mario nitti
|
sabato 13 settembre 2014
|
non basta che la storia sia vera, deve sembrarlo
|
|
|
|
Un uomo è perseguitato dai suoi fantasmi. Durante la 2° guerra mondiale, giovane soldato, era stato tenuto per mesi prigioniero dei giapponesi e sottoposto a prolungate torture. Una donna si innamora di lui, lo sposa, e lo porta con determinazione ad affrontare il passato con i suoi demoni.
Per raccontare questa storia il regista aveva a disposizione dei buoni attori e la trama apriva finestre sulle tenebre del cuore umano, sull’impossibilità di cancellare il passato, su quanto un dolore ci segna veramente, sul superamento dei traumi e su come ciò che è accaduto ci tiene prigionieri fino a quando non lo affrontiamo.
Non è facile spiegare esattamente perché il regista non riesca a sfruttare le ottime carte di cui dispone, ma è un fatto che dalla sala delusi.
[+]
Un uomo è perseguitato dai suoi fantasmi. Durante la 2° guerra mondiale, giovane soldato, era stato tenuto per mesi prigioniero dei giapponesi e sottoposto a prolungate torture. Una donna si innamora di lui, lo sposa, e lo porta con determinazione ad affrontare il passato con i suoi demoni.
Per raccontare questa storia il regista aveva a disposizione dei buoni attori e la trama apriva finestre sulle tenebre del cuore umano, sull’impossibilità di cancellare il passato, su quanto un dolore ci segna veramente, sul superamento dei traumi e su come ciò che è accaduto ci tiene prigionieri fino a quando non lo affrontiamo.
Non è facile spiegare esattamente perché il regista non riesca a sfruttare le ottime carte di cui dispone, ma è un fatto che dalla sala delusi. La fotografia sempre troppo luminosa? L’eccessiva velocità con cui gli eventi si evolvono? Le facce troppo belline dei militari? Tutto insieme?. E’ che chi guarda non riesce mai a credere veramente a quello che sta vedendo e così la consapevolezza che si tratti di una finzione non viene mai meno, quindi non si riescono a prendere troppo sul serio le urla, le torture, le botte, i sentimenti, il dolore, la morte e questo è uccide un film.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mario nitti »
[ - ] lascia un commento a mario nitti »
|
|
d'accordo? |
|
alex2044
|
sabato 13 settembre 2014
|
la guerra fa sempre schifo ma qualche volta di più
|
|
|
|
Un bel film , un inno contro la guerra , la storia è vera . Il film è girato magistralmente , le ambientazioni sono perfette , la dicotomia fra passato e presente si nota appena . Colin Firth si dimostra ancora una volta all'altezza della situazione ed il suo alter ego giovanile lo è altrettanto . In somma un film da vedere in cui non manca certo l'intensità .
|
|
[+] lascia un commento a alex2044 »
[ - ] lascia un commento a alex2044 »
|
|
d'accordo? |
|
vanessa zarastro
|
sabato 13 settembre 2014
|
la storia di lemax
|
|
|
|
Il regista australiano Jonathan Teplitzkyper il suo terzo lungometraggio si ispira alla storia vera descritta nell’autobiografia da Eric Lomax, un soldato inglese che durante la guerra è stato prigioniero dei Giapponesi e coinvolto, con maltrattamenti, alla costruzione della ferrovia tra Bankok e Rangoon.
Torturato dai poliziotti della polizia segreta Kempeitai, Eric – Jeremy Irvine è lui da giovane - non riesce a condurre una vita normale perseguitato da ricordi e incubi di tutto ciò che ha sofferto in quei giorni. Da adulto Eric - un fantastico Colin Firth - si innamora e si sposa con Patti – una non eccezionale Nicole Kidman – ma non riesce né a farla felice né a vivere una vita serena.
[+]
Il regista australiano Jonathan Teplitzkyper il suo terzo lungometraggio si ispira alla storia vera descritta nell’autobiografia da Eric Lomax, un soldato inglese che durante la guerra è stato prigioniero dei Giapponesi e coinvolto, con maltrattamenti, alla costruzione della ferrovia tra Bankok e Rangoon.
