eugenio
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giovedì 17 gennaio 2013
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una storia semplice
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Scrivere,scrivere e poi ancora scrivere. Scrivere per necessità,per rispondere a un innato bisogno primigenio di raccontare fatti,esperienze,emozioni, scrivere per rendere partecipi i lettori o – più prosaicamente – sé stessi, di un dramma vissuto internamente dallo scrittore, un oracolo narratore che informa con l’intento di rispondere a un vuoto dell’anima causato da un dolore,da una sconfitta,da una vittoria,da un dato di fatto. La scrittura è questo: informazione,riflessione, valvola di sfogo di masturbazioni cerebrali, di eventi che possono irretire – in senso buono- la mente del lettore per poche ore/giorni/settimane/mesi creando un rapporto unidirezionale di comunicazione empatica che quando termina, lascia in sé un’ amarezza similare alla perdita di un amico.
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Scrivere,scrivere e poi ancora scrivere. Scrivere per necessità,per rispondere a un innato bisogno primigenio di raccontare fatti,esperienze,emozioni, scrivere per rendere partecipi i lettori o – più prosaicamente – sé stessi, di un dramma vissuto internamente dallo scrittore, un oracolo narratore che informa con l’intento di rispondere a un vuoto dell’anima causato da un dolore,da una sconfitta,da una vittoria,da un dato di fatto. La scrittura è questo: informazione,riflessione, valvola di sfogo di masturbazioni cerebrali, di eventi che possono irretire – in senso buono- la mente del lettore per poche ore/giorni/settimane/mesi creando un rapporto unidirezionale di comunicazione empatica che quando termina, lascia in sé un’ amarezza similare alla perdita di un amico. Questa la scrittura,la splendida forma di interpretazione dei pensieri umani che affascina e fa affascinare intere generazioni.
Ne sanno qualcosa gli sceneggiatori Brian Klugman e Lee Sternthal che nel loro recente film d’esordio, “The words” imbastiscono una storia (che per antifrasi potrebbe essere definita semplice) basata proprio sul complicato rapporto che intercorre tra lo scrivente e la sua opera prima il racconto. Come una matrioska in cui non è chiaro cosa è reale e cosa è frutto di fantasia, veniamo a conoscenza,attraverso le parole di Clay Hammond (Dennis Quaid), scrittore famoso di successo in atto di leggere in pubblico i primi capitoli del suo best-seller, delle peripezie di Rory Jansen, pseudo-scrittore fermamente convinto di riuscire a pubblicare il romanzo della sua vita. Romanzo che gli si presenterà bello pronto sottoforma di una vetusta ventiquattro ore trovata dalla fidanzata casualmente e contenente al suo interno, un ancor più vetusto manoscritto che irretirà il giovane sino al plagio, alla pubblicazione e all’immeritato successo. Tuttavia, il ghost-writer che altri non è che un “povero vecchio” (interpretato da un ottimo Jeremy Irons) reduce da una miseranda vicenda umana fatta di guerra,morte e abbandono, si troverà lungo il cammino, quasi per uno scherzo del destino dello scrittore di successo rivendicando la paternità del libro ed esigendo un dazio, un pagamento del tributo. Non soldi, non vile denaro ma la consapevolezza del plagio, l’inesorabile presenza del rimorso nato dall’incapacità di produrre una storia potente,reale,viva in ogni senso alimentata dall’esperienza e impossibile da narrare senza essere stati protagonisti assoluti. Rory dal canto suo, dopo strenui tentativi di discussione con il gretto editore piegato solo dalla logica del successo, non potrà fare altro che accettare quella situazione di pura illusione nel cui baratro a causa della sua stessa incapacità è caduto senza purtroppo essere in grado di risalire visto che, “la compagna di scalate”, la moglie, sarà incapace di indossare per il resto della sua vita la maschera del successo. Le loro vite saranno scandite dalla menzogna, dall’incapacità di guardarsi negli occhi, da presentazioni di libri, il cui primo, trampolino di lancio della carriera di Rory, costituirà fardello imprescindibile, incarnazione del senso libero della scrittura come esplorazione,sfogo, istintualità repressa. Una scrittura morta, naturalmente, con l’autore stesso. All’interno di questa cornice, Clay, l’io narrante, è lo specchio e il riflesso delle azioni di Rory. Il primo è il generatore dell’evento, il secondo il puro strumento di narrazione ma la specificità delle azioni e il concetto sfumato di realtà e finizione ben sottolineato dall’espressione facciale finale di Clay, rendono l’idea di un gioco piu’ profondo,intimo e impetuoso.
