diomede917
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giovedì 11 ottobre 2012
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corpi lacerati
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Jacques Audiard, prendendo spunto dai racconti di Craig Davidson, continua il suo percorso focalizzato su personaggi ai margini di una vita violenta in cerca di salvezza e redenzione.
Un sapore di ruggine e ossa vede protagonisti più che due border line due veri cani rabbiosi….da una parte Alì ragazzo padre di un bambino di 5 anni che fa della sua fisicità la sua ragione di vita lavorando come buttafuori, vigilantes e soprattutto in combattimenti clandestini di full contact dall’altra parte c’è Stephanie una donna che ama eccitare chi la guarda, un’addestratrice di orche che a causa di un brutto incidente perde entrambe le gambe e che furiosamente e senza compassione cerca di andare avanti….
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Jacques Audiard, prendendo spunto dai racconti di Craig Davidson, continua il suo percorso focalizzato su personaggi ai margini di una vita violenta in cerca di salvezza e redenzione.
Un sapore di ruggine e ossa vede protagonisti più che due border line due veri cani rabbiosi….da una parte Alì ragazzo padre di un bambino di 5 anni che fa della sua fisicità la sua ragione di vita lavorando come buttafuori, vigilantes e soprattutto in combattimenti clandestini di full contact dall’altra parte c’è Stephanie una donna che ama eccitare chi la guarda, un’addestratrice di orche che a causa di un brutto incidente perde entrambe le gambe e che furiosamente e senza compassione cerca di andare avanti…..così dopo un incontro casuale in un locale notturno le due vite si incroceranno sempre di più in un modo che definirei bestiale.
Questo è un film che piacerebbe molto a David Cronenberg per la rappresentazione di questi due freaks tutta basata sui loro corpi…..corpi lacerati dalle ferite della vita e dalla violenza che li circonda, corpi che si accoppiano in maniera animale quasi primordiale, corpi tatuati provocatoriamente, corpi che non sanno esprimere e comunicare un sentimento nascosto nel loro profondo…..
Questi corpi sono ottimamente interpretati da Marion Cotillard (che può perdere tutti gli arti che vuole ma ha due occhi che esprimono tutto) e da Matthias Schoenaerts un rozzo che reprime da troppo tempo un amore da urlare nei confronti di un figlio o di una donna.
In un film decisamente di pancia fin dalle prime battute quello che latita è proprio la regia, ho trovato una messa in scena troppo piatta per rappresentare i tormenti dei due personaggi…..situazioni un pò troppo telefonate che si riscattano nell’epilogo drammatico nel lago ghiacciato…..forse sarò esigente io ma dal regista de Il profeta mi aspetto sempre quel qualcosa che valga il prezzo del biglietto
Voto 6,5
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claricestar91
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mercoledì 10 ottobre 2012
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i corpi di audiard
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Audiard ci parla ancora una volta di vite disperate e lo fa come lui sa ben fare attraverso il linguaggio dei corpi e le espressioni, i gesti ed i silenzi. Cinema in movimento, corporale, emotivo, carico di tensione.
La fragilità di un'anima devastata che incontra la violenza animale di un uomo sempre costretto ai margini. Ne nasce una storia d'amore che amore proprio non è, ma sesso amicizia, forza, complicità, conciliazione. Due anime complementari che aspirano al riscatto, due esistenze tragiche qui rappresentate però senza retorica o compassione, grazie anche all'interpretazione di due attori come Schoenaerts e la superba Cotillard.
Notevole anche la colonna sonora di Desplat
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ultimoboyscout
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martedì 18 febbraio 2014
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vite sospese.
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Fragili, rocciosi, perdenti ma mai vinti, quasi senza luce ma pieni di luce: questi sono i protagonisti di "Un sapore di ruggine e ossa", tratto dai racconti potenti e disturbanti del canadese Craig Davidson, una storia di amicizia e amore tra due persone mai dome, le cui vite si scontreranno fondendosi. Jacques Audiard fa abbondante uso di effetti digitali per mozzare le gambe alla Cotillard, riesce ad essere poetico nella brutalità e violento nelo melò, spinge verso l'eccesso con grazia senza aver paura di esagerare, rendendo più che umana la prosa disumana di Davidson. Audiard ama i corpi mozzati e sfregiati ai quali danno vita due attori straordinari, lei sempre più brava senza gambe ne trucco ma con una grande anima, lui, autentica sorpresa, che prende a pugni la vita restituendo colpo su colpo.
