veritasxxx
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venerdì 16 maggio 2014
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incrociate le dita e sperate di non stare mai male
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Dopo aver visto questo film apprezzerete di più il vostro impiego da mille euro al mese e ringrazierete il cielo di non fare gli informatori medici. Solitamente non sopporto Santamaria, con quella faccia da sfigato piagnone a cui hanno tolto il giocattolo, ma in questo ruolo è perfetto: sempre in bilico tra essere preda e carnefice in un mondo (quello delle commesse delle compagnie farmaceutiche) dove la corruzione è di rigore. Bravissima la Ferrari nella parte della capo area spietata, ma vittima anche lei del gioco perverso delle parti. Non si salva nessuno (o quasi): i medici, gli informatori, le case farmaceutiche, i politici, la giustizia.
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Dopo aver visto questo film apprezzerete di più il vostro impiego da mille euro al mese e ringrazierete il cielo di non fare gli informatori medici. Solitamente non sopporto Santamaria, con quella faccia da sfigato piagnone a cui hanno tolto il giocattolo, ma in questo ruolo è perfetto: sempre in bilico tra essere preda e carnefice in un mondo (quello delle commesse delle compagnie farmaceutiche) dove la corruzione è di rigore. Bravissima la Ferrari nella parte della capo area spietata, ma vittima anche lei del gioco perverso delle parti. Non si salva nessuno (o quasi): i medici, gli informatori, le case farmaceutiche, i politici, la giustizia. Incrociate le dita e sperate di non stare mai male. L'intento del regista era di deprimere l'ignaro spettatore e coglie perfettamente nel segno. Più nero di così è notte fonda.
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william2000
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venerdì 16 maggio 2014
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caro morabito eri proprio a corto di idee
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Caro Morabito sei arrivato tardi, forse 20 anni fa o piu' il tuo film poteva essere attuale ma adesso completamente anacronistico, hai fatto tardi perchè quelle multinazionali che tu descrivi non esistono piu' in italia, sono andate via!
non solo ma gettare fango su un settore, il chimico farmaceutico....lo sai caro Morabito che un farmacista per vendere un farmaco ha diritto al 33% di guadagno e che sui farmaci generici arriva a guadagnare il 95%
che un figlio di un farmacista puo' conservare la farmacia del padre ed avere 7 anni di tempo per conseguire la laurea in farmacia..
che il mercato farmaceutico italiano è stato invaso di prodotti provenienti dalla cina e dall'india solo perché i margini di guadagno grazie al cambio sono vantaggiosi
la ricerca farmaceutica ha contribuito al miglioramento della qualità della vita, a sconfiggere alcune malattie,
lo sai che il brevetto su un farmaco dura circa 15 anni ed in alcuni casi 10 mentre la nipote di un comico napoletano percepisce ancora i diritti sui film del nonno.
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Caro Morabito sei arrivato tardi, forse 20 anni fa o piu' il tuo film poteva essere attuale ma adesso completamente anacronistico, hai fatto tardi perchè quelle multinazionali che tu descrivi non esistono piu' in italia, sono andate via!
non solo ma gettare fango su un settore, il chimico farmaceutico....lo sai caro Morabito che un farmacista per vendere un farmaco ha diritto al 33% di guadagno e che sui farmaci generici arriva a guadagnare il 95%
che un figlio di un farmacista puo' conservare la farmacia del padre ed avere 7 anni di tempo per conseguire la laurea in farmacia..
