alespiri
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lunedì 25 maggio 2009
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una passione che diventa follia nella follia
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Controllare l'emozione della Mezzogiorno che si precipita per le scale ne "La finestra di fronte" non è stato facile. Impossibile è stato farlo nella scena di questo film in cui, arrampicata sulle grate del manicomio che la rinchiude, sotto la neve, getta lettere nel vuoto senza mai perdere la speranza di rincorrere un'amore ormai impossibile e di rivedere suo figlio.
Un film intenso, ottimamente costruito, con una fotografia fatta di chiaroscuri lividi e angoscianti che ci fanno precipitare nell'atmosfera di un italia grigia, persa dietro alle parole di un folle.
Giovanna passa con i suoi occhi, come in un cielo di marzo, dalla luce di una ragazza teneramente innamorata della figura vincente di quello che sarà il suo uomo ed il suo tragico destino, alla malizia di una donna travolta dalla passione, fino ad esprimere picchi di tragicità estrema nella disperazione di una madre che non può rassegnarsi al destino di separazione da suo figlio.
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Controllare l'emozione della Mezzogiorno che si precipita per le scale ne "La finestra di fronte" non è stato facile. Impossibile è stato farlo nella scena di questo film in cui, arrampicata sulle grate del manicomio che la rinchiude, sotto la neve, getta lettere nel vuoto senza mai perdere la speranza di rincorrere un'amore ormai impossibile e di rivedere suo figlio.
Un film intenso, ottimamente costruito, con una fotografia fatta di chiaroscuri lividi e angoscianti che ci fanno precipitare nell'atmosfera di un italia grigia, persa dietro alle parole di un folle.
Giovanna passa con i suoi occhi, come in un cielo di marzo, dalla luce di una ragazza teneramente innamorata della figura vincente di quello che sarà il suo uomo ed il suo tragico destino, alla malizia di una donna travolta dalla passione, fino ad esprimere picchi di tragicità estrema nella disperazione di una madre che non può rassegnarsi al destino di separazione da suo figlio.
La sua disperazione è come un tuono che ci esplode nell'anima.
Filippo Timi è potente, impetuoso nell'esprimere la passione prevaricatrice di un folle assetato di dominio.
Un film che inchioda e travolge. Una denuncia spietata nella speranza che l'Italia apra gli occhi verso forme di totalitarismo molto più eleganti ma non meno pericolose in cui potremmo trovarci immersi inconsapevolmente. Ho speranza che ciò non accada.
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(di salval)
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orazio leotta
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sabato 15 agosto 2009
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una mezzogiorno sempre all'altezza
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Benito Mussolini, all’epoca socialista ed anticlericale, è alla direzione dell’”Avanti” quando, nel 1913 a Milano, incontra Ida Dalser, giovane, bella e appassionata austro-trentina, che (con molta probabilità) sposa in chiesa. Contemporaneamente Mussolini sposa anche Rachele Guidi, la quale gli darà presto una figlia (Edda). Anche Ida è incinta e partorisce Benito Albino, riconosciuto dal padre. Ma con la guerra, il tradimento dei valori socialisti e l’ascesa al potere di Mussolini, Ida e il figlio dovranno essere nascosti e, secondo un piano diabolico e spietato, anche eliminati. Attraverso un piano decennale messo a punto dal perfido fratello Arnaldo e da un reticolo di squadristi (poliziotti, federali, spie, prefetti etc.
