoli, familiare perché i rapporti all’interno cambieranno e storica, relativa ai cambiamenti del costume dei primi anni 90. Descrive molto bene atmosfere che quasi si respirano, si fa seguire pur regalando poche emozioni
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pisiran
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lunedì 26 maggio 2014
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ci si meraviglia davvero....
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Ci si meraviglia davvero per questo film, ma non per le meraviglie che esso, per alcuni ha rappresentato, ma esattamente per il suo contrario. Erano anni che non uscivo da un cinema ancora a film in corso, ma non me ne voglia l'autrice se sono resistito poco più di un'ora e poi non c'è l'ho fatta. L'avevo intuito vagamente dall'inizio, da quei fari che avanzavano nel buio delle colline umbre, ma mi dicevo stai buono che certamente ti sbagli. Infatti sbagliavo, si ma sbagliavo nel resistere, e visionare per più di un'ora una pellicola che a mio giudizio non arricchisce minimamente il grande cinema italiano,anzi!Io non conosco i meccanismi per cui un film viene premiato (Cannes) ma so certo riconoscere un bel film da uno scadente.
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Ci si meraviglia davvero per questo film, ma non per le meraviglie che esso, per alcuni ha rappresentato, ma esattamente per il suo contrario. Erano anni che non uscivo da un cinema ancora a film in corso, ma non me ne voglia l'autrice se sono resistito poco più di un'ora e poi non c'è l'ho fatta. L'avevo intuito vagamente dall'inizio, da quei fari che avanzavano nel buio delle colline umbre, ma mi dicevo stai buono che certamente ti sbagli. Infatti sbagliavo, si ma sbagliavo nel resistere, e visionare per più di un'ora una pellicola che a mio giudizio non arricchisce minimamente il grande cinema italiano,anzi!Io non conosco i meccanismi per cui un film viene premiato (Cannes) ma so certo riconoscere un bel film da uno scadente. E non mi si venga a dire che si descrive una favola, una vita d'altri tempi, in un territorio semplice e idilliaco dato che risponderei che di queste favole e di territori idilliaci in Italia ne esistono in ogni dove, migliori e con favole reali. Se invece vogliamo fare gli snob e raccontarci che questa è una grande opera, che racconta i difficili rapporti famigliari e non, liberi di fare e di pensare. Resta a mio avviso per quanto ho visto un film senza spina dorsale, per nulla emozionante e per quanto conosco la zona (lago Trasimeno) anche male rappresentata. Non consiglio la visione, ma liberi di non credere. Pisiran-Vr
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flyanto
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lunedì 26 maggio 2014
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la crescita inevitabile di un'adolescente
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Film in cui si racconta di una famiglia, composta dai due genitori e dalle quattro figlie, che vive in campagna occupandosi principalmente di allevare api e di produrre miele. Essa vive praticamente come se fosse isolata dal resto della civiltà e cioè con uno stile di vita assai distante dall'uso di qualsiasi moderna tecnologia o metodo regolato dalle normative vigenti proprie della società contemporanea. La maggior parte del lavoro sui campi e soprattutto quello dedito alla produzione del miele risiede nella figlia maggiore, ormai adolescente, Gelsomina la quale vive col padre un rapporto di amore/odio, ma sempre alla ricerca dell'approvazione e della lode paterna a cui, invece, manca profondamente la presenza di un figlio maschio.