che il mercato farmaceutico italiano è stato invaso di prodotti provenienti dalla cina e dall'india solo perché i margini di guadagno grazie al cambio sono vantaggiosi
la ricerca farmaceutica ha contribuito al miglioramento della qualità della vita, a sconfiggere alcune malattie,
lo sai che il brevetto su un farmaco dura circa 15 anni ed in alcuni casi 10 mentre la nipote di un comico napoletano percepisce ancora i diritti sui film del nonno...e che grazie a questo brevetto cosi' breve non abbiamo piu' ricerca di nuove molecole
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ralphscott
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martedì 13 maggio 2014
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eccessi romanzati per un film comunque da vedere
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Premetto che la borsa (senza regali,ovviamente) la porto anch'io. Ieri sera sono stato al cinema con una collega,incuriositi da un film che alcuni altri informatori si sono rifiutati di andar a vedere subodorando una lettura scandalistica della realtà (e così é). Siamo usciti dalla sala contenti della scelta. Il film é ben fatto,ben recitato. Un ritratto estremizzato ed a tinte eccessivamente fosche,forse,ma che si ispira a situazioni reali,sebbene gonfiate e densificate. Certo la giornata media di un onesto professionista non poteva,probabilmente,essere materia narrativa. Se l'opera ha un difetto é quello di mettere troppa carne al fuoco.
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Premetto che la borsa (senza regali,ovviamente) la porto anch'io. Ieri sera sono stato al cinema con una collega,incuriositi da un film che alcuni altri informatori si sono rifiutati di andar a vedere subodorando una lettura scandalistica della realtà (e così é). Siamo usciti dalla sala contenti della scelta. Il film é ben fatto,ben recitato. Un ritratto estremizzato ed a tinte eccessivamente fosche,forse,ma che si ispira a situazioni reali,sebbene gonfiate e densificate. Certo la giornata media di un onesto professionista non poteva,probabilmente,essere materia narrativa. Se l'opera ha un difetto é quello di mettere troppa carne al fuoco. Al dramma del lavoro gli sceneggiatori sommano quello del desiderio di maternità di Anna,eluso da un marito senza più freni inibitori. L'incontro con l'amico che si ammala facendo da cavia per testare un nuovo farmaco é ben raccontato,commovente,ma appesantisce una vicenda già permeata di cupo pessimismo. Bravissima la Ferrari,con una sequenza iniziale,la riunione con i suoi uomini,di grande impatto emotivo. Le allusioni a due grandi nomi dell'industria del farmaco sono evidenti:nomi quasi anagrammati,anche un logo richiama quello di un brand colosso dell'industria. Confesso che gli eccessi mi hanno anche strappato alcune risate:mai sentita la "regola dell'undici",ad esempio. E nemmeno di medici che chiedono dvd porno agli ISF. Occasione più unica che rara vedere Travaglio subdolo disonesto,quasi una nemesi al contrario per il castigamatti della mala politica italiana.
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[+] macché romanzato
(di raffele)
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giacomosalvatori
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martedì 13 maggio 2014
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incredibilmente brutto sotto ogni punto di vista
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Nessuna recensione pare cogliere il vero punto di questo film: la sua qualità assolutamente inaccettabile. È insufficiente in tutti i campi in cui una produzione può essere carente: una sceneggiatura scombinata e poco credibile tiene le fila di un'esperienza cinematografica dell'orrore, che si apre con l'istrionica e difficile scena iniziale, concepita per dare un forte shock emotivo e catturare l'attenzione dello spettatore (proposito che soccombe istantaneamente sotto i colpi della performance completamente inadeguata di Isabella Ferrari); fino a chiudersi con l'epilogo "emozionale" ed amaro della passeggiata priva di pathos in grigi corridoi non meglio identificati. Senza ritmo, senza simmetria nelle inquadrature, senza musica, senza senso.
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Nessuna recensione pare cogliere il vero punto di questo film: la sua qualità assolutamente inaccettabile. È insufficiente in tutti i campi in cui una produzione può essere carente: una sceneggiatura scombinata e poco credibile tiene le fila di un'esperienza cinematografica dell'orrore, che si apre con l'istrionica e difficile scena iniziale, concepita per dare un forte shock emotivo e catturare l'attenzione dello spettatore (proposito che soccombe istantaneamente sotto i colpi della performance completamente inadeguata di Isabella Ferrari); fino a chiudersi con l'epilogo "emozionale" ed amaro della passeggiata priva di pathos in grigi corridoi non meglio identificati. Senza ritmo, senza simmetria nelle inquadrature, senza musica, senza senso. Il tutto è corredato da: dialoghi noiosi e scialbi, attori poco convinti, fotografia da smartphone di vecchia generazione, lunghissime scene di parcheggio, scene con fortissimi "accenti" musicali in stile thriller alternate ad altre con rumori di sottofondo, riprese con steadycam alternate ad altre intenzionalmente tremebonde (nonostante ritraggano, ad esempio, i coniugi immobili a tavola).