Torturato dai poliziotti della polizia segreta Kempeitai, Eric – Jeremy Irvine è lui da giovane - non riesce a condurre una vita normale perseguitato da ricordi e incubi di tutto ciò che ha sofferto in quei giorni. Da adulto Eric - un fantastico Colin Firth - si innamora e si sposa con Patti – una non eccezionale Nicole Kidman – ma non riesce né a farla felice né a vivere una vita serena. Il film è ambientato in una piccola località nel nord dell’Inghilterra negli anni ’80 ma è continuamente inframezzato dalla storia di guerra nella Birmania del 1942.
Scoperto che il suo maggiore aguzzino è ancora vivo torna lì sui luoghi degli orrori dove fa la guida turistica nel Museo della Guerra. Qui la storia narra che dal desiderio di vendetta si passa piano a piano al perdono mediante un percorso di rivisitazione degli agghiaccianti maltrattamenti. Rivivere e ripercorrere la sofferenza, invece di cercare di rimuoverla e di evitarla, avrà un potere liberatorio e quasi “catartico”. Il torturato e il torturatore arriveranno a comunicare, spiegarsi e alla fine impegnarsi nella riconciliazione.
Il film si lascia vedere grazie soprattutto alla bravura dei protagonisti maschili di Lomax ragazzo e Lomax adulto. Sicuramente avrebbe giovato alla scorrevolezza e verosimiglianza del film una minore indulgenza sulle scene violente (ci si chiede come sia potuto sopravvivere a tali maltrattamenti…) e qualche accelerazione. L’Inghilterra rappresentata sinteticamente, sbirciata dai finestrini dei treni o ritrovata nei luoghi maschili d’incontro è bella e di estremo fascino. L’ottimo accompagnamento sonoro segue le varie vicende procurando in alcuni momenti un clima di suspense.
Anche se in questa circostanza l’iniziativa è stata individuale si inserisce in alcune importanti iniziative. Esistono, infatti, associazioni di gruppi che si incontrano con l’obiettivo di superare l’odio e il dolore a chi ha vissuto eventi così terribili: facendo incontrare le vittime con i loro persecutori si cerca proprio il dialogo attraverso la verbalizzazione delle sofferenze. Un noto gruppo è il “One by One”, un’organizzazione fondata da coloro che sono stati profondamente colpiti dall’Olocausto. I membri multi-generazionali si incontrano: i sopravvissuti alla Shoah o i loro discendenti con i loro aguzzini e torturatori, o i loro discendenti, spettatori di uno dei più tragici capitoli della storia umana. Ho conosciuto qualche anno fa una donna, sopravvissuta da bambina al campo di concentramento di Terezien e al campo di sterminio di Auchwitz, che dopo aver vinto una naturale e comprensibilissima avversione, ha aderito con grande partecipazione a questo progetto di riconciliazione.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a vanessa zarastro »
[ - ] lascia un commento a vanessa zarastro »
|
|
d'accordo? |
|
marinabelinda
|
venerdì 12 settembre 2014
|
il treno del perdono
|
|
|
|
La traduzione del titolo svia dalla essenza del film. Succede spesso: sto pensando a 'Di nuovo in gioco' ('Trouble with the Curve'), a 'Poeti dall'inferno' ('Total Eclipse') e, se vogliamo, anche a 'Il silenzio degli innocenti', il cui originale 'The Silence of the Lambs' era molto più evocativo.
Volutamente cito per ultimo 'Furyo' ('Merry Christmas Mr.Lawrence') perché, oltre a condividere con 'Le due vie del destino' una banale traduzione del titolo, ha la medesima ambientazione storica e ci pone di fronte alle stesse problematiche.
Qualcuno avrà pensato ad una storia d'amore durante la seconda guerra mondiale, simile a 'Pearl Harbor', invece la storia d'amore è la (pur importante) chiave per avviare il motore del film.
[+]
La traduzione del titolo svia dalla essenza del film. Succede spesso: sto pensando a 'Di nuovo in gioco' ('Trouble with the Curve'), a 'Poeti dall'inferno' ('Total Eclipse') e, se vogliamo, anche a 'Il silenzio degli innocenti', il cui originale 'The Silence of the Lambs' era molto più evocativo.
Volutamente cito per ultimo 'Furyo' ('Merry Christmas Mr.Lawrence') perché, oltre a condividere con 'Le due vie del destino' una banale traduzione del titolo, ha la medesima ambientazione storica e ci pone di fronte alle stesse problematiche.
Qualcuno avrà pensato ad una storia d'amore durante la seconda guerra mondiale, simile a 'Pearl Harbor', invece la storia d'amore è la (pur importante) chiave per avviare il motore del film.
