big85
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martedì 28 febbraio 2012
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il messia
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Entri in carcera da "buono" e ne esci da malavitoso. Questo è il succo, ma tra l'inizio e la fine c'è la passione. Un film che ricorda lo Scarface di De Palma per l'escalation con la quale il giovanissimo Malik si fa strada nel mondo criminale, quasi trascinato dagli eventi, ma si vedrà che è lui a farli avverare, tanto da guadagnarsi il soprannome di "Profeta". La sua abilità è l'ingegno, l'astuzia nella comunicazione così imparerà in carcere a parlare arabo, francese e corso (uno strano dialetto tra il sicialiano e il francese molto affascinante) imparerà a leggere e scrive e ad uccidere.
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Entri in carcera da "buono" e ne esci da malavitoso. Questo è il succo, ma tra l'inizio e la fine c'è la passione. Un film che ricorda lo Scarface di De Palma per l'escalation con la quale il giovanissimo Malik si fa strada nel mondo criminale, quasi trascinato dagli eventi, ma si vedrà che è lui a farli avverare, tanto da guadagnarsi il soprannome di "Profeta". La sua abilità è l'ingegno, l'astuzia nella comunicazione così imparerà in carcere a parlare arabo, francese e corso (uno strano dialetto tra il sicialiano e il francese molto affascinante) imparerà a leggere e scrive e ad uccidere. Questo lo porterà a perdere il contatto con se stesso ma non colla sua umanità.
Un film passionale, violento, avvincente e delicato allo stesso tempo, dato da alcune sequenze di montaggio dal tocco femminile e raffinato.
Assolutamente consigliato da Big
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(di kondor17)
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dacascos
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lunedì 19 settembre 2011
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visione distratta?
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"... i compagni di galera prendono a definirlo un profeta, perché lui è quello che parla, con gli uni e con gli altri, quello che porta i messaggi dentro e fuori, che conosce la gente che può far comodo negli affari. Egli fa grandi cose, insomma; la sua via è tracciata come quella di chi ha una missione".
Non è così. A chiedergli se per caso è un "profeta" è un arabo, che il protagonista incontra per conto di Luciani (il boss corso rinchiuso in galera) durante una giornata di permesso. A un certo punto, infatti, mentre un'auto attraversa una zona boschiva e il nostro si trova semisdraiato sul sedile posteriore, sotto la minaccia di una pistola, rammentandosi di una visione in cui alcuni cervi correvano lungo una strada buia, grida "attenti agli animali!" (o qualcosa del genere.
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"... i compagni di galera prendono a definirlo un profeta, perché lui è quello che parla, con gli uni e con gli altri, quello che porta i messaggi dentro e fuori, che conosce la gente che può far comodo negli affari. Egli fa grandi cose, insomma; la sua via è tracciata come quella di chi ha una missione".
Non è così. A chiedergli se per caso è un "profeta" è un arabo, che il protagonista incontra per conto di Luciani (il boss corso rinchiuso in galera) durante una giornata di permesso. A un certo punto, infatti, mentre un'auto attraversa una zona boschiva e il nostro si trova semisdraiato sul sedile posteriore, sotto la minaccia di una pistola, rammentandosi di una visione in cui alcuni cervi correvano lungo una strada buia, grida "attenti agli animali!" (o qualcosa del genere...) pur non potendo vedere ciò che accade fuori. In effetti un grosso cervo è andato a sbattere contro la macchina. L'arabo scende con lui e a questo punto gli chiede: "come hai fatto a sapere che c'era un animale? Sei forse un profeta?". L'episodio, come le visioni e i dialoghi con l'uomo da lui ucciso in carcere, concorrono a determinare il senso del titolo del film.
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filippo catani
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domenica 11 settembre 2011
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la dura legge del carcere
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Un giovane ragazzo semianalfabeta viene spedito nel carcere "dei grandi" dopo diverse esperienze in riformatorio. Per cercare di sopravvivere dovrà sottostare ai diktat della banda dei corsi e uccidere un pericoloso testimone. La sua vita non sarà più la stessa e anzi sarà lui a scalare le vette del crimine.
Film senza dubbio tosto e che non risparmia scene di un certo tasso di violenza. D'altra parte non potrebbe essere altrimenti in un carcere dove, se vuoi cercare di sopravvivvere, devi cercare di stringere alleanze con chi è già inserito all'interno. La storia del francoarabo Malik ne è l'ennesima riprova. Il fatto è che lui non cerca o non riesce a trovare un riscatto in prigione ma anzi cercherà di perfezionare sempre meglio i suoi traffici criminali sfruttando le uscite sulla parola e il controllo di certi secondini da parte dei corsi.
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Un giovane ragazzo semianalfabeta viene spedito nel carcere "dei grandi" dopo diverse esperienze in riformatorio. Per cercare di sopravvivere dovrà sottostare ai diktat della banda dei corsi e uccidere un pericoloso testimone. La sua vita non sarà più la stessa e anzi sarà lui a scalare le vette del crimine.
