elgatoloco
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venerdì 8 febbraio 2019
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film"storico"-biorgrafico
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Da sempre Eastwood ha mostrato, oltre all'attenzione per la creazione fantastica nel cinema, altrettanta attenzione alla storia e alla biografia: ciò vale per i film bellici, per la ricostruzione di vicende biografiche di personaggi, ccome"Bronco Billy", in gran parte"Gunny"(c'è l'episodio di Grenada, 1983), "Honkytonk Man", ma anche il successivo"(rispetto a questo"J.Edgar"(2011)The Jersey Boys"(2014). Qui, appunto con "J.Edgar",ricostruzione molto attenta della vita di Hoover, cinico ma fragile a livello privato, capo dell.FBI, Eastwood compie un'operazione interessante. da conservatore atipico qual è("anarchico di destra"l'aveva definito qualcuno)ha messo in scena un anticomunista durissimo(persino critico verso il"cacciatore di streghe"Joseph McCarthy), mosttando perà l'attaccamento assoluto8qualcuno direbbe"edipico")alla madre, l'omosessualità ben più che latente , che però veniva"iper- compensata"da un virilismo"macho"molto esibito, altre pieghe della storia per cui faceva anche di "tutta l'erba un fascio"come quando definiva "bolscevica"l'anarchica ebrea.
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Da sempre Eastwood ha mostrato, oltre all'attenzione per la creazione fantastica nel cinema, altrettanta attenzione alla storia e alla biografia: ciò vale per i film bellici, per la ricostruzione di vicende biografiche di personaggi, ccome"Bronco Billy", in gran parte"Gunny"(c'è l'episodio di Grenada, 1983), "Honkytonk Man", ma anche il successivo"(rispetto a questo"J.Edgar"(2011)The Jersey Boys"(2014). Qui, appunto con "J.Edgar",ricostruzione molto attenta della vita di Hoover, cinico ma fragile a livello privato, capo dell.FBI, Eastwood compie un'operazione interessante. da conservatore atipico qual è("anarchico di destra"l'aveva definito qualcuno)ha messo in scena un anticomunista durissimo(persino critico verso il"cacciatore di streghe"Joseph McCarthy), mosttando perà l'attaccamento assoluto8qualcuno direbbe"edipico")alla madre, l'omosessualità ben più che latente , che però veniva"iper- compensata"da un virilismo"macho"molto esibito, altre pieghe della storia per cui faceva anche di "tutta l'erba un fascio"come quando definiva "bolscevica"l'anarchica ebrea.lituana Emma Goldman o quando nel caso del rapimento ucciisione del figlio dell'aviatore Lidbergh, intravvedeva anche in quel caso "bolscevichi"che invece non c'erano... Leonardo Di Caprio si dimostra attore maturo e dà con questa interpretazione una"correzione"rispetto agli schemini facili di chi lo aveva adorato(young girls)all'epoca del"Titanic"... El Gato
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giomo891
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martedì 20 settembre 2022
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eastwood con un difficile biopic. giomo891
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J.Edgar 2011.
In questo film di Clint che non fu accolto troppo benevolmente dalla critica, si parla non tanto della figura istituzionale del Direttore e fondatore dell' FBI, ma soprattutto dell'uomo Edgar Hoover.
L'uomo che seleziono' un gruppo scelto di poliziotti, che avevano compiti di contrastare la criminalità dilagante negli USA, nel periodo dagli anni 20 ai 60.
È proprio nella selezione dei giovani agenti che conosce Clyde Tolson, collaboratore che lo accompagnerà durante tutta la sua vita, sia in ambito lavorativo che in quello privato: il rapporto tra i due va oltre la semplice amicizia, ma non si spinge mai oltre la reciproca fiducia.
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J.Edgar 2011.
In questo film di Clint che non fu accolto troppo benevolmente dalla critica, si parla non tanto della figura istituzionale del Direttore e fondatore dell' FBI, ma soprattutto dell'uomo Edgar Hoover.
L'uomo che seleziono' un gruppo scelto di poliziotti, che avevano compiti di contrastare la criminalità dilagante negli USA, nel periodo dagli anni 20 ai 60.