La presunzione del regista è palpabile in ogni momento: l'intenzione è di realizzare una sorta di capolavoro del cinema verità, in cui gli attori sono sempre al centro della scena (nonostante la loro evidente inadeguatezza che richiederebbe un minimo di dissimulazione), con soluzioni registiche pretenziosamente ricercate (inquadrature spezzate da infissi, piani sequenza che terminano all'improvviso, la già citata alternanza casuale di accenti musicali e silenzi) che però risultano in un'accozzaglia di tentativi scollegati, e finiscono per infastidire lo spettatore.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, il tentativo di affiancare al dramma professionale (permanente, senza capo né coda), ben due drammi personali (l'amico morente in seguito a sperimentazioni mediche e la moglie che, in modo piuttosto aggressivo, vuole un figlio) appare ancora una volta forzato e poco credibile.
Ciliegina sulla torta, un'apparizione a ciel sereno di Marco Travaglio che, pur risultando tutto sommato compatibile col personaggio, non riesce a nascondere la sua scarsa confidenza col grande schermo e strappa qualche risolino di troppo in sala.
In conclusione, nonostante le buone intenzioni di un progetto che sulla carta potrebbe anche avere un motivo di esistere, in quanto innova il rapporto tra cinema di denuncia e thriller, il dilettantismo dilaga in tutte le fasi della realizzazione, e trasforma una serata al cinema in un'autentica sofferenza. Sconsigliato nel modo più assoluto.
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flyanto
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sabato 10 maggio 2014
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un aspetto quanto mai deplorevole e doloroso della
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Film in cui si racconta di un informatore scientifico (Claudio Santamaria) che, in quanto fortemente pressato dalla propria capo area (Isabella Ferrari), al fine di non finire nella lista dei prossimi elementi licenziati dall'azienda poichè poco produttivi, arriva al punto di escogitare ogni espediente e di avvalersi di ogni mezzo per non soccombere. Tutto ciò gli causerà non pochi problemi, sia di salute a causa del forte e continuo stress che sul piano personale con la propria moglie. Alla fine riuscirà nel proprio intento ma non senza aver pagato un alto prezzo.
La pellicola di Antonio Morabito in pratica mette a nudo e dunque denuncia apertamente il reato di comparaggio e cioè tutto quel sistema che regola i rapporti più o meno disonesti e di connivenza che si instaurano tra i medici, le case farmaceutiche e gli informatori scientifici, che cercano di "piazzare" a tutti i costi presso i vari pazienti delle medicine, magari non nocive ma neppure del tutto efficaci o, per lo meno, non del tutto necessarie, dietro ovviamente compensi monetari o bonus e regali di varia portata.
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Film in cui si racconta di un informatore scientifico (Claudio Santamaria) che, in quanto fortemente pressato dalla propria capo area (Isabella Ferrari), al fine di non finire nella lista dei prossimi elementi licenziati dall'azienda poichè poco produttivi, arriva al punto di escogitare ogni espediente e di avvalersi di ogni mezzo per non soccombere. Tutto ciò gli causerà non pochi problemi, sia di salute a causa del forte e continuo stress che sul piano personale con la propria moglie. Alla fine riuscirà nel proprio intento ma non senza aver pagato un alto prezzo.
