efrem
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lunedì 6 luglio 2020
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il linguaggio e i modi di rappresentazione
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Bellocchio al suo meglio. Il film è un esempio di linguaggio e modi di rappresentazione. Non a caso la figura di Mussolini nel film film viene rappresentata in modo esemplare e studiata al minimo dettaglio. Nella prima parte del film Mussolini viene animato tramite l'attore Filippo Timi, è carne-ossa-sangue, tanto che viene ferito due volte. Quando Mussolini diventa Duce, il corpo di Timi scompare e viene portato in vita tramite i filmati di repertorio (usati in modo geniale e montati perfettamente), è luci e ombre e si vede quindi il parallelismo col cinema, che non è la realtà ma il riflesso di essa. Per poi diventare alla fine pietra, tramite il semi-busto del duce, che è un rifacimento della realtà ancora più stilizzato, più grezzo.
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Bellocchio al suo meglio. Il film è un esempio di linguaggio e modi di rappresentazione. Non a caso la figura di Mussolini nel film film viene rappresentata in modo esemplare e studiata al minimo dettaglio. Nella prima parte del film Mussolini viene animato tramite l'attore Filippo Timi, è carne-ossa-sangue, tanto che viene ferito due volte. Quando Mussolini diventa Duce, il corpo di Timi scompare e viene portato in vita tramite i filmati di repertorio (usati in modo geniale e montati perfettamente), è luci e ombre e si vede quindi il parallelismo col cinema, che non è la realtà ma il riflesso di essa. Per poi diventare alla fine pietra, tramite il semi-busto del duce, che è un rifacimento della realtà ancora più stilizzato, più grezzo. Bellocchio ha capito come rappresentare i "corpi del potere", e il film è folgorante e colpisce, proprio per questo.
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great steven
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giovedì 28 gennaio 2016
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narrazione di un evento storico poco conosciuto.
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VINCERE (IT/FR, 2009) diretto da MARCO BELLOCCHIO. Interpretato da GIOVANNA MEZZOGIORNO, FILIPPO TIMI, FAUSTO RUSSO ALESI, MICHELA CESCON, PIER GIORGIO BELLOCCHIO, CORRADO INVERNIZZI, PAOLO PIEROBON, BRUNO CARIELLO, FRANCESCA PICOZZA
Ida Dalser è una giovane sarta che nel 1907 conosce Benito Mussolini in occasione di un comizio nel quale il futuro Duce del regime fascista si attira l’antipatia degli astanti con un comportamento egocentrico. Da lì scaturisce una folle passione amorosa che dura per sette anni, finché Mussolini, ora diventato direttore de Il Popolo d’Italia, passa dalla fazione neutralista all’impegno interventista nella Grande Guerra contro l’impero austro-ungarico e viene inviato al fronte, dove viene ferito sul Carso.