Film senza dubbio tosto e che non risparmia scene di un certo tasso di violenza. D'altra parte non potrebbe essere altrimenti in un carcere dove, se vuoi cercare di sopravvivvere, devi cercare di stringere alleanze con chi è già inserito all'interno. La storia del francoarabo Malik ne è l'ennesima riprova. Il fatto è che lui non cerca o non riesce a trovare un riscatto in prigione ma anzi cercherà di perfezionare sempre meglio i suoi traffici criminali sfruttando le uscite sulla parola e il controllo di certi secondini da parte dei corsi. Siomo dunque ben lontani dai drammi carcerari con lieto fine (Ali della libertà o Fuga di mezzanotte per fare giusto due nomi) ma forse più vicini a quella che è la realtà carceraria attuale e chi finisce tra i suoi ingranaggi. Il film ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti assolutamente meritati.
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cenox
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lunedì 29 agosto 2011
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l'ascesa di un malavitoso
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Davvero un buon film francese, incentrato a raccontare la storia di Malik, un ragazzo arabo scapestrato, che finisce in carcere per delle violenze compiute nei confronti di un agente di polizia. In carcere saranno tante le cose che imparerà, e presto finirà nelle mire di un padrino che lo inizierà commissionandogli un omicidio. Presto entrerà nelle sue grazie ed in cambio di rispetto e protezione diventerà per lui un aiuto sempre più prezioso. Quando la sua condanna sarà vicina al termine potrà godere dei permessi per uscire di prigione, e diventerà il vero uomo di fiducia del padrino, il quale potrà gestire i suoi affari anche rimanendo rinchiuso.
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Davvero un buon film francese, incentrato a raccontare la storia di Malik, un ragazzo arabo scapestrato, che finisce in carcere per delle violenze compiute nei confronti di un agente di polizia. In carcere saranno tante le cose che imparerà, e presto finirà nelle mire di un padrino che lo inizierà commissionandogli un omicidio. Presto entrerà nelle sue grazie ed in cambio di rispetto e protezione diventerà per lui un aiuto sempre più prezioso. Quando la sua condanna sarà vicina al termine potrà godere dei permessi per uscire di prigione, e diventerà il vero uomo di fiducia del padrino, il quale potrà gestire i suoi affari anche rimanendo rinchiuso. Ma Malik farà molto di più...il suo obiettivo infatti sarà di sfruttare le sue conoscenze per potersi garantire la fiducia delle gang più importanti in terra francese così da essere considerato un punto di riferimento da tutti i fronti. Quando avrà scontato la pena non uscirà dal carcere come vi era entrato anni orsono..
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francesco2
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lunedì 11 aprile 2011
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un'idea di cinema
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Di Audiard possiamo dire varie cose. Che i suoi film sono più generosi che belli (Penso al precedente), o più furbi che belli (Penso a questo). O che è un beneficiato dalla caduta dei generi, che "Sulle mie labbra" ancora vent'anni fa, o qualcosa di simile, forse sarebbe stato considerato solo un'onesto prodotto di genere, ben realizzato e ottimamente interpretato.
Ma c'è una cosa di cui sono sicuro, al suo terzo film: ha un 'idea di cinema, quella che manca a certo cinema nostrano (Lo ripetiamo ancora?Sì.). Forse Postmoderna (Ma è un insulto necesariamente?), forse furba, ma ce l'ha. Lo stesso sospetto che mi è venuto vedendo "Racconto di Natale" del suo connazionale Desplechin, che però conosco sicuramente meno bene.
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Di Audiard possiamo dire varie cose. Che i suoi film sono più generosi che belli (Penso al precedente), o più furbi che belli (Penso a questo). O che è un beneficiato dalla caduta dei generi, che "Sulle mie labbra" ancora vent'anni fa, o qualcosa di simile, forse sarebbe stato considerato solo un'onesto prodotto di genere, ben realizzato e ottimamente interpretato.
Ma c'è una cosa di cui sono sicuro, al suo terzo film: ha un 'idea di cinema, quella che manca a certo cinema nostrano (Lo ripetiamo ancora?Sì.). Forse Postmoderna (Ma è un insulto necesariamente?), forse furba, ma ce l'ha. Lo stesso sospetto che mi è venuto vedendo "Racconto di Natale" del suo connazionale Desplechin, che però conosco sicuramente meno bene.
Il suo film migliore, secondo me, rimane "Sulle mie labbra", il più commovente e significativo nella sua non perfetta commistione di generi. Ma, anche qui, guardiamo come non banalmente racconta l'omicidio che segna l'iniziazione nella vita carceraria,crudo e crudele nei confronti del detenuto che si fidava del giovane. Guardiamo la scena del cervo, dove si avvertono echi del "Totò le heros" di Van Dormael, una punta di misticismo in un film così crudo nella sostanza (Il carcere, i detenuti) , e nell'impostazione (Il "giallo", l'ascesa del giovane padrino). Con un tocco di paradossalità, quando si
sente dire: "Ci stavi rimettendo la pelle"(Ed è proprio così).