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Fragili, rocciosi, perdenti ma mai vinti, quasi senza luce ma pieni di luce: questi sono i protagonisti di "Un sapore di ruggine e ossa", tratto dai racconti potenti e disturbanti del canadese Craig Davidson, una storia di amicizia e amore tra due persone mai dome, le cui vite si scontreranno fondendosi. Jacques Audiard fa abbondante uso di effetti digitali per mozzare le gambe alla Cotillard, riesce ad essere poetico nella brutalità e violento nelo melò, spinge verso l'eccesso con grazia senza aver paura di esagerare, rendendo più che umana la prosa disumana di Davidson. Audiard ama i corpi mozzati e sfregiati ai quali danno vita due attori straordinari, lei sempre più brava senza gambe ne trucco ma con una grande anima, lui, autentica sorpresa, che prende a pugni la vita restituendo colpo su colpo. Film ben fatto anche se lento e pesante, durissimo da digerire che mostra tre grandi, attori e regista, che osserva senza filtri o ricatti emotivi il rapporto tra due freak di oggi, rifiutati dal mondo ma anche da se stessi, che vivono però l'uno grazie all'altra. E Audiard è mostruosamente bravo nel mostrare quella strana luce, fiacca e accecante al tempo stesso, che si annida nella miseria umana. Regia e interpretazioni, come detto, sono di pregio ma manca qualcosa, a tratti il regista non trova la misura ma è ridicolo che agli Oscar sia stato del tutto ignorato. Ma se avesse vinto, Ali e Stephanie, i due protagonisti, sarebbero stati dei vincenti, evadendo dalla loro naturale condizione.
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agnese g.
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lunedì 15 ottobre 2012
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di ruggine e di ossa
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Film perfettamente costruito su una polarità tragica, quella dei due protagonisti Alì e Stephanie troppo diversi per potersi incontrare e all'apparenza inconciliabili. I loro destini si incrociano in una circostanza di brutale crudezza che ha messo le brutture della vita dell'una di fronte a quelle dell'altro (la violenza di una rissa fuori di una discoteca). Attraverso i due personaggi il regista dipinge con grande efficacia, al di là delle differenze (profondità di pensiero, intensità d'animo in lei, superficiale animalità in lui), una attenzione al corpo e ai suoi linguaggi fatta di gesti e di volti più che di parole,in grado di aprire varchi inimmaginabili nelle loro storie. E' attraverso la mediazione del corpo e delle sue esigenze che si apre un tunnel impossibile, lo spezzarsi di una glaciale incomunicabilità tra i due, di cui la scena con il piccolo Sam sotto il ghiaccio si fa metafora.
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Film perfettamente costruito su una polarità tragica, quella dei due protagonisti Alì e Stephanie troppo diversi per potersi incontrare e all'apparenza inconciliabili. I loro destini si incrociano in una circostanza di brutale crudezza che ha messo le brutture della vita dell'una di fronte a quelle dell'altro (la violenza di una rissa fuori di una discoteca). Attraverso i due personaggi il regista dipinge con grande efficacia, al di là delle differenze (profondità di pensiero, intensità d'animo in lei, superficiale animalità in lui), una attenzione al corpo e ai suoi linguaggi fatta di gesti e di volti più che di parole,in grado di aprire varchi inimmaginabili nelle loro storie. E' attraverso la mediazione del corpo e delle sue esigenze che si apre un tunnel impossibile, lo spezzarsi di una glaciale incomunicabilità tra i due, di cui la scena con il piccolo Sam sotto il ghiaccio si fa metafora. L'acqua che avvolge i corpi, il sangue che scorre, la pelle che si rompe o si incide (bello il tatuaggio iniziatico che Stephanie si fa fare sulla coscia) sono il correlativo oggettivo, di una esistenza tutta segnata dal corpo ma che non si esaurisce nel corpo e che fa trapelare al di là della '' muraglia con in cima cocci aguzzi di bottiglia'' una profonda fede del regista nella possibilità che la vita ti concede di redimerti e trovare riscatto anche in una vita segnata dalla lacerazione dei rapporti e dalla aridità spirituale.
