gianleo67
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giovedì 2 maggio 2013
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la pianta malata del sogno americano
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Avvocato di mezza età, separato e con problemi economici, è lo scomodo testimone di un omicidio perpetrato ai danni di un suo collega in crisi di coscienza, da parte di una multinazionale del settore biotecnologico che il suo studio difende in una complicata e miliardaria class action. Tra la difficile soluzione dei suoi problemi personali e l'ambiguità del suo ruolo professionale rischierà non poco per far emergere la verità e riaffermare la sua posizione.
Già apprezzato sceneggiatore per la trilogia di 'Jason Bourne' e brillante autore di Hollywood il regista Tony Gilroy esordisce con questo appassionante 'legal thriller' sotto il segno di un cinema classico e spettacolare tra i meccanismi da fiction fantapolitica ('I tre giorni del condor' di S.
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Avvocato di mezza età, separato e con problemi economici, è lo scomodo testimone di un omicidio perpetrato ai danni di un suo collega in crisi di coscienza, da parte di una multinazionale del settore biotecnologico che il suo studio difende in una complicata e miliardaria class action. Tra la difficile soluzione dei suoi problemi personali e l'ambiguità del suo ruolo professionale rischierà non poco per far emergere la verità e riaffermare la sua posizione.
Già apprezzato sceneggiatore per la trilogia di 'Jason Bourne' e brillante autore di Hollywood il regista Tony Gilroy esordisce con questo appassionante 'legal thriller' sotto il segno di un cinema classico e spettacolare tra i meccanismi da fiction fantapolitica ('I tre giorni del condor' di S.Pollack, qui anche impegnato come attore in un ruolo non secondario) e il ritmo serrato e la complessità dialettica del thriller di impegno civile ('Tutti gli uomini del presidente' di A.J.Pakula) senza un eplicito citazionismo, ma rielaborando la lezione dei grandi autori americani al servizio di un tema scottante e attuale come quello del cinismo e dello strapotere delle grandi corporation dell'industria a stelle e strisce. Grazie alla sapienza di uno script in perfetto equilibrio tra un discorso sociologico e politico più alto e le vicissitudini di una dimensione umana combattuta e controversa, il film di Gilroy è già un'opera matura che si avvolge nella spirale di una involuzione etica alle radici della pianta malata del sogno americano,la grande mistificazione di una ideologia subdola ed insinuante, il progetto criminogeno, il volto enigmatico di un capitalismo ipertrofico come il giano bifronte di un dio perverso e spietato. La centralità di questo soggetto non nuovo (ma mai banale) nel cinema di genere viene efficacemente coniugata attraverso la mistica antieroica dell'innocenza perduta, dove emergono le ragioni antitetiche di un uomo combattuto tra la lenta deriva di una dimensione personale inconcludente e fallimentare e la inesorabile tentazione di un riscatto umano e professionale, come l'agente braccato dei 'Tre giorni del Condor' votato a scardinare la spietata e disumana protervia di un sistema occulto e ineffabile di cui pure egli è una pedina importante. Efficace e credibile il disegno dei personaggi (un Geoge Clooney di rara intensità e bravura ed una Tilda Swinton che incarna con naturale edonismo l'ambiguo e vile servilismo dei comprimari del potere) per un meccanismo narrativo impeccabile entro la perfetta quadratura di una sceneggiatura solida e che gode di momenti di riuscita efficacia figurativa (l'immagine folgorante e improvvisa dei cavalli bradi come un provvidenziale richiamo verso la salvezza, la scena finale delle scale mobili come mesto e ironico contrappasso di destini divergenti) fanno di questo film un esempio di quella intramontabile tradizione dell'artigianato hollywoodiano che sa coniugare indissolubilmente impegno e intrattenimento in una perfetta sintesi di stilemi e tematiche riconoscibili e apprezzate dal grande pubblico come dalla critica piu' intransigente. Oscar come miglior attrice non protagonista a Tilda Swinton e una quantità di nomination. Meravigliosa filogenesi di un cinema che si riproduce per partenogenesi.
