eddie ds
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domenica 5 settembre 2010
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da non perdere assolutamente!
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Storia suggestiva di un giovane ragazzo che parte per l'Iraq con tutti i suoi ideali, convinto di arrivare in luogo dimenticato da tutto e tutti per realizzare un film sulla "missione di pace" italiana , ma in maniera inaspettata si ritrova a vivere una realtà totalmente diversa, realtà che lo travolge lasciando segni indelebili sul corpo e nell'anima.
Grazie a questo film Aureliano ci riporta vivere un dramma accaduto circa sette anni fa, ma che sembra ancora vivo come fosse accaduto ieri.
Ottima opera prima che fa sperare al buon cinema italiano di aver trovato un nuovo autore capace di utilizzare sapientemente la tavolozza dei sentimenti e delle emozioni che toccano profondamente lo spettatore.
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Storia suggestiva di un giovane ragazzo che parte per l'Iraq con tutti i suoi ideali, convinto di arrivare in luogo dimenticato da tutto e tutti per realizzare un film sulla "missione di pace" italiana , ma in maniera inaspettata si ritrova a vivere una realtà totalmente diversa, realtà che lo travolge lasciando segni indelebili sul corpo e nell'anima.
Grazie a questo film Aureliano ci riporta vivere un dramma accaduto circa sette anni fa, ma che sembra ancora vivo come fosse accaduto ieri.
Ottima opera prima che fa sperare al buon cinema italiano di aver trovato un nuovo autore capace di utilizzare sapientemente la tavolozza dei sentimenti e delle emozioni che toccano profondamente lo spettatore.
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ipno74
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mercoledì 16 febbraio 2011
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un nuovo grande regista italiano
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Finalmente un bel film italiano.
Questo film mi ha fatto ricordare i bei momenti del militare, con la nascita istantanea di nuove amicizie, e piccoli gesti, che in quel mondo di regole e ordini, erano grandi.
Il film inizia come fosse una commendia per poi approdare ad una tragedia, che commuove e tocca tutti i cuori.
Il ritmo del film è straordinario, il protagonista ha una faccia semplice e simpatica, che anche nel momento del dolore più acuto, sorride e ride.
Bellissima anche la fotografia e la sceneggiatura, gli attori, gli effetti speciali...bello e bravi tutti!!!
Amadei attendo un'altro tuo capolavoro
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siper
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giovedì 9 dicembre 2010
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un punto di vista soggettivo in un dramma d'italia
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Aureliano Amadei è uno scapestrato aspirante regista. Gli si presenta la possibilità di avvicinarsi al suo sogno assistendo alla regia di Stefano Rolla, intento a girare un film in Iraq. Amadei raggiunge Rolla a Nassirya dove, però, si troverà coinvolto in un attacco terroristico. La storia di Amadei è autobiografica. Si tratta, infatti, dell’unico civile sopravvissuto all’attentato ai carabinieri italiani a Nassirya del 12 Novembre 2003. Amadei, interpretato nel film da Vinicio Marchioni, decide di proporre al grande pubblico il suo punto di vista dell’accaduto. Per farlo si serve di inquadrature particolari che ci offrono esattamente ciò che vede il protagonista del film, con tanto di inquadrature tremolanti, a terra e quant’altro.
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Aureliano Amadei è uno scapestrato aspirante regista. Gli si presenta la possibilità di avvicinarsi al suo sogno assistendo alla regia di Stefano Rolla, intento a girare un film in Iraq. Amadei raggiunge Rolla a Nassirya dove, però, si troverà coinvolto in un attacco terroristico. La storia di Amadei è autobiografica. Si tratta, infatti, dell’unico civile sopravvissuto all’attentato ai carabinieri italiani a Nassirya del 12 Novembre 2003. Amadei, interpretato nel film da Vinicio Marchioni, decide di proporre al grande pubblico il suo punto di vista dell’accaduto. Per farlo si serve di inquadrature particolari che ci offrono esattamente ciò che vede il protagonista del film, con tanto di inquadrature tremolanti, a terra e quant’altro. L’impressione che questa regia particolare suscita nello spettatore è quella di essere al centro della scena, con l’effetto di una forte componente di pathos. Amadei non omette niente, offre uno spaccato reale di quei momenti, pertanto non fanno eccezione scene crude o violente. C’è poi la simbologia, che richiama il titolo, delle 20 sigarette. Il regista romano si sofferma sulla durata effimera che queste 20 sigarette (un pacchetto) hanno nella vita di un fumatore equiparando quel breve lasso di tempo al tempo che basta per morire in zone di guerra come l’iraq. A dimostrazione di come lasciare le penne in una missione di “pace” sia più facile di quanto non si pensi. Le scelte di Amadei, a prima vista audaci, finiscono per risultare vincenti. La forza di “20 sigarette” è l’estrema realisticità, il dramma non viene spettacolarizzato, bensì viene riportato nudo e crudo per quello che è. Inoltre non è una semplice commemorazione degli eroi di Nassirya, ma si sofferma, più che altro, sull’aspetto umano delle truppe in Iraq. In barba a canoni estetici, il film è concreto, forte, toccante, pur mantenendo una certa scorrevolezza e facilità di visione.