E' un film che non idealizza nessuno, che nonostante il titolo (E francese ed italiano) non investe il protagonista di un ruolo salvifico: del resto lui nella "Gerarchia" carceraria è, anzi, l'ultimo
anello della catena, non foss'altro per motivi anagrafici. Non vuole redimere nulla e nessuno, anzi per quanto perseguitato dai sensi di colpa non esita a far tesoro dic erte cose imparate in carcere(Le lingue, per esempio). Anche se il finale è un pò più ottimistico, non per questo penso il regista volesse farne un santo che si era "Perso".
Poi Audiard non è Van Dormael, ammesso che il film che ho citato, più esplicitamente "Mistico" e "D'autore", sia un vero caposaldo. Ma senza manicheismi, né voglia di incutere facile pietà per nessuno (A parte , forse, il detenuto ucciso dal protagonista), ci ha dimostrato per la terza volta che l'"Autore" non è necessariamente un signorino occhialuto che realizza cinem astruso (Ad avercene, se oltre ad astruso fosse anche significativo!), e che , come ha scritto qualcuno, il cinema italiano soffre perché, nella vita, non puoi essere postmoderno se prima non sei mai stato moderno.
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vittorio
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martedì 8 marzo 2011
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bel film...
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Film interessante, con una gran bella sceneggiatura, ben recitato e sicuramente originale....unico neo? Un po' troppo lungo....
Bello e da vedere!!
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vecchiobarth
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venerdì 4 febbraio 2011
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la profezia: dall'europeo all'indoeuropeo
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Film potente, una lettura in filigrana della realtà sociale dell'Europa del III millennio: le classi dirigenti arroccate nei loro centri di potere ( ad iniziare dalle guardie carcerarie) e le grandi migrazioni che diventano il braccio storico di una società cristallizzata: arabi, albanesi, marsigliesi (i terroni francesi) che si coalizzano in una sorta di globalizzazione multietnica della malavita nel cuore della vecchia Europa: nel 2040 Liegi dovrebbe essere la prima città europea a maggioranza musulmana ed avverrà senza una guerra santa, ma solo come sviluppo demografico: il film è un manifesto sulla fine di una certa Europa da una prospettiva antropologica.
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Film potente, una lettura in filigrana della realtà sociale dell'Europa del III millennio: le classi dirigenti arroccate nei loro centri di potere ( ad iniziare dalle guardie carcerarie) e le grandi migrazioni che diventano il braccio storico di una società cristallizzata: arabi, albanesi, marsigliesi (i terroni francesi) che si coalizzano in una sorta di globalizzazione multietnica della malavita nel cuore della vecchia Europa: nel 2040 Liegi dovrebbe essere la prima città europea a maggioranza musulmana ed avverrà senza una guerra santa, ma solo come sviluppo demografico: il film è un manifesto sulla fine di una certa Europa da una prospettiva antropologica. L'europeo torna alle sue radici: indoeuropeo.
Da proporre nei cineforum come oggetto di riflessione sociologica, un ottimo film
vecchibarth
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onil79
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domenica 21 novembre 2010
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tutto e niente in quasi 3 ore...
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L'inizio del film è accativante tanto da presuppore che le 2 ore e 30 minuti potranno essere godute a pieno in un sol fiato. Mi son sbagliato soprattuto perchè influenzato dai commenti troppo entusiastici
(ps. vi accontentate di poco).
Il film si svolge a volte così lentamente che vorresti finarla in quell'istante, ma ogni tanto c'è un barlume di speranza, che sembra possa cambiar ritmo ed entrare in maniera più decisa su alcune "tematiche" o momenti particolari con "dialoghi" che potevano veramente rendere il film di buon livello e invece niente di tutto questo.
Il Regista è stato capace di raccontare "tutto e niente" in quasi 3 ore.
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L'inizio del film è accativante tanto da presuppore che le 2 ore e 30 minuti potranno essere godute a pieno in un sol fiato. Mi son sbagliato soprattuto perchè influenzato dai commenti troppo entusiastici
(ps. vi accontentate di poco).
Il film si svolge a volte così lentamente che vorresti finarla in quell'istante, ma ogni tanto c'è un barlume di speranza, che sembra possa cambiar ritmo ed entrare in maniera più decisa su alcune "tematiche" o momenti particolari con "dialoghi" che potevano veramente rendere il film di buon livello e invece niente di tutto questo.
Il Regista è stato capace di raccontare "tutto e niente" in quasi 3 ore. Come ha fatto solo lui lo sa....
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notedo
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sabato 20 novembre 2010
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film duro
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Opera convincente che racconta la formazione di un criminale e che riflette la metafora della condizione esistenziale all'interno di un carcere. L'intento è anche di sottolineare che in determinati ambienti non c'è molta differenza tra ciò che succede all'interno e ciò che si verifica all'esterno di un carcere. A mio modesto avviso la statuetta che il film ha vinto a Cannes,dopo anni di astinenza della cinematografia francese,è ben meritata.
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