È proprio nella selezione dei giovani agenti che conosce Clyde Tolson, collaboratore che lo accompagnerà durante tutta la sua vita, sia in ambito lavorativo che in quello privato: il rapporto tra i due va oltre la semplice amicizia, ma non si spinge mai oltre la reciproca fiducia.
Clyde era apertamente (anche se in quelli anni l'apertura mentale ai diversi gusti sessuali era da nascondersi) omosessuale e tentò approcci anche nei confronti dell'amico Edgar, che minacciò di sposarsi ma non ci riuscì.
Edgar era morbosamente attaccato all'amico, così come lo era stato con la madre autoritaria.
I critici hanno rilevato che l'interpretazione di Di Caprio, per quanto notevole, era troppo poco rispondente al carattere duro ed intransigente del vero Hoover (che, in realtà aveva appoggiato il senatore McCarthy nella spietata e troppo spesso ingiustificabile lotta ai "presunti" comunisti), cosa che nel film viene omessa.
Ma in altri fascicoli, anche nel film risultano, in una sorta di finale autocritica, i tanti comportamenti riprovevoli della vita di Edgar, che Eastwood non gli risparmia.
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monte.forte
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mercoledì 11 gennaio 2012
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j.edgar o il personaggio reticente
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J. EDGAR O IL PERSONAGGIO RETICENTE
“i primi piani di un quadro fanno sempre schifo, e l'arte vuole che quel che interessa in un quadro venga collocato sullo sfondo, nell'inafferrabile, là dove si rifugia la menzogna, questo sogno colto sul fatto, unico amore degli uomini” Louis Ferdinande Cèline
“Ciò che determina il retaggio di un uomo spesso è ciò che non si vede” John Edgar Hoover
Credo sia importante partire da ciò che viene esplicitamente dichiarato: -è importante dare un pò di mistero al nostro protagonista- questo è l’imperativo essenziale secondo un anziano direttore dell’ FBI nel mentre si accinge a far conoscere all‘opinione pubblica la “sua versione della storia”.
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J. EDGAR O IL PERSONAGGIO RETICENTE
“i primi piani di un quadro fanno sempre schifo, e l'arte vuole che quel che interessa in un quadro venga collocato sullo sfondo, nell'inafferrabile, là dove si rifugia la menzogna, questo sogno colto sul fatto, unico amore degli uomini” Louis Ferdinande Cèline
“Ciò che determina il retaggio di un uomo spesso è ciò che non si vede” John Edgar Hoover
Credo sia importante partire da ciò che viene esplicitamente dichiarato: -è importante dare un pò di mistero al nostro protagonista- questo è l’imperativo essenziale secondo un anziano direttore dell’ FBI nel mentre si accinge a far conoscere all‘opinione pubblica la “sua versione della storia”. Siamo nel 1972 e dopo oltre mezzo secolo trascorso all’interno del più grande servizio investigativo del mondo è intenzionato a dettare la propria autobiografia affinché venga mostrata la differenza tra l’infame e l’eroe.
La rimozione del fragile, bisognoso padre, la venerazione di una madre assunta a totem morale e politico assieme. Proprio lei che insinua riferendosi al marito “Edgar , non vorrai finire come lui?”. Edgar il fanatico dell’organizzazione a tal punto da condurre un’ uscita amorosa in un centro di catalogazione, Edgar il bambino che sogna di avere gli stessi sogni della madre in un’identificazione arcaico mitologica che sfocia in inquietanti, seppur compassionevolmente descritti, lasciti privati. Si dice avesse il vizio di travestirsi da donna, si dice avesse il vizio della formalità a tal punto da chiamare le persone, persino i suoi più stretti collaboratori, con nomi di volta in volta adatti alle situazioni e adattati al suo volerli gestire e catalogare. L’ossessione per il nome. John Edgar Hoover- J.E. Hoover- Edgar-fino a giungere, come se questo mantra da lui cosi amorevolmente recepito del farsi chiamare Edgar risultasse da un processo di iniziazione mai estinto e mai superato, a J. Edgar Hoover.