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marezia
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mercoledì 8 settembre 2010
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"la storia siamo noi" targato amadei
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Pellicola INTELLIGENTE, FORSE TROPPO per un certo tipo di critica, legata ad un certo tipo di filmografia sulla guerra e quindi poco abituata a ragionare. E' un film complesso perché ricco di spunti ma pensato e girato EGREGIAMENTE, con uno STRAORDINARIO rigore logico, teso a renderne appieno IL SENSO SENZA RETORICA O INUTILI PATETISMI O IPOCRISIA. Io lo definirei "una riflessione sulla guerra" ma non in senso classico... Il FULCRO MORALE del film è nelle parole con cui Aureliano Amadei (UNO STRAORDINARIO Marchioni) spiega ai suoi amici la guerra VISSUTA E NON RACCONTATA DA UN PC (è bene ricordarlo) e io lì mi sarei fermata(precisamente alla battuta di Nocella).
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Pellicola INTELLIGENTE, FORSE TROPPO per un certo tipo di critica, legata ad un certo tipo di filmografia sulla guerra e quindi poco abituata a ragionare. E' un film complesso perché ricco di spunti ma pensato e girato EGREGIAMENTE, con uno STRAORDINARIO rigore logico, teso a renderne appieno IL SENSO SENZA RETORICA O INUTILI PATETISMI O IPOCRISIA. Io lo definirei "una riflessione sulla guerra" ma non in senso classico... Il FULCRO MORALE del film è nelle parole con cui Aureliano Amadei (UNO STRAORDINARIO Marchioni) spiega ai suoi amici la guerra VISSUTA E NON RACCONTATA DA UN PC (è bene ricordarlo) e io lì mi sarei fermata(precisamente alla battuta di Nocella). Peccato! Comunque è un neo. DA VEDERE.
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sifossefoco
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domenica 17 ottobre 2010
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tutto sta in un granello di sabbia
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Amadei, alla fine, il film l'ha girato. E' diventato un regista vero, anche se non c'è dubbio che avrebbe voluto evitare di viverla, questa storia. Parliamoci chiaro: chiunque si sieda nella poltrona del cinema sa cosa l'aspetta, ricorda bene cosa successe in quell'autunno di sette anni fa nella caserma dei carabinieri nel sud dell'Iraq. Ai bla bla sulla missione di pace in Medio Oriente o in Asia Centrale non crede francamente più nessuno (ammesso che qualcuno ci abbia mai creduto) e in ogni nostra città o paese c'è una piazza, una via o uno slargo intitolato ai caduti di Nassiryia. Per cui, da quando le luci si spengono in sala, non aspettiamo che di vedere il momento in cui arriverà il camion bomba.
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Amadei, alla fine, il film l'ha girato. E' diventato un regista vero, anche se non c'è dubbio che avrebbe voluto evitare di viverla, questa storia. Parliamoci chiaro: chiunque si sieda nella poltrona del cinema sa cosa l'aspetta, ricorda bene cosa successe in quell'autunno di sette anni fa nella caserma dei carabinieri nel sud dell'Iraq. Ai bla bla sulla missione di pace in Medio Oriente o in Asia Centrale non crede francamente più nessuno (ammesso che qualcuno ci abbia mai creduto) e in ogni nostra città o paese c'è una piazza, una via o uno slargo intitolato ai caduti di Nassiryia. Per cui, da quando le luci si spengono in sala, non aspettiamo che di vedere il momento in cui arriverà il camion bomba. Il rischio è che la scena madre perda d'efficacia. Calcolato anche che siamo tutti, ormai, spettatori ampiamente svezzati: Amadei non ha a disposizione il budget di un Kubrick, uno Spielberg o di un Coppola, e si rivolge ad un pubblico che ha negli occhi Apocalypse, il Soldato Ryan e Full Metal Jacket. Eppure quando scorrono i titoli di coda e le luci si riaccendono, bisogna ammetterlo: il film ci ha colpito. E lo ricorderemo, di sicuro, più di un qualunque Jarhead - che pure non è da affatto da buttare - e non solo perché è la storia vera di un sopravvissuto.
A funzionare è il repentino cambio di registro. All'inizio "20 sigarette" ha il passo della commedia. L'ingenuità del 28enne che, pur frequentando il centro sociale, vuole credere a tutti i costi ai Tg nazionali, e che è capace di autosuggestionarsi al punto da salutare malamente la madre prima di partire per una zona di guerra - senza pensare che potrebbe essere l'ultima -, si scontra con la realtà appena sceso dall'aereo. Quello dello smoking area nel deserto potrebbe essere il classico aneddoto raccontato dal primo turista in lieta vacanza, invece è proprio nel cerchio di quell'assurda e buffa trincea che comincia l'angoscia. La scelta azzeccata di Amadei non è tanto nel posizionamento della macchina da presa in soggettiva - che era quasi scontata. E' il particolare della sabbia nell'occhio che fa la differenza. Ecco, il regista prende un fazzoletto e ci toglie il granello e noi capiamo d'essere entrati di colpo nel corpo del protagonista come in uno scafandro e quando ne usciamo l'immagine di quel che siamo diventati in un solo istante - uno zombie con un bambino morto in braccio - ci trafigge.