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mela
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martedì 9 ottobre 2007
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micheal come erin, george come julia
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Seguiamo un carrello portadocumenti per alcuni minuti. L’occhio analizza le scene, scandisce i dettagli, naviga in un costoso ufficio vuoto fino ad una stanza affollata da alacri uomini impomatati e donne in tailleur. La voce off, delirante, ansiosa di confessare, distoglie dalle immagini elegantemente disposte. Un incipit più che degno della collaudata tradizione hollywoodiana di un genere consacrato come il thriller giudiziario. Ma è nell’intreccio che il film cede alla retorica pseudo-democratica, nella denuncia della cospirazione della solita cupola affaristico-malavitosa, facendosi pomposo, verboso, e a voler dirla tutta, in certe sequenze anche noioso. Nonostante questo, la concentrazione sui dettagli, la bellezza della fotografia e l’accuratezza della post-produzione che regalano alla pellicola colori eccezionali, lo rendono un impeccabile prodotto di lusso.
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Seguiamo un carrello portadocumenti per alcuni minuti. L’occhio analizza le scene, scandisce i dettagli, naviga in un costoso ufficio vuoto fino ad una stanza affollata da alacri uomini impomatati e donne in tailleur. La voce off, delirante, ansiosa di confessare, distoglie dalle immagini elegantemente disposte. Un incipit più che degno della collaudata tradizione hollywoodiana di un genere consacrato come il thriller giudiziario. Ma è nell’intreccio che il film cede alla retorica pseudo-democratica, nella denuncia della cospirazione della solita cupola affaristico-malavitosa, facendosi pomposo, verboso, e a voler dirla tutta, in certe sequenze anche noioso. Nonostante questo, la concentrazione sui dettagli, la bellezza della fotografia e l’accuratezza della post-produzione che regalano alla pellicola colori eccezionali, lo rendono un impeccabile prodotto di lusso. Per non dire del sempre più paladino del giusto, George. E’ il faccendiere di un grande studio legale di Manhattan - torna l’accostamento tra carriera legale e spregiudicatezza diabolica che il regista ha sfruttato nella sua carriera di scenografo – senza una vita privata, vittima “della nicchia” che si è creato intorno a lui. Il suo compito non è il patrocinio, ma la soddisfazione di facoltosi e capricciosi criminali, con Kenner, Bach & Ledeen a libro paga. Stanco, solo e preso dai debiti si ritrova a dover smascherare i suoi, menti di un criminoso tentativo di affossamento della verità.
Riusciti l’intreccio temporale e la ripetizione di alcune sequenze, un po’ meno il tentativo di bluff, fingendo un finale meno prevedibile. Clooney si conferma una volta di più affascinante e impegnato divo dei divini. Tanto da meritarsi tre minuti di macchina ferma sul suo primo piano, mentre se ne va in giro in taxi per cinquanta dollari. Non sarà “uno che fa miracoli”, ma è un po’ sprecato per fare solo le pulizie.
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fabio
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martedì 5 marzo 2019
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thriller a sfondo legale ben interpretato
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Un buon thriller che ha nell'interpretazione e nella sceneggiatura i suoi punti di forza.
Clooney si conferma nelle sue doti di attore versatile e di grande presenza scenica.
Anche i non amanti del genere possono seguire con interesse le vicende del protagonista. Perché non ci troviamo in uno di quei film che si svolgono quasi del tutto in un tribunale. Al contrario, il vero protagonista del film è proprio Michael Clayton: un avvocato che non fa il patrocinatore ma e una sorta di "spazzino". Lui opera a bordo campo, in una sorta di zona grigia dove i problemi vengono intercettati e incanalati per la miglior soluzione possibile.
È questa la figura che interessa di più.
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Un buon thriller che ha nell'interpretazione e nella sceneggiatura i suoi punti di forza.