Il filmare cosi come il narrare porta con sé la responsabilità di curarsi dell’artificio, del progetto anche a volte delle psicosi trattando con rispetto altresì i particolari più biechi: balbettii, paranoie e paura di ballare. Il complesso edipico di un capo che opera nell’ombra ha rilievo maggiore su ciò che di nascosto può essere ri-narrato. Clint Eastwood prende la lente di ingrandimento e con sguardo complesso indaga, consapevole, citando di nuovo Cèline, che ”Tutto quello che è interessante accade nell'ombra. Non si sa nulla della vera storia degli uomini”. È da qui, con oraziano occhio limpido che l’ex cowboy disincantato Clint apre la matrioska delle rimozioni di questo eroe/antieroe contemporaneo, componendo una struttura narrativa ricca di flashback, completando cosi magistralmente J.Edgar, il personaggio reticente, che pur nell’autodescrizione delle sue imprese ha il riflesso condizionato di mentirsi addosso.
Tra un caso criminoso e l’altro(da John Dillinger all’omicidio del figlioletto di Charles Lindbergh, dagli anni venti del proibizionismo e dei bolscevichi, al preambolo del watergate nixoniano, gli antagonisti che si succedono in secondo piano sono numerosi e assai temibili. Tuttavia occorre passare dal macro al micro per cogliere il momento fatidico nella trama di una vita all’ apparenza cinica e fredda, e cogliere aldilà di questa la polifonica personalità hooveriana: lo scegliere una cravatta. Farlo, e qui sta la compromissione, facendosi consigliare, quasi imporre, da un ragazzo in cui, per intuito, si è colto uno spirito complementare . Dalla cravatta ( meglio quella “riservata” che quella “chiassosa”) alla firma (“ Io mi firmo sempre J.Edgar e non John Hoover”) il dado è tratto e Hoover è pronto per intraprendere una carriera di fatti e misfatti di idolatrie e false dichiarazioni, di sorveglianze segrete, il tutto per la sicurezza della propria madre-patria. Affianco, quel ragazzo, di nome Clyde Tolson, ne sarà angelicamente il consigliere e suo braccio destro, diabolicamente il demistificatore, in un rapporto che culminerà ,in una delle scene a mio avviso più emblematiche del cinema eastwoodiano, nel sublime pianto sul corpo dell’amico amato.
Dopo” Flags of our fathers” il regista ormai ultraottantenne ritorna all’epica umana e amara, tragica e lirica. Si conferma ancora una volta cantore distaccato e al tempo stesso prossimo, ora regista, ora scultore del tempo, ora caldo testimone. Contemporaneo, prima di tutto e nell’ accezione migliore possibile. L’Orazio dei giorni nostri, il poeta dell’ Imperium ormai destinato a cadere. L‘ asciuttezza di stile e l’aurea mediocritas, le immagini levigate e leggere e i lenti movimenti della camera confermano l’Eastwood autoriale degli ultimi tempi. Sempre dentro le storie e al contempo sempre con il cuore nella Storia criticata e criticabile, quasi con asciutto ascendente mistico alla contemplazione mitigata ma non domata dal suo a volte inesorabile a volte doverosamente accettabile destino.
Intento etico e attenzione alla forma all’interno di una stoica teoria delle vicende umane. L’ occhio chiaro si nota, eccome!, nella narrazione di una vicenda oscura. Quella di John Edgar Hoover sarebbe una vicenda da storici, da psicanalisti o da politici, l’analisi di un potere dietro i poteri. Rendendoci un’ oraziana satira con gli immancabili accenni moralistici che le si addicono, questa di J.Edgar rimane la storia, di tante storie, che solo un regista colmo di pietas come Clint Eastwood poteva prendersi a carico.
Francesco Monteforte
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rochthecasbah
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domenica 13 maggio 2012
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fino all'ultimo sbadiglio
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Dopo le due grandi delusioni, l’enfatico Invictus e il paranormale Hereafter, ero decisa a far riscattare Clint Eastwood ai miei occhi. Andando a vedere J. Edgar le aspettative erano alte, se non per il regista, almeno per l’interprete, Leonardo Di Caprio, che da qualche anno non sbaglia un colpo! La storia in questione è quella di John Edgar Hoover, per 48 anni a capo dell’FBI, fu lui a introdurre alcuni dei sistemi ancora in uso per le indagini (archiviazione delle impronte digitali, laboratori scientifici per la comparazione delle prove) e a catturare alcuni dei criminali più spietati di tutta l’America. Data l’impostazione della narrazione, ilparagone con un altro film, Milk di Gus Van Sant, viene spontaneo.