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Benito Mussolini, all’epoca socialista ed anticlericale, è alla direzione dell’”Avanti” quando, nel 1913 a Milano, incontra Ida Dalser, giovane, bella e appassionata austro-trentina, che (con molta probabilità) sposa in chiesa. Contemporaneamente Mussolini sposa anche Rachele Guidi, la quale gli darà presto una figlia (Edda). Anche Ida è incinta e partorisce Benito Albino, riconosciuto dal padre. Ma con la guerra, il tradimento dei valori socialisti e l’ascesa al potere di Mussolini, Ida e il figlio dovranno essere nascosti e, secondo un piano diabolico e spietato, anche eliminati. Attraverso un piano decennale messo a punto dal perfido fratello Arnaldo e da un reticolo di squadristi (poliziotti, federali, spie, prefetti etc..), Mussolini eclissò la sua amante (e forse moglie) e il figlio, perché divenuti privatamente e politicamente pericolosi. Unico film italiano in concorso all’ultimo Festival di Cannes, Bellochhio ha tenuto a precisare in conferenza stampa, che quando ha scritto “Vincere” non ha affatto pensato a Berlusconi, né fatto similitudini tra Mussolini e l’attuale premier, malgrado abbia in comune col Duce una grande capacità di usare la propria immagine. Piuttosto ha fatto “Vincere”- prosegue- perché attratto e sconvolto al tempo stesso dalla vicenda umana di Ida Dalser, la prima eroina antifascista, una donna unica. Raccontando la sua tragedia, in realtà, ne racconta due: la sua, di moglie di Benito Mussolini e quella del figlio. Nei panni della moglie segreta del Duce, Giovanna Mezzogiorno, un’attrice che ha in sé quel carattere e quella determinazione che si sposano benissimo col suo personaggio. Bravo anche Timi, che ha quella naturale autorevolezza nel suo essere attore che gli ha permesso di entrare perfettamente nella parte del Duce. E’ stato poi bravissimo a connotare l’aspetto della disperazione quando si è calato nei panni di Benito Albino. Il film è stato finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e da Raicinema. Film vincitore di 4 Nastri d’Argento ( a Giovanna Mezzogiorno quale miglior attrice protagonista, per la miglior fotografia, il miglior montaggio e la migliore scenografia).
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marezia
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venerdì 22 maggio 2009
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"vincere" ha già vinto ma...
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Pellicola che io definirei cine-film perché costruito in modo da rendere l'idea del privato attraverso il pubblico cioè attraverso i filmati dell'epoca in un rapporto finzione/verità estremamente originale. Se nella prima parte il personaggio principale è la passione tra i due, una passione erotica dagli slanci animaleschi in cui Bellocchio rende in maniera forte e chiara l'istinto di sopraffazione dell'uno e l'adorazione incondizionata dell'altra i quali si compenetrano in un vortice davvero affascinante nella seconda il punto di vista si sposta su di lei, su Ida, che grida a gran voce la sua esistenza e quella di suo figlio fino ad essere rapita e richiusa in un manicomio dove passerà lunghi anni di oblio e non sto a raccontare i dettagli di tale oblio perché sarebbe delittuoso.
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Pellicola che io definirei cine-film perché costruito in modo da rendere l'idea del privato attraverso il pubblico cioè attraverso i filmati dell'epoca in un rapporto finzione/verità estremamente originale. Se nella prima parte il personaggio principale è la passione tra i due, una passione erotica dagli slanci animaleschi in cui Bellocchio rende in maniera forte e chiara l'istinto di sopraffazione dell'uno e l'adorazione incondizionata dell'altra i quali si compenetrano in un vortice davvero affascinante nella seconda il punto di vista si sposta su di lei, su Ida, che grida a gran voce la sua esistenza e quella di suo figlio fino ad essere rapita e richiusa in un manicomio dove passerà lunghi anni di oblio e non sto a raccontare i dettagli di tale oblio perché sarebbe delittuoso. Sono dettagli che vanno vissuti insieme alla protagonista, ECCEZIONALE, come Timi. Meriterebbero entrambi la Palma d'Oro così come questo gioiello dai colori lividi, bui che sanno trasfigurare volti che sembrano uscire prepotentemente da quei filmati in un fiume senza tempo: il fiume dell'orgoglio e della tenacia. L'orgoglio e la tenacia di Ida Dalser.
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pipay
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sabato 30 maggio 2009
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le marionette di mussolini
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Il film di Bellocchio rasenta il capolavoro. Il regista ha scritto e diretto uno dei migliori lavori cinematografici di questi ultimi anni. Ottima la regia e quasi insuperabile il montaggio. Repentini cambi di scena, flash improvvisi (il volto della Mezzogiorno sconvolto dalla sofferenza, più volte riproposto per pochi istanti), l'apporto di filmati d'epoca ripresi da "La Unione Cinematografica Internazionale - nota come Istituto LUCE), l'uso frequente del bianconero o comunque di un chiaroscuro molto contrastato. Si aggiunga la innegabile bravura degli interpreti, soprattutto di Filippo Timi e di Giovanna Mezzogiorno. Quest'ultima in alcuni momenti raggiunge una validità espressiva che la accomuna quasi alla impareggiabile Anna Magnani (c'è un punto, in cui Ida, da lei impersonata, sta con la testa su un cuscino e qualcuno le dice, mentendo, che suo figlio sta facendo il servizio in Marina, come radiotelegrafista; ebbene, in quei pochi istanti, connotati dalla penobmra e dal dolore, sembra proprio che al posto del volto della Mezzogiorno ci sia quello della mitica Magnani).
