gianleo67
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venerdì 8 gennaio 2016
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the last three days of alison lohman
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Nel tentativo di convincere il suo capo a darle la promozione che merita, la giovane bancaria Christine rifiuta la proroga di un mutuo che finisce per mettere sulla strada ed umiliare un'anziana signora di origini slave ed a provocarne così la morte. Non prima però che la vecchia megera scagli su di lei la maledizione di una Lamia, antico demone della tradizione classica che perseguita per tre giorni la prorpia vittima prima di reclamarne irrevocabilmente l'anima.
Dopo tre lustri passati a sperimentare nuovi generi ed una propensione per il fantastico che sembrava rivolta solo a rinverdire l'immaginario tecnologico e metamorfico del blockbuster Marvel con Tobey Maguire, il genio dello splatter movie artigianale anni'80 di Sam Raimi torna alla carica con un film che sembra condensarne tanto le tematiche orrifiche che lo hanno reso famoso quanto l'irridente spirito iconoclasta che si fa beffe degli inveterati pregiudizi sociali che da sempre serpeggiano nelle stratificazioni della società americana.
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Nel tentativo di convincere il suo capo a darle la promozione che merita, la giovane bancaria Christine rifiuta la proroga di un mutuo che finisce per mettere sulla strada ed umiliare un'anziana signora di origini slave ed a provocarne così la morte. Non prima però che la vecchia megera scagli su di lei la maledizione di una Lamia, antico demone della tradizione classica che perseguita per tre giorni la prorpia vittima prima di reclamarne irrevocabilmente l'anima.
Dopo tre lustri passati a sperimentare nuovi generi ed una propensione per il fantastico che sembrava rivolta solo a rinverdire l'immaginario tecnologico e metamorfico del blockbuster Marvel con Tobey Maguire, il genio dello splatter movie artigianale anni'80 di Sam Raimi torna alla carica con un film che sembra condensarne tanto le tematiche orrifiche che lo hanno reso famoso quanto l'irridente spirito iconoclasta che si fa beffe degli inveterati pregiudizi sociali che da sempre serpeggiano nelle stratificazioni della società americana. Ne esce fuori un festival del politicamente scorretto che utilizza lo stalking-horror del solito demone persecutore come nemesi e contrappasso per la cattiva coscienza di un'ambizione sociale pronta a mettere la sordina alle proprie remore etiche ed utilizzare gli strumenti a disposizione di una ben remunerata competenza esoterica pur di trarsi fuori dagli impicci. Tutto sembra avere un prezzo per i personaggi di questa catena di Sant'Antonio degli oggetti maledetti, ignari tuttavia che le brame di una feroce ed implacabile creatura degli inferi riguardano qualcosa di molto più prezioso ed immateriale di un ricco conto in banca o di una lussuosa residenza estiva a Cape Code. Forte di un armamentario che riesce ancora ad agitare la scenografia di un universo di poltergheist fatto di oggetti inanimati che improvvisamente prendono vita ed un virtuosismo registico che crea tensione ed aspettative con pochi, studiati movimenti di macchina, lo zio Sam dell'horror a stelle e strisce trama nell'ombra con un essere sfuggente ed umbratile facendosi beffe delle certezze del razionalismo ('Non possiamo tentare di comprendere il mondo con il solo intelletto' C.Jung da 'Tipi psicologici') e mostrandosi impietoso tanto con il pregiudizio e la decadenza fisica degli strati meno abbienti (ex ragazzine paffutelle di campagna in cerca di riscatto professionale, vecchie bacucche marcescenti in grado di scatenare potenze sovraumane, spregiudicati yuppie dagli occhi a mandorla arrivisti e senza scrupoli) quanto con la solita retorica animalista del 'No Animals Were Harmed' dei titoli di coda smentito dal cattivo esempio di micetti orrendamente trucidati e agnelli sacrificali pronti ad essere sgozzati senza alcuna pietà. Insomma, dietro la patina di un cinema di genere finalmente normalizzato e rientrato nei canoni di una più pacificata retorica narrativa, il vecchio maestro torna a graffiare con gli elementi di una intelligente e dissimulata forza iconoclasta che insinua il sospetto che non sempre la bontà e l'onestà siano ricambiate ed è pronto a sprofondare la favola d'amore di una graziosa e rassicurante protagonista negli abissi fiammeggianti della dannazione eterna. Forse un pò debole su alcune scelte di montaggio che penalizzano la tenuta della tensione e precipitano il finale nello scontato raccordo con l'incipit, si avvale delle ottime musiche di Christopher Young e del fascino discreto della bionda e bella Alison Lohman, già ambigua regina di cuori in White Oleander di Peter Kosminsky e in Where the Truth Lies di Atom Egoyam. Presentato al Festival di Cannes 2009 nella sezione Proiezioni di mezzanotte, è premiato in alcuni festival minori a da un box office relativamente tiepido che per questa volta non trascina la Universal nell'inferno senza speranza del disastro commerciale. Chi semina vento...