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VINCERE (IT/FR, 2009) diretto da MARCO BELLOCCHIO. Interpretato da GIOVANNA MEZZOGIORNO, FILIPPO TIMI, FAUSTO RUSSO ALESI, MICHELA CESCON, PIER GIORGIO BELLOCCHIO, CORRADO INVERNIZZI, PAOLO PIEROBON, BRUNO CARIELLO, FRANCESCA PICOZZA
Ida Dalser è una giovane sarta che nel 1907 conosce Benito Mussolini in occasione di un comizio nel quale il futuro Duce del regime fascista si attira l’antipatia degli astanti con un comportamento egocentrico. Da lì scaturisce una folle passione amorosa che dura per sette anni, finché Mussolini, ora diventato direttore de Il Popolo d’Italia, passa dalla fazione neutralista all’impegno interventista nella Grande Guerra contro l’impero austro-ungarico e viene inviato al fronte, dove viene ferito sul Carso. Ma nel frattempo Ida partorisce Benito Albino, il primogenito del fondatore del partito fascista, che il padre riconosce ma, in un secondo momento, rinnega con forza. Quando poi la sua visibilità politica e sociale esplode con l’ascesa inarrestabile del fascismo fino alla definitiva scalata al governo, il neo Presidente del Consiglio convince la propaganda del regime a nascondere sempre più questo suo figlio illegittimo e la donna da cui l’ha avuto, relegando entrambi in una spirale opprimente di dimenticanza e trascuratezza. Per tutta la vita Ida Dalser combatte, soffre e spera affinché Benito Mussolini torni sui suoi passi e restituisca dignità al suo primo amore, troppo facilmente obliato con l’aumento delle responsabilità dovute all’impennata del suo successo politico senza precedenti. Prima in una casa-famiglia campestre e poi in un ospedale psichiatrico, la battaglia personale di Ida contro il Duce non s’arresta un solo istante, nemmeno quando Benito Albino è ormai cresciuto e la donna riceve, senza accettare, la richiesta di mettere il giovane sotto la tutela di un amministratore delegato. Film intenso, deciso, ardente e mordace, dotato paradossalmente di una vena poetica nella sua denuncia spietata di un evento storico emerso alla luce del pubblico italiano solo in tempi recenti, benché il contratto di matrimonio fra Ida Dalser e Benito Mussolini, come attestano anche le diciture finali, non sia mai stato rinvenuto. Il quale evento ha però rispolverato una storia potente e schiacciante di oppressione, vissuta dal capo del governo del ventennio fascista come una palla al piede da allontanare con ogni mezzo che il suo potere gli riconosceva a tutti gli effetti, e vissuta invece dalla donna dapprima amata e poi ripudiata col desiderio che tutto potesse tornare al candore e alla serenità di un tempo, speranza prontamente disillusa dalla realtà amara e deplorevole ma mai perduta, mentre il tempo della sua esistenza scorreva fra camicie di forza, compagne di manicomio ciarliere e malevole, cinici documenti di affido minorile e psichiatrici e pubblici ufficiali che in parte cercarono effettivamente di appoggiarla e per la restante metà credettero di rintracciare in lei un’autentica pazzia e una visionarietà inconfutabile. Bellocchio vi realizza comunque il colpaccio della sua carriera: ha saputo imbastire un’opera eccellente, carica di dinamismo ed eloquenza multiforme, che si prende molto sul serio e affronta temi che non pretendono di risultare attuali ma che sorprendono per la forza vitale scaturente da ogni sequenza, ogni espressione, ogni voce urlante, ogni frammento ripreso dal vero e aggiunto alle riprese cinematografiche fatte sul posto. A livello tecnico, l’idea di intervallare la recitazione degli attori coi filmati d’epoca autentici, è perfetta: l’abbinamento riesce meravigliosamente e conferisce veridicità ad un capolavoro che non nasconde la sua intrinseca epicità. Ma il suo merito maggiore sta senza dubbio nel non dipingere la protagonista femminile come una vita: questa donna dimenticata dalla storia ufficiale, bistrattata da chi non credeva alle sue asserzioni e seviziata con qualunque genere di umiliazioni, non perde mai la sua dignità e, grazie anche alla tenacia professionale e al carisma scenico di una superba G. Mezzogiorno, sa portare avanti una lotta intelligente e coesa, che la rende moralmente superiore a tutti i suoi aguzzini e perfino al Duce (un F. Timi che si sdoppia magnificamente anche nel ruolo di Benito Albino, studente successivamente ricoverato in manicomio e capacissimo di imitare il padre in ogni singolo dettaglio mimico e vocale), il quale viene onestamente ritratto come un idiota militarista, amante infedele e politico tanto spregiudicato quanto illusorio, senza che la sceneggiatura nutra alcuna simpatia nei suoi confronti né tenti tantomeno di giustificarne quel discutibile operato che, a conti fatti, ne ha sempre celato l’effettiva debolezza costantemente coperta con atti di forza. Ha le sue uniche imperfezioni nella durata eccessiva delle scene di sesso e nella scarsa illuminazione che pervade le scene che hanno luogo nei viali cittadini, raffigurati pur tuttavia con una perizia scenografica stupefacente e molto verosimile. Realizzato col sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Distribuisce 01.