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(di michelag.)
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molenga
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lunedì 10 dicembre 2012
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un dolore inesprimibile
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Ali arriva in provenza con il figlioletto di 5 anni, non ha un lavoro ma un indirizzo, quello della sorella anna, cassiera di supermercato che vive con il marito e procura un lavoro come buttafuori ad Ali. E proprio facendo il buttafuori Incontra Stéfanie, bella ed ammirata, animale da rimorchio in discoteca. Stéfanie è anche un'addestratrice di orche, ha uno spettacolo presso l'acquario di Antibes: un giorno qualcosa va storto e uno dei giganteschi cetacei ferisce Stéfanie costringendo i dottori ad amputarle le gambe ; perde ogni volta di vivere ma ali, con un paio di gesti rudi, la rimette in carreggiata, intanto l'uomo, per raccattare più soldi possibile, si è dato alla lotta clandestina: vince e porta con sé stéfanie, che piano piano impara anche ad organizzare matches.
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Ali arriva in provenza con il figlioletto di 5 anni, non ha un lavoro ma un indirizzo, quello della sorella anna, cassiera di supermercato che vive con il marito e procura un lavoro come buttafuori ad Ali. E proprio facendo il buttafuori Incontra Stéfanie, bella ed ammirata, animale da rimorchio in discoteca. Stéfanie è anche un'addestratrice di orche, ha uno spettacolo presso l'acquario di Antibes: un giorno qualcosa va storto e uno dei giganteschi cetacei ferisce Stéfanie costringendo i dottori ad amputarle le gambe ; perde ogni volta di vivere ma ali, con un paio di gesti rudi, la rimette in carreggiata, intanto l'uomo, per raccattare più soldi possibile, si è dato alla lotta clandestina: vince e porta con sé stéfanie, che piano piano impara anche ad organizzare matches...quasi per caso i due si ritrovano a divenire "amici di letto"., con ali che, nel sesso casuale come nel pugilato, sfoga la sua rabbia e stéfanie che, dopo aver perso la bellezza che l'aveva sempre resa sicura, deve impadronirsi della sua nuova fisicità.
Questo è un film grandissimo, con un'interprete, la Cotillard, che regala l'ennesima interpretazione di altissimo livello. fotografia d'effetto e evoluzione dei personaggi calibrata bene dall'ottima sceneggiatura, musiche abbinate alla perfezione alle scene epifaniche più importanti del film....su tutte sottolineo la visione di stéfanie dal punto di vista di un ali abbattuto in combattimento e l'incontro della "nuova" stéfanie con l'orca.
Da non mancare.
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clavius
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giovedì 13 dicembre 2012
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miseria e destino
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Altà densità narrativa e una drammaturgia quasi perfetta caratterizza l'ultimo lavoro di Audiard. Sorretto da una colonna sonora strepitosa e dalla bravura cristallina dei due interpreti (la Cotillard davvero perfetta) il film ricostruisce esistenze mutilate e senza bussola. Un film materico, fatto di sangue e sudore, carne e metallo, acqua e ossa. Una visione che diviene a tratti vera e propria esperienza fisica. Audiard si conferma autore a 360° con un film calibratissimo, controllato nonostante la materia sia incandescente, dominato dalla prima all'ultima sequenza con grande maestria. Il risultato è una sinfonia dolente sulle occasioni mancate, sulle ferite quotidiane, sulle nostre deficienze, sulle aspirazioni deluse.
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Altà densità narrativa e una drammaturgia quasi perfetta caratterizza l'ultimo lavoro di Audiard. Sorretto da una colonna sonora strepitosa e dalla bravura cristallina dei due interpreti (la Cotillard davvero perfetta) il film ricostruisce esistenze mutilate e senza bussola. Un film materico, fatto di sangue e sudore, carne e metallo, acqua e ossa. Una visione che diviene a tratti vera e propria esperienza fisica. Audiard si conferma autore a 360° con un film calibratissimo, controllato nonostante la materia sia incandescente, dominato dalla prima all'ultima sequenza con grande maestria. Il risultato è una sinfonia dolente sulle occasioni mancate, sulle ferite quotidiane, sulle nostre deficienze, sulle aspirazioni deluse. Nella scena del ritorno al parco acquatico si condensa tutto il destino dell'uomo: non riusciamo a stare lontano da ciò che ci ha ferito ed abbiamo sempre l'illusione di poterlo governare. Una sequenza di grande impatto che vale tutto il biglietto.