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Film in cui si racconta di una famiglia, composta dai due genitori e dalle quattro figlie, che vive in campagna occupandosi principalmente di allevare api e di produrre miele. Essa vive praticamente come se fosse isolata dal resto della civiltà e cioè con uno stile di vita assai distante dall'uso di qualsiasi moderna tecnologia o metodo regolato dalle normative vigenti proprie della società contemporanea. La maggior parte del lavoro sui campi e soprattutto quello dedito alla produzione del miele risiede nella figlia maggiore, ormai adolescente, Gelsomina la quale vive col padre un rapporto di amore/odio, ma sempre alla ricerca dell'approvazione e della lode paterna a cui, invece, manca profondamente la presenza di un figlio maschio. LA quieta esistenza che la famiglia stà vivendo verrà turbata dall' arrivo di una troupe televisiva, al fine di riprendere un programma di rilancio agricolo dell'area campestre umbra, un tempo abitata dalle popolazioni etrusche, e dall'arrivo di un ragazzino problematico, dato in affido alla suddetta famiglia, che subito si conquista le simpatie del capo famiglia enella cui estraneità si riconosce Gelsomina stessa. L'equilibrio in cui la famiglia vive ovviamente si spezza a contatto con queste novità consistenti che porteranno alla stessa famiglia un notevole cambiamento interiore e non solo.
Questa seconda opera di Alice Rohrwacher, giustamente premiata per la regia dalla giuria al Festival di Cannes, conferma il talento della giovane regista, già ampiamente apprezzata per il suo precedente "Corpo Celeste". Ancora una volta la Rohrwacher presenta e prende in esame la figura di un'adolescente che sta crescendo e che sta formando piano piano la propria personalità e che in questo percorso si sente fortemente a disagio ed ormai inadatta all'ambiente che la circonda. Mentre nel primo film la ragazzina, peraltro un poco più giovane della Gelsomina del secondo, si confrontava con un ambiente a lei estraneo, sconosciuto nonchè profondamente ipocrita, comprendente anche il chiuso ambiente della Chiesa stessa, in "Le Meraviglie" la protagonista sembra cominciare a prendere coscienza di sè e, dunque, in un certo qual modo a ribellarsi ad una tipologia di vita e di ambiente a cui era stata con le proprie sorelle finora abituata, dal suo contatto con due realtà per lei del tutto nuove, sconosciute, un pò misteriose e per lei ricche di fascino. Il tutto, in entrambe le opere viene analizzato dalla regista con profonda acutezza e sensibilità ed ancora una volta ella è riuscita a trovare e ad affidare la parte della protagonista ad una ragazzina adolescente, Maria Alexandra Lungu, che si è dimostrata quanto mai all'altezza del suo particolare e delicato ruolo grazie alla propria naturale espressività e drammaticità delle espressioni del volto. Anche le altre ragazzine di contorno, nella parte delle sorelle più piccole, sono da lodare per la loro spontaneità ed immediatezza. Monica Bellucci, nella parte della conduttrice televisiva in costume da divinità etrusca, come sempre, è da elogiare per la sua bellezza ma, al confronto delle piccole protagoniste dove scompare, purtroppo non per la sua performance che risulta abbastanza mediocre.
Non so quanto di autobiografico La Rohrwacher abbia immesso in questa pellicola e ciò vale anche poco conoscerlo, ma sicuramente qualche ricordo personale ha molto contribuito alla realizzazione di quest'opera.
Preferendo personalmente più "Corpo Celeste" in quanto più spontaneo e meno "costruito" su ricordi troppo personali, non posso comunque che riconoscere il pregio ed il valore di questo film che comunque consacra a a pieno titolo la sua regista tra le migliori della nuova generazione.
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angelo umana
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lunedì 26 maggio 2014
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accostamenti difficili
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Il premio speciale della giuria di Cannes a “Le meraviglie” potrebbe essere dovuto alla simpatia che suscitano le ragazze, da Gelsomina, 13enne protagonista attorno ai cui sentimenti ruotano la macchina da presa e le attenzioni della famiglia in cui vive, tutto sembra a lei riferirsi, fino alle tre sue sorelle. Parrebbe il mondo dei grandi visto dai bambini, le loro capacità di adattamento gli fanno vivere qualsiasi vita venga loro data, sia essa in una fattoria dove si allevano animali e si ricava il miele dalle api, con sistemi del tutto biologici, sia esso un set televisivo che li fa sognare.