Clooney si conferma nelle sue doti di attore versatile e di grande presenza scenica.
Anche i non amanti del genere possono seguire con interesse le vicende del protagonista. Perché non ci troviamo in uno di quei film che si svolgono quasi del tutto in un tribunale. Al contrario, il vero protagonista del film è proprio Michael Clayton: un avvocato che non fa il patrocinatore ma e una sorta di "spazzino". Lui opera a bordo campo, in una sorta di zona grigia dove i problemi vengono intercettati e incanalati per la miglior soluzione possibile.
È questa la figura che interessa di più. Un uomo diviso, con la vita privata che và a rotoli, debiti, problemi di dipendenza dal gioco ed un "lavoro" cupo a dir poco.
Si può cambiare vita? Troviamo il coraggio di fare scelte difficili proprio nei momenti più duri? Abbiamo ancora una coscienza? E che cosa ci dice?
Così l'uomo comune può essere eroe se trova il coraggio di andare in fondo, di andare a fondo.
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elgatoloco
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lunedì 20 luglio 2020
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bene gilroy, qui anche regista
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"Michael Clayton", se non sapessimo che è l'esordio alla regia(2007)di Tony Gilroy, lo si direbbe un film di George Clooney, qui protagonista in una delle sue più intense interpretatzioni. Film civile, etico, decisamente fondato sui diritti civili dei consumatori rispetto a un'azienda inquinante, con tutte le problematiche che spettano a chi si assume la dfiesa(avvocati)della parte e della controparte, "Clyton"non focalizza un"eroe"e neppure, a prioi, un"antieroe", ma una persona che cerca di mantenere un certo equilibiro etico rispetto a questioni importanti, differenti, "difficili", conservando una propria vita privata in cirsi(Clayton è anche un"giocatore", pur se pentito, almeno in parte),, che difficilmente riesce a relazionarsi in modo "sereno"con il rapporto ad extra.
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"Michael Clayton", se non sapessimo che è l'esordio alla regia(2007)di Tony Gilroy, lo si direbbe un film di George Clooney, qui protagonista in una delle sue più intense interpretatzioni. Film civile, etico, decisamente fondato sui diritti civili dei consumatori rispetto a un'azienda inquinante, con tutte le problematiche che spettano a chi si assume la dfiesa(avvocati)della parte e della controparte, "Clyton"non focalizza un"eroe"e neppure, a prioi, un"antieroe", ma una persona che cerca di mantenere un certo equilibiro etico rispetto a questioni importanti, differenti, "difficili", conservando una propria vita privata in cirsi(Clayton è anche un"giocatore", pur se pentito, almeno in parte),, che difficilmente riesce a relazionarsi in modo "sereno"con il rapporto ad extra. IL problema della gestione della professione, quella dell'avvocato, che in specie negli States assume valenze anche particoalri, difficili da leggere serenamente senza incorrere, per l'appunto in proble,i particolari, in specie quando di mezzo c'è collega(un ottimo Tom Wilkinson), che sa di trovarsi in una condizione"particoalre"(a livello psichico)ma sa anche che ciò che negli States corrisponde a un TSO(trattamente sanitario obbligatoria, ossia immissione forzata in una stuttura psichatrica)negli States varia da Stato a Stato, con legislazioni molto diverse, dunque... E dietro a tutto, però, c'è un'impresa, quella "incriminata"che ricorre ad ogni mezzo, anche il più efferato, per difednere i propri interessi, il che qui si vede in forma palpabile nel sottofianel che è"thriller", non senza che il film, tutto il fikn, sia pervaso e percorso da un'inquietudine profonda, che si vede anche somaticamente, negli interpreti, da un Clooney partecipe"empaticamente"a un Wilkinson particolarmente coinvolgente, a un Sidney Polacj qui impegnato quasi solo come attore(ma è anche producer, peraltro), che non molto anni dopo avrebbe lasciato la"scorza corporale"... ancora a Tilda Swinton in un'interepretzione complessa, articolata, mai a sendo unico, particoarlmente da apprezzare. Il film non è"facile", non è"piacevole"-discorsivo, affronta temi spiacevoli, ma proprio per questo è da scoprire e/o riscoprire con particoalre attenzione. Qui il mito del "bel George Clooney"p intelligenemtene e completamente msso in discussione El Gato