Il continuo passaggio tra il passato e il presente rende più lieve l'intreccio narrativo, anche se l'inferno delle scene di tortura -veramente insopportabili, forse più ancora emotivamente, che non visivamente- permane nel gelo e nella compostezza del protagonista. Gelo e compostezza che, grazie all'amore per una donna determinata, incontrata per caso su un treno, trovano giustificazione e superamento.
Un lungo viaggio attraverso una ferrovia fisica e morale.
Una ferrovia progettata, costruita, subita (Birmania-Thailandia) ma utilizzata davvero per passare oltre. Ecco perché 'The Railway Man' avrebbe meglio espresso il senso della storia, della passione (nel duplice senso del termine) del protagonista, che proprio su un treno trova l'amore che lo porta alla pace.
Pazienza.
Le parti ambientate negli anni 80 sembrano girate al rallentatore, con colori polverosi e luci metalliche, in perfetto contrasto con il colore e la luce delle scene di prigionia dove non si risparmiano sudore, sangue e lacrime.
La scelta stilistica è già di per sé fascinosa, accompagnata da una bellissima colonna sonora.
Ma la trama, magari ovvia ma non banale, consente di percepire ancora di più i contrasti che muovono i personaggi. Il contrasto tra la viltà del militare giapponese -che dovrebbe fare dell'onore il proprio scopo nella vita- che per salvarsi da una sicura condanna come criminale di guerra mente per il proprio ruolo nel campo di prigionia e la lotta di Lomax, non solo per la sopravvivenza, ma per la vittoria (la radio come fonte per seguire l'esito della guerra), è l'aspetto che più avvince. E in questo lunghissimo percorso, il mutare dell'animo dei personaggi è scioccante.
Il militare spietato (ma vigliacco) incalzato da Lomax, dice apertamente di aver fatto 57 pellegrinaggi per la riconciliazione. Come non credere che avendo scelto di accompagnare i turisti nel campo di tortura non volesse effettivamente ricordare a se stesso le atrocità di cui si era reso complice, se non diretto artefice?
E la misericordia di Lomax, se pur ovvia, risulta addirittura grandiosa. Sicuramente tutti ci saremo domandati come avremmo agito nelle stesse circostanze. Avremmo perdonato?
La guerra non finisce con la resa, chi l'ha vissuto non si libera di quello che ha visto, subito o inflitto, ma, proprio come viene chiaramente detto nel finale (con immagini finali bellissime e davvero commoventi) non possiamo rimanere indifferenti al fatto che 'prima o poi l'odio deve finire' e che, anche se non si dimentica, prima o poi, per andare avanti, è necessario perdonare.
[-]
[+] brava! magnifica rensione di un film interessante
(di antonio montefalcone)
[ - ] brava! magnifica rensione di un film interessante
|
|
[+] lascia un commento a marinabelinda »
[ - ] lascia un commento a marinabelinda »
|
|
d'accordo? |
|
foffola40
|
venerdì 12 settembre 2014
|
violenza gratuita
|
|
|
|
la storia ritoccata in molti punti, come oaccade nel cinema, è soltanto un pretesto per mostrare la violenza delle torture fra i giapponesi e gli inglesi prigionieri di guerra. Ogni momemto della narrazione si serve di flash back per mostrare le efferatezze della violenza dell'uomo sull'uomo. Anche quando sarebbe necessario, per la limpidezza del racconto, continuare con le immagini usuali si interrompe la visione per tornare alle torture. Gli attori, notoriamente bravi, appaiono spaesati come non convinti di quanto stanno recitando.Non si rimedia con il finale irrealmente positivo e con le diciture della lunga vita dei due malcapitati protagonisti come a dire, nonostante tutto, sono vissuti a lungo.
|
|
[+] lascia un commento a foffola40 »
[ - ] lascia un commento a foffola40 »
|
|
d'accordo? |
|
brian77
|
giovedì 11 settembre 2014
|
arma letale
|
|
|
|
La favoletta consolatoria del Ponte sul fiume Kwai era un film vero, e diretto da un grande regista.
Questo Railway Man è invece una noia mortale, lentissimo, esasperante e banale, con immagini leziosissime, dialoghi faticosi, è questa la vera tortura...
|
|
[+] lascia un commento a brian77 »
[ - ] lascia un commento a brian77 »
|
|
d'accordo? |
|
|