Il film è senz’altro meritevole di un “certain regard” per la delicatezza che la regista Alice Rohrwacher mette nel descrivere l’ambiente umano e rurale dove la vicenda si svolge, ma anche un po’ sconclusionato perché non è ben chiaro se si tratta di una biografia adolescenziale, coi ricordi e il primo amore che nasce insospettabile – di Gelsomina per Martin, un ragazzino disadattato che è loro ospite per essere recuperato – oppure se si tratta del rapporto improbabile tra programmi tv dei più kitsch e una vita agreste così lontana da quel mondo.
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Il premio speciale della giuria di Cannes a “Le meraviglie” potrebbe essere dovuto alla simpatia che suscitano le ragazze, da Gelsomina, 13enne protagonista attorno ai cui sentimenti ruotano la macchina da presa e le attenzioni della famiglia in cui vive, tutto sembra a lei riferirsi, fino alle tre sue sorelle. Parrebbe il mondo dei grandi visto dai bambini, le loro capacità di adattamento gli fanno vivere qualsiasi vita venga loro data, sia essa in una fattoria dove si allevano animali e si ricava il miele dalle api, con sistemi del tutto biologici, sia esso un set televisivo che li fa sognare.
Il film è senz’altro meritevole di un “certain regard” per la delicatezza che la regista Alice Rohrwacher mette nel descrivere l’ambiente umano e rurale dove la vicenda si svolge, ma anche un po’ sconclusionato perché non è ben chiaro se si tratta di una biografia adolescenziale, coi ricordi e il primo amore che nasce insospettabile – di Gelsomina per Martin, un ragazzino disadattato che è loro ospite per essere recuperato – oppure se si tratta del rapporto improbabile tra programmi tv dei più kitsch e una vita agreste così lontana da quel mondo. Un mondo di pietre e di concretezza accostato ad uno di celluloide e plastica. Il concorso televisivo vuole raccontare le meraviglie delle produzioni agricole più genuine, ma lo fa vestendo il mondo contadino di costumi di pessimo gusto in qualche modo in relazione alle origini etrusche del luogo. La tv è “ben” rappresentata dal direttore del programma, adagiato mollemente sulla prua della barchetta Lucifero (e luciferino è lo scopo della tv di far soldi da qualsiasi evento) che porta la troupe a riprendere le famiglie, che concorrono a un premio per le loro produzioni, e dalla matura e affascinante Monica Bellocci che sembra avere attorno a sé un’aura di santità mediatica, almeno agli occhi dei semplici e perciò Gelsomina ne rimane conquistata.
Non si capisce poi la presenza del tedesco amico di papà Wolfgang, presenza inquieta e equivoca, come non si comprende quella del cammello sull’aia, che questo burbero e umorale papà ha voluto comprare alle figlie, forse per mostrare ancora di più il senso di Gelsomina per gli animali (frase mutuata da “Il senso di Smilla per la neve”). Senza molto senso sembra pure la provenienza o il linguaggio dei personaggi, tra il francese di Alba Rohrwacher, il tedesco del marito e l’italiano parlato più o meno da tutti, col tedesco Wolfgang che lo parla come un immigrato dall’est europeo.
La stessa delicatezza è usata dalla Rohrwacher nel film del 2011, Corpo Celeste, un film decisamente migliore del nuovo e premiato Le meraviglie, almeno perché prende posizione contro l’interpretazione a proprio uso e consumo della religione nel ventre italico profondo, con corredo di santini elettorali spacciati dal prete (l’indimenticato sarto Salvatore Cantalupo di Gomorra) ai propri fedeli. Qui il film è visto dagli occhi dell’adolescente 13enne Marta, trasferitasi in Calabria dalla Svizzera: si tratta anche in questo caso delle storture o ottusità dei grandi viste dagli occhi di bambini.