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immanuel
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sabato 6 febbraio 2010
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il passato ritorna a galla
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Clayton non è soddisfatto della propria vita. I debiti lo costringono ad un lavoro di avvocato trafficone e ad indulgere al gioco d’azzardo. Angustiato, oppresso, si trova in un luogo a lui abituale: una bisca; il suo aspetto apparentemente pulito risalta su quello poco ragguardevole degli altri giocatori. La telefonata di un cliente lo costringe ad abbandonare il tavolo da gioco. Ma l’improvvisa e sconvolgente esplosione della propria auto, lo ridesta brutalmente, come uno scossone, dall’esistenza alla quale si era abbandonato per troppo tempo. Capisce che si era cacciato in grossi guai, che aveva rischiato troppo senza accorgersene, che la propria vita giungeva a un bivio decisivo. A questo punto il filo narrativo si riannoda.
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Clayton non è soddisfatto della propria vita. I debiti lo costringono ad un lavoro di avvocato trafficone e ad indulgere al gioco d’azzardo. Angustiato, oppresso, si trova in un luogo a lui abituale: una bisca; il suo aspetto apparentemente pulito risalta su quello poco ragguardevole degli altri giocatori. La telefonata di un cliente lo costringe ad abbandonare il tavolo da gioco. Ma l’improvvisa e sconvolgente esplosione della propria auto, lo ridesta brutalmente, come uno scossone, dall’esistenza alla quale si era abbandonato per troppo tempo. Capisce che si era cacciato in grossi guai, che aveva rischiato troppo senza accorgersene, che la propria vita giungeva a un bivio decisivo. A questo punto il filo narrativo si riannoda. Nella storia si inserisce la figura dell’avvocato Karen Crowder che difende la U/North, avverso la quale è stata intentata una class action. Chi si occupa della difesa della U/North è proprio lo studio legale di Clayton per il quale lavora un terzo personaggio, il civilista Arthur Edens, afflitto da un disagio che lo porta a spogliarsi follemente in tribunale e a minacciare di svelare i fatti che rivelerebbero le macchinazioni del suo studio e provocherebbero la fine della U/North e di Crowder. Michael è un amico di Arthur. Non crede alla sua follia ed indaga sulla U-North. Nel momento in cui Edens denuncia la società si rivela il lato più spietato di Karen, la quale non esita ad optare per l’eliminazione del pericoloso civilista. Quando Clayton scopre i documenti compromettenti dell’amico assassinato sulle cui basi aveva costruito l’imputazione contro la U-North, li fa propri per portarli a mostrare al suo capo Marty Bach al quale ventila la minaccia di ribaltare le sorti del processo. Questi gli offre un assegno in cambio del suo silenzio. Michael lo accetta. Risolve i suoi problemi finanziari ma non ha saldato i conti con la propria coscienza. A questo momento si ricollega la prima sezione del film: il protagonista ha raccolto prove sufficienti ad incastrare Karen; quest’ultima ha capito le sue intenzioni e ne decide l’eliminazione.
Michael è salvo, osserva consumarsi nelle fiamme la sua auto e a questo punto compie un gesto esemplificativo di una svolta: getta l’orologio nel rogo dell’auto e si lancia nel bosco ansimante; in quel gesto e in quella corsa si allontana da una vita che non sente più sua, ormai deciso a inchiodare Karen. Un redivivo Clayton, che pensava morto, la incontra sconvolgendone le certezze. Le dischiude le trame che aveva architettato, la umilia, la stravolge e la fa arrestare. Un Clayton nuovo dunque, che pare aver appianato i dissidi interiori e lavorativi, ma che invece, al tassista che gli chiede la destinazione, risponde di voler viaggiare senza menta, mostrando la totale assenza, ancora una volta, di una visione limpida sul proprio futuro.