Un gioco semplice,una storia dalle molteplici implicazioni ad incastro che si staglia su piani paralleli che non si incontrano mai dove l’arte di narrare attraverso parole è l’onnipresente leit-motiv di ogni azione, dove la finzione e la realtà sfumano all’interno di registri narrativi distinti ed equilibrati, dove le emozioni della vita nascono,crescono e fioriscono. In un verdeggiante giardino colmo di illusioni.
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rita branca
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venerdì 11 ottobre 2013
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furto d'arte casuale
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The Words, film (2012) di Brian Klugman e Lee Sternthal, con Bradley Cooper, Jeremy Irons, Dennis Quaid, Olivia Wilde, Zoe Saldana
Film sentimentale in cui si presenta la difficile iniziale carriera di un uomo che ha scelto di fare lo scrittore, contro il parere della famiglia, sostenuto però dalla dolce moglie, sempre pronta a incoraggiarlo anche quando subisce i rifiuti di pubblicazione dei suoi romanzi per i quali riceve commenti lusinghieri insieme, però, a implacabili e deludenti definizioni di “opere non commerciabili”.
La vita è fatta di curiose opportunità e coincidenze anche per il protagonista: in una vecchia borsa di cuoio acquistata per lui a Parigi da sua moglie, trova un dattiloscritto che lo affascina, il romanzo che lui stesso avrebbe voluto scrivere, le parole che avrebbe sognato di aver utilizzato.
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The Words, film (2012) di Brian Klugman e Lee Sternthal, con Bradley Cooper, Jeremy Irons, Dennis Quaid, Olivia Wilde, Zoe Saldana
Film sentimentale in cui si presenta la difficile iniziale carriera di un uomo che ha scelto di fare lo scrittore, contro il parere della famiglia, sostenuto però dalla dolce moglie, sempre pronta a incoraggiarlo anche quando subisce i rifiuti di pubblicazione dei suoi romanzi per i quali riceve commenti lusinghieri insieme, però, a implacabili e deludenti definizioni di “opere non commerciabili”.
La vita è fatta di curiose opportunità e coincidenze anche per il protagonista: in una vecchia borsa di cuoio acquistata per lui a Parigi da sua moglie, trova un dattiloscritto che lo affascina, il romanzo che lui stesso avrebbe voluto scrivere, le parole che avrebbe sognato di aver utilizzato. Per un equivoco che non riesce a sciogliere, sua moglie crede che l’opera sia sua, ed essendone entusiasta, lo convince a proporne subito la pubblicazione. Ovviamente tale decisione non è priva di dubbi e tentennamenti… si sta impossessando di un’opera che non gli appartiene e di cui non conosce l’autore. Comunque coglie questa inaspettata chance e il successo arriva in maniera clamorosa, con premi letterari e tanta pubblicità…. Colpo di scena: la notizia è captata anche da un vecchietto che lavora in una serra e che un giorno lo ferma rivelandogli fatti assai coinvolgenti.
Rita Branca
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ultimoboyscout
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venerdì 27 marzo 2015
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la firma falsa.
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Il film è l'opera prima di Brian Klugman e Lee Sternthal, co-autori del soggetto di "Tron: legacy" e racconta dello scrittore di successo Clay Hammond, che legge ad una platea colma alcuni passaggi del suo ultimo romanzo, la storia dello scrittore Rory Jansen, autore scarsamente talentuoso, che nelle sue ambizioni letterarie ha solo il sostegno della moglie. Rory, in una valigetta con doppiofondo, trova un manoscritto che lui copia parola per parola spacciando poi l'opera per sua. La costruzione è un po' a scatole cinesi, un libro (plagiato) nel libro all'interno di un altro libro, si distinguono tutti gli attori che recitano in maniera molto convincente ma è il film a non emozionare, risultando un ibrido che non sa che strada prendere, se quella del sentimento o quella del piacere intellettuale, finendo per non batterne nessuna delle due.