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Il film di Bellocchio rasenta il capolavoro. Il regista ha scritto e diretto uno dei migliori lavori cinematografici di questi ultimi anni. Ottima la regia e quasi insuperabile il montaggio. Repentini cambi di scena, flash improvvisi (il volto della Mezzogiorno sconvolto dalla sofferenza, più volte riproposto per pochi istanti), l'apporto di filmati d'epoca ripresi da "La Unione Cinematografica Internazionale - nota come Istituto LUCE), l'uso frequente del bianconero o comunque di un chiaroscuro molto contrastato. Si aggiunga la innegabile bravura degli interpreti, soprattutto di Filippo Timi e di Giovanna Mezzogiorno. Quest'ultima in alcuni momenti raggiunge una validità espressiva che la accomuna quasi alla impareggiabile Anna Magnani (c'è un punto, in cui Ida, da lei impersonata, sta con la testa su un cuscino e qualcuno le dice, mentendo, che suo figlio sta facendo il servizio in Marina, come radiotelegrafista; ebbene, in quei pochi istanti, connotati dalla penobmra e dal dolore, sembra proprio che al posto del volto della Mezzogiorno ci sia quello della mitica Magnani). Prodotto di ottima fattura, quindi, che contribuisce a svelare altri aspetti di un uomo determinato ed egoista, capace di trattare gli altri come fossero inutili marionette: nel privato, nella politica e nel sociale - vedi le adunate oceaniche a piazza Venezia. Marionette utili a soddisfare il suo egocentrismo e la sua brama di potere. Ma in quelle "marionette" batteva un cuore e tutte avevano un'anima... Film connotato dal dramma e dal dolore, dunque, che coinvolge interamente lo spettatore. Meriterebbe più di un Oscar.
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balcazar
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giovedì 1 luglio 2010
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noioso e inconcludente
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Un film noioso, completamente scoordinato nelle scene che cambiano continuamente gli spazi ed i tempi, fino a confondersi con spezzoni originali dell'epoca che non riescono a completare un minimo di trama.
I personaggi in continua tensione al limite della nevrosi persino quando fanno sesso; praticamente durante tutta la prima parte del film in cui vengono minuziosamente documentate le fornicazioni del futuro Duce e della sua amante dall'approccio fino all'orgasmo completo.
Un film buio che tenta di trasmettere, falsandoli, i sentimenti dell'Italia dell'epoca che era si grintosa ed arrabbiata ma non isterica.
Bravini gli attori e nel complesso peccato perchè l'idea poteva essere certamente originale e valida
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mimmo_fuggetti
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venerdì 5 giugno 2009
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vincere: un film tra passato, presente e futuro
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L'aspetto referenziale dell'ultimo film di Bellocchio rievoca parte della vita privata di Benito Mussolini e soprattutto di Ida Dalser, moglie segreta del dittatore fascista, il quale le "darà" anche un figlio. Avevamo lasciato Filippo Timi a lasciarsi comandare da Dio, ma nell'incpit di questo film sarà proprio l'attore (che interpreta Benito Mussolini) a sfidare la sua divinità, dandogli cinque minuti di tempo per fulminarlo e garantire tutti della sua esistenza. Chissà come sarebbero andate le cose se quel fulmine fosse davvero sceso dal cielo, sicuramente non avremmo avuto questo ottimo lavoro cinematografico di Bellocchio. Ed è proprio il cinema ad entrare in gioco durante il lungometraggio: ce ne accorgiamo vedendo il Monello di Chaplin, o ancora, tutte le riprese di repertorio che Bellocchio ha ricercato nell'Istituto Luce.