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nhdanieleferrante
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mercoledì 6 novembre 2013
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mi manca morandini sr.
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Io davvero non so come possa qualcuno spellarsi le mani per un film simile. Siamo ai livelli di fiction della rai: dialoghi banali, caratterizzazione da macchietta dei personaggi storici (le ambizioni e i sogni del giovane Mussolini vengono resi nello stesso modo di mille altri personaggi famosi rappresentati in migliaia di inutili biopic, da Caravaggio a Meucci) attori artigiani completamente intercambiabili , effetti speciali di postproduzione che sono puro sfoggio di tecnica e che anziché aumentare il coinvolgimento respingono... non ci si è neppure presi la briga di provare a rigirare un paio di notiziari luce o di dare ai numerosi quadri e busti del duce fattezze più somiglianti a quelle di Filippo Timi.
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Io davvero non so come possa qualcuno spellarsi le mani per un film simile. Siamo ai livelli di fiction della rai: dialoghi banali, caratterizzazione da macchietta dei personaggi storici (le ambizioni e i sogni del giovane Mussolini vengono resi nello stesso modo di mille altri personaggi famosi rappresentati in migliaia di inutili biopic, da Caravaggio a Meucci) attori artigiani completamente intercambiabili , effetti speciali di postproduzione che sono puro sfoggio di tecnica e che anziché aumentare il coinvolgimento respingono... non ci si è neppure presi la briga di provare a rigirare un paio di notiziari luce o di dare ai numerosi quadri e busti del duce fattezze più somiglianti a quelle di Filippo Timi... è un film che soffre la stessa mediocrità di buona parte della produzione cinematografica italiana, c'è l' incapacità di rianimare l'immaginario dello spettatore e l'incapacità di fare un film che possa esser visto da un pubblico differente di quello che sostiene il cinema italiano per patriottismo. É il motivo principale per cui ai festival che contano, all'estero, è praticamente passato inosservato.
E anche sui dizionari italiani, se fosse rimasto Morando Morandini a dare giudizi ai film, non sarebbe andato oltre le due stelle e 1/2.
5 stelle per un film simile sono un'umiliazione per tanti biopic storici di gran lunga più intensi e distaccati... se Vincere è da 5 stelle, La Caduta da quante stelle dovrebbe essere?
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gianna50
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domenica 1 luglio 2012
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il meglio stà nel doc ma il film dov'è?
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Sono perfettamente daccordo con la recensionedi NEVEROSSA . Il 40% del film è costituito da filmati dell'Istituto Luce che nulla aggiungono a quella che doveva o poteva essere un'indagine psicologica di un personaggio che ha inciso così' tanto nella storia di Italia e non solo. La recitazione degli attori per quanto partecipata mi sembra non convincere a fondo (neppure loro stessi!) e il tutto risulta superficiale e vuoto di contenuti come in una telenovela. Le interviste ai due attori principali inserite nel DVD sono davvero comiche anche se si pongono degli interrogativi sulle loro capacità di interpretazione dei personaggi lo fanno in modo così poco "partecipato" da sembrare false.
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Sono perfettamente daccordo con la recensionedi NEVEROSSA . Il 40% del film è costituito da filmati dell'Istituto Luce che nulla aggiungono a quella che doveva o poteva essere un'indagine psicologica di un personaggio che ha inciso così' tanto nella storia di Italia e non solo. La recitazione degli attori per quanto partecipata mi sembra non convincere a fondo (neppure loro stessi!) e il tutto risulta superficiale e vuoto di contenuti come in una telenovela. Le interviste ai due attori principali inserite nel DVD sono davvero comiche anche se si pongono degli interrogativi sulle loro capacità di interpretazione dei personaggi lo fanno in modo così poco "partecipato" da sembrare false. Dov'è il Marco Bellocchio de "I pugni in tasca" ?