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Il film è l'opera prima di Brian Klugman e Lee Sternthal, co-autori del soggetto di "Tron: legacy" e racconta dello scrittore di successo Clay Hammond, che legge ad una platea colma alcuni passaggi del suo ultimo romanzo, la storia dello scrittore Rory Jansen, autore scarsamente talentuoso, che nelle sue ambizioni letterarie ha solo il sostegno della moglie. Rory, in una valigetta con doppiofondo, trova un manoscritto che lui copia parola per parola spacciando poi l'opera per sua. La costruzione è un po' a scatole cinesi, un libro (plagiato) nel libro all'interno di un altro libro, si distinguono tutti gli attori che recitano in maniera molto convincente ma è il film a non emozionare, risultando un ibrido che non sa che strada prendere, se quella del sentimento o quella del piacere intellettuale, finendo per non batterne nessuna delle due. L'idea di incentrare una pellicola sulle parole può essere molto accattivante, ma il film non riesce ad indagare come dovrebbe sul peso delle parole stesse ne, men che meno, sul peso delle scelte di ognuno. Ne esce un'opera romantica e anacronistica, un indie dedicato alla scrittura che purtroppo vuole convincere lo spettatore che solo dalla sofferenza si possa produrre arte, arte di quella vera. Convinzione del tutto sbagliata. Film che riesce a legare realtà e fantasia, ma lo fa in maniera confusionaria e con troppe sottotrame con la storia di Faust che fa nuovamente capolino, ovvero il successo si paga con l'anima. E' un thriller mancato ma anche un giallo mancato che preferisce l'introspezione (superficiale) al resto, che ci dice che non serve seppellirsi di sensi di colpa salvo poi ricredersi all'ultima scena. Un solo dubbio rimane: la vita di Clay è quella di Rory?
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marcocremona
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lunedì 24 settembre 2012
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una matrioska di storie solo raccontate. noioso.
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Uno scrittore che legge davanti ad una platea il suo libro che racconta di un autore che racconta, a sua volta, la sua storia rubata da uno scrittore in crisi di successo. Come ci si può appassionare ad una storia di una storia di una storia? L'irrealtà all'ennesima potenza. Spesso i film iniziano con "tratto da una storia vera"; in questo caso si potrebbe scrivere "tratto da tre storie false". La prima, come detto sopra, di uno scrittore che legge il suo libro (ci può essere cosa più noiosa), incontra una misteriosa gnocca e se la porta in albergo (cosa succeda li non è dato sapere ed il ruolo della ragazza rimane ancora un mistero, almeno per me).
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Uno scrittore che legge davanti ad una platea il suo libro che racconta di un autore che racconta, a sua volta, la sua storia rubata da uno scrittore in crisi di successo. Come ci si può appassionare ad una storia di una storia di una storia? L'irrealtà all'ennesima potenza. Spesso i film iniziano con "tratto da una storia vera"; in questo caso si potrebbe scrivere "tratto da tre storie false". La prima, come detto sopra, di uno scrittore che legge il suo libro (ci può essere cosa più noiosa), incontra una misteriosa gnocca e se la porta in albergo (cosa succeda li non è dato sapere ed il ruolo della ragazza rimane ancora un mistero, almeno per me). La seconda. Uno scrittore in crisi con la creatività, in crisi con la moglie, in crisi con il padre trova un dattiloscritto abbandonato in una borsa a Parigi, lo fa pubblicare e diventa un successone. Il vero autore lo scova (in impermeabile fuori dall'albergo in una notte buia e tempestosa) e gli svela la verità riempiendolo di sensi di colpa (cosa poi succeda nessuno lo sa). Dimenticavo... il vecchio ha la passione delle piante e dei fiori e lavora in un vivaio (nonstante sia vecchio). Che sia parente con Nero Wolfe? Terza storia. Un soldatino mandato a pulire le fogne a Parigi durante la 2^ guerra mondiale si innamora di una cameriera, la sposa hanno una figlia e poi si lasciano. A parte la fotografia molto bella di questa ultima storia del resto rimangono solo inutili parole. Quando un film è noiso guardo spesso l'orologio. In questo caso pensavo si fosse pure rotto.
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(di machz)
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(di v forvendetta)
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(di antonello000)
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(di claudiokarate)
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(di orion84)
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