La pellicola di Antonio Morabito in pratica mette a nudo e dunque denuncia apertamente il reato di comparaggio e cioè tutto quel sistema che regola i rapporti più o meno disonesti e di connivenza che si instaurano tra i medici, le case farmaceutiche e gli informatori scientifici, che cercano di "piazzare" a tutti i costi presso i vari pazienti delle medicine, magari non nocive ma neppure del tutto efficaci o, per lo meno, non del tutto necessarie, dietro ovviamente compensi monetari o bonus e regali di varia portata. Una piaga, purtroppo, molto ben radicata in Italia e soprattutto sempre di più in espansione al punto di diventare quasi una norma quotidiana. Il film pertanto risulta immediatamente crudo nella sua esposizione sia per le situazioni rappresentate che per il grave e doloroso significato morale che tutta la questione assume. Morabito in pratica non giustifica nessuno in quanto proprio nessuno si deve effettivamente giustificare in un contesto così delicato ed importante come quello che appunto riguarda la salute della maggior parte degli esseri umani. Ed il film finisce amaramente perchè in nessun altra maniera può terminare una così grave e pietosa condotta da parte di una certa parte della società.
Claudio Santamaria è da definirsi semplicemente perfetto nel proprio ruolo di cinico, nonchè ormai disperato uomo, e la sua interpretazione risulta sicuramente al di sopra di quella di tutti gli altri attori del film. Ma l'apprezzamento ovviamente deve essere rivolto anche ad Isabella Ferrari nella parte della capo area fredda e spietata ed anch'ella tutta impegnata a mantenersi ad ogni costo il proprio posto di lavoro nei confronti dei, a sua volta, superiori senza scrupoli.
Insomma, un film per riflettere e per non uscirne purtroppo del tutto orgogliosi e rincuorati.
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andrea967
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sabato 10 maggio 2014
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un uomo in un ingranaggio
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Sono stato un informatore farmaceutico per 15 anni, che per sua scelta ha deciso di andarsene e dedicare spazio tempo ed energie ad altro. Desidero dare un contributo al dibattito. Le situazioni estreme descritte nel film non sono da ascrivere alla normalità. Personalmente non sono mai andato a trafugare documenti di notte negli studi di primari ospedalieri, non ho mai portato in borsa smartophone per fidelizzare il mio cliente. E' sicuramente vero però che, stante le normative che regolano i rapporti tra medici e aziende farmaceutiche, che stabiliscono e permettono alla luce del sole sponsorizzazioni per congressi, convegni ed eventi formativi per la classe medica, essendo tali eventi a carico delle aziende stesse, ci si aspetta in maniera più o meno esplicita un'attenzione da parte del medico in termini prescrittivi.
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Sono stato un informatore farmaceutico per 15 anni, che per sua scelta ha deciso di andarsene e dedicare spazio tempo ed energie ad altro. Desidero dare un contributo al dibattito. Le situazioni estreme descritte nel film non sono da ascrivere alla normalità. Personalmente non sono mai andato a trafugare documenti di notte negli studi di primari ospedalieri, non ho mai portato in borsa smartophone per fidelizzare il mio cliente. E' sicuramente vero però che, stante le normative che regolano i rapporti tra medici e aziende farmaceutiche, che stabiliscono e permettono alla luce del sole sponsorizzazioni per congressi, convegni ed eventi formativi per la classe medica, essendo tali eventi a carico delle aziende stesse, ci si aspetta in maniera più o meno esplicita un'attenzione da parte del medico in termini prescrittivi. Ciò che del film comunque mi ha interessato e che è stato ben messo in evidenza è la vicenda umana di Bruno, che è stritolato in questo ingranaggio che pian piano lo porta a cambiare le priorità esistenziali, anteponendo il lavoro alla famiglia, i soldi e il prestigio agli affetti, rendendolo sempre più arido e incupito. Vedendo Bruno da spettatore ho rivisto me stesso, sebbene con toni meno drammatici, ed è da questa visuale che ho guardato con altri occhi il mondo del quale ho fatto parte. Ricordo le pressioni dell'Azienda, le riunioni d'equipe tese, i fatturati e le vendite da aumentare, sempre, i medici da visitare con assiduità, e soprattutto il tempo, la totalità della giornata dedicata al lavoro. Un prezzo altissimo ripagato con buoni stipendi, auto aziendale che ti riempie di "cose" ma ti svuota di valori veri e passioni autentiche.