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critichetti
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domenica 10 gennaio 2016
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andiamo,si può fare molto meglio (spoiler alert!)
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Questo è il classico film che parte benissimo ma poi si perde lungo andare con idee stupide.Partiamo però dalle cose belle:Raimi sembra essere tornato quello di una volta,infatti in tanti casi sembra di rivedere "La casa",perfino nelle musiche.La storia nasce con un'idea carina,perchè una maledizione gitana ha sempre il suo fascino e l'attrice che interpreta la vecchia zingara riesce a caratterizzarla molto bene.Peccato gli errori innanzitutto strutturali,in quanto la "Lamia",questo demone che è stato scelto per il film non è affatto quello che è descritto nella pellicola,bensì un demone che catturava bambini;ma in più ci sono anche errori di scelta nella sceneggiatura:c'è infatti un abuso di scene stomachevoli che però sono fini a loro stesse,non sono quelle scene che veramente disgustano e fanno inquietare,tanto che dopo pochi minuti che sono passate ve le sarete scordate.
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Questo è il classico film che parte benissimo ma poi si perde lungo andare con idee stupide.Partiamo però dalle cose belle:Raimi sembra essere tornato quello di una volta,infatti in tanti casi sembra di rivedere "La casa",perfino nelle musiche.La storia nasce con un'idea carina,perchè una maledizione gitana ha sempre il suo fascino e l'attrice che interpreta la vecchia zingara riesce a caratterizzarla molto bene.Peccato gli errori innanzitutto strutturali,in quanto la "Lamia",questo demone che è stato scelto per il film non è affatto quello che è descritto nella pellicola,bensì un demone che catturava bambini;ma in più ci sono anche errori di scelta nella sceneggiatura:c'è infatti un abuso di scene stomachevoli che però sono fini a loro stesse,non sono quelle scene che veramente disgustano e fanno inquietare,tanto che dopo pochi minuti che sono passate ve le sarete scordate.E anche se si cerca di giustificare il problema dicendo che il film vuole anche essere comico,non basta per renderle accettabili.Il resto è ben poca tensione mista a qualche salto sulla sedia (questi ultimi,va detto,resi bene) e alcune scene inutilmente lunghe,come quella iniziale della maledizione:la ragazza aveva tutto il tempo per scappare ben prima che la zingara le lanciasse la maledizione,ma invece resta sul posto senza far niente e anche qualche trashata (tipo il gatto pupazzosissimo sputato fuori dalla bocca durante la seduta spiritica).Quindi in sintesi un'idea bellissima sfruttata veramente male.Davvero,risparmiate il vostro tempo ed evitatelo
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everlong
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venerdì 28 gennaio 2011
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un consolidato raimi
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La prima cosa che mi è venuta in mente guardando Drag me to hell è stato il sospetto di trovarmi di fronte ad un horror anni '80. Raimi in questo suo nuovo horror/farsa ambisce a tornare alle origini, agli albori di quella "Casa" che tanto lo rese celebre ormai quasi trent'anni fa. Drag me to hell senza dubbio conferma lo stile di Raimi, molto ben caratterizzato e riconoscibilissimo: effetti speciali, scontri con lo spirito maligno di turno, sobbalzi sulla poltrona, tutto firmato inequivocabilmente Raimi. Detto questo però, la solidità del suo stile personale e i continui richiami a "Evil dead" non sono sufficienti a tessere solo elogi per questo horror, che definirei "d'altri tempi".