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alemrg
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lunedì 3 ottobre 2011
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noia mortale
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Basta sprecare denaro pubblico per finanziare film inutili e insignificanti come questo! La regia è inadeguata e il protagonista maschile è inadatto al ruolo. Il futuro del cinema italiano è nelle mani della politica. I film devono sottoporsi al giudizio del pubblico e quelli che non fanno incassi devono soccombere per lasciare spazio e speranza ai giovani di talento. Giovani che non sarebbero più costretti, per guadagnarsi un pezzo di pane, a scrivere giudizi positivi sul forum di questo film.
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vjarkiv
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martedì 13 settembre 2011
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film totalmente inutile!
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Bellocchio...non vorrei dire dal "I pugni in tasca" (ma quasi!) non è più in grado di emozionare...e il ridicolo sta nel voler "vincere" a tutti i costi in festival che non lo prendono minimamente in considerazione!!!
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dario
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sabato 10 settembre 2011
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fiacco
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Temo sia un film sbagliato. Bellocchio non riesce a collegare la vicenda della Dalser, la prima moglie di Mussolini, con la storia (è routinaria la condanna del potere: insomma la teoria per cui esso degrada tutto e tutti è vecchia, frusta e qui pasticciata, quindi ancor meno interessante). Poichè si trova in difficoltà relativa, Bellocchio insiste con il melodramma personale della poveretta (e del figlio di entrambi) sino all'ossessione. Tormento per la Mezzogiorno, che ha due o tre espressioni, non di più e tormento per lo spettatore che assiste impotente al non dipanarsi della vicenda.
Inutili scene di sesso iniziali: cosa vogliono dire? Ottima fotografia, ma sceneggiatura poverissima.
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Temo sia un film sbagliato. Bellocchio non riesce a collegare la vicenda della Dalser, la prima moglie di Mussolini, con la storia (è routinaria la condanna del potere: insomma la teoria per cui esso degrada tutto e tutti è vecchia, frusta e qui pasticciata, quindi ancor meno interessante). Poichè si trova in difficoltà relativa, Bellocchio insiste con il melodramma personale della poveretta (e del figlio di entrambi) sino all'ossessione. Tormento per la Mezzogiorno, che ha due o tre espressioni, non di più e tormento per lo spettatore che assiste impotente al non dipanarsi della vicenda.
Inutili scene di sesso iniziali: cosa vogliono dire? Ottima fotografia, ma sceneggiatura poverissima. Del tutto assente il clima dell'epoca (non certo recuperabile con quattro filmati di repertorio, tanto meno con quelli di Charlot). Molto approssimativo e compiaciuto. Bravo Timi a sgranare gli occhi. Sospetto che Bellocchio sa tagliato solo per storie di modesto respiro (ben fatte, le stesse possono tuttavia portare a risultati notevoli: nasta guardare Zurlini o Pietrangeli).
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mara65
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martedì 9 agosto 2011
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film raccomandato (in che senso?)
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Film raccomandato, ovvero appoggiato politicamente dall’Istituto Luce, ma di bassa qualità. Bellocchio ormai conferma di non aver più il talento per poter continuare a fare film. Ci inchiniamo al suo passato, ma la sua tecnica è rimasta quella di una volta, con inquadrature fisse (i pochi movimenti di macchina sono scoordinati) e poco ricercate. La storia è caotica: Filippo Timi stranamente interpreta sia Mussolini, che suo figlio, senza un trucco che possa far distinguere i due diversi personaggi. Al cinema ho avuto un po’ di confusione, prima di capire che il Timi2 era un altro personaggio, nell’economia della storia. Film cupo, film senza emozioni, lunghissimo e ridondante.