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gabriele.vertullo
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martedì 9 ottobre 2012
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si può sempre essere migliori
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Il nuovo film di Jacques Audiard (regista dell’apprezzatissimo Il profeta) è una storia caratterizzata da una violenta emotività, all’ interno di una realtà bollente e gravosa, per questo l’approccio sentimentale dello spettatore e quello artistico del regista risulta ambivalente. Audiard è cosciente di plasmare un oggetto increscioso, per questo, considerando la mole degli avvenimenti, il suo stile risulta minimalista e conciliante, evitando ogni eccesso di pietismo e di demenza.
L’inizio della storia è tra le più tribolate: Alain van Versch è in viaggio con il figlio alla ricerca di una sistemazione provvisoria a casa della sorella; i due vivono in uno stato di solitudine e povertà, e l’esistenza di una sorella accogliente si rivela provvidenziale.
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Il nuovo film di Jacques Audiard (regista dell’apprezzatissimo Il profeta) è una storia caratterizzata da una violenta emotività, all’ interno di una realtà bollente e gravosa, per questo l’approccio sentimentale dello spettatore e quello artistico del regista risulta ambivalente. Audiard è cosciente di plasmare un oggetto increscioso, per questo, considerando la mole degli avvenimenti, il suo stile risulta minimalista e conciliante, evitando ogni eccesso di pietismo e di demenza.
L’inizio della storia è tra le più tribolate: Alain van Versch è in viaggio con il figlio alla ricerca di una sistemazione provvisoria a casa della sorella; i due vivono in uno stato di solitudine e povertà, e l’esistenza di una sorella accogliente si rivela provvidenziale. La sua totale passione per la boxe, che si esprime in un carattere superficiale e aggressivo, gli permette di lavorare come uomo della sicurezza in un night club, dove incontra per la prima volta Stéphanie(interpretata da un’ intensa Marion Cotillard), addestratrice di orche alla ricerca di una relazione vera e luminosa. Un giorno Stéphanie viene “investita” da un’orca durante un’esibizione, e si risveglierà in ospedale con le gambe amputate. Sarà l’inizio di una profonda relazione tra due anime che hanno bisogno l’una dell’altra.
Il film è trainato da alcune scene di spessore visivo ed emotivo. Il cuore pulsa, accelera improvvisamente per poi urtare, spegnendosi sordo. Tutto si oscura lasciando lo spettatore momentaneamente esterrefatto, in assenza di gravità.
Centrale è il rapporto duplice con la natura: il mondo delle orche sublime e impetuoso, paesaggi innevati suggestivi e insidiosi. Si respira un incessante desiderio di libertà e leggerezza che si pacifica nel mare. Accarezzare le crespe onde del mare, il sapore di sale che si posa sulle labbra, e la dolce brezza marina lenisce ogni stanchezza. Dalla rinascita espressiva, dagli sguardi sognanti e dai dolci movimenti liberatori di Marion Cotillard si evince che Jacques Audiard ami questo universo sconfinato e illimitato, per un film che abbatte ogni barriera.
Un sapore di ruggine e ossa è una storia aspra, scandita da chiaro-scuri, luci e ombre; venata da un senso di abbandono ed amarezza, un mondo in cui è più facile la consumazione occasionale che l’espressione di sentimenti autentici; ma ci insegna che si può essere uomini migliori a prescindere dalla condizione fisica e sociale.