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flyanto
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venerdì 9 maggio 2014
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un doloroso e quanto mai vergognoso aspetto della
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Film in cui si racconta di un informatore scientifico (Claudio Santamaria) che, in quanto fortemente pressato dalla propria capo area (Isabella Ferrari), al fine di non finire nella lista dei prossimi elementi licenziati dall'azienda poichè poco produttivi, arriva al punto di escogitare ogni espediente e di avvalersi di ogni mezzo per non soccombere. Tutto ciò gli causerà non pochi problemi, sia di salute a causa del forte e continuo stress che sul piano personale con la propria moglie. Alla fine riuscirà nel proprio intento ma non senza aver pagato un alto prezzo.
La pellicola di Antonio Morabito in pratica mette a nudo e dunque denuncia apertamente il reato di comparaggio e cioè tutto quel sistema che regola i rapporti più o meno disonesti e di connivenza che si instaurano tra i medici, le case farmaceutiche e gli informatori scientifici, che cercano di "piazzare" a tutti i costi presso i vari pazienti delle medicine, magari non nocive ma neppure del tutto efficaci o, per lo meno, non del tutto necessarie, dietro ovviamente compensi monetari o bonus e regali di varia portata.
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Film in cui si racconta di un informatore scientifico (Claudio Santamaria) che, in quanto fortemente pressato dalla propria capo area (Isabella Ferrari), al fine di non finire nella lista dei prossimi elementi licenziati dall'azienda poichè poco produttivi, arriva al punto di escogitare ogni espediente e di avvalersi di ogni mezzo per non soccombere. Tutto ciò gli causerà non pochi problemi, sia di salute a causa del forte e continuo stress che sul piano personale con la propria moglie. Alla fine riuscirà nel proprio intento ma non senza aver pagato un alto prezzo.
La pellicola di Antonio Morabito in pratica mette a nudo e dunque denuncia apertamente il reato di comparaggio e cioè tutto quel sistema che regola i rapporti più o meno disonesti e di connivenza che si instaurano tra i medici, le case farmaceutiche e gli informatori scientifici, che cercano di "piazzare" a tutti i costi presso i vari pazienti delle medicine, magari non nocive ma neppure del tutto efficaci o, per lo meno, non del tutto necessarie, dietro ovviamente compensi monetari o bonus e regali di varia portata. Una piaga, purtroppo, molto ben radicata in Italia e soprattutto sempre di più in espansione al punto di diventare quasi una norma quotidiana. Il film pertanto risulta immediatamente crudo nella sua esposizione sia per le situazioni rappresentate che per il grave e doloroso significato morale che tutta la questione assume. Morabito in pratica non giustifica nessuno in quanto proprio nessuno si deve effettivamente giustificare in un contesto così delicato ed importante come quello che appunto riguarda la salute della maggior parte degli esseri umani. Ed il film finisce amaramente perchè in nessun altra maniera può terminare una così grave e pietosa condotta da parte di una certa parte della società.
Claudio Santamaria è da definirsi semplicemente perfetto nel proprio ruolo di cinico, nonchè ormai disperato uomo, e la sua interpretazione risulta sicuramente al di sopra di quella di tutti gli altri attori del film. Ma l'apprezzamento ovviamente deve essere rivolto anche ad Isabella Ferrari nella parte della capo area fredda e spietata ed anch'ella tutta impegnata a mantenersi ad ogni costo il proprio posto di lavoro nei confronti dei, a sua volta, superiori senza scrupoli.
Insomma, un film per riflettere e per non uscirne purtroppo del tutto orgogliosi e rincuorati.