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[+] sam louwyck
(di angelo umana)
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emylio spataro
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lunedì 26 maggio 2014
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alice (rohrwacher) delle meraviglie
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"Tutto naturale, non c'è niente di chimico... solo miele puro d'api" dice stentatamente davanti alle telecamere di un concorso televisivo ("Il paese delle Meraviglie") il protagonista del film, un burbero ma anche tenero apicultore della campagna umbra. Tedesco, moglie italiana (Alba Rohrwacher), quattro figlie, un'altra donna non identificata, forse una lontana parente oriunda, una grande famiglia in un casale di campagna circondato da alveari.
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"Tutto naturale, non c'è niente di chimico... solo miele puro d'api" dice stentatamente davanti alle telecamere di un concorso televisivo ("Il paese delle Meraviglie") il protagonista del film, un burbero ma anche tenero apicultore della campagna umbra. Tedesco, moglie italiana (Alba Rohrwacher), quattro figlie, un'altra donna non identificata, forse una lontana parente oriunda, una grande famiglia in un casale di campagna circondato da alveari. E sulle inquietudini adolescenziali di Gelsomina, l'introversa primogenita che lo aiuta nel duro e ripetitivo lavoro di impollinazione delle api, ruota tutto il film, naturale come il miele versato maldestramente per i primi palpiti d'amore. Ecco una delle meraviglie di questo austero e delicato film d'autore, con campi e controcampi quasi documentaristici (il primo amore della regista) il cui pregio più grande è proprio quello di non annoiare lo spettatore sensibile, lasciandolo libero di immaginare quel che non viene spiegato, pur avendo tutte le caratteristiche del cinema sperimentale, dunque di non facile fruizione. Cinema puro, fatto di immagini evocative e dialoghi scarni ma pregnanti, più che di analisi psicologica dei personaggi, visti nel quotidiano incedere di piccoli e grandi eventi nei lenti ritmi di un microcosmo rurale, alieno dal mondo moderno. La macchina da presa non indugia in ricerca formale, ma esplora le atmosfere naturali amplificandole con garbo tutto femminile. Come le magiche apparizioni di una matura e pur sempre bella Monica Bellucci, sotto forma di conduttrice di una tv locale, travestita un pó da fatina turchina un pó da dea mitologica, in affascinanti locations tra ruderi etruschi. Come magica e surreale è l'apparizione di un cammello che l'apicultore regala alla figlia, anche se Gelsomina che lo desiderava da piccola, ora che sta crescendo, preferisce rincorrere la scoperta dell'amore per un coetaneo, un taciturno ragazzino "difficile" portato nella sua comunità per essere reinserito. E cosí la piccola donna col nome di un fiore si prepara a volare oltre quegli stretti confini. Dopo l'ultimo fotogramma, mentre scorrono i titoli di coda, ti resta qualcosa di buono e dolce. Come il miele. Ma anche agre e malinconico. Come la vita che scorre in un film.
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[+] si,infatti; e aggiungo
(di francesco izzo)
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forsedomani
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domenica 25 maggio 2014
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film straordinario, verissimo e surreale
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Che dire, mi ha sorpreso tantissimo.
Film retto su una trama semplice, una famiglia che per scelta, non per necessita' come si potrebbe pensare -magari emigranti...- vive in campagna e si distacca dal mondo reale, cioe' dal mondo moderno. Tutto parla secondo me non tanto dell'adolescenza di Gelsomina, come scritto, ma di come il mondo moderno entri ovunque. Bastano una canzone e un programma televisivo idiota (peraltro il pezzo del salumiere umbro col cappello da lupo e' strepitoso) per insidiare la diversita', attraverso gli occhi di Gelsomina, la piu' brava, quella che aiuta il padre.
E cosi' come Gelsomina cerca il mondo moderno, Martin, ragazzo inquieto tedesco ne fugge, per utilizzare solo un fischio per comunicare.
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Che dire, mi ha sorpreso tantissimo.
Film retto su una trama semplice, una famiglia che per scelta, non per necessita' come si potrebbe pensare -magari emigranti...- vive in campagna e si distacca dal mondo reale, cioe' dal mondo moderno. Tutto parla secondo me non tanto dell'adolescenza di Gelsomina, come scritto, ma di come il mondo moderno entri ovunque. Bastano una canzone e un programma televisivo idiota (peraltro il pezzo del salumiere umbro col cappello da lupo e' strepitoso) per insidiare la diversita', attraverso gli occhi di Gelsomina, la piu' brava, quella che aiuta il padre.