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La prima cosa che mi è venuta in mente guardando Drag me to hell è stato il sospetto di trovarmi di fronte ad un horror anni '80. Raimi in questo suo nuovo horror/farsa ambisce a tornare alle origini, agli albori di quella "Casa" che tanto lo rese celebre ormai quasi trent'anni fa. Drag me to hell senza dubbio conferma lo stile di Raimi, molto ben caratterizzato e riconoscibilissimo: effetti speciali, scontri con lo spirito maligno di turno, sobbalzi sulla poltrona, tutto firmato inequivocabilmente Raimi. Detto questo però, la solidità del suo stile personale e i continui richiami a "Evil dead" non sono sufficienti a tessere solo elogi per questo horror, che definirei "d'altri tempi". Senza dubbio la regia è buona e fa quadrato con una fotografia efficace, ma il film rimane comunque prevedibilissimo, con una totale assenza di suspense se non quella facile del sobbalzo sulla poltrona (silenzio assoluto, taglio, scena improvvisa a tutto volume), che per quanto in 2-3 casi risulta godibile, alla lunga annoia e cessa di avere risultati. Del resto puntare ad una suspense esclusivamente formale, e ridotta a piccoli salti qua e là, è un po' poco per un regista come Raimi. La sceneggiatura è alquanto povera e dopo circa venti minuti anche gli spettatori meno intuitivi potranno comprendere l'evoluzione del film nonché il finale stesso. Il bisogno di essere creduti e il bivio morale in cui si trova la protagonista verso la fine del film sanno troppo di "già visto" (tanto per cominciare si pensi alla saga The Ring busta/videocassetta, in cui bene o male eticamente i protagonisti vivono la medesima situazione). Il finale è del tutto in linea con la prevedibilità della sceneggiatura ma in esso questa pesa molto meno, perché si tratta di un finale decisamente anni '80, di quei finali che più che colpi di scena appaiono come il giudizio finale di un regista Caronte, nel traghettarci verso la fine, e giudice nell'ammonimento finale. Due stelle per essere obiettivi, ma Raimi è sempre Raimi per cui Drag me to hell è un film da vedere.
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[+] sisisi
(di sinphi)
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(di francesco2)
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calibanrage
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giovedì 1 ottobre 2009
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highway to hell
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Il ritorno di Sam Raimi al genere che tanto gli sta a cuore, dopo l'esperienza dei vari Spiderman. Finalmente direbbe qualcuno.
É la storia di Christine che lavora in una società finanziaria, una di quelle in cui per fare carriera bisogna essere squali, non guardare in faccia nessuno nè provare alcun sentimento per i propri clienti (a maggior ragione la compassione), e dove soprattutto si deve intraprendere una sfrenata e spregiudicata battaglia con i propri colleghi a chi lecca di più il culo al capo. Questo atteggiamento è sintetizzato alla perfezione dal collega di Christine, con cui si sta giocando la promozione. Ma l'ingenua Christine insiste sulla sua nobiltà d'animo e si rifiuta di giocare sporco, risultando un po' tonta come (d'altronde suggerisce lo sguardo da pesce timorato dell'attrice che la interpreta).
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Il ritorno di Sam Raimi al genere che tanto gli sta a cuore, dopo l'esperienza dei vari Spiderman. Finalmente direbbe qualcuno.