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Film raccomandato, ovvero appoggiato politicamente dall’Istituto Luce, ma di bassa qualità. Bellocchio ormai conferma di non aver più il talento per poter continuare a fare film. Ci inchiniamo al suo passato, ma la sua tecnica è rimasta quella di una volta, con inquadrature fisse (i pochi movimenti di macchina sono scoordinati) e poco ricercate. La storia è caotica: Filippo Timi stranamente interpreta sia Mussolini, che suo figlio, senza un trucco che possa far distinguere i due diversi personaggi. Al cinema ho avuto un po’ di confusione, prima di capire che il Timi2 era un altro personaggio, nell’economia della storia. Film cupo, film senza emozioni, lunghissimo e ridondante. Come in altri film si sarebbe dovuto lavorare meglio di montaggio, accorciandolo e rendendolo più avvincente. Snellendolo. I personaggi recitano male… a volte troppo teatrali, a volte troppo drammaticamente crudi: non lasciano trasparire quel velo di immedesimazione nella realtà o quel pizzico di frivolezza pur utile in film drammatici. Sono come attori in un teatro: si percepisce che stanno recitando. È forse proprio la cupezza di Bellocchio ad aver conferito a questo film, un aspetto così lugubre, spento, senza sussulti. Il successivo film di Bellocchio, riprende piccoli cortometraggi girati sulla sua vita personale (sulle sorelle) e dimostra a maggior ragione la fine della sua vena artistica, incapace di star dietro alle nuove tendenze e tecniche del cinema attuale. E ciò che più avvalora questo mio pensiero, è il fatto che nei suoi ultimi film manca un’idea, manca la profondità del messaggio, che in precedenza era riuscito ad imprimere, tipo su Il regista di matrimoni, che pur essendo un film tecnicamente scarso, ha una valenza psicologica innovativa e forte.
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edwood87
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martedì 17 maggio 2011
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vincere: tra passato, presente e futuro.
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L'aspetto referenziale dell'ultimo film di Bellocchio rievoca parte della vita privata di Benito Mussolini e soprattutto di Ida Dalser, moglie segreta del dittatore fascista, il quale le "darà" anche un figlio. Avevamo lasciato Filippo Timi a lasciarsi comandare da Dio, ma nell'incpit di questo film sarà proprio l'attore (che interpreta Benito Mussolini) a sfidare la sua divinità, dandogli cinque minuti di tempo per fulminarlo e garantire tutti della sua esistenza. Chissà come sarebbero andate le cose se quel fulmine fosse davvero sceso dal cielo, sicuramente non avremmo avuto questo ottimo lavoro cinematografico di Bellocchio. Ed è proprio il cinema ad entrare in gioco durante il lungometraggio: ce ne accorgiamo vedendo il Monello di Chaplin, o ancora, tutte le riprese di repertorio che Bellocchio ha ricercato nell'Istituto Luce.