Cast di spessore quello diretto dal debuttante Gilroy. Un convincente George Clooney da il volto alla travagliata figura del protagonista. L’algida parte della donna d’affari senza scrupoli è valsa l’oscar come migliore attrice non protagonista alla scozzese Tilda Swinton. Davvero sorprendete Tom Wilkinson nell’interpretare Arthur Edens, al quale ha saputo conferire il giusto equilibrio espressivo, combinando folle eloquenza e razionale lucidità. Film, tuttavia, nel complesso poco avvincente, sceneggiatura priva di batticuore, mai realmente emozionante, anche se offre spunti che avrebbero potuto essere elaborati allo scopo.
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(di nicola1)
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lucio
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venerdì 12 ottobre 2007
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intrigo legale
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Michael Clayton è un uomo che conosce bene i meandri della giustizia nel suo Paese . All'inizio della sua carriera accomoda le sentenze , soprattutto quando c'è di mezzo il potente di turno che commette reati e non vuole risponderne davanti alla legge . Poi , nel corso degli anni , si accorge che il suo lavoro è discutibile e allora tenta la via della redenzione . Il " cattivo " prova a riscattarsi da un meccanismo che lo stritola , anche se lo sfama e gli fa pagare i debiti . Negli Stati Uniti questo tipo di comportamento è un classico del comportamento individuale . Dunque : niente di nuovo sotto la bandiera a stelle e strisce . Se posso azzardare una considerazione personale ritengo che il film abbia sentimenti democratici al suo interno .
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Michael Clayton è un uomo che conosce bene i meandri della giustizia nel suo Paese . All'inizio della sua carriera accomoda le sentenze , soprattutto quando c'è di mezzo il potente di turno che commette reati e non vuole risponderne davanti alla legge . Poi , nel corso degli anni , si accorge che il suo lavoro è discutibile e allora tenta la via della redenzione . Il " cattivo " prova a riscattarsi da un meccanismo che lo stritola , anche se lo sfama e gli fa pagare i debiti . Negli Stati Uniti questo tipo di comportamento è un classico del comportamento individuale . Dunque : niente di nuovo sotto la bandiera a stelle e strisce . Se posso azzardare una considerazione personale ritengo che il film abbia sentimenti democratici al suo interno . Il regista lancia un messaggio , soprattutto attraverso George Clooney , che è una specie di monito , di vessillo contro la tirannia del potere economico . Forse suona un pò retorico , ma è pur vero che in America è fortissima la voglia di legalità che permea la società civile . I grandi studi legali , le corporation e le multinazionali hanno sicuramente un enorme ruolo nelle scelte decisionali in politica . Ma c'è sempre qualcuno che si infiltra , che dà fastidio e che , prima o poi , ce la fa a rompere il muro delle omertà e riesce a far trionfare la giustizia .
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giulio brillarelli
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lunedì 16 marzo 2009
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la follia della verità, intimista e chill out
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È almeno dai tempi di Erasmo da Rotterdam e del suo “Elogio” che ci è stato insegnato come follia e verità possano con-fondersi, diventando le due facce della stessa medaglia. Tony Gilroy, sceneggiatore e regista di “Michael Clayton”, ne fa uno dei temi centrali del film, a cominciare da quel mirabolante “J’accuse!” che ne costituisce l’incipit. La voce febbricitante di Arthur Edens (Tom Wilkinson) introduce quasi subito la parolina magica, “follia”, mentre racconta al protagonista Michael Clayton (George Clooney), ancora incorporeo, assente dallo schermo, il “moment of being” che l’ha spinto a denudarsi in pieno giorno, nel bel mezzo di un parcheggio. Cos’era quella “patina” di cui si sentiva ricoperto dalla testa ai piedi? Liquido amniotico? Niente affatto, di merda si trattava: Arthur non è stato dato alla luce, è stato escreto.
