E ora dove andiamo?

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Un film di Nadine Labaki. Con Nadine Labaki, Claude Baz Moussawbaa, Layla Hakim, Yvonne Maalouf, Antoinette Noufaily.
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Titolo originale Et maintenant, on va où?. Drammatico, durata 110 min. - Francia, Libano, Egitto, Italia 2011. - Eagle Pictures uscita venerdì 20 gennaio 2012. MYMONETRO E ora dove andiamo? * * * - - valutazione media: 3,37 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

uomini sull'orlo di una crisi di nervi Valutazione 3 stelle su cinque

di pepito1948


Feedback: 125 | altri commenti e recensioni di pepito1948
martedì 24 gennaio 2012

Nella Lisistrata di Aristofane la protagonista ateniese convoca le donne di Atene e di altre città greche per concordare un'azione comune contro l'esasperato bellicismo dei loro uomini -allora concentrato nella guerra del Peloponneso- colpevoli di anteporre le armi alle cure ed ai doveri coniugali. Decidono quindi di attuare uno sciopero del sesso per costringere i riluttanti maschi guerrieri a tornare alle loro case (ed ad abbandonare la guerra)e, grazie alla fermezza ed alla compattezza delle fiere combattenti, l'obiettivo, sia pure dopo non facili trattative, sarà raggiunto in un tripudio generale. Qualcosa del genere avviene nell'ultimo film di Nadine Labaki, in cui in un villaggio libanese viene sperimentata la convivenza di famiglie cristiane e musulmane, guidate di comune accordo da un prete e da un imam. Ma le rivalità tra le due componenti cova sotto le ceneri finchè rischia di esplodere alla casuale uccisione di un giovane della comunità: saranno le donne di entrambe le parti, attraverso vari espedienti -tra cui la richiesta collaborazione di ragazze tutte pepe e sensualità provenienti dall'Est europeo- ad allentare le tensioni e ad imporre la pace, o almeno un armistizio temporaneo. Traendo spunto dalla complessa coesistenza di diversi credo religiosi del suo Paese, il Libano, Labaki ha messo sul fuoco un calderone in cui all'ingrediante dominante della commedia ha unito un tocco di dramma, qualche grano di musical, una spruzzata di sentimentalismo, un pizzico di bolliwood, il tutto in salsa etnica agrodolce. Il piatto è talmente piaciuto in patria da superare gli incassi di colossi come Avatar o Titanic. L'operazione della regista-sceneggiatrice- attrice è evidente: mettere nel dovuto risalto la capacità del mondo femminile nel guidare il cambiamento nei Paesi in cui i rapporti tra differenti entità culturali stentano a trovare una soddisfacente composizione a causa della pari incapacità degli uomini di trovare soluzioni che prescindano dal ricorso alle armi. Il peso delle donne nella primavera araba, come in altri contesti pervasi da fermenti rivendicativi come l'Iran lo stanno a dimostrare. "La società si può cambiare anche senza rivoluzioni, all'interno delle nostre case, nel modo in cui educhiamo i nostri figli. Lo capisco ancora di più ora che sono diventata madre e sono felice che le donne arabe si stiano rendendo conto di quanta responsabilità e quanto potere c'è nelle loro mani". Operazione non facile quella di affrontare un tema come quello del sanguinoso conflitto dominante in certi Paesi arabi ricorrendo alla morbidezza del sorriso ed a una certa grazia tutta femminile. La tragedia che fa da sfondo irrompe improvvisamente con una lunga sequenza di morte che rompe il filo ed il tono della narrazione, che tuttavia si innesta come pretesto per spingere le protagoniste ad uscire dal ristagno e ad attivarsi in modo determinante per risolvere l'impasse. Qualche frattura si avverte nel cambio di tensione, ma nel complesso la vicenda scorre piacevolmente verso l'ambiguo finale, in cui le due parti riconquistano la pace smarrita ma sembrano incerte sulla loro identità futura. Le sequenze musicali, accompagnate dai testi sottotitolati, aggiungono un tocco di poesia al già ricco miscuglio di ingredienti, tanto che la fluidità del tutto mostra qualche pecca in termini di omogeneità. Buono il cast, considerato che la Labaki si avvale di attori non professionisti.

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