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siebenzwerg
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martedì 6 maggio 2014
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la salute dei profitti
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Un film riuscito e non scontato come invece potevo prevedere conoscendo le cronache. Certamente fa luce solo su uno spicchio dell'immane corruttela che ammorba il mondo della Sanità a livello mondiale che oggi è letteralmente identificata con l'industria farmaceutica. Comunque è fatto con passione e competenza. Claudio Santamaria, in altri film abbastanza gigionesco e autocompiaciuto, dà una prova matura. Isabella Ferrari fa paura. Anche gli altri attori mi sono sembrati convincenti. Travaglio (specie quando gli mettono in mano la sigaretta) è un discorso a parte. Un film dedicato ai pazienti che sperano di essere curati dai farmaci, fidandosi della scienza, dove di scientifico c'è solo il calcolo dei profitti.
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Un film riuscito e non scontato come invece potevo prevedere conoscendo le cronache. Certamente fa luce solo su uno spicchio dell'immane corruttela che ammorba il mondo della Sanità a livello mondiale che oggi è letteralmente identificata con l'industria farmaceutica. Comunque è fatto con passione e competenza. Claudio Santamaria, in altri film abbastanza gigionesco e autocompiaciuto, dà una prova matura. Isabella Ferrari fa paura. Anche gli altri attori mi sono sembrati convincenti. Travaglio (specie quando gli mettono in mano la sigaretta) è un discorso a parte. Un film dedicato ai pazienti che sperano di essere curati dai farmaci, fidandosi della scienza, dove di scientifico c'è solo il calcolo dei profitti.
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mari70
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lunedì 5 maggio 2014
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parabola discendente di un venditore di medicine
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Il film “Il venditore di medicine” di Antonio Morabito è un pugno allo stomaco, forte quanto necessario. Ottimamente scritto a quattro mani col produttore, il coraggioso Amedeo Pagani, indaga senza retorica tutto l’universo corrotto di uomini, medici, manager che ruota intorno al colosso della Big Pharma italiana. In questo microcosmo di persone che hanno perso di vista valori e umanità si muove benissimo Bruno, il venditore di medicine magistralmente interpretato da un Claudio Santamaria in stato di grazia, che è risucchiato in breve tempo in una parabola discendente senza ritorno. Bruno corrompe tutto e tutti, medici compiacenti, amici, conoscenti fino portare a corruzione anche il rapporto con sua moglie, a cui presta il volto un’elegante Evita Ciri, moglie devota e vittima dell’uomo.
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Il film “Il venditore di medicine” di Antonio Morabito è un pugno allo stomaco, forte quanto necessario. Ottimamente scritto a quattro mani col produttore, il coraggioso Amedeo Pagani, indaga senza retorica tutto l’universo corrotto di uomini, medici, manager che ruota intorno al colosso della Big Pharma italiana. In questo microcosmo di persone che hanno perso di vista valori e umanità si muove benissimo Bruno, il venditore di medicine magistralmente interpretato da un Claudio Santamaria in stato di grazia, che è risucchiato in breve tempo in una parabola discendente senza ritorno. Bruno corrompe tutto e tutti, medici compiacenti, amici, conoscenti fino portare a corruzione anche il rapporto con sua moglie, a cui presta il volto un’elegante Evita Ciri, moglie devota e vittima dell’uomo. Le medicine, che fanno la sua fortuna scambiate e vendute senza alcuno scrupolo, gli serviranno per mettere a tacere la donna ignara del vero volto del marito. Questo ritratto impietoso di uno spaccato d’Italia non lascia spazio alla speranza: tutto e tutti si possono comprare e vendere in nome della logica del mero profitto, e le medicine sono considerate al pari di qualsiasi altro bene di consumo. A capo di questa macchina per fare soldi c’è una credibilissima Isabella Ferrari, il cui volto aggraziato fa da contraltare alla spietatezza della donna manager. Anche il primario integerrimo, interpretato in maniera egregia da Marco Travaglio, che all’apparenza sembra incorruttibile, alla fine disvela il suo vero volto cinico e corrotto. Nessuno si salva, e chi tenta di farlo viene immediatamente risucchiato dal sistema. Il film di Morabito ben si colloca sulla scia del cinema di impegno civile che il regista ben conosce grazie alla sua formazione cinematografica d’oltralpe e con questo lavoro si conferma essere uno dei migliori della sua generazione. Merito di un soggetto mai banale, che non scade nella facile tentazione del cliché e che nasce da un’esperienza personale del regista, alle prese col complesso mondo del farmaco. L’eccellente cast di attori fa il resto, a partire dai bravissimi comprimari così ben delineati, con un’approfondita analisi psicologica che non mira a sedurre quanto a delineare. Un film da vedere. Per riflettere e capire.