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Dopo le due grandi delusioni, l’enfatico Invictus e il paranormale Hereafter, ero decisa a far riscattare Clint Eastwood ai miei occhi. Andando a vedere J. Edgar le aspettative erano alte, se non per il regista, almeno per l’interprete, Leonardo Di Caprio, che da qualche anno non sbaglia un colpo! La storia in questione è quella di John Edgar Hoover, per 48 anni a capo dell’FBI, fu lui a introdurre alcuni dei sistemi ancora in uso per le indagini (archiviazione delle impronte digitali, laboratori scientifici per la comparazione delle prove) e a catturare alcuni dei criminali più spietati di tutta l’America. Data l’impostazione della narrazione, ilparagone con un altro film, Milk di Gus Van Sant, viene spontaneo. Entrambi i film trattano storie di personaggi celebri realmente esistiti attraverso lunghi flashback. J. Edgar detta la sua storia a dei sottoposti, Harvey Milk la registra nella solitudine della sua casa, in ambedue i casi poco prima di morire. Insomma, modalità diverse, stessa finalità. Purtroppo però il paragone non regge se si confronta il geniale ritmo incalzante con cui Gus Van Sant sviluppa la sua storia e la pedante lentezza della narrazione eastwoodiana. Il tono è cupo, il film lento, Eastwood, per altro, calca molto la mano su quella che in realtà è solo una supposizione, ovvero l’omosessualità del personaggio. In effetti, J.Edgar Hoover non si sposò mai ed ebbe uno stretto rapporto con il suo braccio destro, Clyde Tolson (egregiamente interpretato da Armie Hammer che avevamo già visto nel 2010 nei panni dei gemelli Winklevoss in The Social Network). Una storia potenzialmente interessante, dunque, che sembra sempre sul punto di carburare ma che non riesce mai a dare quell’accelerata che fa entrare lo spettatore nel vivo dell’azione.
A onor del vero,ci sono anche degli episodi narrativi piacevoli, uno in particolare lo ritroviamo al momento della morte della madre di Edgar, della quale, secondo la versione riportata dal regista, il figlio era sempre stato succube (anche e soprattutto nell’ambito del suo orientamento sessuale). La donna glielo fa chiaramente capire: “Non voglio un figlio gardenia”, gli dice, alludendo al soprannome di un amico di Edgar che da bambino, scoperto vestito da donna e pubblicamente umiliato, si era suicidato dopo poco.
Ebbene, dicevo, in questo momento drammatico, abbiamo un Di Caprio che si lascia finalmente andare, indossa un abito della madre e crolla in lacrime sul pavimento, per la prima volta dall’inizio del film, spettinato.
Personalmente tendo ad attribuire il merito di questi rari sprazzi lirici all’interpretazione di Di Caprio che ce la mette davvero tutta per sopperire alle carenze di una narrazione fin troppo narcolettica.
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blackdragon89
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lunedì 21 gennaio 2013
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patriottismo ispiratorio di un americano storico
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Alla luce degli attentati ad opera degli anarchici bolscevichi, nel 1919 l'America di Roosevelt istituisce il Bureau Of Investigation, divenuto poi FBI, alle cui redini ascende l'allora ventiquattrenne John Edgar Hoover. Sulle righe di una biografia romanzata Clint Eastwood ritrae l'uomo e la società ai tempi del proibizionismo, nelle cui lande cresce e si consolida l'intraprendente personalità dello storico direttore di uno dei corpi segreti più famosi al mondo. Capace, impulsivo, ossessionato dal lavoro e dall'utopico ideale di un paese in completa sicurezza, John Hoover getta le rigide basi per un rinnovato ente investigativo che trova i suoi punti di forza in un'impeccabile organizzazione ricognitiva e nella promozione della ricerca scientifica in scopo di verifica.