Il film ha anche altri pregi, perché riesce a sfuggire, a mio avviso, a tutte le retoriche. Non c'era di certo il rischio di cadere in quella dell'eroe, ma in quella dell'antieroe sì: il racconto non offre risposte definitive e pronte, ma punti di vista e ci lascia con più d'un dubbio. La qual cosa va ascritta a suo merito. Però ha anche vari difetti: s'avverte spesso che si tratta di un'opera prima, molti personaggi non riescono ad uscire dallo stereotipo in cui la commedia iniziale li ha confinati (la mamma new age, il padre senzapalle, la fidanzata infermiera, il soldatino sassarese, i ragazzetti del centro sociale ecc.) e qualche volta succede che, volendo alleggerire la tensione, la pellicola perde, con questa, anche lo spessore che in molti momenti ha invece raggiunto. Ma a parte questo, se, in definitiva, avete la rara fortuna di un cinema dalle vostre parti che proietti "20 sigarette", andatelo a vedere e non ve ne pentirete.
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reservoir dogs
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venerdì 29 ottobre 2010
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i figli come rinascita di una parte di se
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Dopo sette anni dai fatti di Nassiriya il protagonista del film, unico sopravvissuto della strage riesce a fare ciò per cui era andato in quel luogo: fare un film.
Un ragazzo con una vita abbastanza discontinua ha l'opportunità di realizzare un film, sogno della sua vita, ma la location non è delle migliori l'Iraq, decide comunque di accettare.
Già in aereo respira la tensione e la fratellanza che alberga in quei luoghi, poi un esplosione lo fa volare in area.
Mentre la cinepresa striscia nella sabbia il fruitore è costretto ad immedesimarsi nel suprestite, la ripresa è confusa, offuscata.
Viaggerà verso l'ospedale con un bambino iracheno morto tra le sua braccia: quel bambino probabilmente rappresenta un parte di se che non c'è più ma che rinascerà con sua figlia.
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Dopo sette anni dai fatti di Nassiriya il protagonista del film, unico sopravvissuto della strage riesce a fare ciò per cui era andato in quel luogo: fare un film.
Un ragazzo con una vita abbastanza discontinua ha l'opportunità di realizzare un film, sogno della sua vita, ma la location non è delle migliori l'Iraq, decide comunque di accettare.
Già in aereo respira la tensione e la fratellanza che alberga in quei luoghi, poi un esplosione lo fa volare in area.
Mentre la cinepresa striscia nella sabbia il fruitore è costretto ad immedesimarsi nel suprestite, la ripresa è confusa, offuscata.
Viaggerà verso l'ospedale con un bambino iracheno morto tra le sua braccia: quel bambino probabilmente rappresenta un parte di se che non c'è più ma che rinascerà con sua figlia.
In ospedale fumerà la sua ventesima sigaretta in Iraq dal momento del suo arrivo.
Il film non è assolutamente un atto di denuncia contro la guerra ma è una semplice descrizione dei fatti, di chi li ha vissuti sulla sua pelle e ne è stato marchiato a fuoco.
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nino quincampoix
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giovedì 23 settembre 2010
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e continuano a chiamarla "missione di pace"...
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Il film inizia (senza infamia, senza lode e con qualche risatina a denti stretti) a raccontare la vita del classico studente di cinema che insegue i suoi sogni tra gruppi di finti alternativi, impegnati per noia a difendere alti ideali, la madre frikkettona e amante dello yoga, la ragazza pressante e l'amica "with benefits". Poi le sue velleità di cineasta sembrano realizzarsi con un film/documentario in Ira. E nel momento in cui il protagonista mette piede a Nassiriya (ormai sono passati all'incirca 40 minuti), il film raggiunge il suo picco di intensità. La scena centrale dell'attentato ha una forte potenza visiva ma viene risolta un po' troppo sbrigativamente.
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Il film inizia (senza infamia, senza lode e con qualche risatina a denti stretti) a raccontare la vita del classico studente di cinema che insegue i suoi sogni tra gruppi di finti alternativi, impegnati per noia a difendere alti ideali, la madre frikkettona e amante dello yoga, la ragazza pressante e l'amica "with benefits". Poi le sue velleità di cineasta sembrano realizzarsi con un film/documentario in Ira. E nel momento in cui il protagonista mette piede a Nassiriya (ormai sono passati all'incirca 40 minuti), il film raggiunge il suo picco di intensità. La scena centrale dell'attentato ha una forte potenza visiva ma viene risolta un po' troppo sbrigativamente. Purtroppo, il film non convince, principalmente a causa degli attori: esclusa Carolina Crescentini (brava), sembra di trovarsi di fronte ad un saggio di fine anno di un corso di improvvisazione. Vinicio Marchioni poi gigioneggia con uan disinvultura a tratti irritante, riuscendo ad emozionare davvero poco.
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[+] e' una storia vera.
(di lia_manelli)
[ - ] e' una storia vera.
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