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L'aspetto referenziale dell'ultimo film di Bellocchio rievoca parte della vita privata di Benito Mussolini e soprattutto di Ida Dalser, moglie segreta del dittatore fascista, il quale le "darà" anche un figlio. Avevamo lasciato Filippo Timi a lasciarsi comandare da Dio, ma nell'incpit di questo film sarà proprio l'attore (che interpreta Benito Mussolini) a sfidare la sua divinità, dandogli cinque minuti di tempo per fulminarlo e garantire tutti della sua esistenza. Chissà come sarebbero andate le cose se quel fulmine fosse davvero sceso dal cielo, sicuramente non avremmo avuto questo ottimo lavoro cinematografico di Bellocchio. Ed è proprio il cinema ad entrare in gioco durante il lungometraggio: ce ne accorgiamo vedendo il Monello di Chaplin, o ancora, tutte le riprese di repertorio che Bellocchio ha ricercato nell'Istituto Luce. Avvincente, con uno stile documentario, buono anche il montaggio con le didascalie che sembrerebbero voler balzare fuori dallo schermo per entrare dritte nella testa dello spettatore; le vicende di Ida Dalser vengono narrate dal regista per quelli che sono i fatti, lasciando una impronta soggettiva attraverso la sceneggiatura: è il caso dello psichiatra quando dice a Ida che questo non è il momento di fare i ribelli, adesso è l'ora di recitare, di fare gli attori. Quello psichiatra in realtà non sta parlando solo con la moglie segreta del Duce, egli si rivolge all'Italia impersonificata dalla Mezzogiorno. E' lei che viene usata, si presenta nuda e bella com'è, senza veli, senza nulla da nascondere, ma verrà sedotta e abbandonata. La storia ci insegna come il nostro paese abbia dovuto affrontare delle illusioni, delusioni enormi, maltrattamenti e la nuova generazione (che nel film viene rappresentata attraverso il figlio segreto di Benito Mussolini), è costretta a vivere nell'incertezza. Non si sà quale sarà il nostro futuro, ma Bellocchio ci suggerisce, attraverso il finale, che la strada da percorrere è lunga e pericolosa e non dipenderà solo ed esclusivamente da noi, ma ci saranno persone disposte a metterci i bastoni tra le ruote. Allora qual'è la chiave per "vincere"? Forse il cinema? Se questo è il tempo di recitare, come sottolinea l'autore, probabilmente è perche attraverso il mezzo cinematografico potremmo riuscire a comunicare il nostro pensiero e gridare aiuto al mondo intero, proprio come avviene per la Dalser rinchiusa in manicomio. Da sottolineare le ottime inquadrature scelte da Bellocchio, una in particolare: la soggettiva della Mezzogiorno reduce da un maltrattamento fisico e i medici che cercano di aprirle gli occhi, quasi come se quegli occhi che sono intenzionati a spalancare fossero i nostri. Il regista ci urla ad alta voce: Italia apri gli occhi e vedrete che quel motto lo faremo nostro, "vincere...e vinceremo"!
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great steven
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giovedì 28 gennaio 2016
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narrazione di un evento storico poco conosciuto.
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VINCERE (IT/FR, 2009) diretto da MARCO BELLOCCHIO. Interpretato da GIOVANNA MEZZOGIORNO, FILIPPO TIMI, FAUSTO RUSSO ALESI, MICHELA CESCON, PIER GIORGIO BELLOCCHIO, CORRADO INVERNIZZI, PAOLO PIEROBON, BRUNO CARIELLO, FRANCESCA PICOZZA
Ida Dalser è una giovane sarta che nel 1907 conosce Benito Mussolini in occasione di un comizio nel quale il futuro Duce del regime fascista si attira l’antipatia degli astanti con un comportamento egocentrico. Da lì scaturisce una folle passione amorosa che dura per sette anni, finché Mussolini, ora diventato direttore de Il Popolo d’Italia, passa dalla fazione neutralista all’impegno interventista nella Grande Guerra contro l’impero austro-ungarico e viene inviato al fronte, dove viene ferito sul Carso.