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flyanto
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mercoledì 10 ottobre 2012
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la nascita di un rapporto di coppia contro tutte l
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Film sull'evoluzione e sulla costruzione di un rapporto di coppia, dopo moltissime e dolorose vicissitudini, tra due individui molto differenti tra loro sia per estrazione sociale che per esperienze personali. Nell'insieme la pellicola si contraddistingue (come anche la riuscita opera precedente di J. Audiard "Il Profeta") per la spietatezza delle immagini e delle situazioni ma, a mio modesto parere, essa qui si rivela dotata di un' eccessiva quantità di vicissitudini raccontate che colpiscono i protagonisti da risultare alla lunga un pò come se fosse un "romanzo d'appendice". Brava e convincente, nonchè bella, Marion Cottilard nella parte della paraplegica.
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Film sull'evoluzione e sulla costruzione di un rapporto di coppia, dopo moltissime e dolorose vicissitudini, tra due individui molto differenti tra loro sia per estrazione sociale che per esperienze personali. Nell'insieme la pellicola si contraddistingue (come anche la riuscita opera precedente di J. Audiard "Il Profeta") per la spietatezza delle immagini e delle situazioni ma, a mio modesto parere, essa qui si rivela dotata di un' eccessiva quantità di vicissitudini raccontate che colpiscono i protagonisti da risultare alla lunga un pò come se fosse un "romanzo d'appendice". Brava e convincente, nonchè bella, Marion Cottilard nella parte della paraplegica.
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theophilus
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lunedì 10 febbraio 2014
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dal corpo l'anima
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DE ROUILLE ET D’OS
Jacques Audiard va a cercarsi guai. Va ad intrappolarsi nel labirinto oscuro del male col forte rischio di cadere nel buco nero opposto del sentimentalismo, quello che con ‘ismo’ differente viene oggi più spesso chiamato ‘buonismo’.
Non sapremmo dire se sia reazionario o no guardare con almeno un po’ di circospezione a fenomeni – prevalentemente collegati al mondo dello sport – quali le paraolimpiadi, il calcio giocato dai ciechi, il basket sulla sedia a rotelle o, in altro campo, il tentativo di spiegare la pittura ai ciechi dalla nascita. Si pretende di far credere che le barriere non esistano o, se ci sono, che si possano superare, basta volerlo.
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DE ROUILLE ET D’OS
Jacques Audiard va a cercarsi guai. Va ad intrappolarsi nel labirinto oscuro del male col forte rischio di cadere nel buco nero opposto del sentimentalismo, quello che con ‘ismo’ differente viene oggi più spesso chiamato ‘buonismo’.
Non sapremmo dire se sia reazionario o no guardare con almeno un po’ di circospezione a fenomeni – prevalentemente collegati al mondo dello sport – quali le paraolimpiadi, il calcio giocato dai ciechi, il basket sulla sedia a rotelle o, in altro campo, il tentativo di spiegare la pittura ai ciechi dalla nascita. Si pretende di far credere che le barriere non esistano o, se ci sono, che si possano superare, basta volerlo.
In De rouille et d’os Audiard ti sbatte in faccia con una crudezza forse senza precedenti il mondo dell’handicap fisico. La sua è una provocazione che merita attenzione e rispetto, ti butta addosso il suo sguardo e ti sfida a chi per primo volgerà gli occhi da un’altra parte. Ma non si tratta solo di esasperazione visiva. Il film è percorso da una rispondenza sociale implacabile, da uno sporco guardonismo che ti spia mentre lavori, al fine di cercare pretesti per buttarti fuori dal mondo del lavoro. Nel film ci sono uomini dimezzati, a cui rimane solo la forza della violenza per superare ilsapore di ruggine e ossa che invade la loro esistenza.