É la storia di Christine che lavora in una società finanziaria, una di quelle in cui per fare carriera bisogna essere squali, non guardare in faccia nessuno nè provare alcun sentimento per i propri clienti (a maggior ragione la compassione), e dove soprattutto si deve intraprendere una sfrenata e spregiudicata battaglia con i propri colleghi a chi lecca di più il culo al capo. Questo atteggiamento è sintetizzato alla perfezione dal collega di Christine, con cui si sta giocando la promozione. Ma l'ingenua Christine insiste sulla sua nobiltà d'animo e si rifiuta di giocare sporco, risultando un po' tonta come (d'altronde suggerisce lo sguardo da pesce timorato dell'attrice che la interpreta). Un giorno nell'ufficio si presenta una disgustosa e sudicia vecchia gitana che chiede una proroga ai pagamenti che deve alla banca, e che, dopo averla implorata, di fronte al rifiuto di Christine che deve tutelare gli interessi della finanziaria minaccia di vendicarsi su di lei per averla umiliata di fronte ai presenti. La vendetta della vecchia non stenterà a riproporsi quando in un garage va di scena la colluttazione con la donna, nella quale entrambe ritrovano un'energia che finora non avevano palesato, il tutto condito dalla maledizione finale con tanto di invocazione al demone a cui chiede di tormentarla: ora che la trama è stata imbastita, proprio durante la lotta fra i due, finalmente, si inizia a vedere lo stile singolare di Raimi, che fino a questo punto del film aveva optato per una regia piuttosto impersonale.E con tutta onestà era l'aspetto del film che mi interessava di più. Perchè chi conosce il Raimi autore, non quello di Spiderman, sa cosa si deve aspettare da un suo film. Di sicuro non una trama originale, o una storia altamente significativa, ma piuttosto un codice di espressione. Tutto il film ora sa di ridicolo e di presa in giro dello spettatore: Sam Raimi ci mette il suo nella caratterizzazione della vecchia, che sembra essersi mantenuta sottovuoto dai tempi (di certo più gloriosi) della serie La Casa. Dopo tanti anni le foglie tornano a muoversi sospinte dal vento, i personaggi solitario in casa, spaventati da cigolii molesti, oggetti che inizano a sbattere, finestre che si infrangono, i tagli storti dell'inquadratura e i tumultuosi movimenti di camera che preannunciano la presenza di un'entità maligna. La comicità nelle colluttazioni con la vecchia strega e con il demone, il grottesco funerale zingaresco, la cena di Christina con la famiglia del fidanzato, in pieno stile americano, che ripete frasi fatte alla John Wayne, con i primi piani delle loro bocche liftate, e altre scene fini a se stesse inserite in un contesto estraniante portano ad un'escalation di follia che culmina nel finale, che assume tratti assurdi ed estremamente comici, quasi ai livelli de “L'armata delle tenebre”. Questo crescendo, immagino non farà altro che aumentare lo sbigottimento di alcuni spettatori che, non conoscendo Raimi, si aspetteranno tensione e paura in un film erroneamente etichettato come horror, che invece, con autoironia, diventa parodia del genere stesso filtrato attraverso gli occhi (e il linguaggio) del giovane/vecchio Raimi.
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paride86
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martedì 5 gennaio 2010
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horro usa e getta
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Sam Raimi torna all'horror e lo fa con un film che lascia senza fiato lo spettatore, tra colpi di scena a raffica e salti dalla poltrona, tutti realizzati mediante effetti speciali corposi e a volte piuttosto kitsch. Ma, a parte rare occasioni, il film manca di situazioni significative, sia per la tensione che per le ambientazioni.
La trama è risibile e finalizzata allo spavento.
Dopo averlo visto non lascia niente.
Sicuramente un buon film da cassetta, un horror usa e getta, ma niente di più.
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(di francesco2)
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(di francesco2)
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gella
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giovedì 6 gennaio 2011
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sam raimi non spaventa più come una volta
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Il buon "vecchio" Sam non spaventa più come una volta. Sarà perchè anche lui comincia a perdere colpi? Oppure perchè ormai le abbiamo viste di tutti i tipi e niente ci fa più paura? Essendo un forte estimatore di Raimi, opto (sperando di non sbagliarmi) per la seconda opzione. Ormai sono lontani i (bei) tempi di "La Casa" e "L'armata delle tenebre". Son passati più di 20 anni e di film horror ne abbiamo visti a migliaia. E ormai fanno sempre meno paura. Drag Me To Hell non è da meno. Nonostante sia un gradino sopra agli horror da quattro soldi che ultimamente escono a frotte da Hollywood, non è paragonabile ai già citati cult del regista.