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Alla luce degli attentati ad opera degli anarchici bolscevichi, nel 1919 l'America di Roosevelt istituisce il Bureau Of Investigation, divenuto poi FBI, alle cui redini ascende l'allora ventiquattrenne John Edgar Hoover. Sulle righe di una biografia romanzata Clint Eastwood ritrae l'uomo e la società ai tempi del proibizionismo, nelle cui lande cresce e si consolida l'intraprendente personalità dello storico direttore di uno dei corpi segreti più famosi al mondo. Capace, impulsivo, ossessionato dal lavoro e dall'utopico ideale di un paese in completa sicurezza, John Hoover getta le rigide basi per un rinnovato ente investigativo che trova i suoi punti di forza in un'impeccabile organizzazione ricognitiva e nella promozione della ricerca scientifica in scopo di verifica. Ben presto, al pari dell'estensione del contesto operativo, la sfera tattile del regno dei complotti spingerà il suo cauto e istintivo carattere ad ampliare le linee di sospetto, toccando persino il ramo politico, segno di un marcato senso di sfiducia verso qualsiasi tipo di istituzione esterna; prendono così il via le trame di una procedura al limite della legalità, fatta di intercettazioni a scopo intimidatorio a capo di un intento ultimo quale vuole essere il raggiungimento di un potere che contrasti qualsiasi ipotetico impedimento ai fini della salvaguardia del paese.
La mano esperta del regista statunitense calca i ritmi drammatici non solo grazie all'efficienza di una storia raccontata dal protagonista stesso, ma soprattutto da un originale approccio dell'itinerario scenico che fa abile uso del flashback come ponte ricorrente tra l'epoca "presente" e un lungo dettato autobiografico che ripercorre i vari tasselli della carriera di Hoover. Il particolare merito di questo valido espediente sta proprio nel consapevole rischio di frammentare la scorrevolezza del plot narrativo, e che si mostra invece in tal frangente abile e in tutto solido, reggendosi sull'introduzione di elementi che concernono l'una o l'altra linea temporale garantendo all'insieme una certa continuità, qui vero fulcro d'azione dell'intera struttura.
Tralasciando qualche leggero spunto di assunzione palesemente cinematografico, quale può essere un'omosessualità latente e in realtà non accertata, la trama raggiunge l'impeccabile accordo di una storia mai idealizzata, e per questo estraniata dalla consuetudine di un genere biografico che mira ad elevare i tratti epici di un patriottismo americano. Al contrario, l'intento di Eastwood si presta proprio alla rappresentazione della realtà nuda, cruda e mai fittizia, conscia dei propri errori e innalzata dalla morale di un sentimentalismo storico, nel cui contesto si poggia un buio e piacevolmente tormentato viaggio alla ricerca di una costruzione del perfetto difensore americano, su cui forse l'intero complesso scaglia la sua critica. Per raggiungere tali propositi il prodotto vanta un ottimo montaggio sonoro, per nulla invadente bensì danzante sui temi grafici, una sceneggiatura eccellente a capo di superbi dizionari, e infine un cast ricco e capace, che ostenta l'impeccabile Di Caprio sulla vetta interpretativa, quasi potesse calzare perfettamente ogni parte.
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filippo catani
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domenica 8 gennaio 2012
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un uomo solo
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Il film narra le vicende professionali e personali di J.Edgar Hoover l'uomo che per 48 anni fondò e diede impulso all'FBI sotto ben otto presidenti a partire dal 1919. Non solo vengono mostrate le sue gesta ma soprattutto si punta l'attenzione alla sua personalità schiacciata tra la venerazione per la madre, la completa mancanza di amici e un rapporto "speciale" con il suo braccio destro.
Clint Eastwood continua a stupire e, dopo il non proprio entusiasmante Hereafter, ci regala questa splendida biografia di un personaggio si può dire controverso. Se da una parte sono innegabili i progressi fatti dal Boreau sotto la sua direzione in materia di conduzione delle indagini (repertazione dei casi e delle impronte digitali, analisi dei materiali) d'altra parte però c'è una lunga ombra buia che ne avvolge la personalità.