E cosi' come Gelsomina cerca il mondo moderno, Martin, ragazzo inquieto tedesco ne fugge, per utilizzare solo un fischio per comunicare.
Due fughe, che si incontrano alla fine, danzando sotto le rocce.
Ma alla fine capiamo che il mondo di Wolfgang non esiste, anche durante tutto il film ci e' sembrato verosimile.
Grandissimo film, tanti temi, dalle riscoperte nazional popolari (gli etruschi), al mondo contadino lontano dal mito, all'alternativo per forza, all'intransigenza, ad un ruolo materno meraviglioso della mamma di Gelsomina che tutto cerca di smussare e addolcire.
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lupomannaro3
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domenica 25 maggio 2014
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per me il film di cannes 2014 è "più buio di mezz"
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Ciao a tutti,
per me il film da vedere e che ci ha rappresentati meglio (noi Italiani) a Cannes 2014 è senza ombra di dubbio "piu buio di mezzanotte"!
tantissime emozioni!!
mi ha fatto ridere e piangere e non succede spesso guardando un film, soprattutto italiano!
Risi continua cosi!!!
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emylio spataro
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domenica 25 maggio 2014
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tutto naturale
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"Tutto naturale, non c'è niente di chimico... solo miele puro di api" dice stentatamente davanti alle telecamere di un concorso televisivo il protagonista del film, un burbero e affascinante apicultore della campagna umbra, tedesco, moglie italiana (Alba Rohrwacher) quattro figlie femmine, un casale di campagna circondato da alveari. E sulle inquietudini adolescenziali di Gelsomina, l'introversa primogenita che l'aiuta nel duro e ripetitivo lavoro di raccolta e raffinazione del miele, ruota tutto il film, naturale come il nettare d'api versato maldestramente per i primi palpiti d'amore.
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"Tutto naturale, non c'è niente di chimico... solo miele puro di api" dice stentatamente davanti alle telecamere di un concorso televisivo il protagonista del film, un burbero e affascinante apicultore della campagna umbra, tedesco, moglie italiana (Alba Rohrwacher) quattro figlie femmine, un casale di campagna circondato da alveari. E sulle inquietudini adolescenziali di Gelsomina, l'introversa primogenita che l'aiuta nel duro e ripetitivo lavoro di raccolta e raffinazione del miele, ruota tutto il film, naturale come il nettare d'api versato maldestramente per i primi palpiti d'amore. Ecco una delle meraviglie di questo austero e delicato film d'autore, con campi e controcampi quasi documentaristici (il primo amore della regista) il cui pregio più grande è proprio quello di non annoiare lo spettatore sensibile, lasciandolo libero di immaginare, pur avendo tutte le caratteristiche del cinema sperimentale, dunque di non facile fruizione. Cinema puro, fatto di immagini evocative più che di analisi psicologica dei personaggi, con dialoghi scarni ma pregnanti. Magiche le apparizioni di una matura e pur sempre bella Monica Bellucci, sotto forma di una conduttrice di una tv locale travestita da fatina turchina incrociata con una dea mitologica, svolazzante tra i ruderi etruschi. Come magica surreale è l'apparizione di un cammello che il padre apicultore regala alla figlia, anche se Gelsomina che lo desiderava da piccola, ora che sta crescendo, preferisce rincorrere l'amore di un coetaneo, un ragazzo difficile portato dai servizi sociali. Dopo l'ultimo fotogramma, mentre scorrono i titoli di coda, ti resta qualcosa di buono e di dolce. Come il miele. Ma anche di agre e malinconico. Come la vita che scorre in un film.
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[+] io avrei visto angiolini al posto di bellucci
(di kleber)
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(di emyliu^)
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