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VINCERE (IT/FR, 2009) diretto da MARCO BELLOCCHIO. Interpretato da GIOVANNA MEZZOGIORNO, FILIPPO TIMI, FAUSTO RUSSO ALESI, MICHELA CESCON, PIER GIORGIO BELLOCCHIO, CORRADO INVERNIZZI, PAOLO PIEROBON, BRUNO CARIELLO, FRANCESCA PICOZZA
Ida Dalser è una giovane sarta che nel 1907 conosce Benito Mussolini in occasione di un comizio nel quale il futuro Duce del regime fascista si attira l’antipatia degli astanti con un comportamento egocentrico. Da lì scaturisce una folle passione amorosa che dura per sette anni, finché Mussolini, ora diventato direttore de Il Popolo d’Italia, passa dalla fazione neutralista all’impegno interventista nella Grande Guerra contro l’impero austro-ungarico e viene inviato al fronte, dove viene ferito sul Carso. Ma nel frattempo Ida partorisce Benito Albino, il primogenito del fondatore del partito fascista, che il padre riconosce ma, in un secondo momento, rinnega con forza. Quando poi la sua visibilità politica e sociale esplode con l’ascesa inarrestabile del fascismo fino alla definitiva scalata al governo, il neo Presidente del Consiglio convince la propaganda del regime a nascondere sempre più questo suo figlio illegittimo e la donna da cui l’ha avuto, relegando entrambi in una spirale opprimente di dimenticanza e trascuratezza. Per tutta la vita Ida Dalser combatte, soffre e spera affinché Benito Mussolini torni sui suoi passi e restituisca dignità al suo primo amore, troppo facilmente obliato con l’aumento delle responsabilità dovute all’impennata del suo successo politico senza precedenti. Prima in una casa-famiglia campestre e poi in un ospedale psichiatrico, la battaglia personale di Ida contro il Duce non s’arresta un solo istante, nemmeno quando Benito Albino è ormai cresciuto e la donna riceve, senza accettare, la richiesta di mettere il giovane sotto la tutela di un amministratore delegato. Film intenso, deciso, ardente e mordace, dotato paradossalmente di una vena poetica nella sua denuncia spietata di un evento storico emerso alla luce del pubblico italiano solo in tempi recenti, benché il contratto di matrimonio fra Ida Dalser e Benito Mussolini, come attestano anche le diciture finali, non sia mai stato rinvenuto. Il quale evento ha però rispolverato una storia potente e schiacciante di oppressione, vissuta dal capo del governo del ventennio fascista come una palla al piede da allontanare con ogni mezzo che il suo potere gli riconosceva a tutti gli effetti, e vissuta invece dalla donna dapprima amata e poi ripudiata col desiderio che tutto potesse tornare al candore e alla serenità di un tempo, speranza prontamente disillusa dalla realtà amara e deplorevole ma mai perduta, mentre il tempo della sua esistenza scorreva fra camicie di forza, compagne di manicomio ciarliere e malevole, cinici documenti di affido minorile e psichiatrici e pubblici ufficiali che in parte cercarono effettivamente di appoggiarla e per la restante metà credettero di rintracciare in lei un’autentica pazzia e una visionarietà inconfutabile. Bellocchio vi realizza comunque il colpaccio della sua carriera: ha saputo imbastire un’opera eccellente, carica di dinamismo ed eloquenza multiforme, che si prende molto sul serio e affronta temi che non pretendono di risultare attuali ma che sorprendono per la forza vitale scaturente da ogni sequenza, ogni espressione, ogni voce urlante, ogni frammento ripreso dal vero e aggiunto alle riprese cinematografiche fatte sul posto. A livello tecnico, l’idea di intervallare la recitazione degli attori coi filmati d’epoca autentici, è perfetta: l’abbinamento riesce meravigliosamente e conferisce veridicità ad un capolavoro che non nasconde la sua intrinseca epicità. Ma il suo merito maggiore sta senza dubbio nel non dipingere la protagonista femminile come una vita: questa donna dimenticata dalla storia ufficiale, bistrattata da chi non credeva alle sue asserzioni e seviziata con qualunque genere di umiliazioni, non perde mai la sua dignità e, grazie anche alla tenacia professionale e al carisma scenico di una superba G. Mezzogiorno, sa portare avanti una lotta intelligente e coesa, che la rende moralmente superiore a tutti i suoi aguzzini e perfino al Duce (un F. Timi che si sdoppia magnificamente anche nel ruolo di Benito Albino, studente successivamente ricoverato in manicomio e capacissimo di imitare il padre in ogni singolo dettaglio mimico e vocale), il quale viene onestamente ritratto come un idiota militarista, amante infedele e politico tanto spregiudicato quanto illusorio, senza che la sceneggiatura nutra alcuna simpatia nei suoi confronti né tenti tantomeno di giustificarne quel discutibile operato che, a conti fatti, ne ha sempre celato l’effettiva debolezza costantemente coperta con atti di forza. Ha le sue uniche imperfezioni nella durata eccessiva delle scene di sesso e nella scarsa illuminazione che pervade le scene che hanno luogo nei viali cittadini, raffigurati pur tuttavia con una perizia scenografica stupefacente e molto verosimile. Realizzato col sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Distribuisce 01.