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Il film narra le vicende professionali e personali di J.Edgar Hoover l'uomo che per 48 anni fondò e diede impulso all'FBI sotto ben otto presidenti a partire dal 1919. Non solo vengono mostrate le sue gesta ma soprattutto si punta l'attenzione alla sua personalità schiacciata tra la venerazione per la madre, la completa mancanza di amici e un rapporto "speciale" con il suo braccio destro.
Clint Eastwood continua a stupire e, dopo il non proprio entusiasmante Hereafter, ci regala questa splendida biografia di un personaggio si può dire controverso. Se da una parte sono innegabili i progressi fatti dal Boreau sotto la sua direzione in materia di conduzione delle indagini (repertazione dei casi e delle impronte digitali, analisi dei materiali) d'altra parte però c'è una lunga ombra buia che ne avvolge la personalità. Ossessionato dalla lotta contro comunisti e radicali di ogni sorta, Hoover non esita a mettere in campo mezzi non proprio ortodossi e ad attribuirsi il merito di operazioni conodtte da altri agenti. Il problema principale sarà però quando Hoover deciderà di creare un suo personale archivio segreto nel quale conservare documenti e registrazioni in grado di potergli garantire un potere di ricatto nei confronti di uomini politici potentissimi e perfino presidenti (la moglie di Roosvelt ma soprattutto JFK). Lo stesso Nixon alla morte di Hoover cercherà invano di mettere le mani su quei documenti. E poi come se non bastasse a questo quadro si aggiunge la venerazione quasi morbosa per la madre che lo ha istruito secondo rigidi valori religiosi e il rapporto con il fido braccio destro che, per quanto si sforzi di nasconderlo, è un rapporto d'amore (la madre in proposito alla velata allusione di Hoover fa un commento agghiacciante). Venendo al cast, Leonardo di Caprio si candida fortemente alla statuetta come protagonista ma tra i non protagonisti attenzione a Harnie Hammer e Josh Lucas. Infine una menzione speciale per i truccatori che riescono letteralmente a tarsformare gli attori per quando devono recitare da anziani.
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ultimoinquisitore
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giovedì 9 febbraio 2012
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forza e coraggio!
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Chi è Edgar?Per noi italiani, chi è costui? Basta vedere il film e lo si scopre. Perchè l'america è culturalmente, artisticamente, politicamente, fisicamente e storicamente troppo diversa da noi. J.Edgar Hoover è tutto ciò che sono stati gli eroi americani: giovane, coraggioso, determinato, ambizioso, sfacciato, provocatorio, ma anche bugiardo, sleale, egoista e razzista (politicamente parlando). Di Caprio è formidabile, sta cercando l'Oscar da dieci anni e quest'opera dovrebbe consacrarlo. Gli altri personaggi invece non gli stanno dietro (una scelta di Eastwood per lasciare il protagonista a combattere da solo?), il compagno che gli resterà accanto per tutta la vita non è indispensabile, ma solo capriccioso.
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Chi è Edgar?Per noi italiani, chi è costui? Basta vedere il film e lo si scopre. Perchè l'america è culturalmente, artisticamente, politicamente, fisicamente e storicamente troppo diversa da noi. J.Edgar Hoover è tutto ciò che sono stati gli eroi americani: giovane, coraggioso, determinato, ambizioso, sfacciato, provocatorio, ma anche bugiardo, sleale, egoista e razzista (politicamente parlando). Di Caprio è formidabile, sta cercando l'Oscar da dieci anni e quest'opera dovrebbe consacrarlo. Gli altri personaggi invece non gli stanno dietro (una scelta di Eastwood per lasciare il protagonista a combattere da solo?), il compagno che gli resterà accanto per tutta la vita non è indispensabile, ma solo capriccioso. Riesce a svelare (quasi) la natura di Edgar, ma sembra più un intralcio che una spalla.
Eastwood è magico a trionfare con la scelta fotografica e con il ritmo necessariamente dosato pesantemente, come il Silenzio suonate al funerale di un grande valore, che in questa pellicola è la fiducia nel "quarto potere" (quello vero).