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Il buon "vecchio" Sam non spaventa più come una volta. Sarà perchè anche lui comincia a perdere colpi? Oppure perchè ormai le abbiamo viste di tutti i tipi e niente ci fa più paura? Essendo un forte estimatore di Raimi, opto (sperando di non sbagliarmi) per la seconda opzione. Ormai sono lontani i (bei) tempi di "La Casa" e "L'armata delle tenebre". Son passati più di 20 anni e di film horror ne abbiamo visti a migliaia. E ormai fanno sempre meno paura. Drag Me To Hell non è da meno. Nonostante sia un gradino sopra agli horror da quattro soldi che ultimamente escono a frotte da Hollywood, non è paragonabile ai già citati cult del regista. Con una trama molto semplice e lineare, il film si salva per il finale (sorprendente, anche se non troppo imprevedibile) e per l'inquietante presenza della spaventosa signora Ganush (veramente terrificante!). Il resto è un insieme di sequenze horror/comiche, tipiche del regista (L'armata delle tenebre ne è l'esempio più lampante), che oramai non spaventano più. Anzi, in alcune sequenze rasentano il ridicolo.
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dandy
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martedì 5 aprile 2011
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provaci ancora sam.
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Raimi tenta di tornare alle atmosfere degli esordi,dei film che fecero(giustamente)la sua fortuna,da "La casa" a "L'armata delle tenebre".Ma manca del tutto l'obbiettivo,e mi sorprende non poco vedere tutte queste critiche entusiaste,nonchè gente affermare cose del tipo"con questo film,Raimi è tornato finalmente alle origini".Siamo lontani anni luce dalla genialità dei suoi primi film.Qui si cerca di unire il mix di horror e farsa con lo spessore sociologico e morale,prendendo di mira l'arrivismo e la brama di far carriera.Non c'è però idea o sequenza che non si preveda prima di vederla,e non manca qualche tocco razzista nel ritratto della zingara (dopotutto perde la casa perchè non paga,quindi dovrebbe starsene buona anzichè lanciare fatture).
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Raimi tenta di tornare alle atmosfere degli esordi,dei film che fecero(giustamente)la sua fortuna,da "La casa" a "L'armata delle tenebre".Ma manca del tutto l'obbiettivo,e mi sorprende non poco vedere tutte queste critiche entusiaste,nonchè gente affermare cose del tipo"con questo film,Raimi è tornato finalmente alle origini".Siamo lontani anni luce dalla genialità dei suoi primi film.Qui si cerca di unire il mix di horror e farsa con lo spessore sociologico e morale,prendendo di mira l'arrivismo e la brama di far carriera.Non c'è però idea o sequenza che non si preveda prima di vederla,e non manca qualche tocco razzista nel ritratto della zingara (dopotutto perde la casa perchè non paga,quindi dovrebbe starsene buona anzichè lanciare fatture).Inoltre comincia a stufare l'accanimento facile e sadico del regista verso i suoi protagonisti(Christine non è che una sorella più sfigata di Peter Parker).Gli effetti speciali di Kurtzman,Nicotero e Berger(collaboratori di lunga data di Raimi) sono perlpopiù digitali e mediocri,o puntati più sullo schifo che sulla paura.Comunque stravisti.Prevedibile anche il finale pessimista.Insomma più che un film di Sam Raimi sembra il film di qualcuno che cerca malamente di imitarne lo stile iniziale,ma con i canoni odierni e alla bell'e meglio.Ho sentito che Raimi deve girare il seguito de "L'armata delle tenebre",con Bruce Campbell di nuovo nei panni di Ash.L'uscita è prevista per il 2013.Speriamo faccia meglio che qui.
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_melindo__
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lunedì 23 gennaio 2012
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un horror geniale
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Il più alto risultato cinematograficamente parlando del regista Sam Raimi, anche in grado di surclassare il celeberrimo La Casa, già di per sè un epico cult-movie. In Drag Me To Hell, Raimi dimostra di aver appreso la lezione di cinema horror che all'inizio anni 80 Kubrick e Friedkin avevano dato realizzando Shining e L'esorcista(probabilmente i due film horror più belli mai realizzati): non sempre un horror che si rispetti deve per forza essere scontato o senza alcun messaggio. Il sottofondo di critica sociale è proprio l'elemento che distingue Drag Me To Hell dai vari fil horror ipocriti e stupidi che girano di questi tempi. E' facile dare la colpa alla signora Ganush per le sofferenze che Christine dovrà patire, tanto quanto è facile dare la colpa a Christine per non avere aiutato la signora Ganush, ma in un mondo come il nostro, dove il perdono lascia il posto alla vendetta e dove il denaro conta più dei sentimenti, siamo proprio sicuri di come ci saremmo comportati in una simile situazione? Ovviamente è altrettanto semplice per uno spettatore che non conosce lo stile di Raimi scambiare Drag Me To Hell per un filmaccio scontato e soprattutto realizzato in modo grossolano, non sapendo che quest'ultima caratteristica è tipica dei film del nostro caro vecchio Sam, dall'imprescindibile La Casa all'esagerato Spiderman.