Stéphanie, a causa di un incidente occorsole durante uno spettacolo con le orche marine, viene a trovarsi senza le gambe, con due mozziconi che terminano poco sotto le ginocchia. Trova il sostegno di Ali, rude e schietto extracomunitario che la tira fuori dal suo ghetto prima ancora che Stéphanie corra il rischio di cascarci dentro. Il linguaggio è spiccio, le immagini ancora di più. Non c’è spazio per le allusioni, per la retorica del non detto, non attecchisce la disperazione, messa subito a tacere. Nulla viene schermato e l’ipocrisia dell’implicito viene smascherata con un’improntitudine così sferzante da apparire naturale. Non c’è spazio per il sentimento, per la pietà. Stéphanie, ridotta a raccapricciante brandello umano, ha nell’uomo una sponda che le fa mettere in gioco il proprio fantasma fisico. Non è compassione, non è sentimentalismo. Questi sarebbero inevitabili deterrenti della sessualità. Proprio l’indifferente forza animalesca rende Ali sessualmente ‘operativo’ – opé, come viene spesso detto e scritto nel film con altro evidente contrappasso col mondo del lavoro – e consente a Stéphanie di sentirsi ancora donna, ancora un essere umano. Sarà addirittura lei ad avere il coltello dalla parte del manico, quando Ali si fratturerà una mano per liberare il figlio intrappolato nel ghiaccio. Colla spada di Damocle di un dolore sempre in agguato che gl’impedirebbe di continuare a svolgere la sua attività prima nell’ambito delle scommesse clandestine sugli incontri illegali di lotta, poi nel mondo pugilistico, Ali finisce con lo specchiarsi nella donna e se ne innamora.
Belle le prove di Marion Cotillard e di Mathias Schoenaerts. Ripensando alle immagini, restiamo tuttora increduli e incapaci di accettare la spiegazione della protagonista che, durante le riprese, ha indossato calze verdi poi eliminate in postproduzione.
Enzo Vignoli
9 ottobre 2012
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rongiu
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mercoledì 17 ottobre 2012
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il corpo con il suo linguaggio armonico e virile.
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Un'orca; la sua addestratrice Stephanie \ Marion Cotillard /; il buttafuori Alì \ Matthias Schoenaerts / ed il suo figlioletto Sam \ Armand Verdure /; un terribile, tragico incidente.
I protagonisti Davidsoniani hanno caratteristiche psicologiche forti, non si nascondono, sono decisamente esposti. Insomma, rischiano sempre ed in prima persona. Audiard \ regista / ha animato due personaggi fino ad oggi “nascosti” in un libro. \ Craig Davidson - Ruggine e ossa - Giulio Einaudi editore /
Film forte, iperdrammatico e dal sapore acre della frutta “immature”.
Non ha scampo lo spettatore, poche le alternative, o studiare il “tutto tondo” di un regista che non ama riprendere, della vita, svolazzi e vanità, o alzarsi ed andare via.
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Un'orca; la sua addestratrice Stephanie \ Marion Cotillard /; il buttafuori Alì \ Matthias Schoenaerts / ed il suo figlioletto Sam \ Armand Verdure /; un terribile, tragico incidente.
I protagonisti Davidsoniani hanno caratteristiche psicologiche forti, non si nascondono, sono decisamente esposti. Insomma, rischiano sempre ed in prima persona. Audiard \ regista / ha animato due personaggi fino ad oggi “nascosti” in un libro. \ Craig Davidson - Ruggine e ossa - Giulio Einaudi editore /
Film forte, iperdrammatico e dal sapore acre della frutta “immature”.
Non ha scampo lo spettatore, poche le alternative, o studiare il “tutto tondo” di un regista che non ama riprendere, della vita, svolazzi e vanità, o alzarsi ed andare via. Perché? Perché le alterazione che il corpo subisce a seguito di un evento violento, hanno come conseguenza la radicale modificazione della quotidianità. La “tua alba, il tuo tramonto, i tuoi sogni, i tuoi sguardi”, non son più gli stessi, non hanno più i tuoi colori. Insomma, una nuova identità è dietro l’angolo, la tua immagine, la percezione nuova del Sé corporeo sbaraglia le più piccole certezze che fino a quel momento ti sei costruita.
E, se a ciò accompagni, le pulsioni prima forti e poi violente, che provi per un uomo “rozzo”, irascibile, dal passato impetuoso, “una testa calda” e che pensi possa appartenerti per sempre, ecco che la miscela esplosiva è bella che pronta, ha solo bisogno di un detonatore.
Individualità ed altruismo; pragmatismo e spiritualità; il corpo con il suo linguaggio armonico e virile; sono solo alcuni degli inneschi disseminati dal regista lungo il percorso narrativo. Tanti gli inneschi, vari gli interrogativi. Meglio così. Una vita con solo esclamativi? Rigida e banale. Due ingredienti che mi fan paura.
Buona visione.
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