Siamo in piena era fascista. Alexandra, Judith e Kitty Leschan, sono tre ragazze olandesi che sognano di diventare famose in Italia, nel mondo dello spettacolo. Provino dopo provino intraprendono così, grazie ad uno sgangherato quanto simpaticissimo capo-comico napoletano, Gennaro Fiore, la carriera di soubrettes e cantanti d’avanspettacolo. Fra un balletto e una recita vengono notate dai talent-scouts dell’Eiar che le portano a un’audizione nei mitici studi di Torino ( meravigliosamente ricostruiti dallo scenografo Marco Dentici, che ha recentemente vinto il David di Donatello con Vincere). Purtroppo, per colpa del loro spiccato accento straniero vengono scartate, ma grazie ad un impresario dotato di un buon fiuto per gli affari e uno spiccato senso musicale, si ritrovano a tentare la sorte con la Cetra, famosa casa discografica del momento.
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Siamo in piena era fascista. Alexandra, Judith e Kitty Leschan, sono tre ragazze olandesi che sognano di diventare famose in Italia, nel mondo dello spettacolo. Provino dopo provino intraprendono così, grazie ad uno sgangherato quanto simpaticissimo capo-comico napoletano, Gennaro Fiore, la carriera di soubrettes e cantanti d’avanspettacolo. Fra un balletto e una recita vengono notate dai talent-scouts dell’Eiar che le portano a un’audizione nei mitici studi di Torino ( meravigliosamente ricostruiti dallo scenografo Marco Dentici, che ha recentemente vinto il David di Donatello con Vincere). Purtroppo, per colpa del loro spiccato accento straniero vengono scartate, ma grazie ad un impresario dotato di un buon fiuto per gli affari e uno spiccato senso musicale, si ritrovano a tentare la sorte con la Cetra, famosa casa discografica del momento. Questa volta il provino va a buon fine. A differenza dei funzionari dell’Eiar, alla Cetra piace “quel non so che di esotico” delle loro voci. Venuti a conoscenza del successo delle tre sorelle l’Eiar fa di tutto per riprendersele e, grazie anche alle diplomatiche arti dell’impresario, ci riesce. Nasce così il famoso Trio Vocale Sorelle Lescano. Il resto è storia, vera o verosimile ha ben poca importanza.
Perché Le ragazze dello swing è la trasposizione televisiva (ma anche molto cinematografica) di una storia che altrimenti rischiava di perdersi nelle spirali del tempo ma anche un “musical” di grande impatto visivo portato in scena con taglio spumeggiante da uno dei migliori registi italiani del momento: Maurizio Zaccaro.
A metà tra “A Chorus Line” e “The dreamgirls”, il film di Zaccaro (suoi il notevole ” ‘O Professore”, con Sergio Castellitto e “Lo Smemorato di Collegno”, con Johannes Brandrup ) racconta in un film in due parti per Rai Fiction una carriera durata quasi vent'anni intrecciando con abilità di scrittura e messa in scena vicende vere e vicende romanzate, personaggi veri e fittizi ispirati a chi, all’epoca ha contribuito a lanciare “Le tre grazie del microfono” nel mondo dello spettacolo dell’Italia del ventennio fascista.
Lo stile inconfondibile di Zaccaro, basato prevalentemente sull’uso di una macchina a mano sobria e coinvolgente, coadiuvato dalle suggestive luci di Fabio Olmi, dalle musiche di Teho Teardo e dai raffinati costumi di Simonetta Leoncini lascia, alla fine, solo una grande nostalgia: quella di non aver conosciuto le Sorelle Lescano e di non poterle ascoltare dal vivo oggi, magari in uno stadio così come si va a sentire Ligabue o Elisa. Andrea Osvart, Lotte Veerbek e la tenera Elise Schapp che le interpretano sono semplicemente splendide e brave, ognuna diversa dall’altra, sia per carattere che per sensibilità così come, c’è da giurarci, erano le tre Lescano. I brani portanti, dalle famosissime “E’ arrivato l’ambasciatore”, “C’è un’orchestra sincopata” , “La gelosia non è più di moda” fino a “Maramao perché sei morto” e all’indimenticabile “Tulipan”, e tanti altri ancora, armonizzati impeccabilmente dalle Blue Dolls che da anni propongono il repertorio delle Lescano, donano al film un fascino autentico e difficilmente imitabile. Infine, il vero pregio de Le Ragazze dello swing sta nell'interpretazione di due attori formidabili, perfetti e puntuali nelle battute come raramente si vede in televisione: Giuseppe Battiston (l’impresario ambizioso) e Gianni Ferreri (il capo-comico Gennaro Fiore). Venduta già in sedici paesi, la miniserie prodotta da Luca Barbareschi per Casanova Multimedia ha finalmente portato una ventata d’aria pura e frizzante nelle torride ma anche tediose serate di questa quarta edizione del Fiction Fest di Roma.
Letizia Testa
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