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Il più alto risultato cinematograficamente parlando del regista Sam Raimi, anche in grado di surclassare il celeberrimo La Casa, già di per sè un epico cult-movie. In Drag Me To Hell, Raimi dimostra di aver appreso la lezione di cinema horror che all'inizio anni 80 Kubrick e Friedkin avevano dato realizzando Shining e L'esorcista(probabilmente i due film horror più belli mai realizzati): non sempre un horror che si rispetti deve per forza essere scontato o senza alcun messaggio. Il sottofondo di critica sociale è proprio l'elemento che distingue Drag Me To Hell dai vari fil horror ipocriti e stupidi che girano di questi tempi. E' facile dare la colpa alla signora Ganush per le sofferenze che Christine dovrà patire, tanto quanto è facile dare la colpa a Christine per non avere aiutato la signora Ganush, ma in un mondo come il nostro, dove il perdono lascia il posto alla vendetta e dove il denaro conta più dei sentimenti, siamo proprio sicuri di come ci saremmo comportati in una simile situazione? Ovviamente è altrettanto semplice per uno spettatore che non conosce lo stile di Raimi scambiare Drag Me To Hell per un filmaccio scontato e soprattutto realizzato in modo grossolano, non sapendo che quest'ultima caratteristica è tipica dei film del nostro caro vecchio Sam, dall'imprescindibile La Casa all'esagerato Spiderman. Tuttavia, come amante di film horror, sono convinto che questo Drag Me To Hell passerà alla storia, per il coraggio che ha nel prendere quasi in giro lo spettatore e al contempo di stimolare riflessioni piuttosto attuali. Concludo con un plauso a Lorna Raver, che nel film interpreta Sylvia Ganush: a mio parere una nuova icona horror. Epico!
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mr. andrew the photographer
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venerdì 6 agosto 2010
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divertente
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Questo è un film decisamente da vedere e comprare: molto divertente ma allo stesso tempo fa suscitare parecchia suspense durante le scene della vecchia gitana Lorna River quando perseguita la protagonista Christine Brown (Alison Lohman). Infatti più che essere un horror classico lo classificherei come un film di genere horror-comico perchè alcune volte, come comunque quasi tutti i film horror escono un po' fuori dalla realtà. Per quanto riguarda le parti dei personaggi, li hanno svolti molto bene e inoltre c'è anche da premiare la sceneggiatura del film che rimane nella realtà. Tuttavia per quanto riguarda il nome del film "Drag Me To Hell" che tradotto significa "Trascinami all'inferno" e la colonna sonora composta dal compositore Christopher Young rispecchiano decisamente la storia del film.
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Questo è un film decisamente da vedere e comprare: molto divertente ma allo stesso tempo fa suscitare parecchia suspense durante le scene della vecchia gitana Lorna River quando perseguita la protagonista Christine Brown (Alison Lohman). Infatti più che essere un horror classico lo classificherei come un film di genere horror-comico perchè alcune volte, come comunque quasi tutti i film horror escono un po' fuori dalla realtà. Per quanto riguarda le parti dei personaggi, li hanno svolti molto bene e inoltre c'è anche da premiare la sceneggiatura del film che rimane nella realtà. Tuttavia per quanto riguarda il nome del film "Drag Me To Hell" che tradotto significa "Trascinami all'inferno" e la colonna sonora composta dal compositore Christopher Young rispecchiano decisamente la storia del film. In conclusione, ribadisco che questo film è adatto per tutti coloro che preferiscono la visione di un film horror-comico ma allo stesso momento impregnato di suspense.
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sinphi
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giovedì 10 febbraio 2011
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mmmm......
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Non male la sceneggiatura, non fa paura la solita storia della sfigata che si becca la maledizione, il finale un po' prevedibile....lo consiglio comunque
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