Il cinema classico trionfa ancora. Il regista da ancora una volta una lezione di regia e di impostazione generale da capomastro, riuscendo a contrapporre nel finale l'ascesa di un mostro presidenziale, quale Richard Nixon, e la salvezza (la distruzione) dei segreti dell'FBI. Ma come andarono in seguito le cose gli americani lo sanno benissimo. Un amaro finale, apprezzabile da tutti, anche se Eastwood non ha mai nascosto per tutta la pellicola il suo schieramento sullo stesso lato politico di Hoover e nel condividerne pregi e debolezze. Ma questo non è nuovo nelle sue pellicole.
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randy
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venerdì 6 aprile 2012
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buona biografia di un innovatore
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Un validissimo lungometraggio sulla storia di uno dei più grandi personaggi del XX secolo, J. Edgar Hoover. Il film rende benissimo le caratteristiche di quest'uomo, mettendo in evidenza la sua testardaggine e i suoi pensieri troppo innovativi. Credo però che Eastwood si sia dilungato troppo in alcune scene, soprattutto quelle finali, che inevitabilmente portano lo spettatore alla noia.
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immanuel
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venerdì 13 gennaio 2012
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la stereotipia del potere
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L'ultimo film di Eastwood si allontana dalla riflessione sulla dinamica del potere - a fortiori giustificata in un film sul capo storico, nonché fondatore del federal bureau of investigation come abbiamo imparato a conoscerlo- per realizzare una tragicommedia intorno agli effetti e alle conseguenze umane, di dolore, -invero scontate e prevedibili- che un potere smisurato può comportare. Sembrava che si cominciasse con movimento lento, rappresentando piano piano, compostamente, le vicende e assemblando i tasselli della scalata al potere di Hoover. Ad un certo momento però la pellicola si perde, la narrazione si fa più confusa, comincia a scontare il difetto irrimediabile della scelta infelice di mostrare alternativamente i due Hoover, quello vecchio e malfermo e quello giovane e spavaldo, che però finiscono per confondersi e confliggere, rendendo sempre di più macchinosa percezione l'intero scenario degli eventi.
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L'ultimo film di Eastwood si allontana dalla riflessione sulla dinamica del potere - a fortiori giustificata in un film sul capo storico, nonché fondatore del federal bureau of investigation come abbiamo imparato a conoscerlo- per realizzare una tragicommedia intorno agli effetti e alle conseguenze umane, di dolore, -invero scontate e prevedibili- che un potere smisurato può comportare. Sembrava che si cominciasse con movimento lento, rappresentando piano piano, compostamente, le vicende e assemblando i tasselli della scalata al potere di Hoover. Ad un certo momento però la pellicola si perde, la narrazione si fa più confusa, comincia a scontare il difetto irrimediabile della scelta infelice di mostrare alternativamente i due Hoover, quello vecchio e malfermo e quello giovane e spavaldo, che però finiscono per confondersi e confliggere, rendendo sempre di più macchinosa percezione l'intero scenario degli eventi. Il racconto si fa sconnesso, le immagini e i personaggi confusi, affastellati, giustapposti alla rinfusa, senza una logica apparente, mostrando qua e la ritagli, lacerti dei celebri successi, che alla fine del flm si riveleranno -trovata questa sì originale ma caduta nel vuoto- proiezioni apocrife della propaganda dell'ufficio investigativo federale. Poi l'irrimediabile scelta, che all'inizio del film appariva bilanciata, di puntare il focus esclusivo del racconto sulla debolezza umana del protagonista e sulla relazione omosessuale col suo delfino; una scelta irrimediabilmente pregiudizievole; devastante perché rovina un lavoro, nonostante tutto, cominciato con giusto adagio, sulle note del racconto familiare e dell'avvio cauto ma sostenuto della carriera del cinico "edgar". Il rapporto col "compagno"-sherpa inseparabile finisce poi per diventare insopportabile, nauseante, come le mani nelle mani, i sorrisi languidi dell'uno, la ritrosia malcelata dell'altro, l'assurda e patetica scenata di gelosia del cicisbeo contro un'insensibile e sempre accigliato hoover... Insomma, il film finisce per intraprendere una china difficile da recuperare e che fa sprofondare negli inghiottitoi del grigiore, della sciatteria, del patetismo.... Ultimamente sembra che, purtroppo per un bravo attore, eastwood ne stia sbagliando una dietro l'altra. Sarà la tarda età. Ma dalle mie parti si dice che anche per la vecchia esiste la speranza che qualcosa anche a novant'anni, si possa imparare.