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costanza
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martedì 26 maggio 2009
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i fini e i mezzi
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Per lui l'ambizione è tutto, la consapevolezza di essere un predestinato lo porta sempre a scelte estreme. Per lei l'amore , e ,soprattutto per un uomo considerato quasi un dio, è un'esperienza totalizzante, da proclamare anche a rischio della vita. Il film mette in evidenza il rapporto poco equilibrato tra i due che, per il resto, sono piuttosto simili.Il fatto che si tratti di una storia molto privata del duce dà al tutto una serie di altri significati, sia legati al volto oscuro del potere e della politica, sia a una certa idea della donna ,che ,in alcuni ambiti è ancora attuale.Mi piace come il regista ha inserito "il cinema nel cinema "e ha unito documenti d'epoca ad immagini surreali suscitando emozioni che lasciano il segno.
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luca scialò
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martedì 8 febbraio 2011
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storia della donna che sfidò il duce
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Benito Mussolini è da giovane un fervente socialista, pacifista, anticlericale, direttore del giornale l'Avanti. Ma dentro di sé cresce una spinta propulsiva, egoista, ambiziosa, quasi sovrumana. Una spinta che lo porta a lasciare il partito e il giornale e fondare un Movimento (i fasci di combattimento) e un proprio giornale, Il Popolo d'Italia. Partecipa pure alla Prima Guerra Mondiale. Ad accompagnarlo in questa evoluzione o involuzione (dipende dai punti di vista) c'è Ida Dalser, ragazza passionale quanto lui. Dalla loro unione clandestina ed extraconiugale nasce Benito Albino, ma entrambi vengono a poco a poco messi ai margini da quello che diventerà il Duce d'Italia.
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Benito Mussolini è da giovane un fervente socialista, pacifista, anticlericale, direttore del giornale l'Avanti. Ma dentro di sé cresce una spinta propulsiva, egoista, ambiziosa, quasi sovrumana. Una spinta che lo porta a lasciare il partito e il giornale e fondare un Movimento (i fasci di combattimento) e un proprio giornale, Il Popolo d'Italia. Partecipa pure alla Prima Guerra Mondiale. Ad accompagnarlo in questa evoluzione o involuzione (dipende dai punti di vista) c'è Ida Dalser, ragazza passionale quanto lui. Dalla loro unione clandestina ed extraconiugale nasce Benito Albino, ma entrambi vengono a poco a poco messi ai margini da quello che diventerà il Duce d'Italia. Prima li fa rinchiudere in una Cascina in campagna e poi li divide facendoli rinchiudere rispettivamente in un manicomio e in un orfanotrofio. Ma la giovane Ida non si da per vinta.
Bellocchio ci racconta una storia cancellata dai libri di storia. La storia di una donna che ha difeso fino in fondo un amore impossibile. Una passione trasmessa allo stesso figlio, che pure non ha mai cancellato il suo vero nome.
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efrem
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lunedì 6 luglio 2020
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il linguaggio e i modi di rappresentazione
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Bellocchio al suo meglio. Il film è un esempio di linguaggio e modi di rappresentazione. Non a caso la figura di Mussolini nel film film viene rappresentata in modo esemplare e studiata al minimo dettaglio. Nella prima parte del film Mussolini viene animato tramite l'attore Filippo Timi, è carne-ossa-sangue, tanto che viene ferito due volte. Quando Mussolini diventa Duce, il corpo di Timi scompare e viene portato in vita tramite i filmati di repertorio (usati in modo geniale e montati perfettamente), è luci e ombre e si vede quindi il parallelismo col cinema, che non è la realtà ma il riflesso di essa. Per poi diventare alla fine pietra, tramite il semi-busto del duce, che è un rifacimento della realtà ancora più stilizzato, più grezzo.
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Bellocchio al suo meglio. Il film è un esempio di linguaggio e modi di rappresentazione. Non a caso la figura di Mussolini nel film film viene rappresentata in modo esemplare e studiata al minimo dettaglio. Nella prima parte del film Mussolini viene animato tramite l'attore Filippo Timi, è carne-ossa-sangue, tanto che viene ferito due volte. Quando Mussolini diventa Duce, il corpo di Timi scompare e viene portato in vita tramite i filmati di repertorio (usati in modo geniale e montati perfettamente), è luci e ombre e si vede quindi il parallelismo col cinema, che non è la realtà ma il riflesso di essa. Per poi diventare alla fine pietra, tramite il semi-busto del duce, che è un rifacimento della realtà ancora più stilizzato, più grezzo. Bellocchio ha capito come rappresentare i "corpi del potere", e il film è folgorante e colpisce, proprio per questo.
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