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È almeno dai tempi di Erasmo da Rotterdam e del suo “Elogio” che ci è stato insegnato come follia e verità possano con-fondersi, diventando le due facce della stessa medaglia. Tony Gilroy, sceneggiatore e regista di “Michael Clayton”, ne fa uno dei temi centrali del film, a cominciare da quel mirabolante “J’accuse!” che ne costituisce l’incipit. La voce febbricitante di Arthur Edens (Tom Wilkinson) introduce quasi subito la parolina magica, “follia”, mentre racconta al protagonista Michael Clayton (George Clooney), ancora incorporeo, assente dallo schermo, il “moment of being” che l’ha spinto a denudarsi in pieno giorno, nel bel mezzo di un parcheggio. Cos’era quella “patina” di cui si sentiva ricoperto dalla testa ai piedi? Liquido amniotico? Niente affatto, di merda si trattava: Arthur non è stato dato alla luce, è stato escreto. In ogni caso, è finalmente uscito alla luce, ha aperto gli occhi, si è risvegliato; il resto della sua vita lo passerà a ripulirsi, a espiare le proprie colpe. Mentre la voce fuori campo di Arthur affabula e risucchia lo spettatore, lo schermo si riempie del vuoto e della desolazione notturni del mastodontico studio legale Kenner, Bach & Ledeen per cui i due uomini lavorano, condensando in una manciata di inquadrature tutto quel che c’è da dire sul peso soverchiante che il sistema impone sull’individuo. Sarà poi la follia di Arthur a guidare Michael Clayton verso il riscatto; per vendicare il suo amico, prima che per sete di giustizia e amore di verità, Michael Clayton incastrerà la u north. - - - “Chi sei?”: è una delle chiavi di lettura del film, la domanda-ritornello che perseguita Clayton, un tempo brillante pubblico ministero, ora “uomo delle pulizie” che lavora nell’ombra, sul filo della legalità e della moralità, “una specie di poliziotto agli occhi dei suoi colleghi avvocati, un avvocato agli occhi della polizia”. La risposta, limpidamente funesta, giungerà nello showdown finale con Karen Crowder (Tilda Swinton): “Sono Shiva, il dio della morte”, come già Arthur aveva detto di se stesso. - - - La colonna sonora di James Newton Howard, compositore tra i più affermati di Hollywood (basterebbero i due “Batman” più recenti come biglietto da visita), è giocata originalmente sui sottotoni dell’ambient e del chill out: poca melodia, tante pulsazioni ritmiche ovattate, qua e là la dolcezza algida di un piano elettronico che immalinconisce e fa pensare alla neve, al ghiaccio, all’inverno. Il film risulta in questo modo venato di un intimismo che riecheggia quello di “The weather man” (Gore Verbinski, 2005), dove Nicolas Cage si muoveva in una Chicago tutta invernale, con le musiche di Hans Zimmer e James Levine analogamente chill out e malinconiche. - - - Sette nomination all’Oscar, tra cui miglior film e miglior regia, “Michael Clayton” è valso la statuetta soltanto a Tilda Swinton come miglior attrice non protagonista. Tom Wilkinson ha invece dovuto cedere l’Oscar come miglior attore non protagonista allo straordinario, luciferino Javier Bardem di “Non è un paese per vecchi” (un altro dei mille volti della follia). Con la carica eversiva e profetica del suo personaggio che cammina beato in mezzo alla folla, Wilkinson mette comunque in ombra il povero George Clooney, troppo contenuto, troppo imbrigliato: un pizzico di impetuosità alla Seth Gecko, il rapinatore-ammazzavampiri che interpretava in “Dal tramonto all’alba” nel 1996, non avrebbe nociuto al cinico e disincantato “uomo delle pulizie” Michael Clayton.
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