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the lady on the hot tin roof
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domenica 8 gennaio 2012
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il film che consacrò leonardo di caprio.
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John Edgar Hoover è stato il Nosferatu della politica americana per mezzo secolo, dirigendo il Federal Bureau of Investigation dall'età del New Deal fino all'era Nixon. In questo film vengono ripercorsi, da un lato, tutti gli eventi cruciali che hanno trasformato l'FBI da mera articolazione amministrativa a burattinaio della politica interna e, dall'altro, i difficili rapporti personali che segnarono tutta la sua vita: quello con la madre possessiva, con la fedelissima segretaria Helen Gandy e con il tormentato confidente Clyde Tolson.
Clint Eastwood aveva già dimostrato di saper trattare alcuni degli episodi più bui della storia e della società americana con una sobrietà che va al di là della mera cronaca documentaristica, ma non aveva a sua disposizione prove d'attore così intense e memorabili come quelle a cui assistiamo in questa pellicola.
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John Edgar Hoover è stato il Nosferatu della politica americana per mezzo secolo, dirigendo il Federal Bureau of Investigation dall'età del New Deal fino all'era Nixon. In questo film vengono ripercorsi, da un lato, tutti gli eventi cruciali che hanno trasformato l'FBI da mera articolazione amministrativa a burattinaio della politica interna e, dall'altro, i difficili rapporti personali che segnarono tutta la sua vita: quello con la madre possessiva, con la fedelissima segretaria Helen Gandy e con il tormentato confidente Clyde Tolson.
Clint Eastwood aveva già dimostrato di saper trattare alcuni degli episodi più bui della storia e della società americana con una sobrietà che va al di là della mera cronaca documentaristica, ma non aveva a sua disposizione prove d'attore così intense e memorabili come quelle a cui assistiamo in questa pellicola. Leonardo Di Caprio, in quella che è la migliore interpretazione della sua carriera, dà anima e corpo a uno dei personaggi più controversi del Novecento statunitense con una prova che va ben oltre la mimica, ahinoi un tratto molto ricorrente nei film biografici più recenti ( e più sopravvalutati?), e coglie magistralmente il prisma impossibilmente complesso che era John Edgar Hoover. Armie Hammer, già noto per il doppio ruolo in "The Social Network", non si limita a fare da spalla a Di Caprio, bensì a tratti gli ruba la scena, interpretando un personaggio allo stesso tempo magneticamente fascinoso e teneramente leale, e il rapporto tra il suo personaggio, Clyde Tolson, e J. Edgar commuove per la delicatezza e la genuina empatia con la quale è trattato. Completa questo duetto un'inedita Naomi Watts, che, uscita dai consueti ruoli di bionda nevrotica, interpreta con notevole sobrietà un personaggio - la segretaria Helen Gandy - che rimane fortemente impresso per il silenzioso ma fervente senso etico e la fedeltà al suo direttore. Poco incisiva Judi Dench nel ruolo della madre di J. Edgar. La sceneggiatura è di Dustin Lance Black, già vincitore dell'Oscar per "Milk", il cui stile si riconosce nel procedere serrato della narrazione, nello spiegare poco e lasciare che siano i dialoghi a rendere edotto lo spettatore del contesto storico nel quale vivono i personaggi. Le sue sceneggiature non brillano per agilità, rischiando in effetti di risultare un po'"pesanti", ma, in questo caso, il fascino della storia e dell'uomo che ne è al centro sono elementi sufficienti a mantenere vivo l'interesse dello spettatore, anche grazie alla regia minimalista di Clint Eastwood. In definitiva, il film che consacra Leonardo Di Caprio, che merita di essere visto in lingua originale anche per assistere al notevole lavoro di dizione fatto dall'attore. Una menzione speciale va al trucco, il cui effetto è davvero strabiliante.
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