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L'aspetto referenziale dell'ultimo film di Bellocchio rievoca parte della vita privata di Benito Mussolini e soprattutto di Ida Dalser, moglie segreta del dittatore fascista, il quale le "darà" anche un figlio. Avevamo lasciato Filippo Timi a lasciarsi comandare da Dio, ma nell'incpit di questo film sarà proprio l'attore (che interpreta Benito Mussolini) a sfidare la sua divinità, dandogli cinque minuti di tempo per fulminarlo e garantire tutti della sua esistenza. Chissà come sarebbero andate le cose se quel fulmine fosse davvero sceso dal cielo, sicuramente non avremmo avuto questo ottimo lavoro cinematografico di Bellocchio. Ed è proprio il cinema ad entrare in gioco durante il lungometraggio: ce ne accorgiamo vedendo il Monello di Chaplin, o ancora, tutte le riprese di repertorio che Bellocchio ha ricercato nell'Istituto Luce. Avvincente, con uno stile documentario, buono anche il montaggio con le didascalie che sembrerebbero voler balzare fuori dallo schermo per entrare dritte nella testa dello spettatore; le vicende di Ida Dalser vengono narrate dal regista per quelli che sono i fatti, lasciando una impronta soggettiva attraverso la sceneggiatura: è il caso dello psichiatra quando dice a Ida che questo non è il momento di fare i ribelli, adesso è l'ora di recitare, di fare gli attori. Quello psichiatra in realtà non sta parlando solo con la moglie segreta del Duce, egli si rivolge all'Italia impersonificata dalla Mezzogiorno. E' lei che viene usata, si presenta nuda e bella com'è, senza veli, senza nulla da nascondere, ma verrà sedotta e abbandonata. La storia ci insegna come il nostro paese abbia dovuto affrontare delle illusioni, delusioni enormi, maltrattamenti e la nuova generazione (che nel film viene rappresentata attraverso il figlio segreto di Benito Mussolini), è costretta a vivere nell'incertezza. Non si sà quale sarà il nostro futuro, ma Bellocchio ci suggerisce, attraverso il finale, che la strada da percorrere è lunga e pericolosa e non dipenderà solo ed esclusivamente da noi, ma ci saranno persone disposte a metterci i bastoni tra le ruote. Allora qual'è la chiave per "vincere"? Forse il cinema? Se questo è il tempo di recitare, come sottolinea l'autore, probabilmente è perche attraverso il mezzo cinematografico potremmo riuscire a comunicare il nostro pensiero e gridare aiuto al mondo intero, proprio come avviene per la Dalser rinchiusa in manicomio. Da sottolineare le ottime inquadrature scelte da Bellocchio, una in particolare: la soggettiva della Mezzogiorno reduce da un maltrattamento fisico e i medici che cercano di aprirle gli occhi, quasi come se quegli occhi che sono intenzionati a spalancare fossero i nostri. Il regista ci urla ad alta voce: Italia apri gli occhi e vedrete che quel motto lo faremo nostro, "vincere...e vinceremo"!
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luca scialò
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martedì 8 febbraio 2011
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storia della donna che sfidò il duce
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Benito Mussolini è da giovane un fervente socialista, pacifista, anticlericale, direttore del giornale l'Avanti. Ma dentro di sé cresce una spinta propulsiva, egoista, ambiziosa, quasi sovrumana. Una spinta che lo porta a lasciare il partito e il giornale e fondare un Movimento (i fasci di combattimento) e un proprio giornale, Il Popolo d'Italia. Partecipa pure alla Prima Guerra Mondiale. Ad accompagnarlo in questa evoluzione o involuzione (dipende dai punti di vista) c'è Ida Dalser, ragazza passionale quanto lui. Dalla loro unione clandestina ed extraconiugale nasce Benito Albino, ma entrambi vengono a poco a poco messi ai margini da quello che diventerà il Duce d'Italia.
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Benito Mussolini è da giovane un fervente socialista, pacifista, anticlericale, direttore del giornale l'Avanti. Ma dentro di sé cresce una spinta propulsiva, egoista, ambiziosa, quasi sovrumana. Una spinta che lo porta a lasciare il partito e il giornale e fondare un Movimento (i fasci di combattimento) e un proprio giornale, Il Popolo d'Italia. Partecipa pure alla Prima Guerra Mondiale. Ad accompagnarlo in questa evoluzione o involuzione (dipende dai punti di vista) c'è Ida Dalser, ragazza passionale quanto lui. Dalla loro unione clandestina ed extraconiugale nasce Benito Albino, ma entrambi vengono a poco a poco messi ai margini da quello che diventerà il Duce d'Italia. Prima li fa rinchiudere in una Cascina in campagna e poi li divide facendoli rinchiudere rispettivamente in un manicomio e in un orfanotrofio. Ma la giovane Ida non si da per vinta.
Bellocchio ci racconta una storia cancellata dai libri di storia. La storia di una donna che ha difeso fino in fondo un amore impossibile. Una passione trasmessa allo stesso figlio, che pure non ha mai cancellato il suo vero nome.
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