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mari70
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lunedì 5 maggio 2014
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parabola discendente di un venditore di medicine
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Il film "Il venditore di medicine" è un vero e proprio pugno allo stomaco, forte, duro quanto necessario.
Antonio Morabito, supportato da un'ottima sceneggiatura scritta a quattro mani con il produttore Amedeo Pagani, delinea un ritratto disincantato ed spietato di tutto quell'universo di uomini, medici e manager che ruota a vario intorno alla Big Pharma italiana. La storia di Bruno, l'informatore medico-scientifico interpretato magistralmente da un Claudio Santamaria in stato di grazia, è paradigma della corruzione, ambizione e degrado di tutta una categoria di persone che vendono se stesse e i loro valori nella logica del mero profitto. Bruno arriva a corrompere non solo i medici compiacenti a cui va a fare visita, ma lentamente, quanto inesorabilmente, anche il rapporto con la moglie, avvelenandola a sua insaputa con uno dei suoi farmaci.
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Il film "Il venditore di medicine" è un vero e proprio pugno allo stomaco, forte, duro quanto necessario.
Antonio Morabito, supportato da un'ottima sceneggiatura scritta a quattro mani con il produttore Amedeo Pagani, delinea un ritratto disincantato ed spietato di tutto quell'universo di uomini, medici e manager che ruota a vario intorno alla Big Pharma italiana. La storia di Bruno, l'informatore medico-scientifico interpretato magistralmente da un Claudio Santamaria in stato di grazia, è paradigma della corruzione, ambizione e degrado di tutta una categoria di persone che vendono se stesse e i loro valori nella logica del mero profitto. Bruno arriva a corrompere non solo i medici compiacenti a cui va a fare visita, ma lentamente, quanto inesorabilmente, anche il rapporto con la moglie, avvelenandola a sua insaputa con uno dei suoi farmaci. Le medicine vengono vendute e scambiate al pari di un qualsiasi altro bene di consumo e la odiosa pratica del comparaggio diviene la prassi in un sistema dove nessuno, o quasi, si salva. Anche chi all'apparenza sembra incorrutibile, come il primario ben interpretato da Marco Travaglio, alla fine disvela il suo volto più cupo e la speranza sembra venir meno. Il film di Morabito si muove nella scia del cinema di impegno civile, in cui il regista, forte della sua formazione cinematografica d'oltralpe, si muove bene con estrema eleganza. Supportato da un cast eccellente di attori, con Isabella Ferrari a prestare il volto grazioso ad una spietata manager dell'industria farmaceutica, Evita Ciri nei panni di moglie devota e vittima di Bruno, uno stuolo di comprimari credibili e ben delineati, il regista si conferma uno dei migliori della sua generazione. Tutto nasce da un'esperienza familiare in cui Morabito è venuto in contatto col complesso mondo del farmaco italiano. Un film ottimamente girato e recitato, ben scritto, una storia dei nostri tempi, un'analisi psicologica approfondita e mai banale. Meritatissimo il premio per il miglior soggetto al Bari International Film Festival, giuste le ottime critiche e gli applausi tributati nella scorsa edizione Festa del Cinema di Roma. Un film da vedere. Per riflettere e capire.
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